Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Dubbi (One Shot Orion Atlas)

Sono giù d'umore e anche tanto. Doveva essere una scazzottata e mi sono ritrovata a far impazzire Atlas con alcune paranoie, che in parte sono anche mie. Perché, come al solito, quando sto male, corro a rifugiarmi da lui.
Pubblico di getto, senza nemmeno correggerla perché altrimenti la cancellerei.
Arriveranno altre allegre su loro due, forse. Boh, questa raccolta diventerà una valvola di sfogo, mi sa.
Scusate comunque per il momento e la poca allegria🫠

***

Atlas

Non ne posso più. È una giornata di merda.
Mi sono risvegliato già abbastanza nervoso in quel motel del cazzo. Il letto è scomodo, ma almeno non devo dormire sullo stesso materasso con Orion. Anche perché russa. Ho voglia di ucciderlo nel sonno.

Comunque, almeno siamo riusciti ad ottenere una stanza con due letti separati.

La tempesta non accenna a voler smettere da ieri sera. La pioggia batte furiosa sul marciapiede e ticchetta smaniosa sulle finestre. Mi metto seduto e lancio le coperte all'aria. Fissò le gocce che scivolano una sull'altra sul vetro, ingoiandosi tra loro.
Mi sento come quella tempesta, il poco di sole che avevo dentro si era trasformato in pioggia, lasciandosi ingurgitare dalle nuvole. L'amore era marcito in odio.

Quando andava così, c'era una vocina nella mia testa. Ed era così maledettamente simile a quella di Perez.

«Non provi niente. Sei un buco nero. Questa è la tua natura. Sei morto dentro, Jeremiah.»

Non so come mi sento. Non lo so più da tempo. Pensavo che, dopo tutto quello che era successo, lanciarmi in una missione non fosse poi una cattiva idea. Avevo accettato la missione che Killian mi aveva proposto, pur di farmi fare qualcosa. Perché, solo quando le mie mani si sporcavano di sangue, i miei pensieri si arrestavano.

E adesso mi ritrovavo a fare il corriere di droga, insieme a quell'idiota che Killian mi aveva affidato come collega. Orion non sa stare zitto, mi irrita.
Mi irrita perché, nonostante sia morto, c'è qualcuno che lo ama e lo aspetta. Che ci spera.

Mi chiedo io per cosa sia fatto. Perché io non trovo una risposta. Se sono ancora qui è perché sono anche troppo codardo per voler dire addio a questo posto. Mi piace essere solo o ci sono semplicemente abituato? Le vite degli altri vanno avanti, anche quelle dei miei amici. Il dispiacere per me dura per poco, com'è giusto che sia. Devono andare per la loro strada, è normale.
Ma mi chiedo a me cosa resti, dopotutto.

«Guardati, Jeremiah. Tutto solo. A te cosa resta?»

Forse la mia nuova coscienza, con la voce di Perez, ha ragione.
Cosa mi resta?

Sto frugando nella mia vita, alla ricerca di una risposta o sto fuggendo?

«Sei adorabile, così tutto solo.»

Il mondo continua a girare, con o senza di me. Il dolore può restare per poco, pian piano sbiadisce, come una piccola cicatrice.

Mi tiro di scatto in piedi, ma vado a sbattere col piede contro l'armadio e impreco. «Vaffanculo.» Tiro un pugno alla parete, che a quanto pare è di cartongesso e si sfracella sotto il mio colpo.

«Dio santo! Sono le tre di notte, perché non provi a dormire come una persona normale?» Orion sussulta.

Mi giro verso di lui, riservandogli un'occhiata truce. «Vaffanculo anche a te. Idiota del cazzo. Posto del cazzo.» Prendo il portafoglio e la mia giacca di pelle e mi precipito fuori dalla stanza.

Fa freddo e mi stringo nella giacca, affondando le mani nelle tasche. Il vento pare essersi calmato, ma sento il cuore in gola. Mi poggio contro la parete e tiro su col naso. Mi lascio scivolare a terra, nonostante sappia che il mio culo si bagnerà e mi lamenterò tutto il giorno per questo.

Sento la porta cigolare e Orion si affaccia. Ha ancora gli occhi arrossati dal sonno e i capelli spettinati. Immagino che per lui questa debba essere una grande tragedia, visto quanto è melodrammatico. Mi osserva per qualche istante. «Vuoi parlare?»

«No.»

Sbuffa piano. «Vuoi scopare?»

Gli rivolgo un'occhiata truce. «Nemmeno se fossi l'ultimo idiota rimasto sulla terra.»

Orion inarca un sopracciglio. «Ho capito che hai gusti specifici, come medici legali con la passione per il doppio gioco, ma mi sento abbastanza offeso, dato che non disdegni mai nessuno.»

Lo ignoro e lo sento avvicinarsi. Orion si siede accanto a me e mi guarda con pazienza. Una stupida parte di me pensa che sarebbe un bravo padre o che, per lo meno, è un bravo fratello maggiore. Ma non glielo dirò mai, perché non lo sopporto.

«Sai come possiamo un po' risolvere questa situazione?»

Storco il naso. «Uccidendo un idiota.» Mi tiro in piedi e sfilo dalla giacca un foglio di carta. Leggo i nomi sulla lista. Alcuni sono già depennati.
Sto facendo un viaggetto lungo tutta l'America per uccidere tutti i seguaci di Perez. Ci sto impiegando un po' di tempo, ma è abbastanza soddisfacente.

Orion mi imita e mi sfila il foglio dalle mani. «No, decisamente no. Adesso andiamo a bere in un bar ridicolo qui vicino. Così magari ne parliamo davanti a un bel bicchiere di birra.»

«Mi hai scambiato per una ragazzina? Ti sembro in vena di confidenze?»

Orion mi ignora e prende le chiavi del furgoncino che Killian ci ha gentilmente prestato. Sbuffo e seguo Orion fino alla macchina, approfittando del fatto che la pioggia sembra essersi calmata per qualche istante.

Sbuffo, sedendomi al suo fianco e fissò la strada davanti a me. Devono essere almeno le tre di notte. «E se fosse chiuso? Che cazzo facciamo? Se non posso uccidere, voglio bere.»

Orion mi lancia un'occhiata di sbieco, tenendo le mani salde sul volante. I suoi occhi neri sono sempre così allegri e malinconici, è strano da spiegare, sembra che si sforzi di stare bene. Dice che è l'unico modo per sopportare le visioni di suo fratello e non perdere la speranza di riunirsi alla sua famiglia.

Almeno lui ne ha una.

«È sempre aperto, per i viaggiatori.» mi rivela.

«Spero non sia un posto di merda.» Ci ripenso su, «o forse sì. Vorrei fare a pugni con qualcuno. Giuro che se non trovo nessuno da pestare, pesterò te. Anche se poi ti lagneresti per il tuo bel faccino e forse effettivamente sarebbe un peccato, è l'unica cosa decente che ti ritrovi. Perché diciamocelo i tuoi racconti mi ammorbano le palle.»

Orion ridacchia e fa un leggero fischio. «Oggi siamo particolarmente brontoloni, eh? Come ti chiamava il tuo dottore, Brontolo?»
Gli assesto un pugno sul braccio.

«Vaffanculo. E vaffanculo anche a Killian che mi ha affidato questo compito con te. Adesso lo chiamo e mi lamento.»

Orion mi sfila il telefono dalle mani e me lo sequestra, come se avessi dieci anni e non potessi spaccargli il cranio pur di riprendermelo. Non mi importa che sia una sottospecie di super soldato o che magari lo abbiano congelato per settant'anni e scongelato per combattere una guerra con gli alieni. Posso farlo saltare in aria quando mi pare e piace.

Sbuffo scocciato e do un pugno sul cruscotto dell'auto. Orion mi lancia un'occhiata preoccupata.

Arriviamo davanti a questo stupido locale. Lo seguo fin dentro. È esattamente come lo immaginavo: lurido. I mobili sono vecchi, incrostati dal tempo, e se è illuminato da quelle odiose luci giallognole offuscate dalla polvere è già un miracolo.

Mi lascio cadere su una sedia davanti al bancone. Il barista ci osserva come fossimo due pazzi. Ci sono al massimo altre tre persone in quel posto del cazzo. Due giocano a biliardo e un altro è incantato davanti a una slot machine come uno zombie. Mi viene quasi il dubbio che sia morto lì con un attacco apoplettico.

Orion ordina per entrambi. «Le due birre più alcoliche che hai.»

L'omaccione dietro il bancone annuisce e si allontana per accontentarci, andando a spillare la birra.

Inizio a tamburellare con le dita sul bancone.

«Allora, cosa ti è preso all'improvviso, tesoro bello? Avresti bisogno di una vacanza alla spa.»

Lo ignoro. Uno dei tipi che gioca a biliardo mi guarda ghignando.
Ho voglia di spaccargli la faccia. Così, a caso. Faccio per alzarmi, ma Orion mi posa una mano sulla spalla e mi costringe -mio malgrado- a sedermi. Non riesco ad oppormi alla sua forza.
Vaffanculo super siero.
L'esercito inglese voleva farlo anche a me. Poi hanno pensato che fossi già abbastanza pericoloso di mio.

«Non voglio parlare. Vuoi un disegnino?» Guardo il boccale di birra e inizio a bere, mandando tutto giù.

Orion mi osserva divertito e scrolla le spalle. «Vacci piano-»

Faccio un cenno al barista e gli indico il boccale semi vuoto. «Un'altra.» Gli poso le banconote sul bancone.

Poi mi tiro in piedi e prendo una stecca da biliardo. Sento lo sguardo preoccupato di Orion addosso.
Il mio pseudo amico, o baby sitter, si alza per tenermi sotto controllo. «Va bene, se dobbiamo farci pestare, almeno smezziamo il divertimento.»

Mi si avvicina e prende un'altra stecca. Sorride ai due idioti di fronte a noi. «Allora, vi dispiace se ci uniamo a voi? Facciamo una piccola sfida.»

Il barista ci osserva con un cipiglio preoccupato. Posa le nostre birre sul tavolo accanto a quello da biliardo e se ne ritorna al proprio posto. Meglio si faccia i cazzi propri, che il mio sta già girando nervoso e non vorrei volasse qualche sberla anche a lui, solo perché ha respirato troppo rumorosamente per i miei gusti.

Mi abbasso sul tavolo da biliardo e colpisco la palla, avviando la partita. I due uomini si presentano, ma nella mia mente si chiameranno coso uno e coso due. Non mi interessa.
Come non mi interessa di niente.
Solo solo due idioti come chiunque altro.

Orion snocciola discorsi strani. Parlotta allegro e si rivolge anche allo zombie davanti alla slot machine. «Tutto bene, amico? Ti serve una pausa per gli occhi?»

È di nuovo il mio turno e, dopo aver colpito la palla, suono la stecca nello stomaco di Orion. Così sta un po' zitto, Cristo ma dove si spegne?

Orion mi guarda male e offeso. «Ahi.»

«Ma vaffanculo.» Impreca coso due, quello con gli occhiali così sporchi che vorrei prenderlo a pugni solo per farglieli pulire.

Li ignoro tutti e mi avvicino al boccale di birra. Inizio a mandare giù ancora di più il contenuto. Ammetto che sono abbastanza pesanti, in effetti. La testa mi gira un po', ma non abbastanza da farmi fallire i colpi durante la partita.

Mi siedo su una sedia di legno, aspettando il turno dei miei avversari.
Energumeno uno si siede accanto a me e mi offre una sigaretta. La accetto con piacere e il fumo mi inebria i polmoni. Fisso il soffitto e socchiudo gli occhi.

«Sei impegnato dopo?»

Lo guardo di sbieco. «Sì, a spaccarti la faccia se non ti levi dai coglioni.» Mi tiro in piedi e finisco di bere la mia birra.

Probabilmente coso uno non ha capito che non è giornata. Mi stuzzica il sedere con la stecca da biliardo. «Dai, non fare il frocetto imbarazzato.»

Orion si volta a guardarmi, dopo aver imbucato un'altra palla. Scuote il capo, ma lo ignoro.

Poso il boccale di birra e mi giro verso di lui con un ghigno. «Grazie per avermi offerto la rissa su un piatto d'argento.» Prendo una delle palle da biliardo dal tavolo e gliela sbatto sul cranio con violenza.

Il sangue imbratta immediatamente l'oggetto e lo lascio cadere a terra. Lui si tira in piedi, imprecando.

Ammetto che la vista è un tantino annebbiata e i miei riflessi rallentati. L'alcol mi è salito abbastanza in fretta.

Non riesco a evitare il pugno che mi si abbatte sul naso, che prende a sanguinare. Gli occhi mi bruciano e una fitta riverbera fino alle meningi.

Sento Orion fermare coso due, spingendolo lontano da noi.

Sorrido cattivo e il sangue scorre fino in bocca, ne assaporo il gusto metallico. Sfilo immediatamente la stecca dalle mani di quell'idiota e gli assesto un calcio allo stomaco. Non appena si piega in due, gliela spacco dietro la schiena.

Sento il barista urlarci contro, ma lo vedo nascondersi sotto il bancone.
Afferro il mio avversario per il maglione e gli sbatto la faccia contro il tavolo da gioco, più volte. «Chiamami ancora così e ti rompo le ossa del corpo una ad una!»

Sento delle braccia afferrarmi e spingermi all'indietro. Non riesco a liberarmi dalla morsa. Orion mi trascina fuori, mentre mi dibatto come un ossesso. «Toglimi le grinfie di dosso! Idiota del cazzo, ne vuoi due anche tu?»
Orion mi lascia e io alzo i pugni, pronto all'attacco.

Orion ride e scuote il capo. «Sul serio? Tesoro, ne usciresti malissimo.»

«Meglio così!» Gli urlo contro.

Orion mi indica l'auto, con pazienza. «Adesso ce ne torniamo, sei ubriaco.»

«Fanculo.»

Inizia a piovere e i vestiti mi si appiccicano addosso. Mi danno fastidio. Mi dà fastidio il mondo, le voci delle persone e come mi sento. Salgo in auto e mi imbroncio, incrociando le braccia al petto.

Orion mette in moto e inizia a guidare. «Senti, amo le risse. Ho spaccato il muso a quell'altro idiota e ammetto che mi diverto un mondo. Ma mi spieghi che diavolo ti prende? Siamo amici, no?»

«No.»

«Sei proprio un bambino.»

«Vaffanculo, di nuovo. Non sono uno dei tuoi fratellini del cazzo.»

Orion abbassa la guardia. «Sei un idiota.»

Guardo il motel in lontananza. «Lo so.» Cerco il pacchetto di sigarette nelle tasche della giacca e guardo di sbieco Orion. «Mi hai fottuto di nuovo le sigarette?!»

Orion ghigna. «Le mie erano finite...»

«Dammi una sigaretta.»

«No.»

«Orion, ti spacco il muso!» Do un calcio al cruscotto e impreco.

Orion ride divertito. Ne sfila una e me la passa. La pioggia batte con violenza e siamo bloccati davanti al nostro motel del cazzo, perché se scendessimo la grandine potrebbe ammazzarci. Userei il cadavere di Orion come scudo. Sarà anche stupido, ma non così tanto da scendere per primo per testare la situazione, glielo concedo.

Mi accendo la sigaretta e iniziò a fumare come un ossesso. L'alcol mi fa girare la testa. «Fa freddo.»

«Accendo la stufa o possiamo scaldarci coi nostri corpi.» ridacchia, fumando anche lui.

«Pensa al tuo Arthur e non rompermi i coglioni.» Fumo ancora e sfilo dalla tasca dei pantaloni il cellulare, che Orion mi ha restituito poco fa. Apro il contatto di Hercule ma poi lo richiudo. Ci manca solo che gli mandi un messaggio da brillo, per concludere al meglio tutti i danni fatti.

Orion mi osserva e sorride. «Allora, ti sei calmato un po', amore di mamma?» Mi prende in giro e gli scocco un'occhiataccia. Alza le mani in segno di resa. «Facciamo che inizio io, mi manca la mia famiglia, ogni giorno. Vorrei rivedere Altair. Penso mi odi, sai? Mio fratello è sempre stato insicuro e rancoroso. Credo non mi perdonerà mai un giorno. Però è un piccolo genio, so che è entrato a medicina. È il mio genietto.»

Lo guardo di sbieco e faccio per accendere la radio, ma sospiro frustrato. «Mi chiedo perché.»

«Perché cosa?»

«Perché sento la necessità di mandare tutto a fanculo. Non sento nulla e mi è sempre stato bene così. Le vite degli altri vanno avanti, anche quelle dei miei amici. Alla fine il mio dolore resta a me e basta. Possono chiedermi come sto, starmi vicino per due giorni, tre, una settimana o un mese, ma poi loro continuano con le loro vite ed è giusto. Io resto incatenato qui, in una vita che non so nemmeno se è mia davvero.» Fisso le mie mani, la sigaretta penzolante tra le labbra, la allontano, prendendo un'altra boccata. «Ho la sensazione di essere il personaggio secondario della mia vita. Tutti vanno avanti. Isak ha una famiglia. Bendik anche. Tu tornerai dalla tua e hai uno scopo. Killian ha Raven. Io chi ho? Io chi sono?» La voce mi si strozza. «Alla fine vengono tutti da me, quando hanno bisogno. Hanno perso la madre dopo un omicidio? Ci penso io per loro. Vogliono vendicarsi delle violenze subite o arrecate a chi amano? Vengono da me. Stanno male e vogliono sangue? Vengono da me. E sai cos'hanno tutti in comune? Dopo se ne vanno tutti.» Mi manca il fiato. «Poi le loro vite vanno avanti. Io le sistemo, li aiuto nelle loro difficoltà e mi pagano, certo. Ma poi finisce lì. Guardo le vite delle persone ritornare su un tracciato, prendere la propria strada con chi amano. Io li guardo, scrollo le spalle e passo alla prossima vita da sistemare. Alla fine sono io e basta. Ci si preoccupa per un momento, ma sono solo di passaggio. Sono il personaggio che tutti poi amano ma dimenticano, perché lui sta bene così.» Stringo i pugni. Alzo gli occhi al cielo.

«Atlas-» Orion allunga una mano verso di me.

Mi scanso. «E a me cosa resta? Sto solo fuggendo e continuerò a farlo. Perché quelli come me, Orion, non avranno mai un finale.»

Ha smesso di piovere. Scendo dall'auto e buttò il mozzicone di sigaretta.

Orion si precipita fuori dall'auto e mi raggiunge. «Sai, amico. Siamo tutti un po' fantasmi oggi.» ghigna poi. «E se sapevo che eri così profondo da ubriaco, ti avrei portato a bere subito! Vogliamo parlare di cosa c'è dopo la morte? Ti va?»

Gli assesto una gomitata al fianco. «Fanculo.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro