[ 02 ]
꒰ chapter two ꒱
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❛ Clarisse la Rue chiamatasi anche armadio
Continuai la passeggiata al campo insieme a Luke ed Evangeline ed entrambi mi portarono alla capanna numero sei, quella di Atena.
« Questa é dove sto io » disse Eva indicando l'edificio con il dito.
« Annabeth! Annabeth! » Evangeline iniziò ad urlare e dalla capanna uscì una ragazza dai lunghi capelli biondi e dagli occhi di un grigio particolare. In mano teneva un libro, non riuscii a capire cosa ci fosse scritto nella copertina ma anche se sono dislessica, avevo capito che non era la nostra lingua, bensì greco antico.
Stavo cercando in tutti i modi di capacitarmi come facesse a leggere un libro del genere. Io, con la mia dislessia, avrei imprecato e probabilmente bruciato il libro solo alla prima pagina.
« Che c'é Evangeline? » sbuffò quella che a quanto pare era Annabeth.
« Ti voglio presentare la nuova ragazza, si chiama Raelynn ed é la figlia di Ermes » affermò la ragazza.
« É già determinata? » domandò la ragazza dagli occhi grigi, quasi quasi percepii dello stupore nel modo in cui lo disse.
« Chirone non ha detto nulla, solo di portarla alla capanna undici » fece spallucce Luke.
« Come se avesse scelta anche quando » disse Evangeline.
« Annabeth Chase » si presentò la bionda di fronte a me, sorridendo.
« Reaelynn West »
« Annabeth é qui da più tempo di tutti, é una delle migliori qui mentre Luke é lo spadaccino più forte degli trecento anni, insieme a me ovvio » disse Evangeline poggiandomi una mano sulla spalla.
« Tu che sai fare? Almeno sai tenere in mano una spada? » continuò ridendo.
« Lo vedrai Evangeline » le feci l'occhiolino, lasciandola con il beneficio del dubbio.
Luke dovette andare via per svolgere chissà quale compito di capogruppo e quindi, restate sole, io ed Evangeline chiamammo Daphne per tenerci compagnia.
Per chiamare si intende urlare per tutto il campo affinché Daphne sentisse. Mentre che Evangeline urlava tutti i ragazzi e le ragazze presenti al campo si fermavano a guardarci con occhi confusi e alcuni lanciavano anche occhiatacce.
Dopo cinque infiniti minuti di caos, Daphne si presentò.
« Ma cosa urli Evangeline! » esclamò Daphne.
« Sei arrivata finalmente! Dopo mezz'ora! » disse Eva.
« Probabilmente oggi ho perso l'udito » dissi io massaggiando le tempie.
« Scusala, ha qualche rotella fuori posto » disse Daphne affiancandomi, riferendosi all'amica.
« Ehy! Ti ho sentita sai! » Evangeline diede un pugno sulla spalla alla figlia di afrodite e di conseguenza quest'ultima la guardò male.
«Come ti sembra il campo? » continuò poi.
« Davvero accogliente, mi piace, sembra proprio una città greca »
« Ehy novellina » disse una voce femminile alle nostre spalle. Essa era roca, aveva un tono quasi arrabbiato.
Mi voltai e una ragazza robusta e dai capelli rossicci avanzava verso di noi, seguita da altre due ragazze, simili a lei.
« Cosa vuoi Clarisse? » domandò Evangeline seccata.
« Stavi parlando con me per caso? » domandai io, toccandomi il petto con la punta del dito.
« E con chi sennò! Sei nuova qui » continuò la ragazzona.
« Giura! » esclamai sarcastica, al ché Daphne ridacchiò.
« Cos'hai da ridere Emmet? » la rossa strizzò gli occhi e sbraitò contro Daphne.
« Il tuo comportamento, in realtà fa molto ridere » la provocai.
« Stai attenta contro chi ti stai mettendo...»
« Raelyn » conclusi per lei.
« E poi non fai paura a nessuno » continuai, voltandole le spalle.
La ragazzona mi afferrò da dietro la maglietta che indossavo in modo tale da costringermi ad avvicinarmi a lei.
« Sono Clarisse La Rue, figlia di Ares! Potrei schiacciarti in un secondo se lo volessi! » urlò con occhi pieni di rabbia.
« Più che altro sembri un armadio, non la figlia di una divinità » dissi io sogghignando.
Non riuscivo proprio a non controbattere, era più forte di me, soprattutto con una ragazza come Clarisse.
« Abbiamo un rito di iniziazione per i novellini » disse, prima di trascinarmi con se fino al bagno delle ragazze.
Quando mi lasciò andare cercai di sistemarmi la maglietta e i capelli e nel mentre Evangeline e Daphne mi avevano raggiunta.
Il bagno aveva una fila di gabinetti da un lato e una fila di docce da un altro. Puzzava di acqua morta e il sol odore mi faceva venire la nausea.
Il pavimento aveva delle chiazze d'acqua sparse qua e la e stavo per scivolare cadendo con le chiappe a terra.
Non so quale divinità dell'olimpo mi abbia salvata dalla figuraccia che avrei fatto se fossi caduta.
« Vediamo Clarisse, di cosa parla questo rito di iniziazione? Prendere a pugni qualcuno? Oh, spero che sia tu quella da picchiare » dissi, incrociando le braccia.
« Consiste nel metterti la faccia nel gabinetto » disse una delle amiche della figlia di Ares, al che mi pietrificai.
La faccia nell'acqua del gabinetto? Non esisteva proprio. A costo di far saltare tutto il campo mezzosangue in aria, mai e poi mai avrei messo la faccia dentro quel gabinetto, lurido e puzzolente.
« Te lo puoi scordare » scossi la testa.
« Clarisse smettila » cercò di intervenire Evangeline, ma nulla da fare, la ragazza -che più che una ragazza sembrava un'armadio per quanto era grossa- ce l'aveva con me.
« Chi ha detto che hai scelta? » domandò sogghignando, prima di afferrare la mia maglietta con forza e trascinandomi in uno dei bagni.
Mi dimenai, tirai calci e pugni ma quella tipa aveva un presa fin troppo potente.
Una delle sue amiche aprì la tavoletta del water e Clarisse cercò di infilarci dentro la mia testa, ma cercavo in tutti i modi di opporre resistenza.
« Com'é? É tutto questo quello che sai fare? » replicò ridendo una del trio.
« Si atteggiava come se potesse battermi, ma é solo una formica » disse Clarisse continuando a fare pressione sulla mia testa.
« Poveretta, che figura che sta facendo » disse un'altra.
« Basta, mi avete rotto » ringhiai.
In qualche modo riuscii a staccarmi dalla forte presa di Clarisse. Le diedi un calcio in piena pancia e così la ragazza cadde a terra.
Una delle sue amiche si avvicinò a me ma in risposta le diedi una gomitata in pieno volto e così anche lei finì sul pavimento lurido del bagno.
L'ultima era ferma in un angolo della stanza, con la coda in mezzo alle gambe, guardando la scena senza fare nulla.
« Vuoi fare compagnia alle tue amichette? »
La tipa scosse la testa e si accovacciò a terra per vedere come stessero le sue amiche.
Io le superai e andai alla porta dove trovai Daphne ed Evangeline con la bocca spalancata e gli occhi sgranati.
« Cos'hai appena fatto?! » esclamò la seconda in preda ad un attacco di gioia.
« Che ho fatto poi di così eclatante » alzai gli occhi al cielo.
« Cavolo Raelynn, hai messo al tappeto Clarisse con un solo calcio! Stai scherzando vero? » anche Daphne sembrava stupita.
« Tu! » disse Clarisse alle mie spalle.
« Sei finita! » urlò.
« Cosa c'é? Se vuoi un altro calcio posso dartelo in faccia la prossima volta » sogghignai e Clarisse scattò in piedi.
Le due ragazze la costrinsero ad andare alla capanna numero cinque, quella di Ares appunto, mentre Evangeline mi prese a braccetto e mi portò fuori dal campo.
« Sei stata grande! » urlò Daphne.
« Nessuno era mai riuscito a sfuggire a quello stupido "rito di iniziazione" di Clarisse » affermò Evangeline.
« Adesso basta parlare di Clarisse e andiamo alle capanne, ho un po' di mal di testa » dissi io guardando le due con disperazione.
Tutta la pressione che Clarisse aveva fatto sulla mia testa mi aveva provocato un forte mal di testa.
Maledetta...
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Erano passati più o meno due mesi dal mio arrivo al campo e dire che mi ero ambientata era poco.
Ormai sapevo tutte le strade a memoria. Potrebbe sembrare una cosa scontata, ma non lo é. La prima settimana mi perdevo ogni giorno.
Dovevo andare alla mensa? Mi ritrovavo all'arena.
Dovevo andare all'arena? Mi ritrovavo al poligono di tiro. Ogni giorno era un'inferno.
Ma un giorno Annabeth mi fece fare il giro del campo così tante volta che finalmente riuscii a memorizzarmi tutte le strade.
Parlando invece del combattimento stavo diventando ogni giorno sempre più forte.
Non ringrazierò mai abbastanza mia madre per avermi fatto fare tutti quegli sport con le spade.
Quando ero piccola li odiavo, ma lei insisteva sul fatto che mi dovessi impegnare e che un giorno quegli sport mi sarebbero serviti a qualcosa.
« Mi servirà a qualcosa? Devo per caso trafiggere qualcuno con uno shinai? » dicevo sempre a mia madre, ma lei era determinata a farmi fare tutti quegli sport strani.
Inoltre, una settimana dopo il mio arrivo, al campo era arrivata una nuova ragazza, anche lei figlia di Ermes e riconosciuta da lui stesso il giorno successivo. Si chiama Esther, ha dei lunghi capelli castani e gli occhi verde smeraldo.
Dopo il suo arrivo ho creato il mio piccolo gruppo di amiche, formato da me, Evangeline, Daphne, Annabeth e appunto Esther.
Noi cinque passavamo le giornate insieme, tra un allenamento e l'altro.
Avevo trovato le amiche che avevo sempre voluto, quelle che ti restano accanto in ogni occasione, quelle che ti facevano sentire bene ma soprattutto con cui potevi essere te stessa.
« Avete sentito di quel ragazzo che ha ucciso il Minotauro ieri notte? » esordì Daphne chiudendo un libro in greco antico. Annabeth aveva trasmesso questa "passione" anche a Daph, appunto leggere in greco.
« Eccome! Sotto sotto lo invidio un po', chi non vorrebbe sconfiggere il Minotauro ? » disse Evangeline legando i suoi lunghi capelli biondi in una coda.
« Annabeth devi stare ancora con gli occhi incollati sul quel libro?» urlò Esther per farsi sentire dalla ragazza, che in quel momento si trovava fuori la capanna, intenta a leggersi uno dei suoi soliti libri.
« Giuro che un giorno di questi prendo tutti i suoi libri e li butto sul braciere » dissi io.
« Provaci! » urlò Annabeth da fuori.
Era mattina e, dopo aver fatto colazione, noi cinque ci ritrovammo alla capanna di Ermes, come se già non fosse affollata di suo.
É stata un'idea di Evangeline e mai, dico MAI, contraddire Evangeline. Potrebbe portare a una rissa, questo é certo.
« Quindi Grover é finalmente tornato! » esclamò Evangeline scattando in piedi.
« Mio dio é vero! » Daphne spalancò gli occhi.
« Scusate, chi cavolo é Grover? » domandai confusa.
« Oh, un satiro. A quanto pare é stato mandato a sorvegliare questo ragazzo e visto che lui é al campo, anche lui dovrebbe essere qui » mi informò la figlia di Afrodite.
« Ragazze siete sempre buttate qua » esordì Luke entrando nella capanna.
« Beh, Ermes ospita tutti, quindi anche noi » sorrise Esther. Secondo noi aveva un cotta per Luke ma lei non l'ha mai ammesso.
D'un tratto udimmo delle voci provenire da fuori, una voce in particolare, quella di Chirone.
« Annabeth, ho una lezione di tiro con l'arco a mezzogiorno. Puoi occuparti di Percy? » disse il centauro.
« Si, signore» disse la bionda chiudendo il libro e posandolo sulla soglia della porta. Io mi alzai e venni seguita da Evangeline e Luke.
Il ragazzo che vidi era alto, dai capelli neri e gli occhi dello stesso colore del mare.
Fece un passo avanti e cadde a faccia a terra, al ché alcuni ragazzi presenti all'interno della capanna risero.
« Percy Jackson, ti presento la casa numero undici » disse Annabeth con tono solenne.
« Sii piú simpatica Annabeth, così potresti mettergli paura » dissi io ridendo.
« Regolare o indeterminato? » disse Evangeline appoggiandosi al muro.
« Indeterminato » confermò la bionda accanto al ragazzo appena arrivato.
Molti dei figli di Ermes si misero proprio di fronte l'ingresso per cercare di vedere meglio il nuovo arrivato, ma Luke li cacciò via.
« Benvenuto Percy. Puoi prenderti quell'angolo del pavimento laggiù» disse il biondo rame, indicando con il dito l'angolo.
Il ragazzo entrò all'interno della capanna un po' titubante e si avvicinò alla sua zona.
« All'inizio potrebbe risultare scomodo, ma poi ti abituerai » Esther gli fece l'occhiolino e il ragazzo cercò di fare una specie di sorriso, ma con scarsi risultati. Si vedeva distante un miglio che era particolarmente a disagio.
« Per quanto tempo resterò qui? » chiese Percy al capogruppo.
« Bella domanda. Finché non sarai determinato »
« Quanto ci vorrà? » domandò lui ingenuamente.
« Jackson evita di fare queste domande » gli sussurrai io all'orecchio.
« Vieni » Annabeth lo afferrò e lo portò fuori, quindi io mi immischiai e li seguii.
« Jackson devi cavartela meglio di così » disse Annabeth.
« Concordo con lei. Poi certo, se vuoi essere deriso da tutti continua così! » scherzai.
« Cosa? » domandò lui.
« Non posso credere ti aver pensato che fossi tu » disse Annabeth sbuffando.
« Che problema hai? » sbotto Jackson.
« Non l'hai ancora capito? Tutti al campo avrebbero voluto essere al tuo posto » dissi io.
« Oh certo, volevano farsi ammazzare »
« No, uccidere il Minotauro stupido! Secondo te perché ci alleniamo? » continuai nel mentre che Annabeth continuava a sbuffare senza sosta.
Annabeth continuò a parlare con Percy mentre io mi guardavo in torno, alla ricerca di Clarisse.
Quell'armadio avrebbe fatto fare lo stesso rito di iniziazione anche a Percy.
Quando lo fece ad Esther, Clarisse fece in modo che io non fossi nei paraggi e quindi che non rovinassi i suoi piani. Ma questa volta non avrei fatto nulla, volevo vedere cosa sapeva fare il nuovo arrivato.
« Ditemi un po', ma non possiamo dire niente senza che si metta a tuonare? » esordì Percy fermandosi improvvisamente.
« Sei solo un piagnucolone » sbuffai.
« E poi perché devo stare nella casa numero undici? Perché dobbiamo stare tutti pigiati in quel modo? Ci sono un sacco di letti vuoti laggiù » continuò il ragazzo dagli occhi chiari indicando le case di Zeus ed Era.
Annabeth impallidì e si mise una mano sulla fronte, disperata.
« Non puoi fare semplicemente quello che ti diciamo? » gli consigliai ma il ragazzo scosse la testa.
« Non scegliamo noi l'alloggio Percy. Dipende da chi sono i tuoi genitori, o meglio, tuo padre » cercò di fargli capire Annabeth ma nulla, percy continuava a non capire.
« Mia madre é Sally Jackson. Lavorava in un negozio di dolciumi alla stazione centrale »
« Lavorava? » chiesi allora io, inconsapevole di quello che mi avrebbe detto.
« É stata uccisa dal Minotauro » mi pietrificai.
« Mi dispiace » dissi con un filo di voce.
Mi dispiaceva per lui, veramente.
Non aveva più nessun genitore ormai e non oso minimamente immaginare il dolore che ha provato.
Se mia madre non ci fosse più non saprei cosa fare.
« Percy sto parlando del tuo altro genitore, tuo padre » continuò la figlia di Atena.
« É morto, non l'ho mai conosciuto »
« Tuo padre non é morto Percy »
« Cavolo Percy ancora non capisci? Sei un mezzosangue. Figlio per metà di un umano e per metà di una divinità! » sbottai io.
Il ragazzo si fermò a fissare il vuoto. Aveva troppi pensieri in testa, così tanti che non riusciva a capire più nulla, e questo si notava abbastanza.
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