[024] guess who's back?
capitolo ventiquattro
guess who's back?
NATHALIE STAVA INIZIANDO SENZA DUBBIO ad odiare quei binari che quella mattina aveva percorso con Steve e Dustin. In quel momento, li stavano ripercorrendo al contrario, con due piccole differenze: era sera e con loro c'erano due componenti in più.
La situazione era terrificante, davvero stile horror, e Nathalie si limitava a seguire il gruppo senza sapere effettivamente dove stessero andando, ed era certa che nessuno lo sapesse.
Certo, la loro idea — non sua, ovviamente, anche perché, per quanto le riguardava, sarebbe corsa a casa — era quella di raggiungere Dart e i suoi viscidi e orribili amichetti, ma non sapevano neanche cosa diavolo avesse attirato la loro attenzione.
Come se non bastasse, i tre ragazzini stavano intrattenendo strane conversazioni, faceva freddo e aveva dannatamente fame. Se avesse saputo che avrebbe trascorso la serata in quel modo, avrebbe portato il suo walkman, una giacca, e del cibo.
Purtroppo non aveva niente di tutto quello.
Sbuffò sonoramente, stringendosi in un abbraccio e cercando di riscaldarsi all'interno di quella leggera maglia a maniche lunghe. Ovviamente non ci riuscì, e questo la portò ad arricciare il naso in un'espressione infastidita.
Steve, al suo fianco, osservava attentamente ogni sua mossa — giurava di non essere un maniaco — e non riusciva a trattenere un sorriso a causa del suo essere così buffa. Improvvisamente, infatti, la vedeva assumere delle espressioni del tutto diverse nel giro di pochi secondi, e questo non faceva altro che divertirlo.
«Tutto okay, Henderson?» le chiese di getto, senza neanche pensarci. «Non parli da quando abbiamo lasciato da discarica, ed è... strano» aggiunse poco dopo.
Lei ghignò. «Ti manca la mia voce, Harrington?»
«No, Gesù — sì, invece — mi chiedevo solo quale fosse il motivo del tuo piacevole silenzio» spiegò.
Nathalie sospirò. «Dustin sta chiedendo alla ragazza che le piace se le piacerebbe mangiare animali, è sera, sono sveglia dalle sette, mi fanno male i piedi e le gambe, fa freddo e sto prendendo in considerazione l'idea di tornare indietro e mangiare la carne che hanno lasciato i demo-cosi» blaterò.
«Ora ti riconosco» ridacchiò Harrington prima di passarle lo zaino.
«Cosa? Sei troppo stan- Woah woah woah, mi stai dando la tua giacca?» chiese quando lo vide sfilarsi l'indumento.
«Non devo aiutare una povera ragazza che sente freddo? Meglio se la lascio morire di ipotermia?» scherzò, anche se in fondo non capiva per quale motivo sembrasse così... spaventata?
Lei lo guardò per qualche secondo, ritenendo quel gesto un qualcosa di molto intimo, e forse a farle "paura" era proprio quello: il fatto che lei lo ritenesse qualcosa di importante, mentre lui, probabilmente, no — e, giusto per chiarire, Steve solitamente non dava i suoi indumenti alle ragazze, ma che ne poteva sapere lei?
«Mh, è stile film romantico. Che cliché» si limitò a dire lei.
Steve quasi scoppiò a ridere. «Gesù, preferisci morire di freddo piuttosto che prendere questa giacca?»
Nathalie si strinse nelle spalle, e fu l'ennesima folata di vento a farle afferrare quell'indumento, che infilò frettolosamente. Le stava grande nonostante Steve non fosse chissà quanto muscoloso, e si immerse nella sua acqua di colonia, ispirandola profondamente.
Il ragazzo al suo fianco, intanto, sentì il cuore quasi scaldarsi mentre la osservava stretta nella sua giacca. Era qualcosa di così piacevole che neanche riusciva a spiegarlo.
«Sei sicuro di non sentire freddo? Che sia chiaro, non te la ridarò se mi risponderai di sì» la voce della castana lo destò dai suoi pensieri mentre gli porgeva lo zaino.
Steve se lo rimise in spalla, accennando un sorriso. «Rilassati, Henderson. I veri uomini hanno il sangue caldo».
«Poi un giorno mi spieghi da dove le tiri fuori queste stronzate» mormorò lei.
«Sei sicuro che fosse Dart?» sentirono chiedere improvvisamente da Lucas.
«Sì. Ha lo stesso disegno giallo sul sedere» rispose con certezza Dustin.
«E poi hai detto che quello normale della famiglia è lui?» Nathalie lanciò un'occhiata a Steve.
Quest'ultimo scosse la testa, divertito. «Siete entrambi strani. Fin troppo. Credo che vi alterniate» le rispose.
«Sì ma due giorni fa era piccolo» disse Max.
«Beh, ha già cambiato muta tre volte».
«Multa?» chiese confuso Steve.
«Muta, Harrington — lo guardò Nathalie — Quella cosa viscida e bavosa nel mio seminterrato» gli ricordò.
«Oh, vero» mormorò, annuendo.
«Sì. Perde la pelle per far spazio alla carne che cresce» spiegò Dustin.
«Quando la cambierà di nuovo?» domandò ancora la rossa.
«Credo a breve. Allora sarà completamente adulto, o quasi. E anche i suoi amici».
«Perché parli come un padre orgoglioso del proprio figlio?» Nathalie lo guardò accigliata.
«Già — annuì Steve — Quando crescerà, mangerà ben altro che un gatto» a quelle parole, la castana gli chiede una spinta. «Ahia! Perché?»
«Aspetta, un gatto?» Lucas fermò il cammino di Dustin.
«Per questo» disse a denti stretti Nathalie — ed ecco che stavano per scoprire la verità sul fatto che Dart fosse sempre stato con suo fratello. Grazie, Steve.
«Dart ha mangiato un gatto?» ripetette il ragazzo.
«Non ha mangiato un gatto» chiarì Nathalie, andando in aiuto a suo fratello.
«Cosa no? Ha mangiato Mews» Harrington la guardò non capendo, ricevendo l'ennesima spinta dalla ragazza. «Henderson?!»
«Mews? Chi è Mews?» domandò confusa Max.
«Il gatto di Nathalie e Dustin» e chi poteva rispondere se non Steve?
«A volte dubito seriamente delle tue capacità di comprendere i segnali, Harrington. Dio, tu non moriresti solo in un film horror, ma anche in una commedia» mormorò incredula Nathalie, osservandolo — qualche volta era davvero ingenuo.
Lui ricambiò lo sguardo, ancora leggermente confuso. «Ma che ca-»
«L'hai tenuto! Lo sapevo!» le urla di Lucas lo fermarono.
«No. No. No... io... — Dustin fece un respiro profondo — Gli mancavo. Voleva tornare a casa».
«Sono bugie!»
«Non sapevo che fosse un Demogorgone!»
«Oh, quindi adesso lo ammetti?»
«Che importa? Dobbiamo andare!» si intromise Max.
«M'importa! Hai messo a rischio tutto il gruppo. Hai infranto la regola!»
«L'hai fatto anche tu!»
«Cosa?»
«Hai detto a un'estranea la verità!» rispose Dustin, indicando Max.
Quest'ultima spalancò gli occhi. «Co- Un'estranea?»
«Glielo volevi dire anche tu!»
«Sì ma non l'ho fatto! Lucas, okay? Non gliel'ho detta!»
«Gesù, assistere a una lite fra ragazzini non rientrava nelle cose da fare oggi» mormorò Nathalie, scuotendo la testa.
«Rischiare di essere sbranati da quei mostri sì, invece?» Steve le lanciò una veloce occhiata.
«Preferisco quello a questo».
«Già. Eravamo così anche noi da ragazzini?»
«Tu lo eri fino all'anno scorso. Non giudicarli» gli fece presente lei.
Harrington ruotò gli occhi al cielo, ma prima che potesse dire qualcosa, l'attenzione dei più grandi venne catturata da uno stridio in lontananza. Così, mentre i tre continuavano a litigare su chi avesse infranto la regola 'gli amici non mentono', i due si allontanarono di poco.
«Viene da lì?» domandò la ragazza.
«Credo proprio di sì» rispose Steve.
«E tu vuoi andarci, vero?» chiese ancora, facendolo annuire. «D'accordo» sospirò esausta — preferiva di gran lunga fare altro piuttosto che sentire ancora quei mocciosi litigare, nonostante fosse da stupidi andare verso il rumore.
«Ragazzi» li richiamò, invano, Harrington.
«Ragazzi!» gridò stufa Nathalie, facendoli zittire.
Dopo una veloce occhiata, entrarono nel fitto bosco, facendo slalom fra gli alberi.
«No, no, no! Ehi, ehi! Perché state andando verso il suono?» li richiamò Max, scioccata, prima di arrendersi e seguirli.
«Gesù, Max è una piccola me. La mia degna erede» mormorò orgogliosa Nathalie, continuando a camminare.
Dopo qualche minuto, si lasciarono gli alberi alle spalle e sbucarono su una piccola collinetta dalla quale si poteva osservare l'intera cittadina di Hawkins avvolta dalla nebbia. Era l'unica cosa che si vedeva a parte qualche piccola luce, con i gorgoglii dei mostri come sottofondo.
«In altre circostanze, sarebbe un bel panorama. Sai, con la nebbia, il buio, qualche piccola luce» disse la castana, ricevendo occhiate stranite.
«È il Laboratorio» prese parola Lucas, abbassando il suo binocolo. «Stanno tornando tutti a casa».
«Oh, e immagino che andremo lì, vero?» chiese ironicamente Nathalie.
Neanche a dirlo, il gruppo — ovviamente — dove poteva dirigersi se non al Laboratorio di Hawkins dove, probabilmente, si trovava un branco di Demogorgoni? A volte Nathalie pensava che fossero masochisti o che, addirittura, amassero il rischio, sfiorare la morte.
Quando arrivarono in quel luogo lugubre e macabro, dopo aver trascorso quasi un'ora e mezza a scendere quella dannata collina e a camminare per la strada deserta — era letteralmente vuota —, la prima cosa che notarono fu l'assenza di personale e le luci spente.
Non c'era nessuno a controllare i cancelli di quel posto.
«Oh wow, ottimo segno. Il posto più sorvegliato di sempre, non ha guardie» disse sarcasticamente Nathalie.
«C'è nessuno?» sentirono urlare improvvisamente da una voce in lontananza.
«Dicevi?» le chiese Steve, facendo un passo avanti quasi a volerla proteggere.
«Chi c'è lì?» urlò ancora quella voce.
Il gruppo avanzò, ritrovandosi davanti — e inaspettatamente — Jonathan e Nancy.
«Nathalie? Steve?» chiesero all'unisono i due, osservandoli straniti.
«Nancy? Jonathan?» ripetettero in risposta.
«Cosa ci fate voi qui?» domandò la Wheeler.
«Voi cosa ci fate qui?» Nathalie ribaltò il quesito prima di correre verso la sua amica e stringerla in un abbraccio.
Nancy non perse tempo a ricambiare, rendendosi conto di quanto le fosse mancata. «Stiamo cercando Will e Mike» le rispose, staccandosi lentamente.
«Non sono lì dentro?» Dustin indicò il Laboratorio.
«Non ne siamo sicuri» ammise Nancy.
«Perché?» domandò Steve.
D'un tratto, la loro attenzione venne catturata da un ruggito proveniente dalla struttura. Come se non bastasse, le luci delle varie stanze iniziarono a lampeggiare. Si accendevano e si spegnevano in continuazione.
«Fa molto città fantasma» mormorò Nathalie.
«Con la differenza che qui ci sono dei piccoli Demogorgoni pronti a mangiarci» le fece presente Steve.
«Che tu ucciderai con la mazza chiodata, ovviamente» fece un mezzo sorriso.
«Certo, Henderson. Sono pronto a salvarti il culo altre mille volte».
«Oh come alla discarica?»
«Stavo per morire».
«Demogorgoni? Discarica? Di cosa state parlando?» chiese improvvisamente Nancy, interrompendo quello scambio di battute.
Li guardò per qualche secondo, facendo passare lo sguardo dall'uno all'altra e chiedendosi quando fossero diventati così... uniti — certo, si punzecchiavano ancora a vicenda, ma era senza dubbio diverso — e, oltretutto, ancora non capiva che diavolo ci facesse Steve con loro.
Improvvisamente, Nathalie afferrò la mano di Nancy, allontanandola dal gruppo che spiegava le ultime vicende a Jonathan.
«Come stai? Com'è andata con Bauman?» fu la prima cosa che le chiese la castana.
«Lui... lui ci ha aiutati. Sai, con la registrazione. Ma ha detto che la gente non ci avrebbe mai creduto, quindi abbiamo dovuto rivisitare la storia e attribuire il decesso di Barb ad alcune tossine sfuggite dal Laboratorio» le spiegò velocemente.
«Ottimo. Quindi finalmente questo buco di posto verrà chiuso?» domandò speranzosa.
«È quello che spero dopo che manderemo le registrazioni modificate a tutti i giornali» annuì convinta Nancy.
«Okay. Ora, passiamo alle cose piccanti. Due notti con Jonathan. Dettagli, prego» sorrise maliziosamente.
In risposta, Nance lanciò una veloce occhiata al ragazzo che, poco lontano, ascoltava le ultime vicende. Le sue guance, d'un tratto, si colorarono di rosso e un sorriso spontaneo le nacque sul volto.
«Oh cazzo!» esclamò Nathalie. «Voi due avete fatto sesso!» capì immediatamente.
«Gesù, abbassa la voce! Non urlare!» disse a denti stretti Nancy, imbarazzata.
«Carpe diem, eh Nance? — le diede una leggera spinta — Chi l'avrebbe mai detto che Jonathan Byers te lo avrebbe infilato dentro al primo colpo».
«Nathalie!» la bacchettò, rossa come un peperoncino.
La Henderson rise di vero cuore. «Sono felice per te, Nance. Davvero» disse.
«Grazie» mormorò dolcemente la ragazza, assumendo un'espressione confusa nel momento in cui fece scorrere il suo sguardo lungo il corpo della sua amica. «È la giacca di Steve, quella?»
A quella domanda, Nathalie quasi spalancò gli occhi, maledicendosi mentalmente per aver accettato quel maledetto indumento — brutta situazione.
«Si, lui... era nella sua macchina, sai. Faceva freddo e l'ho presa. Mi ha insultata per ore, pff» mentì, facendo una risata nervosa.
Nancy non le credette per niente, anche perché conosceva la sua migliore amica e sapeva quando mentiva. Ciononostante, non fece altre domande.
A dirla tutta, non sapeva per nulla come sentirsi: la sua migliore amica con il suo ex fidanzato?
Forse stava viaggiando troppo con la mente e stavano semplicemente diventando amici, eppure qualcosa — gli sguardi, le battute, Steve lì con loro, la giacca — le suggeriva che ci fosse altro.
No, non era in grado di capire come reagire a una notizia del genere, che era parecchio sconvolgente per lei. Avrebbe sfidato chiunque a non essere scettici davanti alla realizzazione che tra la propria migliore amica e il proprio ex ci fosse probabilmente qualcosa.
La sua attenzione, però, venne attirata dalle luci del Laboratorio. «È tornata la corrente!»
Di conseguenza, si precipitarono ad aprire il cancello della struttura. Jonathan premette il pulsante per qualche secondo, eppure non successe nulla.
«Siete sicuri che funzionino con la corrente?» chiese titubante Nathalie, guardando anche suo fratello tentare, invano, di aprire i cancelli.
«Credo proprio di no» mormorò Lucas.
• • • •
ONESTAMENTE, NESSUNO DEI RAGAZZI AVEVA ben capito per quale diavolo di motivo il cancello non si fosse aperto, ma erano stati più che sollevati quando avevano visto un'auto uscire dal Laboratorio, rivelando al suo interno Hopper, Joyce, Mike e Will, che avevano trascorso gli ultimi giorni in quella struttura a causa di un violento attacco del piccolo Byers, che pareva essere collegato a qualunque cosa fosse quel mostro, chiamato Mostro Ombra.
Meno bello era stato venire a conoscenza del fatto che Bob, nel tentativo di aiutare tutti ad uscire da quel Laboratorio, dopo aver fatto tornare la corrente, fosse stato ucciso da un Demogorgone proprio a un passo dall'uscita.
Nathalie, in quel momento, era poggiata contro il muro di casa Byers, piena zeppa di disegni strani fatti da Will, che rappresentavano i tunnel sotterranei di Hawkins.
La ragazza, non poteva fare altro che chiedersi quanti ancora sarebbero dovuti morire a causa di cose del genere. Era davvero una situazione angosciante. Prima Barb, ora il bravo e gentile Bob. Persone che non se lo meritavano — non che qualcuno meritasse di morire per mano di quei mostri — e che, semplicemente, si erano trovati lì non per scelta loro. Insomma, Barbara si era ritrovata a casa Harrington per Nancy, e Bob era certamente lì per Joyce.
Ecco, non lo meritavano, semplicemente.
L'aria che si respirava era parecchio tesa, ed era evidente che fossero tutti stressati e spaventati mentre Hopper, con la cornetta all'orecchio, chiedeva rinforzi, e Jonathan sussurrava parole dolci e di conforto a suo fratello, che, steso sul divano, era privo di sensi. Al suo fianco, Nancy gli stringeva la spalla nel tentativo di dargli forza, e Nathalie osservava la scena in silenzio e con un luccichio negli occhi.
Aveva trascorso quei giorni, in particolare quella giornata, a nascondersi — perché sì, era tutto un modo per nascondersi, in fondo — dietro le battutine e la sua ironia, eppure in quel momento sentiva di star vacillando. Odiava piangere, soprattutto davanti agli altri, ed era successo solamente due volte: alla vista dello schifoso Demogorgone, e alla notizia della morte di Barbara. A parte quei due momenti, non aveva mai versato lacrime davanti a spettatori, e non perché ritenesse che piangere fosse da deboli, ma, semplicemente, non le piaceva mostrarsi così fragile davanti ad altri, nonostante si fidasse davvero tanto di quelle persone, con cui si trovava a condividere quell'orribile situazione.
A dirla tutta, da un lato le piaceva mostrarsi 'forte', con la sua spiccata ironia e le battutine taglienti, ma, in momenti come quelli, in cui vedeva Jonathan accarezzare la fronte del fratello, si sentiva estremamente fragile, soprattutto se pensava a Dustin: se si fosse trovato nella stessa situazione di Will, lei sarebbe sicuramente impazzita.
Dovette quindi fare appello a tutte le sue forze per non piangere, ma era ovvio che la sua condizione non passasse inosservata agli occhi di un attento Steve.
«Sai, ho letto che le lacrime fanno crescere le sopracciglia. Credo che dovresti provarci» le disse a voce bassa per non disturbare Jim, strappandole un sorriso.
«Sbaglio o anche tu hai gli occhi lucidi, Harrington?» lo provocò lei, guardandolo.
«Allergia» si limitò a rispondere — a dirla tutta, Steve non era sull'orlo delle lacrime, ma era ovvio che una situazione del genere toccasse anche lui, soprattutto perché non era un senza cuore.
«Allergia in inverno» mormorò divertita. Poi sospirò. «Un anno fa eravamo qui, ti ricordi?» gli chiese dopo un po'.
«Oh intendi quando quella cosa voleva ucciderci?» domandò ironicamente.
Lei annuì. «Sei stato... coraggioso — ammise — Non ne sapevi nulla, eppure l'hai affrontato».
Steve non poté che mettere su un mezzo sorriso. «Mi stai facendo un complimento, Henderson?»
«Il mondo sta andando a puttane» si limitò a dire lei.
Dopo quella frase, si lanciarono uno sguardo prima di ridacchiare, cercando comunque di non fare troppo chiasso. Quel momento, però, non passò inosservato a Nancy, che sospirò mentre si rendeva conto del fatto che lei e Steve non avessero mai riso così e che, soprattutto, lui non l'avesse mai guardata in quel modo, come se fosse l'unica cosa bella in mezzo a tutto quel macello.
Steve Harrington non si era preso solo una cotta.
La loro attenzione, poi, venne catturata da Hopper, che rimise a posto la cornetta con forza. Di conseguenza, i due raggiunsero la cucina, nella quale si trovavano i ragazzini.
«Non le hanno creduto, vero?» domandò Dustin.
«Vedremo» rispose lui.
«Vedremo? — ripetette Mike — Non possiamo star qui mentre quei cosi girano liberi!»
«Noi restiamo qui e aspettiamo i soccorsi!» chiarì il Capo, che non accettava repliche, uscendo poi dalla cucina.
Nella stanza cadde nuovamente un grande silenzio, soprattutto perché nessuno dei presenti sapeva più cosa fare. Avevano ancora il desiderio di salvare Will e di salvare tutti, in quanto non sopportavano l'idea che altre persone morissero, eppure non sapevano cosa fare. Se solo fossero usciti di casa, sarebbero senza dubbio morti. Come se non bastasse, Will non sembrava volersi svegliare, e Nathalie, per un attimo, ebbe seriamente paura che potesse succedergli qualcosa di brutto, molto brutto.
Improvvisamente Mike si mise in piedi, andando a recuperare una specie di cubo di Rubik blu. «Sapevate che Bob ha fondato l'aula audiovisivi della Hawkins?» chiese ai presenti.
«Davvero?» lo guardò Lucas.
«È stato lui a convincere la scuola ad aprirla, e poi ha organizzato una raccolta fondi. Il signor Clarke ha imparato da lui. In gamba, vero?» tornò a sedersi, rigirandosi il cubo fra le mani.
«Sì» risposero i suoi amici.
«Non può essere morto invano» disse, poi.
«Che vuoi che facciamo?» domandò Henderson Junior. «Ci sta pensando il Capo. Non possiamo fermare i Demo-cani» continuò.
«I Demo-cani?» ripetette sua sorella, scettica.
«Demogorgone. Cani. Demo-cani. È un nome composto. Come un gioco di parole» le spiegò come se fosse una cosa ovvia.
«Sei pessimo con i nomi. Paragonare quei cosi a un cane è una vera offesa per i cani. Avrei capito se avessi detto Demo-mostri, perché sai, sono orribili. Anche la morte si spaventerebbe se li vedesse. Ma perché chiamare in causa degli innocenti cani?» disse, mostrandosi piuttosto scettica — e Steve, nonostante la situazione, non poté che sorridere mentre si rendeva conto del fatto che fosse davvero incorreggibile.
Dustin la guardò come se fosse pazza; dopodiché, scosse la testa e riprese parola. «Quando c'era solo Dart, magari...»
«Ma sono un'armata, ora» continuò Lucas.
«Esattamente» confermò il riccio.
«La sua armata» disse improvvisamente Mike, con l'espressione di chi stava pensando a qualcosa.
«Che vuoi dire?» domandò Steve.
«La sua armata — ripetette — Se fermiamo lui, riusciamo a fermare anche la sua armata!»
Il ragazzino Wheeler si precipitò a prendere uno dei disegni di Will, poggiandolo al centro del tavolo e mostrandolo a tutti.
Al centro del foglio c'era un mostro. Aveva la testa oblunga che terminava a punta; dal busto partivano quattro lunghe e sottili zampe, due per ogni lato, che, prima di raggiungere il terreno, si diramavano in tre arti più piccoli, simili a grandi artigli. La parte posteriore del corpo terminava poi con una coda filiforme.
«Dio, sembra una vedova nera» mormorò la castana, osservando il disegno.
«Il Mostro Ombra» disse Dustin.
«Ho visto Will quel giorno. Il Dottor Owens ha detto che l'ha infettato un virus» spiegò Mike.
«E questo virus lo collegherebbe ai tunnel?» chiese Max.
«Ai tunnel, ai mostri, al Sottosopra. Tutto».
«Oh oh, piano, rallenta, rallenta» lo fermò Steve, che, ovviamente, non ne capiva nulla di Sottosopra, Mostro Ombra e tunnel.
«Okay, allora — riprese parola Mike — Il Mostro Ombra è in ogni cosa, e le sue diramazioni provano dolore. Lo sente anche Will».
«Quindi lo sente anche Dart» capì Lucas.
«Sì. Come ci ha detto il signor Clarke. La mente a sciame».
«Mente a sciame?» ripetette Steve, più confuso di prima.
«La teoria dello sciame intelligente» mormorò Nathalie, pensando a Karl Max, William Morton Wheeler, Émile Durkheim e a Pierre Lévy — e menomale che studiava.
«Continuo a non capire» la guardò Harrington, quasi in cerca di aiuto.
«Una coscienza collettiva. In parole semplici, l'intelligenza di più è superiore a quella di uno. Come le api e le formiche, mi segui? Lavorano in gruppo. Mente collettiva» gli spiegò.
Mike indicò il disegno del Mostro Ombra. «Ed è questa la cosa che controlla tutto. Il cervello».
«Come il Mind Flayer» capì Dustin.
Lucas, Mike e Nathalie — che si sentì così felice di aver giocato a D&D con loro, dato che adesso capiva di cosa stessero parlando — annuirono energicamente.
Max e Steve, invece, li guardarono perplessi. «Cosa?» chiesero all'unisono.
Dustin si precipitò a prendere il libro di Dungeons & Dragons. Dopodiché, lo sbatté con forza sul tavolo e lo aprì, andando alla ricerca di Mind Flayer e fermandosi al disegno di un essere orripilante con la testa tentacolare.
«Il Mind Flayer» prese parola Henderson Junior dopo aver richiamato anche Hopper e Nancy.
«Che diavolo è?» chiese esausto il Capo.
«Un mostro di una dimensione sconosciuta. È così antico che non sa più da dove viene. Schiavizza le razze di altre dimensioni, e ne assume il controllo delle menti coi suoi poteri psionici» spiegò.
«Oh mio Dio, non è niente di reale. È un gioco per bambini» sospirò Hopper.
«No, è... questo è un manuale. E non è per bambini. A meno che lei non ne sappia più di noi, è la miglior metafora!»
«Analogia» lo corresse Lucas.
«Esilarante. Dustin so-tutto-io che viene corretto» ridacchiò Nathalie, ricevendo un'occhiataccia da suo fratello.
«Analogia? È di questo che ti preoccupi? — poi guardò il suo amico — Bene. Analogia per capire cosa diavolo è quell'affare!»
«Bene, quindi questo Mind Flamer-»
«Flayer. Mind Flayer» questa volta fu Dustin a correggere Nancy.
«Gesù, quanto sei incoerente» sussurrò la castana, rivenendo un'ennesima occhiataccia da lui.
«Okay, che cosa vuole?» chiese la Wheeler.
«Vuole conquistarci, in pratica. Crede di essere una razza superiore» spiegò il riccio.
«Ah... come i... i tedeschi» prese parola Steve, facendo aggrottare le sopracciglia dei presenti.
«I nazisti, Harrington» mormorò Nathalie, sopprimendo una risata.
«Sì, sì, sì. I nazisti» annuì imbarazzato.
«Ehm... se i nazisti fossero di un'altra dimensione, certo — disse Dustin, incerto — Lui considera altre razze come la nostra inferiori alla sua».
«Vuole espandersi e conquistare altre dimensioni» aggiunse Mike.
«Stiamo parlando della distruzione del nostro mondo come noi lo conosciamo!» chiarì Lucas.
«Fantastico. Fantastico, davvero. Gesù!» ironizzò Steve, agitato, passandosi una mano fra i capelli.
E menomale che voleva solo chiedere a Nathalie di uscire.
«Okay, quindi, se questo affare è come una mente che controlla tutto e noi lo uccidiamo...»
«Vinciamo».
«In teoria».
«Bene, allora come si uccide questo affare? Gli sparate palle di fuoco o-»
«No, no. Non delle palle di fuoco. Ehm... si forma un'armata di zombie, perché... perché gli zombie, come sapete, non hanno il cervello, e al Mind Flayer, a lui... piacciono... i cervelli. È solo un gioco».
«Ma che stiamo facendo qui?» si irritò Hopper.
«Pensavo stessimo aspettando i rinforzi militari!»
«Infatti!»
«Anche se arrivassero, come lo fermeranno? Non gli puoi mica sparare!» prese parola Mike.
«Non puoi saperlo questo! Noi non ne sappiamo niente!»
«Sappiamo che ha ucciso tutti in quel Laboratorio!»
«E sappiamo che i mostri cambieranno ancora la muta».
«E che è solo questione di tempo prima che i tunnel raggiungano la città».
«Hanno ragione».
L'attenzione di tutti fu attirata dalla voce di Joyce, che aveva un aspetto pietoso, fiancheggiata da suo figlio maggiore, anch'egli col volto esausto.
Nathalie avvertì il cuore stringersi in una morsa alla vista dell'evidente sofferenza della donna, che nel giro di un anno ne aveva passate di cotte e di crude. Da poco aveva perso l'uomo che amava, e ora rischiava di perdere — ancora una volta — suo figlio.
«Lo dobbiamo uccidere. Io... voglio ucciderlo» disse con decisione, nonostante la voce iniziasse a spezzarsi.
«Pure io. Pure io, Joyce, okay? — le si avvicinò Hopper — Ma come facciamo? Non sappiamo con cosa abbiamo a che fare» tentò di farle capire, e probabilmente era anche quello più razionale di tutti.
Nonostante la situazione, Nathalie non poté non notare come la voce del Capo si fosse addolcita mentre parlava con la donna, ed era abbastanza certa del fatto che lui provasse qualcosa per lei, e che, col tempo, magari sarebbero diventati una coppia.
«No — disse improvvisamente Mike — Ma Will sì. L'unico che sa come uccidere quell'affare è Will. È collegato a lui. Ne conosci i punti deboli».
«Pensavo che non potessimo più fidarci di lui. Insomma, non è... collegato al Mind Flayer? È una spia» fece presente Nathalie.
«Sì ma... non può fare la spia se non se non sa dove si trova».
• • • •
L'IDEA DI HOPPER E DI MIKE FU QUELLA di utilizzare il capannone in giardino e di renderlo irriconoscibile. In quel modo Will, e quindi il Mind Flayer, non sarebbe stato in grado di riconoscerlo e di orientarsi, e loro, di conseguenza, avrebbero potuto comunicare con il vero Will e salvarlo.
Dopo aver svuotato la piccola rimessa, tutti si erano messi all'opera per coprire quante più cose potessero essere riconosciute dal piccolo Byers, e Steve si ritrovava a fare coppia con Nancy, che gli passava del nastro adesivo in modo che potesse coprire il muro con delle grandi buste di plastiche.
Harrington non aveva ben chiaro come fosse finito a fare coppia con la Wheeler. Non che gli dispiacesse, ma si respirava un bel po' di imbarazzo, anche perché la loro ultima conversazione era stata parecchio accesa. A dirla tutta, solo in quel momento si rese conto del fatto che non si fossero effettivamente lasciati, ma che avessero solamente litigato. Ciononostante, era evidente che entrambi, col passare dei giorni, avessero dato per scontato che quella fosse una rottura pur non avendolo esplicitamente detto.
Steve e Nancy, però, si volevano bene nonostante tutto — e per un po', forse, erano anche stati innamorati l'uno dell'altra — e sentivano che, sebbene fossero oramai entrambi orientati su altro, fosse giusto parlarne per avere una buona chiusura, soprattutto nel rispetto di ciò che c'era stato fra di loro.
A rompere il ghiaccio fu proprio la Wheeler. «Ehi» lo richiamò, facendolo voltare. «Quello che hai fatto per i ragazzi è stato... forte».
«Sì — accennò un sorriso — Quei teppistelli sono dei terremoti, sai?» chiese, tornando a lavorare.
«Credimi, lo so» ridacchiò. «Come... come ti sei trovato in tutto questo?» domandò ancora.
A quelle parole, Steve si fermò, indeciso se dirle o meno la verità, eppure Nancy sembrava saperne una più del diavolo.
«Riguarda Nathalie?» appunto.
«C-cosa?» quasi fece il finto tonto, guardandola come se fosse pazza.
«Steve — fece un mezzo sorriso — Siamo stati insieme. Ti conosco» gli ricordò.
Lui sospirò, rendendosi effettivamente conto del fatto che davanti avesse Nancy Wheeler. Lei era stata la sua unica relazione duratura, e, prima di tutto, le voleva un gran bene.
«È assurdo, vero?» chiese improvvisamente, accennando una risata.
«Che ti piaccia Nathalie? No. Per niente» ammise la Wheeler.
«Un anno fa ci saremmo uccisi a vicenda» le ricordò.
«Vero, ma non è assurdo che ti piaccia. Lei piace a tutti — sorrise dolcemente — È un po' strana ma-»
«Un po'? Henderson è fuori di testa» ridacchiò Steve.
Nancy annuì, concordando. «Già» mormorò. «Però è una brava persona. Sai, lei è sempre stata il mio rifugio. Quando litigavo con mia madre, Nathalie correva da me. Sempre. E io... io voglio che sia felice» inchiodò gli occhi a quelli di Harrington.
Quest'ultimo la osservò per qualche secondo, accennando poi un mezzo sorriso: Nathalie era davvero una brava persona, e forse era una delle caratteristiche che lui preferiva. Dietro le battutine spesso taglienti, c'era una ragazza così... speciale, ecco.
«Sto dicendo che avete la mia benedizione nel caso... sai, nascesse altro» lo destò dai suoi pensieri.
Steve sospirò. «Credi che io abbia qualche chance?» le domandò.
Nancy si strinse nelle spalle. «Non lo so, solo il tempo ce lo dirà. Ma giuro che sei la fai soffrire, io ti uccido, Steve Harrington» l'avvertì.
In risposta, lui alzò le mani a mo' di difesa prima di tornare a svolgere il suo lavoro — e con il cuore più leggero.
La ragazza sospirò, afferrando poi degli scatoloni presenti e andandoli a gettare fuori insieme agli altri oggetti. Il suo sguardo cadde proprio su Nathalie, intenta a stringere in un abbraccio Dustin, che pareva essere parecchio imbronciato.
Sorrise teneramente prima di attirare la sua attenzione, e, in un battito di ciglia, ecco che le due migliori amiche si riunirono.
«Dustin è un po' giù di morale. Dice che tra Lucas e Max c'è elettricità. Dio, il primo cuore spezzato di mio fratello» disse tristemente Nathalie prima di cambiare discorso. «Tutto bene dentro con Steve? Spero non sia stato troppo imbarazzante. Volevo venire io al suo posto, ma-»
«Ehi, tranquilla, tutto okay» la fermò Nancy, facendola annuire. «Noi abbiamo parlato, e... sì, va tutto bene».
La castana sorrise a quelle parole. «Fantastico. Anche perché ormai siamo un team a quanto sembra».
«Già — sorrise prima di sospirare — Che mi dici invece di te e Steve, mh?»
«Io e Steve cosa?» quasi balbettò, certa che di lì a poco avrebbe litigato con la sua migliore amica.
«Ehi, rilassati» le disse dolcemente. «Non so cosa ci sia tra di voi ma-»
«Niente. Assolutamente niente» certo, tranne che a lei piacesse fin troppo.
Nancy ruotò gli occhi al cielo, divertita: era ovvio che la sua migliore amica non volesse ammetterlo. «Okay. Voglio solo dire che non è un problema per me. Anche se non c'è niente» fece un sorriso furbo.
Nathalie la guardò per qualche secondo prima di rilassarsi e accennare un sorriso. Come poteva anche solo credere di poter mentire a Nancy Wheeler?
«Io... mi dispiace. Sai, stiamo passando così tanto tempo insieme, e ti giuro che non era nei miei pia-»
«Nathalie, ho detto che va bene per me. Sul serio» le strinse delicatamente la mano.
A dirla tutta, le faceva piacere che stessero diventando qualcosa — forse la sua amica avrebbe potuto realmente apprezzare Steve come lei, purtroppo, non era stata in grado di fare nonostante riconoscesse il suo essere un bravo ragazzo.
Normalmente sarebbe stata infastidita da una cosa del genere. Dopotutto, non era per nulla carino vedere la propria migliore amica avvicinarsi al proprio ex. Ciononostante, riconosceva di trovarsi davanti Nathalie Henderson, che, per quanto le riguardava, era la sua sorella mancata, e non riusciva ad essere arrabbiata con lei. Inoltre, come se non bastasse, non provava rabbia o fastidio. Per quanto si sforzasse, in quel momento riusciva solamente a pensare al fatto che lei volesse stare con Jonathan e che, per quanto fosse brutto da dire, non le importasse niente di Steve e della sua vita sentimentale.
Nathalie e Steve avevano la sua benedizione — per quanto fosse una situazione strana.
Le due si sorrisero prima di abbracciarsi.
Con quelle due conversazione, Nancy Wheeler aveva definitivamente chiuso il cerchio.
«Okay, basta parlare di Steve Harrington — la castana si riprese — Riprendiamo a lavorare?»
Nancy annuì e le due presero a camminare in direzione del capannone.
«Piuttosto, tu e Jonathan state insieme?» le chiese dopo un po' Nathalie.
«Oh io... non lo so. Credo di sì. Insomma, non ne abbiamo parlato, ma-»
«Ma te l'ha infilato dentro ed è cotto di te da anni» terminò per lei, facendola ovviamente arrossire.
Nancy sospirò. «So solo che voglio andarci piano. Tengo molto a lui» ammise.
«Mh d'accordo allora. Se vuoi andare a rallentatore, va' a rallentatore» le rispose la sua amica, accennando un sorriso.
Nancy, a quelle parole, si fermò e iniziò a riflettere: doveva dare per scontato che lei e Jonathan stessero insieme o ne dovevano parlare?
«Ehi, così è troppo a rallentatore» Nathalie andò a recuperarla.
• • • •
LA TENSIONE IN CASA WHEELER ERA PALPABILE, ed era dovuta soprattutto a causa dell'attesa, più snervante di quanto ci si aspettasse. Mike, Jonathan, Hopper e Joyce, infatti, si trovavano nel capannone insieme a Will per cercare di mettersi in contatto con lui, mentre il resto della banda si trovava nell'abitazione, ed era evidente che fossero parecchio nervosi.
Erano tutti in angoli diversi della casa: Dustin in cucina, Lucas e Max seduti per terra nel corridoio, Nancy poggiata al muro poco distante, Steve in una delle stanze a esercitarsi con la mazza, e Nathalie era seduta sul tavolo in salotto e infilarsi manciate di Pringles in bocca.
Nel frattempo, non faceva che guardarsi attorno, rendendosi conto di come casa Byers fosse sempre così ambigua. Lo scorso anno c'erano le lucine natalizie, mentre adesso c'erano disegni di tunnel su tutte le pareti, e fogli e libri sparsi per terra. Non che le importasse ovviamente, ma non poteva fare a meno di notarlo in quel momento in cui cercava di concentrarsi su tutto meno che sui cinque nel capannone.
Sospirò profondamente, fin quando il suo sguardo cadde su Steve, che entrò in cucina e poggiò gli occhi su di lei. La Henderson accennò un sorriso prima di allungare il barattolo di patatine verso di lui, che, però, scosse la testa e rifiutò — aveva lo stomaco chiuso, e, a dirla tutta, non riusciva a capire come lei riuscisse a ingozzarsi di cibo in quella situazione.
«Mangio molto quando sono nervosa» quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Nathalie rispose alla sua domanda mentale.
Steve le lanciò un veloce sguardo, sedendosi sul tavolo al suo fianco. «Non l'avevo notato» ironizzò.
«Te ne sei affezionato, eh?» indicò la mazza chiodata con un cenno del capo.
In risposta, lui la strinse forte. «Questa stronzetta mi ha salvato la vita così tante volte. È il mio angelo custode» disse — ah, e anche perché era una creazione della Henderson.
«Sei fortunato che non ti abbia fatto pagare. Penso che valga almeno cinquanta dollari» scherzò.
«Cinquanta? Dio, questa è un'arma di tortura. Io direi cento» ribatté, strappandole una lieve risata a cui si aggiunse anche lui.
Poco dopo, Nathalie fece un profondo sospiro. «Tutta questa situazione fa molto Giorno del Giudizio».
«Intendi l'Apocalisse? La fine del mondo?» chiese, facendo penzolare la mazza.
«Già. Tutto scompare. Puff» mormorò. «Se davvero tutto finisse tra tipo... mezz'ora, avresti qualche rimpianto? Qualcosa che non hai fatto ma che avresti voluto fare?» domandò con curiosità, guardandolo negli occhi.
Steve la osservò per qualche secondo, schiudendo le labbra e non rispondendole. Probabilmente, avrebbe avuto tanti rimpianti — e anche rimorsi — ma, in quella situazione, non poteva che pensare a lei.
Nathalie Henderson sarebbe stato un rimpianto, per lui, se tutto fosse finito. L'idea di morire senza averle detto nulla, senza essere uscito con lei, senza averla neanche abbracciata — Gesù, non si erano neanche quasi mai sfiorati — o baciata, gli creava una morsa allo stomaco.
E Steve Harrington, al pensiero di poter morire senza aver fatto nulla di tutto quello, sentì un leggero coraggio farsi avanti.
Già, era pronto a baciarla.
Per la prima volta, sentiva di doverlo fare nonostante la situazione pietosa.
E lo avrebbe fatto se solo Hopper — dannato — non fosse entrato di fretta e furia in casa, attirando l'attenzione di tutti, che gli chiesero cosa diavolo stesse succedendo.
Lui non rispose. Si limitò, agitato ma deciso, a recuperare un foglio di carta e una penna prima di andarsi ad accomodare, venendo circondato dai ragazzi, a cui si aggiunsero anche Jonathan e Joyce.
«Credo che stia comunicando. Ma non con le parole» disse il Capo, disegnando puntini e linee sul foglio.
«Che cos'è?» domandò confuso Steve.
«Il Codice Morse» risposero tutti all'unisono.
«Q-U-I».
«Qui».
Hop annuì. «È ancora con noi. Will ci sta parlando».
Pochi minuti e fu messo in atto un veloce ma intelligente piano: Jonathan, Joyce e Mike avrebbero intrattenuto Will in modo che continuasse a parlare con loro tramite il Codice Morse, mentre tratti e punti sarebbero stati comunicati da Hopper, con il walkie-talkie, ai ragazzi, che, minuti di carta, penna e libro, avrebbero tradotto in parole.
Il team in casa era davvero sotto pressione, soprattutto perché nessuno di loro aveva mai avuto a che fare col Codice Morse, ma Hopper era preciso e il libro non poteva sbagliare, ed ecco che, dopo qualche minuto di lavoro, si ritrovarono davanti delle lettere che formavano tre parole separate.
«Chiudi la porta» lessero tutti all'unisono.
Che diavolo significava?
Prima che potessero fare una domanda del genere, il telefono di casa squillò, facendoli sobbalzare.
«È uno scherzo, vero?» mormorò incredula Nathalie: se Will avesse sentito il rumore del telefono di casa sua, il Mind Flayer avrebbe scoperto la loro dannata posizione.
«Cavolo! Cavolo!» disse un agitato Dustin.
La Henderson, presa dal panico, riuscì solamente ad afferrare la mazza chiodata e a distruggere il telefono, lasciando tutti piuttosto perplessi e con gli occhi spalancati.
«Gesù, Henderson» mormorò Steve.
Lei fece un sorriso nervoso. «Credo che Joyce debba comprare un telefono nuovo».
«Ah, davvero?» ironizzò il castano.
«L'avrà sentito?» domandò Max.
«È un telefono. Può essere ovunque, no?» chiese Steve, cercando di convincere più se stesso che i presenti.
«È il telefono di casa sua» fece presente Nathalie.
«Cazzo» sussurrò lui.
Ed ecco che, dopo qualche secondo, si sentirono dei ruggiti in lontananza, e tutti i presenti corsero verso le finestre, osservando il perimetro circostante.
«Questo non va bene» commentò Dustin.
«Sarà un fottuto bagno di sangue. Noi siamo i campeggiatori e i Demo-cani sono tanti Jason Voorhees» blaterò Nathalie, aprendo tutti i cassetti e andando alla ricerca di qualsiasi cosa potesse esserle utile.
«Tu — Steve l'affiancò — devi smetterla con i film horror. Sul serio, è inquietante. E poi che diavolo stai facendo?»
Lei non rispose e, dopo qualche secondo, tirò fuori un coltello trinciante. «Un'arma. Credo servirà» rispose ovvia.
«Ehi, voi tre. Via dalle finestre!» in casa entrò Hopper, rivolgendosi a Lucas, Max e Dustin, che fecero quanto richiesto. Poi si girò verso Jonathan. «Sai come usarlo?» gli indicò il fucile.
«Cosa?»
«Lo sai usare questo?»
«Io sì. Lo uso io» disse Nancy, che, subito dopo, si ritrovò con il fucile fra le mani.
I quattro muniti di armi — un grande coltello poteva essere considerato tale? — si misero davanti a tutti, in posizione per attaccare, mentre il team restante si posizionò dietro di loro.
«Dov'è? Dove sono?» si agitò la Wheeler.
Nessuno sapeva, però, dove fossero. Riuscivano solamente a sentire dei ruggiti — tanti ruggiti — in lontananza.
Pochi secondi e i ruggiti iniziarono ad essere più vicini, motivo per cui tutti iniziarono a mostrarsi piuttosto nervosi e spaventati, soprattutto quando i cespugli presero a muoversi e i Demo-cani a farsi sentire con più forza.
Eppure non entrarono. Piuttosto, sembrava che qualcuno, da fuori, li stesse già affrontando e uccidendo, e ne ebbero la conferma quando uno di loro, oramai morto, volò il casa, rompendo la finestra e facendoli sobbalzare spaventati.
«Porco cazzo» mormorò Dustin.
«È morto?» chiese Max.
Hopper lo mosse con il piede, e, sì, era proprio morto.
Improvvisamente, un cigolio di porta li fece voltare, e tornarono di nuovo sull'attenti, stringendo con forza le armi.
Un rumore di passi li rese ansiosi, in particolare quando la porta venne aperta con un click.
Undici, vestita in stile punk, con i capelli cresciuti e con il sangue che colava dal naso, fece il suo ingresso in casa Wheeler.
Tutti abbassarono le loro armi mentre Mike, il più emozionato di tutti, avanzò, osservando la ragazzina con occhi pieni di lacrime.
Nathalie sentì un sorriso farsi spazio sul suo volto, e non solo per la coppia ritrovata, ma perché Undici era viva. Quella ragazzina che lei credeva scomparsa insieme al Demogorgone un anno prima, era lì davanti e aveva salvato la vita a tutti loro.
«E lei chi è?» sentì sussurrare da Steve, forse per non interrompere il momento.
«Lei è Undici».
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