[roku] gregor samsa
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💿 nei media: tonight I feel like kafka - jealous of the birds
Now I feel like
Kafka with a bad
migraine 塩ヱ因ゔ殴マ屋はゐ
GREGOR SAMSA
Ottobre al suo tramonto. La brezza autunnale, come un'amante dispettosa, spoglia gli alberi delle loro vesti leggere, esponendo le loro ossa al freddo inverno. Le foglie ingiallite si adagiano sui marciapiedi, così simili ai fiori di ciliegio a primavera, eppure così diverse, invecchiate, morte. L'autunno è il crepuscolo delle stagioni, lugubre e grottesco, ma intimo come un segreto. È la stagione delle anime in pena e dei cuori silenziosi, che senza far rumore battono all'unisono, in attesa di incontrarsi sotto un cielo cinereo che profuma di pioggia e malinconia.
Se solo fossi ancora bambino, ora sarei a Takayama, insieme ai miei cugini, a giocare a nascondino nel cortile della nonna e a raccontarci storie dell'orrore, seduti in cerchio sul mio futon. Se solo fossi ancora bambino, non dovrei chiudere gli occhi per sentire l'odore avvolgente del temporale, per ascoltare le foglie secche che scricchiolano sotto i miei piedi, per sentire il vento freddo pungermi la pelle. Se solo fossi ancora bambino, il peso dei miei errori non mi crollerebbe sulle spalle, spaccandomi le ossa.
Era notte fonda ed ero sveglio, una notte come tante. L'orologio digitale sul mio comodino squillò, segnando le due in punto. Al suo fianco, da ore abbandonata su un fazzoletto di carta, la pillola di Bromazepam e un bicchiere d'acqua. Da meno di due settimane avevo iniziato la terapia farmacologica per combattere i miei attacchi d'ansia, ma ne percepivo già gli effetti collaterali: sonnolenza, confusione, affaticamento e apatia. Il benzodiazepine aveva reso ancor più sottile la linea che separava il mio sonno dalla mia veglia, ma dopotutto non era cambiato molto per me. L'isolamento e la solitudine avevano gli stessi sintomi.
Tuttavia, avevo notato come mia madre si premurasse di nascondere le pillole ogni giorno in un posto diverso, senza permettermi di sapere con certezza dove si trovassero. Il dottor Kim le aveva spiegato l'intero foglio illustrativo ed era stato molto severo sui dosaggi. Anche un idiota avrebbe capito che quel medicinale avrebbe potuto salvarmi, oppure uccidermi.
Mi voltai a guardare quell'oggetto tanto minuscolo quanto pericoloso e capii quanto la vita fosse effimera, e quanto la morte fosse facile, a portata di mano, insignificante come una compressa. Durante i suoi strambi discorsi al telefono, il dottore mi disse che vivere è un privilegio. Io gli avevo risposto che anche morire lo era, e a me quel privilegio era stato negato. I miei pensieri erano ancora un oceano nero e stantio, pregno di debolezze e rimpianti, ma nei miei momenti migliori mi convincevo che, dopotutto, diciotto anni erano troppo pochi per scegliere di morire. Non avevo ancora viaggiato, non mi ero innamorato, non avevo trovato il mio posto nel mondo.
E a ricordarmelo era stato kafkasullaspiaggia, con le sue dannate fotografie, i suoi intrepidi capelli azzurri e quel sorriso contagioso. Non saprei dire quando le nostre brevi conversazioni si trasformarono in un appuntamento fisso nel cuore della notte, ma probabilmente accadde quando cambiai il mio nickname in gregorsamsa, come il nome del protagonista de La Metamorfosi di Kafka.
Lo feci apposta, in un momento d'insolita intraprendenza, per attirare la sua attenzione e per metterlo alla prova. Mi dicevo che se non avesse colto il gioco di parole con il suo nickname, allora eravamo troppo diversi e non avrei dovuto aspettarmi nulla da lui. Ero così estraneo al mondo delle relazioni e delle amicizie, che per me quello era l'unico modo contemplabile per conoscere Kim Taehyung. Allo stesso tempo, però, mi affannavo a cercare inutili giustificazioni per i miei comportamenti, così che il fuoco della delusione non mi avrebbe scottato nel caso in cui non avesse voluto essermi amico.
Ma Taehyung era imprevedibile e non rispondeva mai alle mie domande. Dal canto suo, era perfettamente in grado di formulare delle risposte insolite che distogliessero l'attenzione dagli argomenti che voleva evitare. Così io mi ritrovai a raccontargli tutto di me e a non sapere assolutamente niente di lui.
Quando non si connetteva, restavo ad aspettarlo fino all'alba e crollavo addormentato sul cellulare. L'indomani mi mandava foto delle gite con il gruppo e delle spiagge di Busan. Era ossessionato dal mare e ne parlava come se fosse la cosa più bella del mondo. Quando gli chiesi perché, cambiò prontamente discorso, come era solito fare. Io non insistevo, perché temevo di perdere l'unico amico che avessi mai avuto, ma le domande che mi ponevo sul suo conto aumentavano giorno dopo giorno.
Vedevo la nostra amicizia come un rapporto particolare, unico, speciale. Mi sentivo legato a lui soltanto perché leggevamo gli stessi libri. Ma non conoscevo Taehyung, conoscevo soltanto ciò che lui voleva mostrarmi.
Il tempo per lui sembrava non finire mai, così come le sue energie. Frequentava un corso di fotografia, faceva nuoto, partecipava alle gite fuori città e nella sua vita aveva viaggiato moltissimo. Amava scattare foto-ricordo delle sue avventure e aveva un intero album dedicato all'oceano.
Foto del mare, foto piene di luce e di blu, che mi pugnalavano al cuore.
Nei suoi messaggi mi descriveva minuziosamente ciò che aveva visto nella sua vita, come se non avessi mai avuto occhi per vedere il mondo, e forse era davvero così. I suoi occhi, invece, avevano visto tanto e riuscirono a scavare in fondo alla mia anima prima ancora che ci incontrassimo davvero.
Mi spogliava di qualunque segreto, e per questo lo invidiavo. Per quanto mi sforzassi, io non riuscivo a leggere tra i suoi silenzi come lui faceva con i miei, e la curiosità che provavo nei suoi confronti divenne presto ammirazione.
Quando il cellulare vibrò sul materasso, mi ridestai dai miei pensieri. La pillola era ancora tra le mie dita e si prendeva gioco di me.
Che importa se non sono lucido, che importa se sto parlando con lui e non sono lucido? Perché m'importa così tanto?
La terapia mi stava aiutando, era innegabile, eppure la sensazione che mi stessero drogando non abbandonava la mia mente. Tuttavia, il sollievo che provavo nei miei brevi stati d'incoscienza era troppo forte per permettermi di rinunciarvi. Perciò afferrai la pillola, me la misi sulla lingua e la buttai giù insieme a un lungo sorso d'acqua. Poi, afferrai il cellulare e sorrisi, perché Kim Taehyung aveva di nuovo colto nel segno.
kafkasullaspiaggia:
Ti hanno già dato le pillole?
gregorsamsa:
Sì, tu le prendi?
kafkasullaspiaggia:
Solo quando non posso farne a meno.
Io e il benzodiazepine non abbiamo un bel rapporto. Quella roba mi fotte il cervello.
gregorsamsa:
Taehyung, posso farti una domanda?
kafkasullaspiaggia:
Mi hai appena chiamato per nome?
Sono più grande di te, dove sono gli
onorifici, ragazzino?
gregorsamsa:
Hai di nuovo cambiato argomento.
kafkasullaspiaggia:
Non c'è altro da sapere su di me, Jungkook.
Smettila di chiedere.
gregorsamsa:
Scusa, non volevo essere invadente.
È solo che non dormi mai di notte e di giorno sei sempre in giro. Mi chiedevo se stessi bene.
kafkasullaspiaggia:
È colpa tua se non dormo.
Le mie dita si arrestarono di colpo. Avevo scritto senza pensare. Avevo oltrepassato il limite. Era la prima volta che parlavo con qualcuno dopo mesi di isolamento e, superata la mia timidezza, tutto ciò che provai fu: euforia. Non conoscevo Taehyung, ma sapevo che condividevamo qualcosa. Lo capivo dal nickname che aveva scelto, dalle sue risposte semplici alle mie domande banali. O forse cercavo solo un significato profondo in ogni suo gesto, in ogni parola che mi scriveva, perché il desiderio di farmi un amico era più forte della mia razionalità.
Cancellai qualsiasi risposta a quel messaggio, per poi formularne un'altra, e cancellare ancora. I miei pensieri erano in tumulto, scontrandosi, affannandosi, accavallandosi tra di loro. Maledissi la mia indole insicura, la mia vulnerabilità e il mio patetico bisogno di sentirmi accettato da quello sconosciuto.
Taehyung dovette percepirlo, perché mi scrisse ancora.
kafkasullaspiaggia:
Scherzavo, Jungkook. Non preoccuparti
per me, preoccupati di te stesso.
Sei sempre stato così altruista?
Se gli occhi potessero parlare, i miei in quel momento avrebbero gridato. Non riuscii a trattenere un sorriso e mi mordicchiai l'interno della guancia per nasconderlo all'oscurità della mia camera, che da mesi osservava ogni mio movimento.
Non ti ha fatto un complimento, Jungkook. Non gli importa niente di te. Smettila di sorridere. Sei patetico. Il buio mi sussurrava all'orecchio con la sua voce suadente, ma io non volevo ascoltarlo. Allontanai la solitudine, l'inadeguatezza e l'inettitudine con cui avevo imparato a convivere, e scrissi, ancora e ancora, con il cuore che mi martellava contro il petto e le mani sudate per l'agitazione.
gregorsamsa:
Non lo sono. Non c'è
persona più egoista di me.
kafkasullaspiaggia:
Mi viene difficile crederti.
E poi anche tu non dormi, no?
gregorsamsa:
Io dormo troppo, di giorno.
kafkasullaspiaggia:
Ah, giusto. Vivi la tua vita da NEET.
gregorsamsa:
Non sono un NEET.
kafkasullaspiaggia:
Sì, invece.
gregorsamsa:
Sei sempre così brutale?
kafkasullaspiaggia:
Sì, brutalmente schietto. E comunque,
conosco il tuo segreto. So perché sei
chiuso in camera tua.
gregorsamsa:
Te l'ha detto il dottor Kim?
kafkasullaspiaggia:
No, il tuo nickname. Gregor Samsa.
O hai scelto quel nome solo per attirare
la mia attenzione e non hai neppure letto
La Metamorfosi di Kafka?
gregorsamsa:
Ho letto quel libro e l'ho amato,
anche se preferisco le Lettere.
kafkasullaspiaggia:
Fammi indovinare, Lettere a Milena?
gregorsamsa:
No, Lettera al padre.
Leggi tra le righe, Taehyung, e non fare domande, pregai tra me e me. E ancora una volta, quel ragazzo capì.
kafkasullaspiaggia:
Quando pensi di uscire da quella camera?
gregorsamsa:
Probabilmente mai, se continui a
mandarmi foto del mare.
kafkasullaspiaggia:
Cos'hai contro il mare?
gregorsamsa:
È troppo blu per i miei gusti.
kafkasullaspiaggia:
Il blu è il mio colore preferito.
Adesso sei tu che hai cambiato discorso.
Perché hai scelto questo nickname, Jungkook?
gregorsamsa:
Una metafora. Se hai letto il libro, lo capirai.
Tu perché hai scelto kafkasullaspiaggia?
kafkasullaspiaggia:
Una metafora. Se non fosse per il mare e per il blu, direi quasi che mi piaci, Gregor Samsa.
gregorsamsa:
"Il mondo è una metafora, Tamura Kafka".
No more cyanide
kisses,I'm
methylene blue
ォ 誕加びょ沿ッ
a/n
Ho scritto di getto anche stavolta.
Sta diventando un'abitudine ed è insolito
per una perfezionista incallita come me.
Comunque, non ho mai amato uno dei miei personaggi come amo Jungkook. He's tiny.
Vi ho dato anche un piccolissimo scorcio sulla vita di Taehyung. Spero di aver alimentato la
vostra curiosità almeno un pochino👀
Vi ringrazio per tutto il supporto che
sto ricevendo per Rapsodia in Blu,
mi scalda il cuore.
Non dimenticate di lasciare una
stellina e un commento per farmi
sapere cosa ne pensate del capitolo!
Per me è importante 🌼
Un abbraccio,
Maddie
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