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vi.

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{ diciannove }
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Il mattino dopo, al mio risveglio Jackie già non c'era, quindi approfittai per lavarmi e vestirmi; scesi successivamente in cucina, seguendo un buonissimo profumo di dolci.

"Buongiorno! Gradisci uno?" Katherine mi accolse porgendomi un piatto colmo di pancake.

"Giorno, non rifiuto di certo" sorrisi, prendendone uno e accomodandomi.

"Dormito bene? Devo dire che quando al ritorno dalla festa non ti ho visto ubriaca, sono rimasta sorpresa" ridacchiò poggiandosi con i gomiti sul tavolo.

"Purtroppo non c'era lo champagne" ironizzai.

"Stavo pensando... che magari un weekend io, tu, Jackie e Parker potremmo andare in città" mi brillarono gli occhi a questa proposta.

"Shopping!" esclamai entusiasta.

"Pensavo più a visitare un museo e cose così, ma sì, anche lo shopping" rise.

"Buongiorno! Fantastico, pancake" Danny fece il suo ingresso in cucina, afferrando un dolcetto e accomodandosi accanto a me.

"Come hai dormito?" gli chiese sua madre.

"Come un bambino" rispose per poi addentare il cibo.

"Buongiorno. Cole è sveglio?" domandò George, entrando dopo suo figlio.

"Non l'ho visto" disse la moglie.

"Dovrò urlare" annunciò l'uomo per poi avvicinarsi alle scale.

"Copri le orecchie" sussurrò Katherine, ed io seguii il suo consiglio.

"Cole! Scendi, per favore. Ora!" le urla di George riuscii a sentirle ugualmente.

"C'è un incendio?" pochi istanti dopo, un biondo assonato entrò in cucina, con i capelli tutti scompigliati.

"Buongiorno bello addormentato, questo è per te" suo padre gli diede un fogliettino giallo
"E questo è per te" ne passò uno anche a me.

"Cos'è"

"Una lista di faccende che ci aspettiamo che voi due facciate oggi" spiegò Katherine, provocando una risata sarcastica da parte di Cole.

"Che c'è? Non pensavate mica di guardare la TV tutto il giorno, vero?" domandò retoricamente George, sorridendo, e uscendo dalla stanza.

"Non pensavo nemmeno di rastrellare le foglie oppure di riordinare i giochi" mi portai una mano tra i capelli, leggendo la miriade di cose che avrei dovuto fare.

"Mangiate, sarà una lunga giornata" Danny ci porse il piatto con i restanti pancake.

Il pomeriggio passò, riuscì quasi a completare tutte le faccende; e tra una di queste, e un'altra riuscì a riappacificarmi con Parker, dopo l'episodio della tazza successo il giorno prima; venne anche Grace a farmi visita, per sapere tutti i dettagli più succosi successi alla festa, ovviamente dato che ero in punizione, aveva usato una delle scuse più stupide del mondo: chiedermi un qualche cosa su un progetto scolastico.

"Sì, abbiamo giocato ad obbligo o verità, ma non è stato affatto divertente" risposi alle sue innumerevoli domande, mettendo in degli scatoloni il materiale per dipingere.

"Perché?"

"Cole mi ha quasi baciata" la guardai dritta negli occhi e si potè vedere la sua emozione.

"Quasi?!"

"Lunga storia. Ci ho rimesso un cardigan" alzai gli occhi al cielo, ricordando il piccolo incidente.

"Eva! Hai quasi baciato Cole Walter! Lui ti piace?" era a dir poco elettrizzata.

"Innanzitutto, abbassa la voce" le portai una mano sulla bocca per farla stare in silenzio
"No che non mi piace" scossi il capo.

"Non ti credo" mormorò.

"Grace! È il momento che tu vada, ti accompagno" la presi per mano e la accompagnai fuori dalla mia stanza.

"Guarda come scappi da questa conversazione, è una chiara conferma!" disse battendo le mani e scendendo le scale.

"Ciao! È stato un piacere aiutarti con il progetto!" la salutai con la mano mentre lei dal piano di sotto mi fece una linguaccia.

Tornai in stanza, chiudendo la porta e continuando a sistemare gli scatoloni, ripensando a ciò che mi aveva detto la ragazza: non poteva piacermi e non doveva piacermi, quell'odioso Walter, era poco, ma sicuro.

Spuntata un'altra casella di quelle infinte faccende, passai all'ultima: quella di riordinare dei giochi in cortile.

"Eva, vuoi che resti a casa?" domandò Jackie quando tutti si avviarono verso la loro macchina, mentre io e Cole eravamo bloccati a casa.

"E perderti la festa?"

"Mi dispiace lasciarti qui" mise il broncio.

"Non devi preoccuparti, io sono in punizione, tu sei libera, poi sarà un'ulteriore occasione per stare con Alex" le feci l'occhiolino e lei sgranò gli occhi
"Oh, andiamo! So che c'è del tenero, non sono mica nata ieri" mi pavoneggiai. Avevo un sesto senso per queste cose.

"Hey, Jackie! Vieni?" il ragazzo in questione la chiamò.

"D'accordo, a dopo" mi abbracciò per poi andare verso l'automobile.

"Cole! Ci sarà un grosso temporale, perciò chiudi tutto" gridò George dalla macchina, al biondo che era appena uscito in cortile
"E metti via quelle biciclette" continuò, ricevendo in risposta dal figlio, un pollice in su.

Io e quest'ultimo non parlammo fino alla sera, o almeno fin quando decisi di preparare delle cioccolate calde.

"Non avevi detto che era cioccolata calda?" disse Cole dopo aver sorseggiato la bevanda.

"È cioccolata calda piccante!" risposi ovvia
"Devo ammettere che però, rispetto a come la faceva la mia famiglia, forse c'è un pò troppo peperoncino in polvere nel latte" mi grattai la fronte.

"Ho capito, volevi avvelenarmi" mi puntò il dito contro.

"Mi hai scoperta!" lo guardai di sottecchi, bevendo la cioccolata
"Cosa c'è, stalker?" domandai quando vidi che mi fissava e non era intenzionato a smettere.

"Obbligo o verità?"

"Piuttosto che giocare a questo stupido gioco, preferirei uscire e ballare sotto la pioggia" risposi scuotendo il capo.

"Avanti" mi diede una leggera spintarella
"Obbligo o verità?" chiese per la seconda volta.

"Verità" sbuffai.

"Tu sei davvero felice, qui?" mi lasciò interdetta.

"No" risposi di getto
"Non ancora, almeno. Cioè, sento che da quando ho lasciato NewYork, qualcosa sta cambiando, ma non riesco ancora a capire se in bene o in peggio" mi corressi, mentre lui mi ascoltava attentamente e annuendo
"Obbligo o verità?" continuai.

"Verità"

"Tu sei felice?" gli rigirai la stessa domanda, e lui ne sembrò sorpreso.

"Sinceramente?" esitò per un attimo
"Certe volte sento di essere come... spezzato" disse guardando verso il basso.

Appena schiusi le labbra per dire qualcosa, ci fu un rumore, seguito da un blackout.

"Dimmi che non hai paura del buio, fiocchettino" mi prese in giro, alzandosi dalla sedia.

"Gli unici mostri di cui ho paura non si nascondono nel buio, ma alla luce del sole!" lo seguii a ruota
"Detto ciò, adesso portami al generatore"

"Sai quel che stai facendo? Non vorrei ritrovarmi con un fiocchetto stecchito e fritto" mi punzecchiò una volta arrivati, mentre io con la mia torcia cercavo di riaccendere le luci.

"Disse l'inutilità in persona"

"D'accordo. Non avevo idea che tu fossi anche un'elettricista" commentò quando riuscii nel mio intento.

"La mamma diceva sempre, che niente è così rotto da non poter essere riparato" sorrisi soddisfatta. Neanche il tempo di dirlo, che la corrente venne di nuovo a mancare.

"Mh"

"Sta zitto" lo ammonii e lo superai, tornando al piano di sopra, per accendere il camino.

"Lascia stare, faccio io. Tu accendi qualche candela" si intromise.

"Chi ti ha nominato capo?" corrucciai le sopracciglia.

"Fammici pensare" si finse pensieroso
"Io" sorrise beffardamente. Roteai gli occhi.

Una volta che ci fu abbastanza luce, e dato che si gelava, ci sedemmo davanti al fuoco, sul tappeto.

"Sai, ieri è stato il compleanno di Lucy, nostra sorella" pronunciai dopo minuti di silenzio, osservando le fiamme che si innalzavano all'interno del camino.

"Mi dispiace, Evangeline" il ragazzo, portò l'attenzione su di me.

"Ecco perché volevo usare quella tazza, ed ecco perché mi sono arrabbiata quando si è frantumata: era l'ultimo regalo che mi aveva fatto dopo il suo ultimo viaggio. Forse è stupido, ma in qualche modo la sentivo vicina, usando quel piccolo recipiente" dissi tutto d'un fiato, senza sapere nemmeno perché mi stessi confidando con Cole. Sapevo solo che in quel momento mi sembrava la cosa giusta da fare.

"Lei com'era?" mi domandò con un tono che non aveva mai usato prima: non era il solito strafottente, sembrava addirittura dolce.

"Intelligente, tosta, divertente, coraggiosa ma soprattutto bellissima. Tutti la adoravano" sorrisi ricordando i momenti passati insieme a lei.

"Sembra identica a te" disse ed io mi ritrovai a ringraziare il blackout, perché sentivo il rossore delle guance aumentare, e non per via del fuoco.

"Non fare l'adulatore, non attacca con me" gli diedi un colpetto sulla spalla.

"Dico solo la verità!" alzò le mani in segno di resa.

"Avrebbe compiuto diciannove anni" mormorai fra me e me
"Ci pensi che tra qualche anno, io e Jackie saremo più grandi di lei? Anche se è soltanto un numero..."

"È solo un numero" confermò con tono deciso, guardandomi negli occhi, e restammo così fin quando gli altri non fecero ritorno a casa.
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io mi strappo il cuore per questi due😭
mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e se vi è piaciuto,
lasciate una stellina <3

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