[035] due imbecilli di prima categoria
capitolo trentacinque
due imbecilli di prima categoria
NATHALIE HENDERSON ERA CERTA DEL FATTO CHE NON sarebbe mai, ma proprio mai andata a fare una vacanza in Russia, e probabilmente, per un po', si sarebbe tenuta alla larga anche da magazzini e da ascensori, essendone oramai troppo traumatizzata.
Purtroppo, però, dopo essere tornata alla guida dell'auto da carico, era stata costretta ad entrarci nuovamente in quanto quello sembrava essere l'unico modo per tornare al centro commerciale e allontanarsi da quei russi che li stavano certamente seguendo. Come se non bastasse, Robin e Steve non facevo che ridere e dire cose senza alcun senso, ed era stata una vera impresa portarli fino al veicolo e farli salire sul retro, e questo perché si erano fermati ogni due secondi, e, inoltre, non avevano fatto altro che inciampare nei loro stessi piedi.
Sembravano essere fuori dal mondo, come se non capissero la gravità della situazione, quasi come se avessero ingurgitato quintali di LSD o avessero fumato erba insieme al buon caro e vecchio Eddie.
Pensando a lui, Nathalie non poté che chiedersi come stesse, ed era anche certa del fatto che fosse preoccupato a causa della sua improvvisa sparizione, ma, allo stesso tempo, era felice di non averlo coinvolto. Certo, forse una mano maschile in più avrebbe fatto comodo, ma come diavolo avrebbe fatto a spiegargli ogni singola cosa? — anche se, conoscendolo, era sicura che, forse dopo un iniziale shock, avrebbe trovato eccitante tutta la situazione, ma sempre meglio non coinvolgerlo in quel caos.
Un'altra cosa di cui era certa era il suo licenziamento. Sì, sarebbe stata senza dubbio licenziata dopo aver saltato così tanti giorni di lavoro, ma almeno ora aveva una scusa per non andare più in quel buco di posto.
«Sembra che stai facendo surf!» rise Robin.
«Surf! Oh!» gridò Steve, che si muoveva sul carrello pianale.
«Sembrano ubriachi» disse Erica, guardandoli sconvolta.
«No. Sono piuttosto certa che siano drogati» la corresse Nathalie, continuando ad osservare quei due folli.
«Perché dovrebbero esserlo?» chiese Dustin.
«Ho un talento naturale, Nathalie Henderson! Guardami!» disse Harrington prima di cadere rovinosamente ai piedi della ragazza.
«Talento naturale a cadere col culo per terra?» domandò annoiata, piegandosi sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza.
«Oh — la guardò, spostandole una ciocca di capelli dal viso — Sei così bella, sai?» ridacchiò.
Nathalie sentì le gote colorarsi lievemente di rosso. «Dirmelo mentre mi ridi in faccia non è una cosa carina, Harrington» fece notare.
«No, no, no, scusa — si schiarì la voce, assumendo un'espressione seria — Sei bella, Nathalie Henderson. Ecco, va meglio?»
«Ha fatto la voce seria!» scoppiò a ridere Robin.
«Sai, ancora non ci credo che hai guidato un'auto. Tu!» disse Steve, indicando la Henderson con l'indice.
«Ew, gentile. Anche in queste condizioni mi prendi per il culo» mormorò indignata.
Nathalie poi sospirò, prendendogli il volto fra le mani.
«Woah, Henderson amo questa situazione, ma non credi sia meglio farlo quando siamo da soli?» mise su un mezzo sorriso malizioso. «Guarda, ci sono anche dei bambini» le sussurrò, poi.
«Gesù, amico, sei messo male» scosse la testa prima di poggiargli la mano sulla fronte. «Sta bruciando».
«Oh, Henderson. Credo stiamo bruciando entrambi» sghignazzò, alzando le mani e sfiorandole il collo, fino ad arrivare al volto.
Nonostante la situazione, Nathalie non poté che arrossire mentre apriva l'occhio intatto di Steve e lui continuava a toccarla.
«Ti guardo bene anche se non mi apri l'occhio, sai? Ti guardo sempre» annuì come un bambino.
«Come uno stalker. Steve Harrington lo stalker» rise sonoramente Robin, seduta sul pavimento.
«Ha le pupille dilatate» disse Nathalie. «Loro, ragazzi miei — si girò verso Dustin ed Erica, indicando le due povere vittime — sono la dimostrazione perfetta di cosa succede dopo un uso abbondate di sostanze psichedeliche. Non fate mai la stessa fine».
«Boop!» Steve le pizzicò il naso.
Dustin si piegò sulle ginocchia, dando degli schiaffetti sul volto del suo amico. «Steve, ti sei drogato?»
«Te l'ho già detto, papà. Non mi faccio di droghe. È solo marijuana» ridacchiò.
«Ti sto odiando, Steve Harrington» disse Nathalie con serietà.
«No, non odiarmi. Io non lo faccio» quasi supplicò.
«Allora dicci cosa diavolo vi hanno fatto, così capiamo come aiutarvi. Che vi hanno dato?» chiese con esasperazione.
«Boop!» ripetette Steve, dandole nuovamente un leggero pizzicotto al naso.
«Moriremo tutti, amici — prese parola Robin — Il punto è soltanto come e quando».
Nathalie scosse la testa, tornando a prestare attenzione Steve. «Ehi, dimmi dove hai parcheggiato l'auto».
«Oh, ci possiamo fermare al fast food?» domandò.
«Io potrei uccidere per un hot dog sullo stecco» annuì la sua amica di droga.
«Uh!» esclamò Harrington.
«Puoi avere tutto il cibo che vuoi, ma solo se ci dici dove hai parcheggiato la tua auto» disse Dustin.
«Oh oh» rispose.
«Cosa, Steve? Cosa?!» si esasperò Nathalie.
«L'auto è fuori gioco. Hanno preso le chiavi, sai. Puff, sparite. Da un'eternità — svuotò le tasche vuote mentre Robin rideva — Che fregatura, vero? Ora non posso più farti da insegnante».
«Per una volta, una dannata volta, la fortuna può essere dalla nostra parte?!» quasi pianse Nathalie, vicino ad una crisi nervosa.
«Ehi, ehi, no, no — Steve le prese delicatamente il polso — Non piangere. Non mi piace» scosse la testa, muovendo poi l'indice a destra e a sinistra.
«Non piango. Mi sto solo trattenendo dal prendervi a cazzotti» chiarì con un sorriso falso.
«Mi piace quando sei aggressiva» annuì.
«Ragazzi, l'ascensore si è fermata. Siamo arrivati» li richiamò Erica.
«Ottimo. Ora dobbiamo sperare che non ci sia nessun russo pronto a far saltare le nostre teste fuori questa cazzo di porta» disse a denti stretti Nathalie prima di girarsi verso i drogati. «Forza, in piedi».
«Mamma dice che dobbiamo alzarci, e noi lo facciamo perché obbediamo a mamma!» annuì Robin, alzandosi insieme a Steve.
Dustin si precipitò ad aprire la porta del magazzino, e quando uscirono finalmente da quella stanza, Nathalie fu sorpresa dal fatto che non ci fosse nessun russo ad attenderli. Inoltre, respirò a pieni polmoni quell'aria che tanto le era mancata — era certa che se avesse passato un altro solo giorno in quella base sotterranea, sarebbe senza dubbio impazzita.
«Oh mio Dio! È così buona!» esclamò la Buckley, allargando le braccia. «Steve, assapora l'aria».
«L'assaporo, l'assaporo» rise lui, cacciando fuori la lingua.
Con i due dietro, i tre presero a camminare velocemente verso il cancello, che rappresentava la via di fuga da quell'orribile postaccio, ma furono poi costretti a fermarsi nel momento in cui due addetti alla sicurezza russi, dall'aria minacciosa, erano pronti a correre verso di loro con tanto di pistole.
«Merda! Andiamo, andiamo!»
Dopo aver recuperato Robin e Steve, Nathalie si affrettò ad aprire l'unica porta presente, sbucando in un lungo corridoio pieno di porte che portavano sul retro dei vari negozi dello Starcourt.
«Dove stiamo andando?» chiese Erica mentre correvano.
«Fidatevi di me» si limitò a rispondere Dustin, che tirava Robin per un braccio mentre Nathalie faceva la medesima cosa con Steve.
Dopo qualche altro secondo, il piccolo Henderson si fermò davanti ad una porta, aprendola e facendo capolino nella stanza. Quando fu certo dell'assenza di russi, invitò anche gli altri ad entrare.
Li aveva portati nel cinema del centro commerciale, la cui sala era strapiena di persone.
«Ritorno Al Futuro. Proprio quello che desideravo vedere con i russi dietro al culo» mormorò Nathalie prima di girarsi verso Steve, che aveva dei popcorn in mano. «Dove diavolo li hai presi?»
«Dalla spazzatura» rise con la bocca piena.
«Dio, ti prenderò in giro a vita, sappilo» mormorò.
«Andiamo!» disse Dustin prima di addentrarsi nella sala.
Correndo e rimanendo uniti, fecero accomodare i due drogati nei primi posti liberi che trovarono.
«Questi posti fanno schifo. È troppo vicino!» si lamentò Harrington.
«Allora non guardate il film. A chi importa!» rispose Nathalie, sull'orlo dell'esaurimento.
«Ma vogliamo vederlo» disse Robin.
«Allora fatelo! — ribatté severamente Dustin, ricevendo numerosi 'shh' da parte di alcuni spettatori — Fate quello che vi pare, ma non andate da nessuna parte!»
«Va bene, papà» disse Steve, facendo sghignazzare Robin al suo fianco.
«Ci sono tre posti liberi lì» Erica indicò le poltrone nella stessa fila, poco lontane dai due strafatti.
«Bene, andiamo» Nathalie fece per raggiungerle, ma Steve le afferrò il polso. «Cosa?» chiese confusa.
«Non andare, dai. Rimani qui» la supplicò.
«Puoi rimanere a patto che non diate vita a un convegno a luci rosse davanti a me e a tutta la sala» rise sguaiatamente Robin, ricevendo anche lei numerosi 'shh' in risposta. «Oh scusate» alzò le mani a mo' di difesa.
«Senti Steve — addolcì il tono della voce — Sono lì, okay? Non vado via. Se hai bisogno di me, mi-»
«Ho bisogno di te» la fermò.
Nathalie sospirò profondamente. «Intendo se stai per morire o ti senti male. In quel caso, mi chiami. Ma ora devo andare a trovare un modo per farci uscire di qui insieme a Dustin e ad Erica».
Steve la guardò per qualche secondo prima di lasciarle il polso. «D'accordo» s'imbronciò.
La Henderson, così, finalmente raggiunse i due ragazzini, accomodandosi al loro fianco.
«È ufficiale. Non voglio avere figli» fu la prima cosa che sentì dire da Dustin.
«Oh ora capisci quanto è fastidioso farvi da babysitter?» lo guardò sua sorella.
«Noi non ci comportiamo come quei due folli» le fece presente.
«Sentite — prese parola Erica — Che ci facciamo qui?»
«Ci nascondiamo come Oswald» rispose Dustin con ovvietà.
«Oswald è stato trovato morto in un teatro dopo essere stato ucciso brutalmente a colpi di pistola. Potremmo fare la stessa fine, con l'unica differenza che ci troviamo al cinema, ma, in fin dei conti, è solo un dettaglio marginale, no?» blaterò Nathalie.
«Beh, ma l'hanno trovato una settimana dopo» la guardò suo fratello.
«Il punto è che è morto comunque perché il suo piano non aveva funzionato».
«Era tutta una montatura. Era un capro espiatorio».
«È morto, Dustin. Morto. Come succederà a noi. E non importa se ci trovano subito, o tra una settimana o tra un mese. Noi moriremo».
«Santo Cielo, potete stare in silenzio? Siamo al cinema!» sentirono dire da una signora che si trovava dietro di loro.
Nathalie inarcò un sopracciglio, girandosi verso di lei. «Oh mi perdoni, la stiamo disturbando perché il film le sta piacendo così tanto? — mise su una finta espressione desolata — Beh, la situazione in cui noi ci troviamo è più importante di uno stupido film. Quindi si concentri o se lo guardi a casa!»
«Dobbiamo uscire da qui» riprese parola Erica.
«Bene. Voi due badate a Pinco Panco e Panco Pinco. Badate che non si muovano da qui» disse Dustin.
«Ehi ehi, cosa? — lo fermò sua sorella — Perché devo essere sempre io la babysitter della situazione?»
«L'hai detto tu stessa. Lo sei sempre» le rispose con ovvietà, facendole ruotare gli occhi al cielo.
«Dove vuoi andare?» gli domandò la piccola Sinclair.
«A cercare un passaggio» disse prima di afferrare il walkie-talkie e lasciare le due da sole.
«Gesù. Questo è il mio inferno personale» sospirò Nathalie, lasciandosi andare contro la poltrona e lanciando un veloce sguardo a Robin e a Steve, che ingurgitavano ancora quei popcorn recuperati dall'immondizia.
«Bene, massima sincerità — Erica la guardò — secondo te moriremo?» le chiese a bruciapelo.
Lei fece un profondo sospiro prima di rispondere. «No, Erica, non moriremo. E se le cose dovessero mettersi male, provvederemo a salvare il culo tuo e di Dustin».
«Provvederai, vuoi dire. Quei due non ti aiuteranno» le fece presente.
«Già. Provvederò — si massaggiò le tempie — Non è così che credevo che avrei trascorso il quattro luglio».
«Già, decisamente meglio stare nelle coperte con Steve Harrington, eh?» le disse maliziosamente.
Nathalie la guardò per qualche secondo. «Mi ripeti quanti anni hai?»
«Abbastanza da poter parlare di sesso. Quel drogato non vede l'ora di-»
«Sì, sì, okay, d'accordo — la fermò — Hai reso il concetto, Erica».
«Beh, ma che aspetti? E, per inciso, a me non importa della vostra vita sentimentale, ma è l'unica cosa più interessante di questo film» chiarì.
«Ci sto lavorando, Erica. Ci sto lavorando».
«Lavorare per infilargli la lingua in gola?»
«Non so se l'hai notato, ma ultimamente le circostanze non sono state favorevoli. Non potevo di certo dirgli 'ehi Steve, sai, mi piaci' mentre i russi ci seguivano con un AK-15».
«Ah-ah, potevi — la fermò — Chi se ne importa delle circostanze quando rischiamo di morire?» le chiese come se fosse una cosa ovvia.
Nathalie non rispose, limitandosi a sospirare e a rendersi conto di quanto avesse ragione Erica Sinclair: se avesse sempre pensato alle circostanze, non gli avrebbe mai detto nulla, e lei voleva che Steve sapesse, soprattutto dopo averlo davvero creduto morto quel pomeriggio.
Improvvisamente, Dustin tornò correndo da loro. «Ce le avete delle batterie a stilo?»
«Perché dovremmo averle?» domandò Erica.
«Io ho sempre delle batterie» rispose.
«Se ce le stai chiedendo, significa che non le hai» gli fece notare sua sorella. «Piuttosto, che è successo? Hai contattato i ragazzi?»
Dustin sospirò profondamente. «Stavo parlando con Mike. L'ho informato della situazione, ma non sono sicuro che abbia capito tutto. Il walkie-talkie si è spento e mi servono otto batterie».
«Otto?» ripetettero all'unisono — dove avrebbero preso otto batterie?
«Cazzo. Dovremo attuare il piano B» mormorò.
«Quale sarebbe questo piano B?»
Prima che Dustin potesse rispondere, la sua espressione mutò. Seguendo il suo sguardo, capirono la causa: Robin e Steve non erano lì.
«Dove diavolo sono?» disse a denti stretti Nathalie.
Quest'ultima, subito dopo, si mise immediatamente in piedi, abbandonando il cinema e rilasciando un sospiro di sollievo nel momento in cui li vide lì fuori a bere alla fontanella.
«Gesù» mormorò.
«Henderson — disse Steve, andandole vicino — Ho provato a chiamarti ma non mi vedevi, così sono uscito ma non mi sono allontanato. Sono stato bravo» sorrise come un bambino.
«Già, hai fatto bene» annuì lei, massaggiandogli la schiena.
«Credo che lei stia per vomitare» prese parola Erica, indicando con il pollice Robin, che sembrava in preda ai conati.
«No, per favore» si lamentò la ragazza.
«Erica, porta Robin in bagno. Nathalie, tu pensa a Steve. Io trovo un modo per contattare gli altri» disse risoluto Dustin, guardandoli.
«Dovrei farla... vomitare?» chiese disgustata la ragazzina.
«Farà tutto da sola. Tu... tu stalle vicino, assicurati che non scappi. Poi, se ti fa po' pena, reggile i capelli mentre smaltisce tutto. Hanno bisogno di farlo» le rispose Nathalie.
Successivamente, le ragazze presero i due drogati per la mano. Erica portò Robin nel bagno delle ragazze, e Nathalie portò Steve in quello maschile. Immediatamente, lui corse nella cabina centrale, chinandosi sul water e vomitando.
La Henderson assunse un'espressione disgustata mentre lo raggiungeva per tenergli i capelli.
«Bravo, Steve. Butta fuori anche l'anima» lo invitò, cercando di ignorare la puzza di vomito e il fatto che avesse uno strano colore giallognolo — ma, probabilmente, era solo a causa della droga.
Dopo due buoni minuti, Steve sembrò aver finito, e tossicchiando, si mise a sedere contro il muro, pulendosi la bocca con il palmo della mano.
«Ehi... come ti senti, mh?» gli chiese, spostandogli il ciuffo dalla fronte.
Lui, in risposta, alzò gli occhi. «Il soffitto ha smesso di girare» farfugliò.
«Fantastico. È una cosa positiva» annuì, accennando un sorriso. «Gesù, quando ti rimetterai del tutto, non farò che parlare del tuo vomito giallo, Steve Harrington».
Steve ridacchiò prima di chiudere gli occhi e massaggiarsi le tempie. Nonostante il soffitto non girasse più, poteva accusare ancora un leggero stordimento e un lieve dolore alla testa, ma, tutto sommato, poteva dire di essere più lucido di prima.
Nathalie si mise in piedi, avvicinandosi al lavandino e afferrando l'asciugamano utilizzato per le mani. Lo bagnò un po' con dell'acqua, e, subito dopo, tornò da Steve.
«Il tuo occhio sinistro fa schifo» mormorò lei, piegandosi sulle ginocchia. Poi, delicatamente e cercando di non fargli male, iniziò a togliergli quel sangue secco che gli impregnava il volto.
«Rovina il mio fascino?» chiese con un mezzo sorriso.
Ridacchiò, continuando a tamponare. «Sai, io... io direi che aumenti il tuo fascino. Sì, ti rende più cazzuto. Dice a tutti 'ehi sono stato massacrato ma ne sono uscito vivo'. È forte. Alle ragazze piace».
Steve aprì gli a quelle parole, trovandosela a un passo dal volto e osservandola con attenzione mentre si prendeva cura di lui.
In quella base sotterranea russa aveva davvero temuto che sarebbe morto a suon di pugni, calci e siringhe, e, per la terza volta, stava rischiando di rimetterci le penne senza averle detto nulla. Lì sotto, mentre la sua testa non faceva altro che sbattere violentemente a destra e a sinistra a causa dell'impatto dei pugni contro le sue guance, lui non riusciva a pensare ad altro che a lei, al fatto che avesse sprecato così tante occasioni e che sarebbe morto senza dirle nulla.
E Steve si era sentito così codardo, così sciocco, e pieno di rimpianto.
Ora era vivo, seduto con la schiena contro il muro di un sudicio bagno, ma era consapevole del fatto che non fosse per nulla terminata quella situazione: i russi gli stavano alle calcagna e la Porta si stava riaprendo.
Non voleva più rischiare di morire senza dirle nulla, e nonostante la situazione non fosse delle migliori, non riusciva più a tenere per sé quei sentimenti, soprattutto non quando rischiavano ancora di morire.
«Non mi interessa delle altre, Henderson» disse poco dopo, non staccandole gli occhi di dosso.
Nathalie si fermò a quelle parole, rimanendo in silenzio per qualche secondo e non sapendo bene né cosa dire né cosa pensare: non gli interessava delle altre perché gli interessava di una sola ragazza, questo era chiaro, ma chi? Non voleva essere presuntuosa e precipitosa credendo che fosse lei, così decise di indagare.
«A Steve Harrington non importa delle altre ragazze? Il mondo si sta capovolgendo o cosa?» lo guardò sorpresa.
Lui si lasciò sfuggire un risolino. «Da quando tuo fratello è tornato, mi dice che devo trovare la mia Suzie, e io l'ho trovata. Ho trovato una persona adatta a me — ammise, trovando finalmente il coraggio — È pazzesco. È la persona più improbabile, Dio».
Nathalie si morse il labbro inferiore, sentendo il cuore battere talmente forte che quasi sembrava volerle uscire dal petto. «Hai trovato una secchiona dello Utah?» scherzò nervosamente.
Steve rise prima di scuotere la testa. «Non è questa la cosa importante. Il punto è che io e questa ragazza ci odiavamo. Non riuscivamo a stare nello stesso posto per più di due minuti senza insultarci. In fondo mi divertiva — ridacchiò, passandosi una mano fra i capelli mentre Nathalie mandò giù il groppo che le si era formato in gola, iniziando a capire — Lei è... lei è fantastica. Simpatica. Da quando la conosco, io rido. Rido tanto. E non lo facevo da tempo. È un po', anzi, molto strana. Spesso parla di morte, di strappare la lingua e darla in pasto ai gatti... ma è così tanto in gamba, molto più di me, e spesso credo... credo di non essere alla sua altezza. A volte ancora mi chiedo perché una persona come lei passi del tempo con uno stupido gelataio... forse ex gelataio, dato che verrò licenziato, ma... insomma, ha una borsa di studio assicurata al MIT, e lei... lei riesce a decodificare i codici segreti russi, e mi ha salvato la vita. È così sincera. Dannatamente sincera. Spesso ho perfino pensato di odiarla per questo motivo, perché lei aveva capito ogni cosa di me, anche quando io non ero pronto ad accettare la verità. E poi è bella. Quando si concentra fa quella cosa con le labbra... le arriccia, e si forma una specie di ruga tra le due sopracciglia. E quando sorride, i suoi occhi brillano, e ho notato che cambiano alla luce del sole. Diventano quasi verdi, e... li guarderei per ore. Oh, e poi c'è il sorriso. Riesce a tranquillizzarmi. E quando ride, lei... lei mi fa stare bene. Spesso ride anche nei momenti meno opportuni, ma è questo che la rende così speciale. E quando ride o sorride, le si formano queste due... fossette, anche se quella sinistra è più visibile della destra, e lei è... lei è perfetta. E io le corro dietro da un anno e mezzo, ma non... non sono mai riuscito a farmi avanti perché... perché non ne avevo il coraggio».
L'idea di Steve non era mai stata quella di dichiararsi a lei in un lurido bagno dopo aver vomitato per colpa della droga. Anzi, ripensandoci, la situazione e il contesto erano al dir poco orribili, e probabilmente, una volta ripresosi del tutto, si sarebbe senza dubbio imbarazzato: insomma, dichiararsi seduto accanto al water? Nauseante.
Eppure non si era mai sentito così svuotato e leggero come in quel momento in cui le aveva finalmente confessato i suoi sentimenti. Se avesse saputo che avrebbe provato quella sensazione di leggerezza, forse lo avrebbe fatto da un pezzo, soprattutto perché non aveva prezzo ammettere a voce alta i propri sentimenti, in particolare quando erano veri e forti come quelli che lui provava nei confronti di Nathalie Henderson.
Quest'ultima, nel frattempo, era stata ad ascoltare tutto il suo discorso senza proferire parola e quasi trattenendo il respiro, soprattutto quando si era resa conto del fatto stesse parlando di lei, e, senza neanche accorgersene, i suoi occhi avevano iniziato a riempirsi di lacrime mentre lo ascoltava descriverla con tanta delicatezza e quasi devozione, come se pendesse dalle sue labbra, come se fosse l'unica cosa importante in mezzo a tutto quello schifo.
La notava. Notava ogni cosa di lei, anche dettagli marginali che mai nessun ragazzo aveva scorto, come gli occhi che cambiavano colore o la differenza di profondità delle fossette che si formavano ogni volta che rideva e sorrideva. La riteneva bella, simpatica, folle, in gamba, intelligente, e l'ammirava. Così tanto che spesso si sentiva come se si trovasse un gradino in basso, come se non la meritasse, come se lei dovesse stare con qualcuno con un futuro già ben delineato e promettente, e non con lui.
Non sentendola parlare, però, Steve Harrington iniziò a pensare al peggio. Che fosse chiaro, non si sarebbe rimangiato nulla, ma essere rifiutato da Nathalie Henderson avrebbe inciso non poco su di lui, soprattutto perché quella non era una semplice cottarella, ma un insieme di sentimenti accumulati che non avevano fatto altro che crescere in quell'anno e mezzo. Oltretutto, aveva anche paura di aver rovinato ogni cosa, e lui non poteva perderla.
«Nathalie — mormorò, richiamandola e afferrandole delicatamente la mano, non riuscendo a capire se quegli occhi lucidi fossero una conseguenza del fatto che non ricambiasse e che quindi le dispiacesse ferirlo, o perché l'avesse, in qualche modo, fatta emozionare — Che ne pensi?» le chiese incerto.
Lei scosse la testa, quasi come per riprendersi dai suoi pensieri, e accennò un sorriso. «Questa ragazza di cui parli sembra fantastica».
«Lo è, credimi» annuì dolcemente. «Lui, invece? Cosa ne pensi di lui?» le domandò, non riuscendo a nascondere la sua agitazione e paura di ricevere un rifiuto.
«Io penso che... — si fermò per qualche secondo prima di riprendere parola — Penso che sia uno stupido imbecille che non ha capito che questa ragazza ha una mega cotta per lui da un anno e mezzo, e non può che... che offrirle il suo affetto, il suo tempo. Lui è il meglio che lei possa desiderare. Non c'è qualcuno che la meriti più, soprattutto dopo che le ha salvato letteralmente la vita così tante volte» disse gesticolando e parlando velocemente, quasi come se avesse paura di non riuscire a dirgli tutto e ad ammettere i propri sentimenti se avesse parlato piano.
E invece lo aveva fatto. Aveva appena confessato a Steve Harrington di ricambiare ogni singola cosa, e lui inizialmente quasi fece fatica a starle dietro a causa della parlantina veloce.
«È la droga o... Henderson... hai appena detto che mi corri dietro da un anno e mezzo? — le chiese quasi incredulo, facendola annuire. Inizialmente sconvolto, si lasciò sfuggire una lieve risata — Gesù, siamo due...»
«Imbecilli di prima categoria, già» annuì lei, concordando: si erano sempre piaciuti e non si erano mai confessati per un fottuto anno e mezzo. Poi le sorse un dubbio. «Non è la droga a parlare, vero? Perché ti giuro che-»
«Non sono mai stato più lucido» la fermò, guardandola negli occhi con serietà: tutto quello non c'entrava con il fatto che fosse ancora leggermente fatto; al massimo, la droga gli aveva dato quel pizzico di coraggio che gli mancava.
Nathalie sorrise, non riuscendo ancora a credere al fatto che lei e Steve Harrington si fossero confessati i loro sentimenti a vicenda, e che, soprattutto, lo avessero fatto in un lurido e schifoso bagno che puzzava di vomito — un giorno avrebbero sicuramente riso ripensando a quel momento.
«Ben, in questo caso, allora...» mormorò lei, mettendosi a cavalcioni su di lui e non togliendosi dal volto quel sorriso ebete.
A quell'azione, Steve deglutì, poggiandole istintivamente le mani sui fianchi. «Desidero baciarti più di ogni altra cosa, Henderson, ma ho appena-»
«Non ricordarmelo, altrimenti non lo farò mai» lo fermò ridacchiando, consapevole del fatto che, nonostante fosse piuttosto schifoso baciarlo e sentire il suo sapore di vomito, lei non volesse altro che toccare le sue labbra.
Harrington decise di zittirsi, infischiandosene del vomito e del sangue: stava per baciare Nathalie Henderson — e una parte di lui si ritrovò perfino a ringraziare tutta quella situazione del cazzo e la droga che gli avevano iniettato i russi.
«Ci stiamo per baciare davvero?»
«Lo stiamo facendo».
Nathalie si avvicinò ulteriormente al volto di Steve, che intanto non smetteva di guardarla negli occhi mentre i loro respiri iniziavano a confondersi e le labbra a sfiorarsi. Per un attimo entrambi si chiesero se tutto quello fosse un sogno, se, improvvisamente, qualcuno li avrebbe riportati bruscamente alla realtà, ma quando finalmente le loro bocche si unirono, si resero effettivamente conto del fatto che fosse tutto reale.
Nathalie Henderson e Steve Harrington si stavano baciando per la prima volta dopo aver taciuto i loro sentimenti per un anno e mezzo per la semplice paura di rovinare il rapporto speciale che avevano e per il timore di non essere corrisposti. E nonostante, in quel momento, entrambi pensassero di essere stati degli idioti a non aver ammesso tutto prima, decisero di mettere da parte quel pensiero e di godersi finalmente quel tanto agognato e desiderato bacio.
Inizialmente si baciarono in maniera quasi timida, come se avessero paura, in qualche modo, che tutto quello potesse finire da un momento all'altro. Poi, una volta essersi resi conto del fatto che nessuno li avrebbe portati bruscamente alla realtà, iniziarono a liberarsi e a dare sfogo a tutto quel desiderio che provavano e che avevano tenuto a bada per un anno e mezzo, abbandonandosi l'uno all'altra e lasciando che le loro labbra si muovessero in sincronia, in modo sia dolce che vorace, e, dal modo in cui si cercavano e si stringevano, era abbastanza evidente che entrambi non desiderassero che fondere i loro corpi in uno.
Steve la teneva stretta a sé con una mano dietro la nuca in modo che non si allontanasse, inconsapevole del fatto che lei non avrebbe mai interrotto quel bacio che aspettava da fin troppo tempo, e, in risposta, si aggrappò al colletto della sua uniforme.
Erano senza dubbio nella loro bolla, e avevano dimenticato, per un attimo, di trovarsi in un bagno, e che, da un momento all'altro, sarebbe potuto entrare qualcuno, magari proprio un militare russo. Ma, a dirla tutta, in quel momento a nessuno di loro due interessava, soprattutto perché si stavano baciando per la prima volta, ed era l'unica cosa a cui riuscivano a pensare: alle loro bocche incollate.
Rimasero dunque stretti a baciarsi per un tempo indefinito, a far scontrare le loro lingue in un modo che diventava sempre meno casto, tenendosi stretti l'un l'altra. Diedero ascolto alle emozioni che provavano, vogliosi di sentirne sempre di più: il cuore che batteva forte, le gambe che quasi tremavano, e lo stomaco in subbuglio.
Quando poi si staccarono per mancanza di fiato, fecero scontrare le loro fronti. Le labbra ancora si sfioravano, e non riuscirono a trattenere un sorriso spontaneo ripensando a ciò che era appena successo.
Steve le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, allontanandosi quel poco per poterla guardare: aveva le labbra gonfie e rosse, e lui si trovava esattamente nella stessa condizione.
Si sorrisero contemporaneamente, tenendosi ancora stretti, entrambi non intenzionati a staccarsi, a tornare alla realtà e ad affrontare i russi. Volevano semplicemente rimanere lì insieme e vicini.
«Avremmo dovuto farlo prima» mormorò lui, sfiorandole le labbra prima di schioccarle un altro veloce e flebile bacio.
«Decisamente» confermò Nathalie, portandogli la mano sul volto e carezzandoglielo lievemente. «Ma meglio tardi che mai, no?» riprese parola.
Steve la guardò per qualche secondo prima di annuire. «Meglio tardi che mai» ripetette.
Fece per riappropriarsi delle sue labbra, ma ecco che qualcuno entrò nel bagno.
«Ragazzi, dobbia- Woah woah woah! Che diavo- No! Io non voglio guardare! Non voglio guardare!» iniziò a ripetere Dustin, portandosi la mano sugli occhi per evitare di vedere sua sorella a cavalcioni su Steve Harrington.
«No! — esclamò Robin, che sembrava essersi più o meno ripresa, guardandoli con un sorriso — Finalmente! Dio, pensavo di dover aspettare l'allineamento di tutti i Pianeti prima di assistere a una cosa del genere! Devo... devo dirlo alla banda!»
«Oh, sì, carini, finalmente si sono dichiarati, ma noi dobbiamo andare, d'accordo?» prese parola Erica, che, però, non riuscì a nascondere a lungo quel suo piccolo sorriso.
Nathalie lo notò, e, subito dopo, scoppiò a ridere prima di rimettersi in piedi insieme a Steve.
«Posso aprire gli occhi? Mia sorella ha smesso di procreare con il mio amico?» chiese Dustin.
«Ehi, stronzetto, non stavamo procreando, okay?» gli rispose Steve, ridacchiando sotto i baffi.
«No, ci mancava davvero poco. Forse sarebbe successo se non fossimo entrati» disse Robin, ancora felice come una Pasqua.
Nathalie assunse una smorfia. «Nah. Preferisco farlo in un ambiente comodo. Non un sudicio bagno, e, soprattutto, non nel suo vomito».
«Oh quindi se andassimo a casa mia-»
«Voi non andrete da nessuna parte con i russi alle calcagna — disse Dustin — Ora venite con me».
«Bene fratellino, qual è il piano?» chiese la castana quando lo vide aprire la porta e sbirciare fuori.
«Il film è finito. Mischiamoci fra le persone» le rispose con ovvietà.
«Questo sarebbe il tuo grande piano? Mischiarci fra le persone?» domandò Erica, perplessa.
«Ne hai uno migliore? È l'unico modo per confonderci fra di loro!» ribatté.
«Bene — Nathalie aprì la porta — Mischiamoci» e tutti insieme abbandonarono il bagno, iniziando a camminare con e tra le persone, rimanendo tutti uniti e guardandosi attorno con attenzione.
«Cavolo, ha funzionato» ammise la piccola Sinclair.
«Ma certo che sì» sorrise Dustin. «Ora prendiamo l'autobus con gli altri e casa dolce casa, eccoci».
«Sembra fin troppo facile e noi siamo sfortunati fino al midollo. Qualcosa di brutto succederà» mormorò Nathalie, sicura al cento per cento — era ovvio che non vedesse l'ora di tornare a casa, immergersi nella sua vasca e dormire sul suo amato letto per lunghe ore, ma era anche consapevole del fatto che non fossero propriamente baciati dalla fortuna, e che, probabilmente, presto sarebbe accaduto qualcosa. Ciononostante, sperava di sbagliarsi.
«Abbi fiducia, sorella. Ce ne andiamo a casa» la rassicurò il ricciolino.
«Ehi, Dustin, Nathalie — li richiamò Steve, tenendo lo sguardo basso — Forse è meglio che non andiate a casa voi due».
«Perché?» chiesero all'unisono.
«Beh, potrei aver detto loro il vostro nome e cognome» ammise con espressione colpevole.
«Tu cosa?!» quasi urlò Nathalie, guardandolo con occhi spalancati.
«Che cosa ti è preso?» domandò anche Dustin, agitato.
«Sentite, ero drogato. Io... io non ragionavo lucidamente» si giustificò.
«Non è una scusante! — ribatté Nathalie — Gesù, Harrington, ora siamo noi quelli che dovranno vivere da nomadi e spostarsi continuamente perché dei russi vorranno farci fuori!»
«Dovevi resistere! Stringi i denti. Stringi i denti come un uomo!» concordò suo fratello.
«Sì, è facile per te dirlo» rispose prima di guardare Nathalie. «E poi puoi, potete venire da me, soprattutto ora che-»
«Ragazzi!» Robin fermò le sue parole, assumendo un'espressione preoccupata e bloccandoli.
Gli sguardi dei cinque caddero sugli addetti alla sicurezza russi, che, proprio davanti all'uscita del centro commerciale, stavano fermando le persone per chiedere se li avessero visti.
«Contrordine — mormorò Dustin, e, proprio in quel momento, uno dei due uomini si girò, poggiando gli occhi su di loro — Contrordine! Contrordine!» urlò, girandosi e iniziando a correre insieme al gruppo.
Raggiunsero le scale mobili, che, sfortunatamente, però, avevano chiuso. Non avendo altra scelta, uno ad uno saltarono sullo spazio che univa le due scale, usandolo come scivolo e raggiungendo il piano inferiore.
Ricominciava la caccia alle streghe, e le streghe, in quel momento, erano loro.
• • • •
NATHALIE NON POTEVA FARE ALTRO CHE PENSARE al fatto che avessero rischiato di morire davvero innumerevoli volte, riuscendo, però, sempre a salvarsi. Ecco, arrivava però un momento in cui la morte avrebbe certamente vinto, e la Henderson era assolutamente sicura del fatto che quel momento fosse arrivato.
Dopotutto, non potevano salvarsi sempre, giusto?
Si trovavano tutti nascosti dietro il bancone di uno schifoso fast food al piano terra di quell'infernale centro commerciale con i russi che, armati fino ai denti, li cercavano per tutta la struttura, e loro non potevano fare altro che rimanere lì in silenzio ad ascoltare il rumore delle suole delle loro scarpe, e sperare che qualcosa o qualcuno li andasse a salvare.
Nathalie aveva certamente il cuore in gola, proprio com'era accaduto spesso negli ultimi giorni, e non faceva altro che stringere la mano di Steve, che, al suo fianco, condivideva il suo medesimo pensiero: almeno siamo riusciti a dichiararci e a baciarci. Già, erano le uniche parole che, in quel momento, le loro menti riuscissero a partorire, e forse era anche dovuto al fatto che si trovassero insieme, ancora una volta, ad affrontare una situazione del genere.
Si ritrovò a strizzare violentemente gli occhi quando avvertì i passi farsi sempre più vicini, ed era certa del fatto che, di lì a poco, in quel centro commerciale non si sarebbero sentiti altro che colpi di pistola, e che il loro sangue sarebbe schizzato dappertutto.
Poi, però, improvvisamente, anche quella volta la morte sembrò non vincere: tutto ciò che sentirono fu il rumore dell'antifurto dell'auto rossa in esposizione al centro del Mall.
Di conseguenza, assunsero tutti un'espressione confusa, che aumentò a dismisura nel momento in cui avvertirono un violento tonfo, seguito da vetri che si frantumavano sul pavimento.
Tutti e cinque, poco dopo, si alzarono lentamente, osservando la situazione e trovandosi davanti l'auto frantumata in mille pezzi, e, come se non bastasse, le guardie russe erano in una pozza di sangue.
Istintivamente, alzarono lo sguardo al piano superiore del Mall, e Nathalie sentì il cuore alleggerirsi alla vista di Undici — responsabile di tutto quello —, Mike, Lucas, Max, Will, Nancy e Jonathan, che li guardavano sollevati per il fatto che fossero vivi.
Il gruppo sopra si affrettò a scendere, mentre i cinque abbandonarono il bancone, andando verso di loro, e, immediatamente, Nancy si tuffò nelle braccia della sua amica, che ricambiò tenendola stretta.
«Mi sono preoccupata così tanto quando non ti ho trovata da nessuna parte» sussurrò la Wheeler al suo orecchio.
Nathalie sorrise, staccandosi e guardandola negli occhi. «Ti spiegherò tutto, ma ora non è il momento, okay?»
«No. Decisamente» concordò, annuendo con un sorrisino.
«Hai fatto volare quell'auto come una Hot Wheel!» esclamò euforico Dustin, guardando Undici che, per qualche strano motivo, aveva il pantalone sporco di sangue e zoppicava.
«Lucas?» chiese Erica, guardando suo fratello.
Lui, dal canto suo, non sembrava particolarmente felice di vederla lì. «Che cosa ci fai tu qui?»
«Oh beh, chiedilo a loro. È colpa loro» rispose, indicando i cinque colpevoli, che misero su un finto sorriso.
«È vero, sì, è così, è tutta colpa nostra» ammise Steve.
«Non capisco. Cos'è successo all'auto?» domandò Robin, ancora piuttosto confusa.
«Undici ha i superpoteri» le rispose Nathalie con nonchalance, indicando la ragazzina.
«Come, scusa?»
«Sì, i superpoteri. Sai, no? L'ha lanciata con la mente».
«Quella è Undici?» chiese Erica con un sorriso.
«Scusate, tu chi sei?» Nancy guardò Robin come se fosse un cane a tre teste.
«Sono Robin. Lavoro con Steve» rispose.
«Lei e Nathalie hanno decodificato il messaggio» le spiegò Dustin.
«E abbiamo scoperto che c'erano i russi» aggiunse Steve.
«Russi? Quali russi?» chiese Jonathan.
«I russi!» indicò gli uomini morti sul pavimento.
«Quelli erano russi?» Max spalancò gli occhi.
«Sì, alcuni di loro».
«Di cosa state parlando?»
«Non hai sentito il codice rosso?»
«Sì, ma capivamo la metà di quello che hai detto».
«Maledette batterie!»
«Quante volte ti devo dire di stare attento alle batterie?!» Steve guardò Dustin.
«Sì, ma ha funzionato, vero, Steve?»
«Ha funzionato? Siamo quasi morti!» gli fece presente Erica.
«Ma non siamo morti, non trovi?»
«Sì, ma c'è mancato un pelo».
«Okay, i russi, in quanto tali, lavorano per il Governo Russo».
«Cosa c'è di difficile da capire? Non parli la mia lingua? Abbiamo fatto saltare in aria l'Alba Rossa!»
Improvvisamente, tutte quelle chiacchiere furono interrotte da un violento tonfo, e, girandosi, videro Undici stesa sul pavimento.
«Ehi, ehi, ehi!» corsero verso di lei.
«Undi! Undi!»
«Cosa le succede?»
«Che c'è? Cosa ti succede, Undi?!»
«La gamba! La mia gamba» pianse la ragazzina.
Subito dopo, Nancy e Jonathan le alzano il pantalone, togliendo la garza che avevano messo poco prima e mostrando una ferita per niente normale e del tutto raccapricciante che li portò ad assumere un'espressione di disgusto, ed erano certi che di lì a poco avrebbero vomitato.
Tutta la ferita era rossa e venosa, ma la cosa più orribile arrivò dopo, quando videro qualcosa — che ipotizzarono fosse una larva — iniziare a muoversi sotto la sua pelle.
Undici, di conseguenza, gemette, con Mike che le chiedeva cos'avesse, fin quando urlò in preda al dolore, continuando a dimenarsi sotto gli sguardi dei presenti, che non sapevano come comportarsi.
Assolutamente disgustato.
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