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Y/n's pov
Le mie gambe si muovono, nonostante un masso grande come una casa, anzi, grande come il mondo intero, mi stia schiacciando. E sta premendo su di me, il più forte possibile. Il mio corpo contro il cemento più freddo, il mio respiro che si perde, sprofondata nei fondali più profondi e bui. il terrore si cela nei miei occhi non appena l'urlo di Taehyung trapassa i miei timpani, tramutati nella mia testa in grida spezzate dalla paura e trucidate dalla violenza, grida che ricordo molto bene. Di nuovo bastoni contro il polpaccio, lame di coltelli taglienti sul viso, corse disperate. "cosa! cosa!?" Chiedo, rischiando quasi di scivolare contro il bordo della porta nel tentativo di raggiungerlo. Lui però non risponde, lo guardo fermo, in silenzio, immobilizzato dallo spettacolo più atroce e disgustoso a cui abbia mai potuto assistere. Non oso girare gli occhi. L'odore però dice tutto, il mio viso si gira in modo autonomo, tremante, per cercare conferma allo scenario peggiore formato nella mia testa. Il gemito strozzato di Jungkook risuona in tutta la stanza. Una stanza colma, piena, fitta di..cadaveri.
Il loro aspetto è a dir poco obbrobrioso, le loro facce consumate dalla decomposizione ormai in atto. Una forte nausea mi persuade, costringendomi a tappare bocca e naso, nonostante tutte le mie forze spingano a farmi coprire gli occhi. I movimenti delle mie dita si ritrovano essere come esploratori sul mio viso, che cercano di coprirlo per intero, lasciando qualche fessura per poter vedere quello che mi circonda. Taehyung fa un paio di passi indietro, prima di correre via in preda al vomito, cosa che fa anche qualcun altro di noi. I loro passi e i loro rigurgiti sono tutto ciò che risuona nell'intero piano, mentre niente riesce a togliermi da lì. "papà..." sussurro, mentre il mio braccio percepisce qualcuno afferrarmi "allontanati, y/n" sussurra Jungkook, tentando di portarmi via. Non riesco a fare niente che pronunciare "papà..", il collo in fiamme, gli occhi lucidi. Non può essere. Non può essere. Mio padre non può essere qui. Mio padre non può essere uno di q-questi..
E poi.
Perdo le staffe.
La mia mente si contorce.
Lo strazio mi ingloba.
"PAPA'!" Inizio a gridare, con tutta la voce che il mio corpo possa sopportare di fare uscire. I miei piedi incominciano a muoversi, dopo essermi discostata con forza da colui che mi teneva. Mi dirigo verso ogni singolo corpo. Lo guardo, cerco solo lui. La paura passa in secondo piano, quando il bisogno di trovare mio padre non rimane che l'effimera speranza, l'effimero desiderio, la più grande importanza. Nonostante sia uno spettacolo scioccante e ogni singola persona sembra mi stia accoltellando come se fosse l'ultima cosa che avrebbero voluto fare, continuo a cercare. Si parlerà di dieci, quindici persone. Morte. E con loro, la loro storia. Hanno lasciato all'oblio un possibile fratello, un padre, un amico. Costretti ad abbandonare tutto. Vorrei abbracciare ognuna di queste persone, scusarmi con tutto il cuore, nonostante il mio subconscio continui a gridarmi che non è colpa mia.
Cristo, non riesco a trovarlo, non riesco a scovarlo in nessuno di questi. Mio padre non è qui. "Ora basta!"
Percepisco una forte stretta attorno ai miei fianchi: due braccia, di cui una tatuata, mi prendono e alzano all'aria i miei piedi, facendomi inarcare la schiena in modo tale da impedirmi di compiere alcun movimento. Il giorno del concerto mi torna in testa, due uomini mi prendono allo stesso modo, mi tappano la bocca, mi colpiscono. "lasciami! Lasciami!" Scoppio a piangere. Ammetto che ho paura, ammetto che sto per avere un mancamento e il calore di Jungkook è l'unica cosa che mi sta facendo tenere i piedi per terra, seppur non letteralmente. Smetto praticamente nell'immediato di divincolarmi e mi abbandono alla confusione, all'incertezza, al dubbio. Dove diavolo è mio padre? Sento Jungkook ansimare e deglutire faticosamente un paio di volte, prima di uscire dal posto e condurmi fuori. Mi lascia andare non appena capisce di stare iniziando a perdere l'equilibrio, la nausea ha preso il sopravvento anche su di lui. Si copre con foga la bocca con una mano, prima di correre via sbadatamente e nascondersi dietro un cespuglio poco lontano da noi. Io, seduta a terra, non posso che prendermi la testa tra le mani. Non riesco a smettere di tremare, nella testa il buio più totale. "Y/n" sento chiamarmi. Alzo gli occhi: mio padre è davanti a me.
Mi sta sorridendo, incurante di ciò che sta accadendo attorno a noi. Ha un'aura un po' trascurata, non riesco a vedere bene i dettagli del suo viso sebbene lo abbia a un centimetro da me. "Trovami y/n, non perdere la speranza piccola mia. Non perdere la speranza". Continua a ripetermi. La mia bocca schiusa prova a pronunciare il suo nome. Perchè mi sembra così lontano? Eppure è..vicino.. Appoggio una mano sulla sua guancia. Non tocco che morbidezza, il tatto non percepisce le solite rughe attorno alle labbra, l'età ormai avanzata mostrata ai miei occhi. Il suo sorriso si spegne sempre di più, senza smettere di ripetere il mio nome. Perchè non lo sento mio? Perchè non mi sembra lui?
Il suo volto inizia a trasformarsi improvvisamente. Gli occhi assumono una forma monolide, le guance e le labbra più paffute. E' il volto di Jimin, che mi si figura davanti "y/n! Cristo, Jungkook! Vieni qui, non so che fare!". La sua voce mi risuona in un eco infinito, il volume infimo, che mi fa esplodere le tempie. Vengo scossa di colpo e mi ritrovo davanti Jungkook. "Piccola, cazzo" sta piangendo. Perchè sta piangendo? Dovrei essere io, a disperarmi. Continua a scuotermi, eppure lo sento appena. L'unica cosa che riesco a percepire, sono le iridi immerse nei miei occhi fissi al vuoto, spalancati. Si riducono, il cerchio diventa sempre più stretto, più piccolo, quasi fosse in grado di farmi soffocare.
Il mio corpo, nella stessa posizione, perde il contatto con il pavimento. Qualcuno mi sta portando in braccio. Non riesco a reagire, non riesco a divincolarmi.
[...]
Jungkook's pov
Non voglio, non oso nemmeno provare a ricordare l'accaduto di ore fa. Credo che questa sarà sicuramente una delle cose che mi rimarranno impresse nella mia mente fino alla mia morte. E se io sto dicendo così, mi si trucida il cuore all'idea che qualcuno se la stia passando peggio. Guardo y/n dal divano, che dorme ormai da un paio di ore nella stanza di Jimin. Siamo nella casa principale e stiamo cercando di capire con Sun il da farsi. Siamo rimasti tutti traumatizzati dallo spettacolo macabro a cui abbiamo assistito, e si nota bene dalle nostre facce. Sembriamo quasi apatici, nessuno proferisce parola, nessuno osa fare altro che respirare il minimo indispensabile per non morire d'asfissia. La mia mente non vuole togliersi di dosso quei corpi, ma più di tutto, il viso di lei. Era terrificato, e terrificante. L'espressione che aveva mi fa ancora venire i brividi. Scuoto il viso per provare a spostarlo da me, inutile.
"Vi prego di non farne parola con nessuno, nessuno oltre a noi deve sapere che eravate sulla scena del crimine, d'accordo? Creerà uno scandalo che vi penalizzerà per il resto della vostra carriera". Un forte ringhio esce da Taehyung, che si alza e va a chiudere con delicatezza la porta della stanza in cui dorme y/n, prima di incominciare a gridare come un pazzo. In caso ve lo stiate chiedendo, si, la camera di Jimin è stata insonorizzata per richiesta loro, sebbene non sappia il motivo, o semplicemente non voglio pensarci.
"Cosa cazzo pensi ce ne freghi della carriera, eh!?" Sbotta lui, mentre il sangue mi ribolle dentro. Non posso che concordare. "H-Ho visto una decina e passa di..di m-morti, di fottuti morti! E pensi che mi interessi la musica ora!? Ma l'hai vista!? Hai visto come cazzo ci è rimasta quella povera ragazza!?" Scoppia a piangere, tappandosi la bocca e facendosi ricadere sul divano a peso morto. E con lui noi altri. Lascio che la mia testa rimanga sorretta esclusivamente dal bordo dello schienale e chiudo gli occhi abbandonandomi alle lacrime.
"E suo padre?" Sussurra Jimin "è m-morto?". Le ultime lettere rimangono spezzate e intrappolate nella gola. "Non penso..non mi sembra l'abbia trovato" mi limito a rispondere muovendo solo ed esclusivamente le labbra. "Aveva detto che era lì, però." Aggiunge suga grattandosi la fronte. Lui e Hoseok sono gli unici che per fortuna non hanno visto quello spettacolo scioccante. "Insomma, da come ce l'aveva raccontata, non mi sembrava uno capace di scappare.." Dice poi..
I nostri discorsi vengono interrotti da una chiamata improvvisa al telefono dell'investigatore.
External pov [circa tre settimane prima]
Aiden sentiva il suo corpo pesante, non toccava terra e il buio che i suoi occhi vedevano non faceva che aumentare i giramenti di testa. Voleva urlare, eppure non riusciva che a rimanere in silenzio, mentre veniva gettato nel retro di un van nero petrolio. Tutto quello a cui riusciva a pensare, era y/n, sua moglie, Nancy: la sua famiglia. Non poteva finire tutto così. Non poteva. Venne portato al cosiddetto Centro di salute e benessere e lo lasciarono in un lettino in una stanza posta infondo al corridoio. Finalmente incominciò a schiarirsi la vista. Si guardò attorno con fatica, addolorato come non mai. C'era anche altra gente, messa praticamente allo stesso modo. Sdraiati anche loro, qualcuno piangeva, qualcuno era in totale silenzio, qualcuno non sembrava nemmeno stesse respirando. Tutto ciò che poteva fare era però tenere duro e cercare di capire perchè fosse lì. Le sue orecchie iniziano a sentire qualcuno parlare "lo avete portato?". "Si, signore" signore? Signore sto cazzo, pensava. Mostro, voleva correggere. "Bene. Marcos, chiama sua madre e dille che non potrà contattarlo o visitarlo in alcun modo, trova una delle tue scuse. E' stupida, vedrai che ci cascherà". Sua moglie? Come facevano ad avere il suo numero? Che cosa stava succedendo? Aiden non capiva. Non pensava nemmeno a se stesso in quel momento. L'unica cosa impiantata nella sua testa era l'incolumità delle sue donne. "Non nutritelo, non dategli niente. Lasciatelo morire come tutti gli altri di fame o di sete. Quando saranno tutti morti metteremo loro qualche coltello o cazzate di questo genere. Ma ci penserete voi, il vostro compito sarà di insabbiare il tutto, come avete sempre fatto. Stupide donne, ancora non hanno capito il loro posto. Ecco cosa succede se si insulta Woonu e se non si fa quello che dico." Dopodiché ha sentito qualche lamento o grugnito "penso sarà più difficile delle altre volte, signore. Non deve dimenticarsi che sono persone vive, non morte come al solito". Un forte rumore di schiaffo viaggiò nell'aria di tutte le stanze "come osi parlarmi con questo tono! Rimani al tuo posto! E poi li hai visti, vivi è un eufemismo, sono tutti messi uno peggio dell'altro, non riuscirebbero a sfondare la finestra neanche se usassero tutte le loro forze". La sua risata vagheggiò lì intorno.
Passarono le ore. Dopo aver chiuso a chiave la porta non si sentì più niente. L'unica cosa che le orecchie di Aiden avevano modo di udire erano i lamenti strazianti delle persone attorno a lui, l'odore tremendo nella stanza e il dolore fisico che stava provando. Anzi, se vogliamo dirla tutta Aiden si sentiva strano. Era debole, sì, ma dentro di sé sentiva come la possibilità di riuscire a muoversi, se solo ci avesse messo più impegno e più forza.
I punti focali ora sono due: il primo. Agli uomini di Woonu è stato insegnato che quando devono fare cose di questo tipo, se si tratta di persone malate, una flebo di una qualsiasi medicina insieme a qualche tranquillante sarebbe bastata a ucciderli, o perlomeno a fargli perdere la conoscenza. Il caso ha voluto che l'uomo che ha pensato ad Aiden abbia prelevato casualmente un nuovo tipo di Bifosfonato, in particolare una delle nuove boccette comprate dall'ospedale contenente tipi particolari di ormoni miscelati all'acido zoledronico, ben conosciuto per il trattamento dell'osteoporosi e l'assottigliamento delle ossa. Iniettando il contenuto nel corpo di Aiden, questa nuova combinazione si è rivelata positivamente sconvolgente. Il tutto stava iniziando a reagire con le compresse che prendeva abitualmente, il suo effetto sostava nel corpo per giorni, se prese di continuo.
Seconda cosa: Aiden sapeva bene che ci fosse qualcosa che non andava, fin dal momento in cui ha notato il presunto infermiere interagire con sospetto con quegli uomini. Così, mentre quello sistemava la flebo da dargli, lui intascò nelle mutande il cellulare, posizionandolo bene nella parte frontale del pube, con fare indifferente ma attento. In questo modo, quando venne messo nella sedia a rotelle e quando venne caricato e portato al centro, non ci fu una volta che cadde da lui.
[...]
Guardava attento attorno a sè. Ora tutti dormivano straziati e i rumori continuavano a non esserci. Decise così di tirare fuori il telefono. Controllò che ore fossero e la percentuale della batteria. Rispettivamente erano le otto di sera e aveva il 30 per cento. Sarebbe riuscito a chiamare aiuto. Cercò tra i contatti del cellulare "principessa/piccola/park". I suoi occhi brillarono. Le dita selezionarono il contatto del sig. Park e, abbassando prima il volume del dispositivo al minimo udibile da lui stesso, effettuò la chiamata. Il signor Park rispose immediatamente "pronto?" Si sentì dall'altro capo. "Ciao, sono Aiden" disse lui. "Amico mio! Cos-" venne interrotto "ascolta, sono in pericolo. Supplico per il tuo aiuto. Per favore" scoppiò a piangere senza accorgersene "che succede Aiden? Dove sei?"..aiden tirò su con il naso "sono nel centro benessere e di salute Paradise di Incheon. Vieni dal retro. C'è una finestra rossa e nera, mi vedrai da lì. Affrettati ti prego, e fai attenzione a non farti vedere, ti prego, amico mio. La mia vita è nelle tue mani".
Il signor Park non esitò e in men che non si dica si recò lì. Seguì le istruzioni di Aiden e raggiunse il posto in una ventina di minuti. Arrivato, parcheggiò lontano rispetto all'ingresso e, preoccupato della presenza di qualche videocamera, raggirò il posto dal retro, passando attraverso i cespugli. Arrivò davanti alla fantomatica finestra e, sempre nascosto, notò il suo amico. Oltre le altre persone. Aiden posò gli occhi su di lui, e le lacrime di sollievo bagnarono il suo viso. Il signor Park gli fece segno di stare fermo, e fece per recarsi verso il vetro, quando la porta di fianco ad Aiden si aprì improvvisamente.
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