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[ 06 ]

꒰ chapter six
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❛ Mai entrare in un negozio di nanetti da giardino ❜

L'avevo detto che noi quattro non eravamo affatto fortunati. Tre Furie ci avevano appena attaccati, i nostri zaini erano appena esplosi con dentro il minimo indispensabile per la nostra sopravvivenza, la pioggia continuava a cadere imperterrita e come se non bastasse il fetore del fiume Hudson ci aveva annebbiato la mente. Avevano perso i soldi, i vestiti, le borracce e le barrette di ambrosia.

« Tre Benevole. In una volta sola » disse Grover tremando.

« Coraggio! Più ci allontaniamo meglio é » disse Annabeth.

« Ha ragione, non voglio ritrovarmi quelle bestie di nuovo fra i piedi » dissi io, coprendo con una mano la bruciatura lasciatami dalla frusta della Furia. Bruciava come non mai, e anche se non mi lamentavo, il dolore era insopportabile.

« Laggiù c'erano i nostri soldi, e anche il cibo e i vestiti. Tutto » ci ricordò Percy.

« Be', forse se tu non avessi deciso di buttarti nella mischia... » insistette Annabeth.

« Hai preso la mia spada, non avresti potuto prendere anche gli zaini? » chiesi io cercando di mantenere la calma. Ero stressata, bagnata, facevo puzza di acqua morta e avevo una bruciatura sull'avambraccio. Non riesco a mantenere la calma facilmente, figuriamoci in quelle condizioni, ma tentai.

« Vi avrebbero ammazzati »

« Non avevo bisogno della tua protezione, Percy. Me la sarai cavata » Annabeth ci superò e continuava a camminare sul terreno molliccio.

« Sicuro. Ti avrebbe fatta a pezzi. Ma te la saresti cavata » intervenne Grover.

« Piantala ragazzo-capra »

« Sentite ci sbrighiamo a camminare? Smettetela di litigare e correte. Devo trovare uno zaino o anche un telo per avvolgere la spada, di certo non possiamo mica camminare con una spada in bella vista » dissi io affiancando Grover.

« Raelynn ha ragione, dobbiamo sbrigarci » disse il satiro accanto a me.

Avevo dato la spada a Grover appunto, poiché io avevo un braccio fuori uso e con l'altro cercavo di attutire il dolore facendo pressione contro la scottatura.

Percy e Annabeth alle nostre spalle cominciarono a conversare, mentre Grover tentava di suonare qualche sinfonia per tirarci fuori dal bosco.

La pioggia aveva smesso e il buio regnava. Sbattevamo contro alberi, inciampavamo nelle radici e ci incastravamo in mezzo ai cespugli.

Non feci altro che imprecare e pregare gli dei affinché un qualche animale non ci attaccasse.

Dopo circa un chilometro di camminata nell'inferno, trovammo una stradina a destra.
Iniziammo a intravedere delle luci rosse al neon, così la percorremmo.

Improvvisamente ci ritrovammo sul ciglio della strada e trovammo un distributore di benzina in disuso, un cartellone pubblicitario di un film anni novanta ed infine un negozio aperto, con una grande scritta al neon rossa, in corsivo.

Io, Annabeth e Percy eravamo dislessici. Per noi fu un'impresa cercare di decifrare cosa ci fosse scritto sull'insegna, ma Grover ci aiutò.

« Da zia Em, l'emporio dei nanetti da giardino »

In mezzo alla strada trovai uno zaino, un po' piccolino per la mia spada ma in qualche modo riuscii a infilarla. Esso era zuppo d'acqua e puzzava di centinaia di cose schifose, ma me ne feci una ragione.

Misi in spalla lo zaino bagnato con all'interno la mia spada e attraversammo la strada e un odore ci investì: profumo di Hamburger.

« Vi prego » li implorai.

« Snack-bar » disse Percy con voce sognante.

« Snack-bar » concordò Annabeth.

Ignorammo Grover e le sue prediche ed entrammo. Il cortile d'ingresso era una foresta di statue di ogni tipo.

Arrivammo alla porta del magazzino.

« Non bussare » mi supplicò Grover. « Sento odore di mostri »

« Hai il naso intasato dalle Furie » gli disse Annabeth.

« Magari avrà qualcosa per attutire il dolore della scottatura » dissi io guardando Grover.

A quest'affermazione il satiro si arrese ma la porta si aprì lentamente emettendo un cigolio fastidioso.

Ci ritrovammo davanti una donna con indosso un lungo abito nero che la copriva da testa a piedi.

« Bambini, é tardi per andarsene in giro tutti soli. Dove sono i vostri genitori? » Chiese la donna.

« Sono...ehm » cominciò Annabeth.

« Sono morti » fu la prima cosa che mi venne in mente.

« Si infatti, siamo orfani » rispose Percy annuendo.

« Orfani? » il tono della donna sembrava dispiaciuto. « Oh poveri cari, non posso crederci! »

« Abbiamo perso il convoglio » disse Percy.

« Il convoglio del circo. Il direttore ci aveva detto di aspettarli al distributore nel caso ci fossimo persi, ma forse se n'é dimenticato o forse intendeva un altro distributore. Comunque sia, ci siamo persi. Sbaglio o sento odore di cibo? » continuò.

« Già. Credo che questo direttore ci abbia ingannati... Sapevo che non dovevamo fidarci di lui. Non é vero...Peter? » cercai di essere convincente.

« Si già, dovevamo ascoltarti »  rispose Percy a denti stretti.

« Oh poveri cari! Dovete entrare, poveri bambini. Io sono zia Em. Accomodatevi pure sul retro. C'é un'area di ristoro » ci informò la donna e così entrammo.

Il magazzino straripava di statue: persone di ogni genere e posa, con diverse espressioni in viso e vestiti completamente diversi.

Arrivammo al retro del magazzino: c'era un bancone di fast food, un distributore di bibite, uno scaldavivande per i pretzel, un dosatore per le salse ed infine alcuni tavoli da picnic.

Sembrava che stessimo sognando. Era tutto troppo bello per essere vero.

« Accomodatevi » ci invitò di Em.

« Ehm signora... Non abbiamo i soldi » intervenne Grover.

« No, no bambini. Niente soldi. Questo é un caso speciale, no? Offro io, a dei simpatici orfanelli come voi » replicò zia Em.

« Grazie signora » disse Annabeth e la donna si irrigidì. Non potei vedere il suo sguardo a causa del velo che le copriva il volto, ma sono sicura che l'avesse appena guardata male.

« Non c'é di che Annabeth. Hai dei bellissimi occhi grigi, bambina »

La cosa stava iniziando a puzzarmi. E no, non eravamo noi o lo zaino, bensì la situazione. C'era qualcosa che mi stava sfuggendo. Come faceva zia Em a sapere il nome di Annabeth? Non ci eravamo presentati.

« Scusi signora, ha una benda per caso? » azzardai e indicai con gli occhi la visibile scottatura sul mio avambraccio.

« Oh tesoro, cosa ti é successo? Aspetta qualche minuto » disse la signora.

Lei andò in cucina e preparò velocemente gli hamburger, le patatine e i frullati alla vaniglia.

Si sedette insieme a noi portandoci da mangiare. Addentai un hamburger ma in quel momento la donna afferrò il mio braccio.

« Aspetta che ti fascio la ferita, Raelynn » disse zia Em e in quel momento un brivido attraversò la mia schiena. Come faceva a sapere il mio nome?

Posai il panino e diedi il braccio alla donna, che con delicatezza mi fasciò.

« Come ti sei fatta questa brutta scottatura? » domandò.

« Imprevisti durante la strada per trovare il convoglio » affermai.

« Oh capisco, e come- »

« E così vende nanetti da giardino » Percy mi salvò la vita. Se quella donna mi avesse fatto un'altra domanda non avrei saputo come risponderle.

«Oh, sì» rispose zia Em. «Ma anche animali e persone. Di tutto! Anche su ordinazione. Le statue sono molto richieste, sapete.»

«C'è molto giro da queste parti?»

«Non molto, no. Da quando hanno costruito l'autostrada, la maggior parte delle macchine non passa di qui. Devo tenermi caro ogni cliente che capita.» disse la donna finendo di avvolgermi il braccio con le bende, così ripresi a mangiare.

Stavo morendo di fame.

Nel mentre Percy si guardava intorno, confuso. Non capivo cosa avesse.

«Ah» disse zia Em con un sospiro. «Hai notato che alcune delle mie statue non vengono bene. Sono rovinate. Non vendono. La faccia è la parte più difficile. È sempre la faccia.»

«È lei a fare le statue?» chiesi io.

«Oh, sì. Un tempo mi aiutavano le mie due sorelle ma sono morte, ormai, e zia Em è rimasta sola. Ho soltanto le mie statue. Ecco perché le faccio, capite. Mi fanno compagnia.» disse con tono triste.

Annabeth aveva smesso di mangiare. Si sporse sul bordo della sedia e chiese: «Due sorelle?».

«È una storia terribile» raccontò zia Em. «Non adatta ai bambini, davvero. Vedi, Annabeth, una donna cattiva era gelosa di me, tanto tempo fa, quando ero giovane. Avevo un fidanzato e questa donna cattiva voleva separarci. Provocò un incidente terribile. Le mie sorelle abitavano con me. Hanno condiviso la mia sfortuna fin quando hanno potuto, ma alla fine sono morte. Sono scomparse. Solo io sono sopravvissuta, ma ho dovuto pagare un prezzo. Un prezzo molto alto.»

L'Hamburger mi andò di traverso. Avevo capito tutto.
Zia Em. "Emme". Medusa.

Guardai Percy con occhi che lo imploravano di chiudere la conversazione, ma in quel momento notai che anche Annabeth aveva capito in che situazione ci eravamo messi.
E che situazione.

« Percy... Ehm... Peter? » domandò Annabeth. « Forse dovremmo andare, il direttore del circo ci starà aspettando » Era notevolmente tesa, si percepiva.

« Si già. Non mi fido di quello sbruffone ma almeno avremo un posto dove andare » mi alzai dalla sedia, pronta per andare via.
Non volevo stare un minuto di più all' interno di quell'edificio.

« Hai dei bellissimi occhi grigi» ripeté zia Em ad Annabeth.

«Numi del cielo, ne è passato di tempo dall'ultima volta che ho visto degli occhi grigi come i tuoi.»

Tese il braccio come per accarezzare la guancia di Annabeth, ma lei si alzò in piedi di scatto.

«Dovremmo proprio andare.»

«Sì!» Grover inghiotti la tovaglietta che stava sgranocchiando e anche lui si alzò in piedi.

«Il direttore ci sta aspettando! Giusto!»

« Ritorneremo sicuramente a trovarla zia Em, non la ringrazieremo abbastanza per la sua gentilezza » affermai, cercando di fare un sorriso.

«Vi prego, cari» ci supplicò zia Em. «Mi capita così di rado di passare un po di tempo con dei bambini. Prima che ve ne andiate, che ne direste almeno di posare per me?»

«Posare?» chiese Annabeth, cauta.

«Per una foto. La userò come modello per una nuova serie di statue. I bambini sono così popolari! Tutti amano i bambini.»

« In verità dobbiamo andare... Non vogliamo che il direttore ci lasci in mezzo alla strada » continuai io.

«Non penso che possiamo, signora. Dai, Percy...» disse Annabeth incoraggiando il figlio di Poseidone, ma nulla da fare. Lui voleva restare. Non aveva ancora capito la gravità della situazione.

«Certo che possiamo» intervenne. «È solo una foto ragazzi, che male c'è?»

«Sì, Annabeth» ribadì suadente la donna. «Non c'è niente di male.»

Acconsentimmo, anche se la cosa non ci piaceva per niente.

Zia Em ci accompagnò fuori, nel giardino di statue, e ci invitò  a sederci su una panchina, accanto ad un satiro di cemento.

« Ora» disse «lasciate che vi posizioni nel modo giusto. La due signorine nel mezzo, ecco qui, e i due giovanotti ai lati.»

«Non c'è molta luce per una foto» osservò Percy.

« Giura » gli sussurrai all'orecchio e lui mi guardò male.

Se saremmo diventati delle statue, la colpa era tutta di Percy.

«Oh, basterà» mi rassicurò zia Em. «Noi riusciamo a vederci, si? »

«Dov'è la macchina fotografica?» chiese Grover in preda ad un attacco di panico. L'unico scemo a non aver capito ancora nulla era Percy.

Zia Em fece un passo indietro, come per ammirare la posa.

«Ora, la faccia è la cosa più difficile. Potete farmi un sorriso, tutti quanti? Un bel sorrisone?»

Grover lanciò un'occhiata al satiro di cemento e borbottò: «Somiglia proprio allo zio Ferdinand».

«Grover» lo rimproverò zia Em, «guarda da questa parte, caro.»

Non aveva ancora la macchinetta in mano. L'ansia stava cominciando a salire.

«Percy...» fece Annabeth.

« Questa é tutta colpa tua Jackson » dissi a denti stretti.

«Ci vorrà un momento» continuò zia Em. «È solo che non vi vedo molto bene con questo maledetto velo.»

« Oh, ma davvero? » dissi io.

«Percy, c'è qualcosa che non va» insistette Annabeth.

«Qualcosa che non va?» ripeté zia Em, cominciando a togliersi il copricapo. «Niente affatto, cara. Ho una così nobile compagnia, stasera. Cosa potrebbe mai guastare le cose?»

«Ma questo è lo zio Ferdinand!» esclamò Grover con il fiato mozzo.

« Attenti! » urlai.

«Non la guardate in faccia!» gridò Annabeth.

Si infilò il berretto degli Yankees in testa e sparì, tirando via me, Grover e Percy dalla panchina con le sue mani invisibili.

Finii a terra con accanto Percy e i sandali di zia Em proprio davanti gli occhi.

Sentii Grover che si allontanava a carponi da un lato, Annabeth dall'altro.

Cercai di spostare lo sguardo verso il ragazzo accanto a me e non appena vidi che stava per guardare la donna, con la mano gli sbattei la faccia per terra.

« Non ti azzardare a guardarla! » gridai.

Improvvisamente udii un sibilo. Tanti serpenti erano proprio sopra di noi.

« Scappate ragazzi! » belò Grover.

« Magari una mano? » dissi io. Per noi era impossibile muoverci. Avevamo zia Em proprio sopra di noi. Se solo avessi per sbaglio alzato lo sguardo ci saremmo trasformati in statue di cemento in zero secondi.

«E stata la dea dagli occhi grigi a farmi questo, Percy» raccontò Medusa. «Ero una donna bellissima. La madre di Annabeth, la maledetta Atena, mi ha trasformato in questo.»

« Forse te lo sei meritata » mi sfuggì.

« Raelynn » la sua voce era calma, tranquilla.

« Sei una ragazza davvero speciale lo sai? Hai un carattere forte » sentivo la sua voce sempre più vicina alla mia testa e questa cosa mi stava mettendo paura.

«Non ascoltatela !» gridò la voce di Annabeth, da qualche parte.

« Capisci perché devo distruggere quella ragazza, Percy? é figlia della mia nemica. Disintegrerò la sua statua. Ma voi due, cari Percy e Raelynn, voi due non dovete soffrire.»

«No» borbottò Percy, cercando di muovere le gambe.

«Vuoi davvero aiutare gli dei?» chiese Medusa a Percy.

«Capisci ciò che ti aspetta in questa folle impresa, Percy? Quello che accadrà se raggiungerai gli Inferi? Non essere una pedina degli dei, mio caro. Staresti molto meglio come statua. Meno dolore. Meno sofferenza.»

«Percy! Lyn! » Alle mie spalle sentii un forte ronzio, come di un colibrì gigante che piomba giù in picchiata dal cielo.

Grover strillò: «Abbassate la testa voi due!».

Ci voltammo ed eccolo là, Grover, nel cielo notturno, che si slanciava giù con le scarpe svolazzanti ai piedi e un ramo grande come una mazza da baseball in mano. Teneva gli occhi chiusi e muoveva la testa a destra e a sinistra, facendosi guidare dal naso e dalle orecchie.
«Abbassate la testa!» gridò di nuovo. «A quella ci penso io!»

Percy si tuffò di lato e io lo seguii.

Sbang!

«Tu, miserabile satiro» ringhiò Medusa. «Ti aggiungerò alla mia collezione!»

«Questo era per lo zio Ferdinand!» replicò Grover.

Riuscii a fuggire e a nascondermi fra le statue, mentre Grover si lanciava in picchiata per un altro colpo.

« Ahhh! » gemette Medusa.

Improvvisamente Percy mi affiancò e alle nostre spalle la voce di Annabeth ci chiamava.

D'un tratto la figlia di Atena si tolse il cappello degli Yankees, diventando nuovamente visibile. Per poco, a causa dello spavento, Percy stava facendo cadere una statua a terra.

« Ma sei scemo! » sussurrai dandogli un pugno sulla spalla.

« Dobbiamo tagliarle la testa ragazzi » disse Annabeth.

« Cosa? Sei impazzita? Filiamocela. » disse Percy.

« É colpa tua se ci troviamo in questa situazione, quindi sbrigati a tagliarle la testa » dissi io incrociando le braccia.

« Tagliagliela tu la testa, Raelynn »

« Buongiorno? Sei stato tu a voler fare la foto, quindi é colpa tua se adesso Medusa vuole trasformarci in statue di cemento »

« Come potevo immaginare che la zia Em fosse Medusa? »

« Sei uno stupido! L'avevamo capito tut-»

« Adesso basta! » disse Annabeth fermando me e Percy dallo scannarci.

«Medusa è una minaccia. È malvagia. La ucciderei io, ma..» Annabeth degluti, come se stesse per fare un'ammissione difficile. «Ma tu hai l'arma migliore. E poi, io non riuscirei mai ad avvicinarla. Mi farebbe a fettine per via di mia madre. Tu hai una possibilità.»

«Cosa? lo non posso...»

«Di' un po', vuoi che continui a trasformare altri poveri innocenti in statue?»

Indicò una coppia, un uomo e una donna abbracciati, che erano stati pietrificati dal mostro.

Annabeth strappò una palla di vetro verde da un piedistallo vicino. «Uno scudo levigato andrebbe meglio.» Studiò la sfera con occhio critico. «La convessità causerà una certa distorsione. Le dimensioni del riflesso saranno distorte per un fattore di...»

«Annabeth parla in modo normale! » dissi io.

«Lo sto facendo!» lanciò la palla di vetro a Percy.

«Guardala soltanto attraverso il vetro. Non guardarla mai direttamente.»

«Ehi, ragazzi!» ci chiamò Grover, da qualche parte sopra di noi. «Credo che abbia perso i sensi.»

«Roooaarrer!»

«Forse no» si corresse Grover, preparandosi a un'altra bastonata.

«Sbrigati» lo incitò Annabeth. «Grover ha un fiuto eccezionale, ma prima o poi finirà per schiantarsi.»

« Ti aiuterò io » dissi aprendo lo zaino e tirando fuori la mia spada.

« Non ho bisogno del tuo aiuto »

« Oh davvero? Allora mi siederò qui e osserverò lo spettacolo da... ecco, questa palla di vetro. Sarà veramente bello vederti trasformare in una statua » alzai un angolo della bocca.

« Ti odio » disse Percy prima di farsi avanti.

« Ehy! » urlò a Medusa.

Percy si avvicinò a lei, metro dopo metro.

«Non faresti mai del male a una vecchia signora, Percy» disse con voce suadente. «So che non lo faresti.»

Improvvisamente si avventò contro di lui con gli artigli tesi. In quel momento gettai la palla di vetro a terra e con lo schianto essa si frantumò, mi alzai di scatto e corsi verso Percy quando...

szock!

« Raelynn tieni gli occhi chiusi!» urlò Annabeth.

Serrai gli occhi e sentì qualcosa di pesante cadere per terra:Percy aveva tagliato la testa al mostro.

«Bleah!» disse Grover. Aveva ancora gli occhi chiusi. « Che schifo »

Sentii Annabeth avvicinarsi alla testa di Medusa.

« Ora potete aprire gli occhi » disse la bionda.

Mi avvicinai con la spada fra le mani e la testa di Medusa era coperto da un velo nero, quello che poco prima zia Em indossava.

Il peggio era finito. O forse doveva ancora arrivare.



























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