[014] sorry, solo uno ce la fa
capitolo quattordici
sorry, solo uno ce la fa
HOPPER PORTÒ LA SQUADRA ALLA Hawkins Middle School, assegnando ad ognuno un compito: i fratelli Wheeler sarebbero andati a prendere delle pompe dal capanno degli attrezzi poco distante; Jonathan e Hopper avrebbero recuperato il sale, nonché quello per disgelo invernale; Joyce avrebbe preparato Undici per la sua immersione.
Il compito di Nathalie, invece, fu quello aiutare Lucas e Dustin ad aprire la piscinetta gonfiabile nel bel mezzo della grande palestra. La Henderson doveva ammettere che le mancavano i tempi in cui frequentava quella scuola. Tutto era così semplice, o almeno lo sembrava. La cosa più importante era che nessuno dovesse preoccuparsi del Sottosopra e del Demogorgone. Invece adesso era tutto più complicato.
Aprire quel dannato tessuto, in ogni caso, sembrava essere la cosa più complicata del mondo: sistemavano un lato, e cadeva un altro... Ormai andavano così dall'inizio.
«Merda!» inveì Dustin contro la piscinetta dopo l'ennesimo tentativo fallito.
Nathalie sospirò. «Okay ragazzi, tiriamo tutti insieme. E se non funziona, la taglio a pezzetti questa dannata piscina!»
Si lanciarono uno sguardo veloce in modo da tirare contemporaneamente. Ognuno di loro afferrò un lembo del tessuto e poi, insieme, riuscirono finalmente ad aprire la piscina.
«Oh finalmente» Lucas rilasciò un sospiro di sollievo, dando un cinque ai suoi due amici.
Dopo pochi minuti fecero ritorno Mike e Nancy con le pompe d'acqua e, grazie ad esse, iniziarono a riempire la piscina mentre Lucas e Nathalie controllavano la temperatura grazie al termometro che avevano recuperato.
«Più fredda!» urlò il ragazzo alla Wheeler, che immediatamente regolò l'acqua.
«Più calda!» gridò Nathalie dopo qualche secondo.
Quando finalmente la temperatura divenne giusta, dissero a Nancy di non muovere più nulla nemmeno di mezzo millimetro.
Adesso toccò a Jonathan e Hopper che, con dei coltellini, bucarono i sacchi di sale e versarono tutto il contenuto nella piscina. Dustin, intanto, controllava se il sale fosse abbastanza, e lo faceva con un uovo: lo poggiò sulla superficie dell'acqua, ma esso affondò, segno che non fosse abbastanza.
I due aggiunsero altro sale e, facendo nuovamente la medesima prova, tutti sorrisero: l'uovo era rimasto a galla, quindi la quantità era quella giusta.
Mike afferrò il walkie-talkie e regolò la frequenza in modo che dall'oggetto uscissero dei rumori statici e fastidiosi; era grazie ad essi che Undici riusciva a concentrarsi.
La ragazzina, proprio in quel momento, fece il suo ingresso in palestra insieme a Joyce, e tutti la guardarono. Undici si avvicinò alla piscina e le diede un veloce sguardo; dopodiché si tolse i calzini e l'orologio di Mike, per poi infilarsi degli occhiali da laboratorio che erano stati arrotolati in un nastro adesivo grigio in modo da impedirle la vista.
Poi, una volta aver preparato tutto, Undici entrò in piscina e si distese sull'acqua, restando a galla.
Adesso il momento dei preparativi era finito, così tutti si sedettero attorno alla piscina e sperarono che Undici riuscisse a collegarsi con Will e Barb. E, soprattutto, che fossero vivi entrambi.
Improvvisamente le luci si spensero, segno che Undi fosse entrata in trance. A tutti i presenti batteva forte il cuore; erano spaventati, eccitati e speranzosi. Dio, volevano solo che tutto quello finisse...
Nel silenzio più assoluto, non potevano fare altro che aspettare.
Nathalie sentì qualcuno stringerle la mano destra. Era Nancy, i cui occhi erano velati di lacrime. Era visibilmente preoccupata Barb, e aveva il timore che fosse morta. L'unica sua spalla, in quel momento, era la sua migliore amica, che le strinse la mano a sua volta, sussurrandole che tutto sarebbe andato bene.
Ma lo credeva davvero o lo diceva solo per non farla preoccupare?
I minuti scorrevano lenti, come se trasportassero dei macigni enormi. Erano tutti ansiosi, ma non potevano fare nulla in quel momento.
Poi, improvvisamente, Undici parlò. «Barb? Barbara?» la sua voce uscì come un flebile sussurro.
Nancy strinse più forte la mano a Nathalie, che ricambiò la stretta. Forse Undici aveva trovato Barb, forse era viva, forse potevano aiutarla.
D'un tratto le luci si riaccesero e si spensero velocemente, mentre Undici iniziò a respirare affannosamente, portando tutti a guardarsi attorno con spavento.
«Che sta succedendo?» chiese Nancy preoccupata.
«Non lo so» rispose Mike.
«Forse sta succedendo qualcosa nel posto in cui si trova» ipotizzò Nathalie, sperando che non fosse nulla di pericoloso.
«Barb sta bene? Sta bene?!» la Wheeler disse queste parole in preda alle lacrime e con la voce rotta. Aveva una sensazione orribile.
E quella sensazione non la provava a caso. Infatti Undici, poco dopo, parlò. «È morta».
La voce le uscì ancora più flebilmente di prima, eppure Nancy e Nathalie le sentirono comunque.
Gli occhi di entrambe si velarono di lacrime prima che quest'ultime scendessero sui loro volti. Ancora non riuscivano a crederci. Insomma, Barb non poteva essere morta.
Non poterono fare altro che ripensare a lei, ai suoi capelli rossi, al suo sorriso e alla sua dolce voce che riusciva a mettere di buonumore le uniche due amiche che aveva. Nancy e Nathalie erano state le uniche a cui aveva offerto la sua amicizia... Erano state così fortunate. Perché Barb era per pochi; lei era rara.
E si odiarono per averla portata alla festa di Steve Harrington. Quello era il suo ultimo ricordo prima di essere stata catturata dal Demogorgone: sola ad una festa che odiava insieme a persone che odiava.
Dustin, nel vedere lo stato in cui si trovava sua sorella, si rese conto che quella volta toccasse a lui prendersi cura di lei. Così, lentamente, le si avvicinò e la fece crollare sul suo petto. Non gliene fregava un fico secco se la sua maglietta si sarebbe bagnata a causa delle lacrime: sua sorella aveva bisogno di lui. E Dio, quanto odiò il Demogorgone in quel momento.
Nel frattempo Undici non faceva altro che urlare e muoversi. Era visibilmente spaventata, e Nathalie si sentì ancora più in colpa al pensiero che, probabilmente, ciò che l'aveva terrorizzata fosse il corpo morto di Barb — in che condizioni orribili si trovava? Era morta subito o aveva sofferto? Avrebbero potuto recuperare il suo cadavere e darle una degna sepoltura?
«È tutto okay, è tutto okay...» continuava a mormorare Joyce, che intanto stringeva la mano di Undici.
«No! No!» strillava quest'ultima.
«Ehi... è tutto okay. È tutto okay. Siamo qui, tesoro. Non avere paura. Non aver paura» la voce calda e dolce della donna sarebbe riuscita a tranquillizzare tutti, motivo per cui Undici smise di urlare e di muoversi in preda agli spasmi.
Joyce Byers era un po' la mamma di tutti, da sempre.
Undici rientrò così nello stato di trance, e dopo qualche secondo, si udì nuovamente la sua flebile voce. «Il Fortino Byers...»
Nathalie, ancora con gli occhi pieni di lacrime, si spostò dal petto di Dustin nell'udire quelle parole. Sperava che almeno per Will ci fosse speranza, che fosse, in qualche modo, riuscito a scappare e a nascondersi. Non potevano perdere entrambi.
«Will... Will?» mormorò dopo un po', facendo sussultare tutti i presenti.
Non aveva usato lo stesso tono e le stesse parole che, invece, aveva utilizzato per annunciare la morte di Barb. Questo significava un'unica cosa: Will Byers era vivo.
Tutti, sebbene fossero ancora scossi per la morte di Barb, si guardarono emozionati. Ce l'aveva fatta. Lui era riuscito a salvarsi.
Nathalie strinse forte suo fratello, che era visibilmente preoccupato. Poi, lanciando uno sguardo a Jonathan, notò quanto anche egli fosse molto ansioso e sotto shock.
«Digli... digli che sto arrivando. La mamma sta arrivando» disse Joyce, che cercava di trattenere le lacrime.
Dal walkie-talkie si udì una voce flebile ed esausta. Era la voce di Will. «P-presto...»
«Okay, senti, digli di restare dov'è. Stiamo arrivando. Stiamo arrivando, capito? Arriviamo, tesoro» la donna ormai era in preda all'emozione e una lacrima le bagnò il volto — non era stata una stupida a crederci disperatamente, anche quando tutti le andavano contro e la credevano pazza: suo figlio era vivo e lei lo avrebbe salvato.
Improvvisamente dal walkie-talkie uscì un rumore stridulo e fastidioso alle orecchie, e, dopo poco, Undici si alzò di scatto e si tolse gli occhiali.
Joyce la strinse forte a sé, come solo una madre sapeva fare. «Okay... ci sono io. È tutto okay, ci sono io. Ci sono io» le sussurrò dolcemente, facendola piangere sulla sua spalla.
Nathalie si rese conto che delle lacrime bagnassero ancora il suo volto. Era così... distrutta. Ma non fisicamente. Mentalmente. Barb era morta e questo aveva distrutto il suo cuore... eppure si chiese perché tutto quello. Insomma, perché improvvisamente Hawkins era diventata così? Perché Will era stato rapito e Barb era morta? Chi era il folle che aveva deciso di colpire quella cittadina, e in particolare dei semplici ragazzini che passavano il loro tempo a giocare a D&D e a spettagolare?
Erano così piccoli e non avrebbero dovuto affrontare tutto quello. Quell'esperienza orribile che, senz'altro, li avrebbe segnati per sempre.
Nathalie si guardò attorno e sospirò. Loro insieme erano una squadra, una famiglia. Oramai ne era certa. Perché sebbene tutto quello la spaventasse, con loro aveva meno paura. Era a casa.
E insieme avrebbero riportato a casa anche Will.
• • • •
LE DUE MIGLIORI AMICHE ERANO SEDUTE per terra nel corridoio fuori la palestra. All'interno avevano lasciato che Undici si riprendesse e che stesse insieme ai ragazzi più piccoli, in particolare con Mike, con cui aveva un rapporto speciale.
Nathalie e Nancy avevano così abbandonato la palestra, mentre Jonathna era uscito dalla struttura per parlare con Hopper e sua madre.
Erano ormai cinque minuti che, sedute vicine, non avevano detto nulla. Ma, in fondo, cos'avrebbero dovuto dirsi? Barb era morta. La loro amica non c'era più. Faceva così male pensarci.
Si sentivano indubbiamente in colpa, e non solo perché l'avevano portata a quella stupida festa in cui aveva perso la vita, ma perché non l'avevano salvata. Avrebbero potuto fare altro, no? Insistere. Will si era salvato, e anche Barb avrebbe potuto farlo. Cosa le era successo? Perché lui aveva lottato e lei, invece, si era arresa?
Eppure non glielo avrebbero mai potuto chiedere perché lei, beh, lei era morta.
Ma almeno Will era vivo.
Jonathan improvvisamente tornò all'interno della struttura e pareva essere piuttosto irritato, eppure non poteva di certo sfogarsi con due persone che avevano appena perso un'amica.
Così sospirò e si sedette al loro fianco, restando in silenzio.
Nathalie lo guardò. «Hanno detto che dobbiamo restare qui mentre loro vanno al Fortino Byers, vero?»
«Già» annuì Jonathan con frustrazione.
Erano stati messi in panchina di nuovo.
Nathalie sapeva che lo facessero solo per proteggerli, ma, onestamente, non credeva che due persone avrebbero potuto sconfiggere il Demogorgone. Servivano i rinforzi, servivano tutti loro. Eppure gli adulti non sembravano volerlo capire.
Così gli dicevano di aspettare, di restare al sicuro mentre loro andavano in missione e, chissà, magari morivano perché erano soli, senza nessuno che potesse aiutarli.
In qualche modo, facevano sentire quei ragazzi impotenti, inutili.
«Ragazzi — Nathalie si spostò in modo da guardare entrambi negli occhi — Non possiamo stare qui».
Jonathan sospirò. «E cosa vorresti fare?»
«Qualsiasi cosa. Non possono andare da soli a combattere il Demogorgone. Moriranno sicuramente, e credo che siano già morte abbastanza persone» mise in chiaro, guardando Nancy.
Quest'ultima ricambiò, trovandosi d'accordo con la sua migliore amica. Barb era morta e lei era incazzata nera con quel mostro. Se c'era anche la minima possibilità di batterlo o di ferirlo, avrebbero dovuto farlo. «Dobbiamo tornare alla centrale» disse, quindi.
Il ragazzo le guardò come se fossero pazze. «Che cosa?» domandò confuso, ben consapevole, però, che le avrebbe seguite ovunque. Non voleva di certo stare lì ad aspettare senza fare niente.
«Hopper e tua madre stanno entrando là come esca» gli fece notare la Wheeler.
«Il Demogorgone c'è ancora — continuò Nathalie — E non possiamo stare qui e lasciare che prenda anche loro» ripetette, più seria di prima.
«Non possiamo» sussurrò Nancy, pensando ancora a Barb.
Jonathan, dopo qualche secondo di silenzio, parlò. «Ci volete ancora provare?»
«Voglio finire quello che abbiamo iniziato» rispose Nancy.
«Voglio ucciderlo» annuì Nathalie, sicura più che mai.
Il Demogorgone doveva morire. Per colpa sua avevano sofferto troppe persone.
Jonathan guardò entrambe in silenzio. Quando si rese contò della loro serietà, annuì.
Toccava a loro, adesso.
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