CAPITOLO 24
LA SCELTA
A volte prendiamo delle decisioni nonostante siamo consapevoli delle conseguenze.
Scegliamo di agire, sapendo quando male andrà e forse è un po' una forma di masochista. Abbandoniamo le nostre certezze, più sicure e confortanti, per buttarci in situazioni difficili e di solito dolorose. Sappiamo quello che stiamo facendo e diciamo di non avere scelta.
Rhea sapeva di avere una scelta, non era così ipocrita da fingere il contrario.
Poteva rimanere a Long Island, riposarsi prima di continuare a cercare una cura per il suo cancro, poteva crescere Robin insieme a Christina.
Poteva usare il tempo le rimaneva per creare nuovi ricordi.
Eppure lei scelse diversamente, scelse di combattere, di non arrendersi al tempo e alla mortalità. Non si sarebbe arresa all'universo, al Tesseract.
Quando si svegliò si trovò nel letto Robin, le stringeva un braccio con forza, col viso innocente sul cuscino di Dean. Perché per lei quello era il lato del suo primo amore e mirando la foto appesa sentì una fitta colpirla.
Quella notte aveva fatto degli incubi, per l'ennesima volta si era svegliata spaventata di aver causato un terremoto. Invece andava tutto bene.
Non c'era più tempo da perdere, così si era alzata ed era andata in laboratorio.
Aveva fatto ciò che sapeva fare meglio : essere un genio.
Non era stato facile risalire alla vera identità dello psichiatra di Berlino ma ci era riuscita : Helmut Zemo.
Helmut J. Zemo era nato nel 1978 a Novi Grad, la capitale della Sokovia, e proveniva da una famiglia aristocratica, dalla quale ha ereditato il titolo di barone.
La cosa che la sorprese è che nonostante avesse già un posto di potere, di nobiltà rispetto la povertà della sua Nazione, lui era entrato nell'esercito. Zemo si unì alle forze armate e divenne il comandante dell'EKO Scorpion, l'unità tattica paramilitare di Sokovia.
Rhea conosceva quel nome, sapeva che cosa faceva l'EKO, ovvero si occupava di uccisioni.
Questo aveva chiarito ogni cosa, ciò che lui voleva era la vendetta.
Ci pensò per ore mentre gli altri dormivano e la prima volta da settimane, sperò di rivedere suo padre come allucinazione, così che potesse ordinarle cosa fare.
Lui aveva sempre un piano, lei seguiva il caos.
Non voleva essere un'eroina, un Avengers, voleva essere una madre. Voleva vivere per Robin, dargli stabilità. Non poteva farlo restando paralizzata, cercando di fuggire da sé stessa, dalla sua natura e dal suo passato.
Doveva ricordare, prendersi le sue responsabilità o sarebbe diventata davvero la figlia dell'Hydra. Doveva essere migliore e questo significava fermare Zemo, fermare quei soldati.
Doveva fare qualcosa di buono.
Quindi, per la prima volta, da un anno, entrò nei file dell'Hydra che erano stati diffusi da Natasha. C'erano così tanti orrori, così tante storie ma la falla era ovvia al suo cervello.
La stessa falla nella mente di Bucky, ovvero sé stessa. Dove c'era lui, molto spesso, c'era stata anche lei.
Fu così che trovò l'Inferno di Ghiaccio, la base in Siberia.
C'era una foto, non l'aveva mai vista, eppure la riconobbe. Prese tutte le informazioni, caricandole sul server della navicella nell'hanger nascosto.
Poi uscì e andò in salotto, erano già tutti svegli.
Christine stava al computer con una tazza di caffè, sembrava impegnata a guardare delle lastre, le sue lastre.
Natasha la vide per prima, le sorrise con la bocca piena di cereali. <<Buongiorno>>
<<Tutto bene?>>chiese Steve, apparendo dalla cucina.
Bucky, seduto sul divano si voltò a guardarla. Sembrò essere l'unico a leggerle la mente, lo sguardo che si scambiarono parve avere un linguaggio tutto loro.
<<Lo hai trovato>>
<<Sì>>ammise.<<So dov'é e credo che ci stia aspettando>>
Natasha si alzò, Steve si raddrizzò e Bucky parve quasi dispiaciuto. Tutti e tre si stavano abituando a quella casa, alla pace che c'era. Christine invece distolse gli occhi, fissando il cervello della sua amica, il modo in cui il tumore cresceva.
Era così preoccupata.
<<Dobbiamo prepararci allora>>commentò Romanoff.
<<Sì, le vostre divise sono in laboratorio, le ho lavate e aggiustate>>
Rogers ne restò sorpreso<<Grazie>>
<<Chri, puoi svegliare Robin e farla vestire mentre noi ci prepariamo?>>
Palmer si alzò, chiudendo il PC, non disse nulla ma annuì. Aveva gli occhi lucidi e Rhea odiò essersene accorta, la fissò salire le scale in assoluto silenzio.
Barnes mirò il pallore della donna, sembrava stanca ma era fiero di lei. Ella fece un respiro e poi mosse una mano<<Venite>>
<<Nel tuo laboratorio super segreto?>>domandò Nat, con un mezzo sorriso.<<Pensavo non ci facessi entrare nessuno>>
<<Sono stufa dei segreti>>
I tre la capirono molto bene, Rogers fu il primo a seguirlo verso la scala e scendendo nell'oscurità trovarono la luce. Non era come se l'erano immaginato, non c'era un atmosfera asettica e fredda come nei soliti laboratori, in realtà pareva una cantina lussuosa.
Steve guardò le bottiglie di vino con un mezzo sorriso, quello era proprio da lei. L'armeria spaventò un po' Natasha, era un'arsenale più grande rispetto a quelli visti allo SHIELD.
E poi arrivarono nel punto più importante, le luci erano leggermente più forti, entrando si guardarono intorno incuriositi.
Bucky immaginò la piccola Rhea che faceva esperimenti, progettando i tre heliccarrier che avrebbero veramente potuto salvare tante vite.
Le loro divise erano appoggiate su un bancone, ben stirate e rattoppate. Persino lo scudo di Captain America sembrava come nuovo.
Steve a malapena lo notò, era più interessato alla sala operatoria, a tutti quei macchinari.
<<Tu non ti prepari?>>le chiese Nat.
Annuì<<Sì, certo>>
Era così presa dall'osservare le loro reazioni che si era dimenticata di indossare un pigiama. Così uscì, lasciandoli soli e andò in armeria.
Chiuse la porta dietro di sé, si sentiva agitata, come se facesse quella scelta sapendo che tornare non sarebbe stato facile. Immaginare cosa avrebbe pensato Robin fu pesante, si sentiva schiacciata tra tanti doveri.
Quando aprì la cella designata si sentì una bambina, l'ultima volta che aveva visto quella divisa aveva sei anni. Sulla porta c'era scritto ancora O-P.
<<Olivia Pierce>>
Sua nonna, colei che era la ragione di ciò che erano diventati. La donna di cui lei e Robin portavano il nome, lei era un'eroina, pensò.
Indossare ciò che le era appartenuto le parve un grande onore, la fece sentire meno sola.
E quando uscì, consapevole di ciò che facendo, trovò i suoi alleati davanti a sé.
Rogers la mirò con le labbra schiuse, incapace di pensare.
La tuta era nera e blu, le fasciava il corpo interamente, con linee lisce ma simmetriche. La giacca nascondeva la natura smanicata del corpetto, però il blu ricordava i suoi poteri, così come eyeliner. Aveva i capelli semi raccolti, mossi e due ciocche le fasciavano il viso ovale.
Sulle cosce portava due pistole, stretti e lunghi, mentre negli altri stivali teneva i suoi pugnali preferiti.
Erano pronti, tutti loro. Ella guardò la porta dell'hanger, come se non fosse certa di ciò che stava per fare.
<<Aspettatemi fuori dall'hanger>>
Avrebbero voluto dire qualcosa ma sembrava occupata a pensare ad altro, così alla fine Romanoff diede una pacca a Rogers e loro la seguirono su per le scale.
Rhea andò alla porta, inserì il codice di nascita di Robin.
L'odore di chiuso la investì, non ricordava l'ultima volta che era entrata lì e non sapeva neppure se avrebbe funzionato ma si diresse verso la navicella argentata.
Era così irreale, un sogno su cui aveva lavorato per anni, persino quando era incinta.
L'aveva costruita insieme alla sua famiglia, ricordava Jason che montava il motore, Dean che saliva in cima per sistema il parabrezza. Alexander che guidava il muletto mentre sua sorella, ovvero la zia di Rhea, teneva in braccio Robin.
Ricordava che si erano divertiti, persino suo nonno.
Quando erano morti tutti aveva smesso di andare avanti, era finita ma poteva essere migliorata.
Toccò il muso appuntito e la sua impronta rilasciò un calore che fece cambiare il colore della nave, divenne bianco. Tornò come prima quando tolse le dita e poi passò sotto le ali alzate verso il soffitto.
Il portellone si aprì al suo passaggio, scendendo e formando una rampa. Quando entrò delle lui blu si accesero lentamente sul pavimento, fino ad arrivare, come venature al cuore della nave.
La postazione era ampia, il nero era illuminato dal celeste e i comandi sembravano un'opera d'arte.
<<Benvenuta, Rhea Pierce>>
Chiuse gli occhi, era la sua voce.
La voce di Dean.
Avevano scelto la sua per il computer di bordo, era perfetta, identica a come ricordava.
Era grande, ma da fuori non sembrava. C'era una stiva al piano di sotto dotata di un bagno e due brandine. Dov'era lei, sulle pareti oltre i sedili, vi erano dei segni. Una volta toccati usciva uno scaffala con diverse armi, da lame a ogni tipo di arma da sparo o da esplosione.
Si sedette davanti alla console e fu come se le sue mani ricordassero per lei, perché le fu facile accendere i motori e la pota del garage sotterraneo.
Davanti a lei si aprì un tunnel di metallo, che andava all'insù e con respiro profondo fece sollevare la nave. Sorrise, stava reggendo.
Percorse con le ali raccolti la galleria, che si illuminava di luci a neon turchesi. Quando aumentò la velocità riuscì a malapena ad accorgersene, era come stare fermi consapevoli di muoversi nella luce stessa.
Era tutto così silenzio, leggero che la fece sentire di nuovo la stessa donna di Washington, quando aveva una vita, una carriera.
Il cielo arancio illuminò le fiancate, che riflettendo modificarono il loro colore per adattarsi.
Atterrò nella piazza dei Pierce, proprio davanti a tre eroi.
Bucky spalancò la bocca, non aveva mai visto nulla di simile e così anche Natasha. Steve non era sorpreso, in effetti si aspettava sempre di essere stupido da Rhea.
Ella scese dalla scaletta un minuto dopo, bella e forte come non lo era da tempo.
Rogers si avvicinò, col casco in mano e lo scudo sulla schiena.
<<È fenomenale, Doc>>disse Romanoff.
<<È vibranio?>>chiese Cap.
<<No. È dargonite.>>
<<Dargo... cosa?>>domandò Barnes con un mezzo sorriso.
Lei ricambiò<<Dargonite, è probabile che non l'abbite mai sentito perché non è di questo pianeta. Tutta la casa, tutto ciò che vedete ne è circondato. La dargonite è più forte del vibranio ed è anche più modellabile, manipolabile se hai certi poteri>>
<<È come se avesse un intelligenza>>aggiunse la russa.
Ella annuì<<Sì, può assorbire l'energia e disperderla, basta sapere dove indirizzarla.>>
<<Non ho mai visto una tecnologia simile>>commentò Bucky.
<<Perché non esiste. Questo è il solo prototipo aereospaziale, ci abbiamo lavorato da quando ho preso la laurea. Non sapeva se avrebbe funzionato ma pare di sì>>
Steve pensò all'hanger, ai nomi scritti su ogni mezzo.<<Come si chiama?>>
<<Questo è il progetto SKYWALKER.>>
Rhea avrebbe voluto raccontare la storia del nome ma fu interrotta dalla percezione che qualcuno stesse arrivando. Guardò il viale costeggiato dagli alberi e da lì vide Robin correre all'impazzata mentre Christine la seguiva.
La bambina era tutta rossa, per lo sforzo e per la rabbia, con gli occhi gonfi come se stesse per piangere.
La Peccatrice avanzò e si inginocchiò quando Robin le saltò addosso.
Non la stava abbracciando, ma bensì colpendo.
Rogers vide chiaramente la piccola dare dei pugni al petto della donna, singhiozzando a dirotto, gli si strinse il cuore.
<<Avevi detto che saresti rimasta!>> gridò<<Te ne andrei e non tornerai mai più!>>
Le prese i polsi<<Robin, basta, fermati.>>
<<Bugiarda!>>
Christine aveva il fiatone e gli occhi bagnati, Natasha capì la sua apprensione. Bucky invece distolse lo sguardo, sapere che Rhea avesse una figlia era stato un duro colpo da mandare giù come per Steve, ma questo fu comunque difficile da osservare.
Una madre non vorrebbe mai separarsi dalla figlia.
Rhea, invece di sgridarla, la tirò maggiormente a sé. La strinse più forte che poté e tutti videro che piangeva anche lei.
Robin, stanca, si lasciò andare come una qualunque bimba che ama la sua mamma.
<<Guardami.>>la tirò indietro, prendendole il viso tra le mani<< Ti ho mai mentito?>>
<<N-no>>
<<Quindi non lo farò neanche ora. Ti dirò la verità e voglio che mi ascolti, puoi farlo?>>
Rhea le pulì le guance<<Sì>>
Christine fu sorpresa di sapere che era pronta a confessare tutto, nonostante fosse tanto presto. Ecco la differenza tra lei e Alexander, Rhea era pronta a dire la verità per proteggerla, mentire non aiutava nessuno.
Essere genitori è il sogno che tutti hanno ma quando si avvera, molto spesso, ci sono momenti in cui pare un incubo.
Rhea ne sapeva qualcosa, era una responsabilità per cui non si era mai sentita pronta. Aveva paura di fare un passo falso, dopotutto era rimasta incinta da molto giovane e non aveva avuto una madre da cui imparare.
<<Quando ero piccola il nonno si unì a delle persone, credeva che avrebbero salvato il mondo, la nostra famiglia. Aveva buone intenzioni e voleva proteggerci dal male. Così io mi unì a lui e gli dissi che sarei stata tutto quello che voleva. Se voleva che commettessi peccati per lui, lo avrei fatto>>
<<E lo hai fatto?>>
<<Sì, sono diventata la Peccatrice. Ho fatto delle brutte cose, amore. Ma non le ricordo>>
<<Perché no?>>
<<Perché chiesi al nonno di cancellarmi la memoria>>
Steve restò senza fiato, non ci credeva e Natasha chiuse gli occhi. Bucky lo sapeva e gli dispiaceva che ella lo ricordasse, non era una cosa facile da accettare.
<<Hai scelto l'inferno?>>
<<Così che tu avessi il paradiso>>sussurrò<<Il giorno in cui sei nata è stato il giorno più bello di tutta la mia vita, tu mi hai dato uno scopo molto più grande di qualsiasi altra vocazione avessi. Dal momento in cui ti ho vista ho capito che avrei sopportato nel gelo, nell'oscurità, nelle fiamme affinché tu avessi il meglio. Ho sempre voluto proteggerti, è per te che ho lavorato ai miei helicarrier>>
<<Dav--vero?>>
Romanoff guardò Rogers, ricordando bene quei giorni. Ora tutto aveva un senso, voleva fermare i terroristi per dare un futuro migliore per sua figlia. <<Davvero. Non ho più quegli helicarrier per proteggerti ed è per questo che devo andare via. Per trovare un altro modo.>>
<<Proteggimi tu>>
<<Robin, sono io il pericolo>>
<<No! Non è vero!>>
Annuì in lacrime<<Lo sto facendo ancora per te, per noi. Non potremmo mai stare insieme se non trovo una cura per la Peccatrice, lei vive in me e io non so controllarla. Non me ne vado perché non voglio restare, ma perché voglio essere migliore per te>>
<<Tu sei già migliore, sei la mia mamma>>
<<E' la sola che abbia mai voluto essere.>>le baciò le tempie<<Il nonno ha fatto degli sbagli, capita quando ami qualcuno, quindi spetta a me rimediare e ti prometto che lo farò. Tornerò e poi nulla ci separerà di nuovo, saremo solo noi due e milioni di universi da cercare>>
<<Non m'interessano gli altri universi se non ci sei tu, mamma>>
Le sorrise commossa, appoggiò la fronte alla sua<<Tu sei tutto il mio universo, Robin.>>
L'abbracciò di nuovo, con tutta la forza che aveva e poi si alzò, tenendola in braccio. Rhea guardò Christine, che le fece un sorriso emozionato, mimando un "Ti voglio bene".
Steve avrebbe voluto rimanere, dimenticare il mondo oltre quelle barriere, sarebbe stato felice lì ma non sarebbe riuscito a riposare.
Doveva fare il suo dovere, non poteva evitarlo e voleva avere Rhea al suo fianco, come dal primo momento in cui l'aveva incontrata sulla Ship of Sinner.
La mise a terra e sembrò un rituale, Robin distolse lo sguardo e anche Rhea, che si voltò e andò alla passerella col cuore a metà.
Rogers pensò che si sarebbe girata ma la vide stringere i pugni nei guanti, come se girandosi allora avrebbe deciso di non andare.
La vide salire a bordo, scomparendo nell'oscurità e Natasha la seguì dopo un sorriso come saluto.
Bucky fece lo stesso, molto più a disagio ma Steve no. Restò lì, si avvicinò e si inginocchiò davanti alla bambina stretta alla gamba di Christine.
<<Te la riporterò a casa, è una promessa>>
Robin annuì, incapace di parlare e nascose il viso per non farsi vedere piangere. Poi lui indietreggiò, sentendo i motori partire e salì a bordo con un salto, prima che si chiudesse la scaletta.
All'interno Rhea era seduta alla sua postazione, inserendo le coordinate che aveva inviato precedentemente.
<<Sei pronta?>>le chiese Barnes, per il loro rituale.
<<Finché siamo insieme.>>rispose subito.
Natasha si fece avanti<<Ci metteremo un bel po'>>
<<In realtà no. Ve l'ho detto, la mia tecnologia è unica>>
<<Hai creato un sistema di volo innovativo con la dargomite?>>
<<E grazie agli heliccarier. Ho ricreato i salti nello spazio, tecnologia che i terresti non hanno ancora ma che molte altre specie aliene possiedono>>spiegò<<Non chiedetemi dove l'ho presa, non me lo ricordo>>
<<Presto ricorderai>>mormorò Steve.
✪✪✪
Rhea non sapeva se era pronta, dire e fare sono due cose molto diverse. Ciò che sapeva è che non poteva più fare passi indietro, non quando la nave SKYWALKER volava ad una velocità sonica.
Natasha era colei che si era più appassionata a quella tecnologia, aveva visto molte cose grandiose grazie a Stark, allo SHIELD ma quella navicella non aveva nulla di terrestre.
Invece di quasi undici ore e otto minuti, loro ci misero ce ne misero due.
<<Se condividessi quest'ingegneria col mondo...>>
<<Non accadrà>>le disse<<Se c'è una cosa che ho imparato è che non bisogna aiutare l'uomo ad evolversi, se non si guadagnato quel potere allora non ne comprenderà il costo e lo userà male.>>
<<E perché tu puoi usarlo?>>
Ella sorrise a Steve quando glielo chiesto<<Perché io sono una donna, Captain Stella>>
La neve copriva ogni singolo cosa, Barnes aveva mille déjà-vu ma si accorse che Rhea si comportava normalmente. Non ricordava proprio nulla, forse era una benedizione ma in ogni caso stava per scoprire tutto.
Barnes si appoggiò alla sua poltrona, poi si sporse e allungò il braccio di ferro oltre le sue spalle.
<<Ci siamo>>
<<L'Inferno di Ghiaccio>>
Steve allungò il collo, erano molti vicini<<Sei ancora sicura di voler ricordare?>>
<<Non vuoi che mi ricordi di te, Braccio di Ferro?>>
<<Certo che lo voglio, ma è un desiderio egoistico>>sussurrò<<Voglio molto di più che tu stia bene e ricordarmi, ricordare le cose che abbiamo fatto, non ti darà la pace>>
Ella girò il viso verso il suo, aveva una connessione con Bucky ed era innegabile. Si capivano con uno sguardo, era qualcosa che avevano imparato, come partener, come killer.
Il fatto che lui mettesse il suo bene prima del suo, nonostante volesse di nuovo il rapporto che avevano, la sorprese.
<<Non credo che troverò la pace anche senza ricordare. Quello che so mi dà già il tormento, ho scelto di vivere e questo non cambierà.>>
<<E se mi odiassi?>>
Scosse il viso<<Solo perché la mia mente non ricorda non significa che ogni parte di me l'abbia fatto. Conosco ciò che sento, il mio istinto, il mio corpo rammenta. Io non ti odio, non l'ho mai fatto>>
Barnes le sorrise, cosa che ricambiò con un umore migliore di prima. Ma Steve non si sentì così, mise il suo casco e Natasha colse il suo sguardo.
Lei sapeva cosa provava per Rhea e le dispiaceva vedere che non riusciva a dimostrarlo come faceva Bucky.
Quando atterrarono trovarono un altro mezzo di volo, era piuttosto vecchio e mal ridotto.
<<Lui è già qui>>
Si alzarono, consapevoli di non poter sfuggire a questa battaglia. Avevano sacrificato molto per arrivare fino a lì, tutti loro e quindi meritavano delle risposte.
Fu allora che Rhea si fermò sulla rampa, accanto a Steve, mentre Natasha e Bucky scendevano esplorando il cortile innevato sulla montagna.
<<Prima hai detto a Robin che hai scelto l'inferno>>mormorò<<Lo rifaresti?>>
<<Fammi questa domanda quando questa giornata sarà finita, quando ricorderò il prezzo del potere>>
Ella fece per scendere quando Steve le afferrò il polso, ella si girò e si guardarono negli occhi. Lui non respirò ed ella percepì il calore del suo tocco, mentre il gelo siberiano entrava nella nave.
Si immerse nell'oceano tropicale delle sue iridi, e lui fece lo stesso, era sempre sbigottito dalla bellezza celestiale delle sue pupille, nessuno al mondo aveva un simile sguardo.
<<Ho sentito ciò che hai detto ad Everett Ross, sul fatto che se ti avessi lasciata andare nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Zemo non avrebbe preso Bucky, molti altri non sarebbero morti, probabilmente non avrei combattuto contro i miei amici, Rhodes starebbe bene e forse tutti gli altri non sarebbero in prigione.>>
<<Allora perché non lo hai fatto?>>
<<Perché non posso lasciarti andare.>>ammise semplicemente<<E non puoi chiedermi di dimenticare come hai fatto tu. Io non ti dimenticherò mai>>
<<Io ti ho reso un criminale, due volte!>>
<<Ho preso le mie scelte, da solo. Ho scelto di combattere per le mie idee, per ciò in cui credo e sì, Rhea Pierce, io credo in te. Non rimpiango quello che ho fatto, nonostante le conseguenze, sapevo cosa in cosa andavo incontro>>
<<Tu credi di saperlo..>>
<<Stavo venendo da te>>la interruppe.
Fece un sorriso triste<<Dovrei essere io la pazza, Captain Stella>>
<<Forse siamo entrambi un po' pazzi>>rispose<<Il mondo non è in cambiato poi così tanto, ancora non sa accettare ciò che non comprende. E' per questo che non mi sono arreso, perché voglio che ti guardino come faccio io>>
<<Tu non vedi Sinner quando mi guardi>>
<<Certo che la vedo, Rhea. Ti ho incontrato quando eri lei, su quella nave.>>spiegò<<E non è mai cambiato nulla. Il nostro rapporto è un altalena, andiamo in alto solo per cadere più profondamente e di certo tu non hai reso le cose facili>>
<<Ehy, non dare tutta la colpa a me.>>
<<No, lo so che è stata anche colpa mia. Sono stato un disastro, però sto cercando di rimediare. Ti sto chiedendo di lasciarmi provare>>
Rhea mise l'altro mano sulla sua, dove la teneva e con respiro profondo lei gli fece un sorriso. Rogers tornò a respirare, ammirando le labbra piegarsi per un sorriso che solo lui aveva l'onore di ammirare. Aveva una figlia, pensò ma questo non cambiava niente.
Lei era la stessa Dottoressa col camice bianco e i capelli raccolti dei suoi sogni, lei era la sua scelta.
<<Ragazzi, la porta è aperta!>>urlò Barnes da qualche parte.
Questo li risvegliò entrambi, così tolsero le mani e non fu necessaria una risposta di Rhea. In realtà quel sorriso parve già aver detto tutto.
Scesero nella neve, faceva un freddo bestiale ma Rhea non lo percepì, il suo potere d'istinto di sopravvivenza aumentò la sua temperatura corporea.
La nave si chiuse ermeticamente alle loro spalle e poi andarono verso la sola struttura presente, era metallica, piuttosto imponente.
Barnes aveva ragione, due ante erano spalancante. Oltre c'era una stanza con un vecchissimo elevatore.
Rhea non perse tempo, non voleva perdere il coraggio, così entrò per prima e nel farlo si paralizzò.
Sentì i brividi, una sensazione di terrore che le pesò sullo stomaco.
<<Lo senti anche tu?>>
Bucky annuì<<E' indimenticabile>>
Natasha e Steve si guardarono a disagio, misero piede nell'ascensore e poi aspettarono i due ex agenti Hydra. Lo spazio era molto ristretto, ma ci entrarono tutti comunque.
Romanoff mise una mano sulla spalla dell'amica, si scambiarono uno sguardo solidare. Nat voleva davvero farsi perdonare, voleva assomigliare a Christine.
Ora che sapeva di Robin si sentiva ancora più protettiva, anche Steve pensava lo stesso. Volevano che tornasse da sua figlia sana e salva.
Quando si fermò l'elevatore fu con violenza, tanto che per poco Rhea non cadde su Bucky, il quale la prese per un braccio come aveva fatto un centinaio di volte.
Lui sollevò le sopracciglia e lei anche, percependo il déjà-vu.
Le porte si aprirono e Steve uscì con lo scudo sul petto mentre Bucky alzò il fucile camminando con passi lenti e concisi.
Romanoff sollevò i polsi, muniti di cariche elettriche.
Rhea? Ella uscì tranquillamente, superandoli come se fosse in giro per casa sua.
<<Rhea!>>sussurrò Rogers, sgridandola.
<<Che c'è? Il cattivone non è mica qui ad aspettarci sulle scale, si trova nella sala di controllo>>mormorò, poi aprì la bocca<<Pazzesco, non so come lo so!>>
<<Io lo trovo inquietante>>rise Nat.
<<Be', dato che conoscete la strada, andiamo>>sbuffò Steve, con poco entusiasmo.
Bucky alzò le spalle ma non abbassò l'arma, sentì qualcosa dietro di sé e per questo si girò di scatto, col fucile verso l'ascensore. Il suo gesto fu notato da tutti e quando Rhea si fece avanti, Steve la coprì col proprio corpo.
Le porte fece un cigolio, poi un rumore forte, finché una luce bianca non fece sfondo ad un'armatura rossa.
<<Stark?>>
Lui uscì, camminando verso di loro fino ad aprire l'elmo. Mostrò il suo viso, coperto di lividi e Natasha per questo corrugò la fronte. Non sembrava arrabbiato.
<<Ciao, Dory>>
Ella alzò gli occhi al cielo<<Non avevi nulla da fare?>>
<<Qualcosina ma ho scelto di venirvi a trovare>>
<<Ti sei portata Visione? Perché ho un piccolo conto in sospeso>>
<<Sono solo, soletto>>
<<Ricordavo il tuo quoziente intellettivo più alto>>
<<Io più basso il tuo>>
<<Basta voi due>>disse Steve<<Non arresterai nessuno di noi, Tony, sappilo>>
<<Magari più tardi. Sono qui per aiutare, Sam mi ha raccontato tutto>>
<<Da dove? Una prigione?>>chiese Natasha.
<<Ti prego, Nat, non rinfacciarmelo proprio tu. >>
<<Perché no? Sei qui, significa che hai preso la scelta, come me, di non superare un limite. Rhea aveva bisogno di me e la storia di Barnes non era poi così assurda>>
<<Ho saputo, cinque soldati che obbediscono solo a Sinner, senza di lei non hanno alcun controllo>>continuò<<Ross non sa che sono qui, vorrei che non lo sapesse>>
<<O dovresti arrestarti da solo>>commentò Steve<<E richiederebbe qualche scartoffia>>
Rhea fece un sorriso<<Bene, ora che siamo tutti amici! Andiamo prima che la tregua finisca?>>
<<Rallenta>>le disse Bucky<<Ti fidi così, sulla parola?>>
<<E come dovrei fidarmi? Se non mi fidassi sulla parola non dovrei fidarmi neanche di te. Non ho ricordi, Sergente Hydra>>mormorò, alzando un amano sul suo fucile e facendoglielo abbassare.
<<Non sono convinto, Rhea>>
Sembrava agitato, come se volesse che lei ricordasse precisamente qualcosa.<<Fidati di me, okay?>>
<<Okay>>
Tutti insieme andarono verso la fine del corridoio, camminando uniti come farebbe un battaglione. Passo dopo passo, attraversarono il buio o le luci a neon. Videro gabbie, sale di addestramento, d'archivio.
Quel posto era terrificante.
<<Quel è il piano?>>domandò Tony<<Ne avete uno o improvvisiamo?>>
Bucky sospirò<<Portiamo Rhea alla sala della macchina. E' adiacente e di passaggio a quella dei soldati>>
<<E poi? Combattiamo i super soldati mentre lei fa un viaggio nei ricordi?>>
Rhea sospirò, muovendosi con una confidenza invidiabile.
Continuarono a camminare, il silenzio li circondò provocando una certa tensione fra tutti loro. Andavano verso il pericolo, certo ma anche verso la verità.
La verità fa paura ma lei non aveva paura. Aveva preso una scelta e aveva accettato ciò che sarebbe accaduto, nel bene e nel male.
Ella entrò per prima nel salone, era circolare e buio.
<<Dio, è identico, è come nei miei incubi>>sussurrò.
Bucky lo capì, anche lui aveva visto quel posto ogni notte. Era oscuro, tetro, puzzava di dolore.
Rhea si mosse verso la seduta, era lunga, fatta di cuoio. Allungò un mano, era glaciale.
<<E' più piccolo di quello di Washington>>continuò.
<<Sì, questo fa molto più male, è molto più efficace>>
Tony si guardò intorno<<Mette i brividi>>
<<Abbastanza.>>annuì Natasha.
<<Buck, sai farlo funzionare?>>
<<L'ho visto fare molte volte, posso farlo>>
Rhea non ci pensò due volte, strinse i pugni e si sedette, tirando le gambe in avanti. Guardò i due spuntoni accanto alle tempie<<Va bene, facciamolo>>
<<Rhea, forse non è necessario...>>iniziò Steve.
<<Sì che lo è.>>ribatté<<Non posso controllare quei soldati o Sinner senza i miei ricordi. Se voglio controllare il mio potere, chi sono, devo accettare il mio passato. Devo tornare indietro per poter andare avanti>>
Bucky si avvicinò alla console, Stark mirò il suo modo e come funziona quella tortura, doveva ammettere che i tedeschi avevano un modo tutto loro di essere malvagi e geniali allo stesso tempo. Le luci sfarfallarono e improvvisamente dei polsini di metallo si strinsero intorno alle sue mani e alle sue caviglie.
Il petto di Pierce si alzò, avanti e indietro, le tremavano le dita.
Steve la chiamò<<Rhea...>>
<<Non guardarmi così, Captain Stella.>>fece un sorriso ironico<<Sto facendo la sola che so fare>>
<<E quale sarebbe?>>domandò Tony.
<<Non mi arrendo>>
Bucky ritrovò il sorriso, si guardarono e questa volta non parve un incubo. Lui era stato testimone molte volte di quella terapia, l'aveva vista di persona e ogni volta si era costretto a non guardare. Ora tutto sembrava identico ma anche completamente diverso.
Ora non distolse più lo sguardo vedendo quanto coraggiosa, pronta fosse.
Lo era, era pronta per essere sé stessa.
<<Chiudi gli occhi>>
E lei lo fece.
ANGOLO AUTRICE
Benvenuti!
Lo so, è tardi ma avete votato su Instagram per postarlo stasera.
Scusate se sono passate due settimane ma è un periodo così difficile, impegnativo e sfortunato. Molto sfortunato.
Tutti i dati sul mio telefono sono andati persi, si è rotta la scheda madre e tutti gli appunti, le frasi, le ricerche erano sulle Note.
Ho dovuto rifare tutto, non ho ancora finito in realtà dato i tanti libri che ho online.
Ora ho un telefono che ha una memoria minima, quindi non riesco neanche a fare post su Instagram. Sono disperata.
Grazie a Dio sono riuscita a scrivere qualcosa sul computer.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se è così commentate, votate e seguitemi!
Un abbraccio!
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