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𝐢. - gloriosi propositi


Era notte fonda ad Asgard. La luna filtrava attraverso le alte finestre di vetro, proiettando strane ombre sui muri di pietra. Tutti erano già addormentati da tempo. Tutti tranne una ragazza che correva a pieni nudi per i corridoi dell'immenso palazzo reale. Di lei si sente solo il respiro affannoso. Lei era Alex, e stava aspettando, come ogni mese, l'arrivo di suo padre. Dopo aver svoltato per imboccare l'ennesimo corridoio, la ragazza si fermò, cercando di recuperare il fiato perso. Davanti a lei neanche quella solita ombra familiare. Non era possibile. Suo padre le aveva promesso che sarebbe venuto. Lo aveva promesso. E lo aveva fatto sempre, da quando aveva tre anni. Nei tredici anni trascorsi in seguito si era sempre presentato, una volta al mese, nello stesso corridoio. Perché persino Loki, il dio dell'inganno, rimaneva sincero con sua figlia. Ma ora Alex, davanti a se, vedeva solamente un muro di marmo bianco elegantemente decorato. Una scena di guerra tra Asgard e chissà quale altro remoto legno. Iniziò a sentire le lacrime pungerle gli occhi, mentre la vista le si appannava. Una singola lacrima le sfuggi dagli occhi. Un attimo dopo, era già congelata.

Dannati giganti di ghiaccio, pensò Alex.

Perché si, Alex era questo. Una gigante di ghiaccio. Ma per metà mortale. Era questa sua parte umana che le aveva permesso di avere le sembianze di una normale ragazza. Anche se, sia per aspetto fisico che per carattere, Alex era tale e quale a suo padre. Suo padre. Non lo vedeva da un mese, e non era passato giorno in cui non le fosse mancato. Perché, quando hai solamente una persona nell'intero Universo a cui tenere, senti molto di più la sua assenza. Certo, vivere in un posto dove il solo pronunciare il suo nome era considerato un reato non la aiutava molto. Come succedeva almeno una decina di volte al giorno, d'un tratto la sua tristezza si trasformò in rabbia. Rabbia contro Asgard, rabbia contro tutto il suo popolo, rabbia contro suo zio Thor, rabbia contro chiunque non avesse ascoltato suo padre e contro chi lo aveva fatto bandire dal suo stesso regno. Quel trono spettava a lui. Odino era solo uno stolto se pensava che quel babbeo di Thor fosse degno del trono di Asgard. Alex abbassò lo sguardo sulle sue mani. Stavano iniziando ad assumere una familiare sfumatura azzurra, in contrasto con la sua pelle chiarissima. No, non di nuovo. Cercò di calmarsi, come le aveva insegnato suo padre. Inspirò ed espirò a fondo, gli occhi chiusi. Quando li riaprì, vide davanti a se una figura molto familiare. Un uomo, alto e magro, i capelli neri lucenti tirati all'indietro , gli occhi color ghiaccio uguali ai suoi, la tenuta da battaglia addosso.

-Papà..- sussurrò Alex, il cuore che lentamente ricominciò a battere normalmente -Pensavo...pensavo che non saresti venuto- si lasciò sfuggire.

Vide Loki sorridere, tirandosi indietro i capelli con una mano.

-Alexandra, devo rammentarti ancora cosa ti ho detto tredici anni fa? Che sarei venuto a trovarti ogni mese dell'anno? Non credo di essere mai venuto meno alla mia promessa- disse il dio dell'inganno, avvicinandosi piano alla figlia.

Alex, come per istinto, sorrise. Sorrideva raramente, e non sapeva neanche quanto fosse bello il suo sorriso. Si slanciò in avanti e abbracciò forte suo padre, poggiando la testa sul suo petto e lasciando cadere le ultime lacrime che erano rimaste. Il padre la chiuse tra le sue braccia, e Alex si sentì tutto a un tratto minuscola. Loki, quel dio che veniva cosi disprezzato da tutto il popolo di Asgard, ritenuto malvagio, spietato e senza sentimenti, era tutta la sua famiglia. Nessuno aveva mai visto quel suo lato. Nessuno si era mai chiesto il perché di quella sua, come la chiamavano molti, "cattiveria". I cattivi sono semplicemente dei buoni non compresi. Quando era piccola, lei lo considerava il suo eroe. Quando la neve iniziava a ricoprire delicatamente l'erba del prato davanti alla piccola casa dove vivevano, Loki costruiva per lei dei perfetti pupazzi di neve. Con un gesto della mano, poi, gli faceva prendere vita. Alex avrebbe voluto rimanere lì per sempre. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di ritornare a quei giorni così felici e contemporaneamente così lontani.

Era solo una bambina quando la sua normalissima e stupenda vita era andata in frantumi. Ogni singola scheggia di quel vetro ormai infranto le era entrata nel cuore, rendendola più triste, arrabbiata col mondo intero, cattiva. Perché era questo che si era sempre considerata. Una cattiva. Da piccola, quando venne portata ad Asgard, provò a fare amicizia con gli altri bambini del posto. Ma questi, ogni volta che la vedevano, non volevano neanche sapere come si chiamasse. "Lei è la figlia di Loki", pensavano. Scappavano via da lei, una ancora innocua bambina dai codini neri come un cielo senza stelle, che desiderava semplicemente qualcuno che le stesse vicino.

-Alex, avrei una proposta da farti- disse a un tratto Loki, staccandosi da lei e interrompendo tutti i suoi pensieri.

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