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«Non riesco proprio a capire perché diamine io non possa presentarmi a quei due con gli abiti che indosso di solito! Insomma, uno straccio varrà l'altro!» Eleadar sbuffò sonoramente e finì di litigare con gli alamari della blusa verde scuro, poi studiò il proprio riflesso con sguardo fosco, il naso arricciato. «Sembro un idiota.»

«Continua a lamentarti così e lo sembrerai ancora di più» lo rimbeccò Argor, sfogliando con noncuranza uno dei tanti libri che aveva pescato dalla libreria presente nei lussuosi alloggi riservati, come ogni anno, a suo cugino. «E per la cronaca, ancora non riesco a capire perché tu abbia voluto trascinarmi dall'altro capo dell'impero. Stavo così bene a casa mia!»

Β«Sei qui perchΓ© altrimenti diventerΓ² matto se dovrΓ² sopportare da solo per tre mesi interi le smorfie di Rhydian.Β» Eleadar si avvicinΓ² al letto sul quale era disteso l'altro ragazzo a pancia in sotto e gli sfilΓ² dalle mani il libro. Β«Piuttosto vestiti. Non mi va di dare a quello scemo un'altra scusa per squadrarmi come se fossi un disgustoso scarabeo.Β»

Argor inarcΓ² un sopracciglio. Β«Uhm, devo ricordarti che non dovrei neppure trovarmi qui e che non vengo considerato parte della famiglia neppure da tuo padre e dai tuoi fratelli?Β» fece retorico.

Β«Lo stesso ti voglio al mio fianco. Spicciati, dai!Β»

Β«Ma non ho niente da mettermi!Β»

Β«Prendi uno dei completi lΓ  dentro, no?Β» Il principe delle Terre dell'Ombra accennΓ² con una mano alla porta che celava non un semplice armadio, ma un'autentica saletta dov'erano stipati tanti, troppi abiti.

Argor, borbottando come una pentola, si arrese e diede retta al cugino. Fra loro correva solo un anno di differenza e in quanto a misure erano molto simili. «La tua donna non doveva far altro che restare incinta proprio ora!» Era ovvio che Eleadar si fosse trascinato dietro lui solo perché la sua compagna non poteva affrontare un viaggio così lungo nel bel mezzo di una gravidanza. Facendo due conti, il ragazzo si era suo malgrado arreso all'idea che appena fosse tornato a casa, avrebbe trovato suo figlio già bello che nato e si sarebbe perso il suo arrivo. E tutto solo perché doveva trascorrere del tempo con quell'antipatico di Rhydian, pronto sempre a criticarlo e a guardarlo dall'alto in basso con quel suo cipiglio di sgradevole superiorità. Eleadar volentieri glielo avrebbe cancellato dal muso a suon di sberle, se solo poi non fosse stato certo che quel bimbo viziato sarebbe subito corso dal padre per frignare.

Non si erano mai piaciuti un granché, sin dall'inizio. Si era trovato invece abbastanza bene con Malhar, almeno finché quest'ultimo non aveva dovuto trasferirsi a Baladèl per volere del loro unico genitore in virtù dell'ormai vicina incoronazione come sovrano dei Continenti Minori. Da quando Malhar poi si era anche sposato, Eleadar aveva avuto ancora meno occasioni per incrociarlo e frequentarlo, costringendolo a rimanere da solo con Rhydian, il quale non spiccicava quasi mai parola, se non per commentare in modo aspro o sarcastico ogni cosa che lo riguardava, a cominciare dal suo accento che, secondo lui, era sgradevole e avrebbe fatto suonare persino una dichiarazione d'amore una minaccia di morte in bello stile. Quella volta Eleadar, stufo marcio com'era di tale atteggiamento, lo aveva quasi preso a pugni.

Vide il cugino faticare non poco nell'allacciare gli alamari di quella specie di divisa e decise di aiutarlo. Argor aveva scelto gli abiti piΓΉ semplici che era stato in grado di individuare, privi di bardature e sciocchezze varie. Aveva provato ad aggiustarsi i ribelli e folti capelli scuri, ma senza troppo successo. Eleadar aveva scelto di legare i propri in una semplice coda.

Β«Beh, andiamoΒ» sentenziΓ² senza troppo entusiasmo. Uscirono dagli alloggi e fu lui a guidare Argor per i corridoi che, suo malgrado, aveva imparato a conoscere in quegli anni. Ben presto entrarono nella sala dei banchetti privata, piΓΉ piccola e intima rispetto a quella riservata a pranzi e cene con personaggi di spicco della nobiltΓ  e cose del genere.

Eleadar non si sarebbe mai e poi mai abituato a tutto quell'inutile sfarzo. Gli faceva venire quasi la nausea e vide che Argor sembrava condividere la sua stessa opinione, a giudicare dal modo in cui arricciò il naso diritto e increspò le labbra. «È troppo presto per prendere e tornarcene dritti filati a casa?» mormorò sconsolato il più giovane.

Suo cugino non rispose. Fece un lungo sospiro e avanzΓ², rifilando un'occhiata gelida all'unica altra persona presente nella sala: Rhydian, suo fratello.

Il principe di Sverthian li squadrΓ² a turno. I suoi occhi e quelli di Argor erano molto simili, anzi identici nella tonalitΓ , ma a Eleadar piaceva pensare che quelli del secondo fossero migliori. Se non altro non avevano quell'onnipresente espressione altera e annoiata a vorticarvi all'interno.

Β«E lui chi sarebbe?Β» chiese Rhydian, benchΓ© fosse chiaro che non provasse il minimo interesse per il nuovo arrivato.

Β«Teoricamente sarebbe tuo cugino, ma considerando come sei solito trattare i tuoi parenti piΓΉ prossimi, Rhydian, Argor sa giΓ  di non dover aspettarsi granchΓ© da parte tuaΒ» lo rimbeccΓ² sarcastico Eleadar, anche se non stava sorridendo.

Rhydian sorrise in maniera amabile, ma lo sguardo era glaciale e lampeggiava. Β«Capisco. Ti sei portato dietro la scorta, stavolta. Che mossa coraggiosa, sono colpito!Β»

Β«Ascolta, tu, brutto...Β» Eleadar fece per avanzare in direzione del gemello, deciso a rifargli i connotati da cima a fondo, ma Argor lo trattenne. Β«Lascia perdere, daiΒ» gli intimΓ² sbrigativo. Β«Non fa niente.Β» In fin dei conti era abituato a trattamenti del genere. A casa non veniva trattato chissΓ  quanto meglio. Eleadar era uno dei pochi a comportarsi con lui come se fossero pari, come se lui non fosse il figlio del bastardo del re. Per il resto della famiglia, perΓ², non era che feccia e aveva imparato saggiamente a fregarsene. Non gli importava niente di ciΓ² che pensavano di lui gli altri.

Una domanda, però, a Rhydian avrebbe tanto voluto porla, visto e considerato che lo aveva conosciuto in maniera indiretta grazie ai racconti di Eleadar: perché era così cattivo e perfido con il fratello? Perché lo strapazzava e scherniva? Se quello era il futuro imperatore, allora aveva una mezza idea di prendere e andarsene a vivere in qualche posto sperduto, perché sarebbero stati dolori con uno come Rhydian al potere.

Se trattava male i fratelli, cosa avrebbe fatto, poi, con il popolo, specialmente la parte meno abbiente e più in difficoltà di essa? Quello sì che faceva riflettere e sperare nel peggio.

Β«Non ne vale la pena, ElΒ» aggiunse, preferendo non sbilanciarsi piΓΉ del necessario. Β«Lascia stare.Β»

Β«Sono anni che lascio stare e guarda quel che ci ho guadagnatoΒ» insistΓ© adirato Eleadar, il quale non aveva piΓΉ intenzione di farsi prendere in giro da quel damerino viziato. Β«Persino sua moglie lo detesta, e questo la dice lunga!Β»

Β«Rimangiati subito quello che hai dettoΒ» sibilΓ² Rhydian, passando dall'esser beffardo a un'inequivocabile espressione furibonda.

Β«Altrimenti cosa fai? Corri da papΓ  e gli racconti tutto? Fa' pure, Rhydian, ma poi anche io ne dirΓ² delle belle a nostro padre sul tuo conto!Β» Eleadar ignorΓ² Argor che gli sibilava di darci un taglio. Β«E sai un'altra cosa? Ho pietΓ  del tuo popolo quando un giorno dovrai essere tu a guidarlo! Sappi che quelli come te, Rhydian, non vanno mai lontano! La gente tende a odiare e a eliminare tiranni promettenti come te!Β»

Prima che Argor potesse intervenire, Rhydian aveva giΓ  afferrato per i vestiti il fratello e ingaggiato con lui uno scontro sleale e feroce.

Β«Ora basta!Β» Una voce giovane e femminile finalmente pose fine alla rissa. Anastasja si chiuse le porte della sala alle spalle e scrutΓ² torva i due principi. Β«Siete forze impazziti?Β» li apostrofΓ² a denti stretti, gli occhi ridotti a pericolose fessure. Β«Che follia Γ¨ mai questa? Spiegatevi immediatamente!Β»

Β«Salute anche a te, cognataΒ» borbottΓ² Eleadar, spingendo via da sΓ© il gemello e risistemandosi gli abiti stropicciati.

Le labbra di Anastasja, per un attimo, tremarono, come se si stesse trattenendo dal ridere per via delle buffe maniere del cognato che le stava simpatico. La principessa squadrΓ² il marito gelida. Β«Complimenti per aver guastato tutto ancora una volta, Rhydian. Hai un autentico talento in questo, te lo concedo.Β» Sussiegosa andΓ² a sedersi su uno dei pregiati divanetti vicini all'enorme caminetto e sistemΓ² con cura i lembi dell'abito. Β«Vostro padre non cenerΓ  con noi. Ha appena inviato un messaggio da Elgorad e pare che tarderΓ  un pochino a tornare qui a Sverthian.Β»

Β«FantasticoΒ» commentΓ² funereo Rhydian.

Β«Che ci Γ¨ andato a fare a Elgorad?Β» chiese perplesso Eleadar.

«Deve presenziare a un processo. Considerando che ora anche l'Oltrespecchio ha riconosciuto la suprema autorità di Sverthian, è giusto che l'imperatore si occupi di certe questioni. Trattandosi di una situazione piuttosto delicata, d'altronde, serve per forza qualcuno di esterno alla faccenda.» Anastasja sbatté le palpebre e trasferì gli occhi cerulei e scintillanti come pallidi zaffiri su Argor. Lo scrutò con garbato smarrimento prima di sembrare finalmente ricordare qualcosa. Sorrise. «Tu devi essere Argor. Il padre di Rhydian aveva accennato al fatto che Eleadar sarebbe venuto qui insieme a te. Siete cugini, giusto?»

Argor deglutì e annuì. «Uhm, s-sì, è... c-corretto» biascicò. Pur sapendo con chi stava parlando e tutto il resto, suo malgrado si ritrovò a pensare che Anastasja fosse una ragazza davvero molto bella e affascinante.

Eleadar sogghignΓ² tra sΓ©. Β«Argor Γ¨ un po' timidoΒ» cantilenΓ² a bella posta, beccandosi in risposta un colpo di gomito fra le costole da parte del cugino che sulle gote aveva assunto una tonalitΓ  che si sposava bene con la tappezzeria scarlatta dei divani.

Β«Beh, Argor, benvenuto a DargrerverΒ» concluse Anastasja, alla quale non era sfuggito il rossore del ragazzo.

Rhydian schiarì la voce. «Klaus?» chiese alla moglie.

Β«Come ben sai Γ¨ ancora piccolo e dunque ho giΓ  provveduto a metterlo a lettoΒ» replicΓ² gelida lei, tornando a guardare poi il cognato. Β«Domani sarΓ  sicuramente contento di rivederti, Eleadar.Β»

Β«Ovvio, sono il suo zio preferito!Β» esclamΓ² allegro Eleadar, provando una bieca soddisfazione nel notare il gemello che era diventato livido di fronte al suo scambio di battute con Anastasja. Β«Grazie a lui non sarΓ² impreparato per quando dovrΓ² vedermela con mio figlio!Β»

L'unico a sentirsi a disagio era Argor che non poteva non pensare che Eleadar stesse andando un po' oltre. Rhydian poteva esser odioso quanto voleva, ma non era un buon motivo per metterlo in difficoltΓ  con la moglie, visto che parevano giΓ  abbastanza ai ferri corti. Gli faceva un pochino pena, a dire la veritΓ . Di solito le persone piΓΉ erano aggressive e trattavano male il prossimo, piΓΉ in realtΓ  soffrivano e non stavano bene con se stesse, cosa che a volte le spingeva a essere ingiuste e perfide col prossimo.

Non pensava che Rhydian provasse un perverso piacere nell'attaccar sempre briga con il fratello, solo che, forse, non aveva altre valvole di sfogo nΓ© un altro modo per far capire al mondo intero che qualcosa non andava.

Ciononostante non aveva intenzione di consentirgli di trattarlo come uno straccio, disagio o meno. Era comprensivo, non masochista.

Β«Di che processo si sta occupando l'imperatore, in particolare?Β» chiese, deciso a cambiare argomento.

Anastasja lo guardò. «Sarebbe lungo da spiegare, ma... in poche parole, lo sposo del re è stato avvelenato ed è quasi morto. È saltato fuori che ad aver ordinato l'assassinio sia stato il cugino del re di Elgorad, un principe caduto in disgrazia anni fa. Gli è stato concesso un processo equo, ma penso sia chiaro a tutti come andrà a finire e a Elgorad gli atti di tradimento non vengono perdonati in alcun modo. È molto grave che qualcuno sia stato capace di fare una cosa simile a un uomo, tra l'altro, di buon cuore come il Principe Godric. Non se lo meritava.»

«Non è che suo marito non si sia fatto qualche nemico, in passato» buttò lì Rhydian. «Voglio dire... era, è ancora, anzi, la Feroce Volpe dell'Ovest. Persino qui si raccontano ancora storie pazzesche sul conto del re. Non era uno stinco di santo.»

Β«Questo non significa che il suo compagno meritasse di morire a quella maniera, perΓ²Β» lo rimbeccΓ² tagliente Anastasja. Β«E comunque a me re Dante sembra una persona rispettabile e affidabile. Tutti sanno che Γ¨ un guerriero senza pari e ha compiuto anche atti di enorme coraggio, in passato. Meriterebbe un po' di sano rispetto in piΓΉ, a mio parere.Β»

Β«Davvero? PerchΓ© non gli hai ancora chiesto di farti fare una bella firma su un pezzo di pergamena, visto che lo osanni tanto? Poi potresti persino incorniciare il tutto!Β» la apostrofΓ² sarcastico Rhydian.

Lei restrinse lo sguardo. Β«Faresti carte false per raggiungere la sua popolaritΓ  e ottenere un quarto del rispetto che si Γ¨ guadagnato negli anni, secondo me.Β»

Β«Dalle mie parti il suo nome Γ¨ piΓΉ che graditoΒ» intervenne Eleadar. Β«E parlando della Feroce Volpe, credo sarebbe fantastico avere il potere di trasformarsi in una belva talmente feroce e forte da affrontare cento uomini da soli. Dicono che una volta uccise un esercito tutto da solo!Β»

Β«Non era proprio un esercitoΒ» rilanciΓ² Rhydian in modo inaspettato, attirando l'attenzione persino della sua indifferente sposa. Capendo di non poter in alcun modo sottrarsi a ulteriori delucidazioni, per quanto avesse parlato senza riflettere, il principe di Sverthian si strinse nelle spalle. Β«Una volta ho sentito mio padre e Lord Reghsar parlare di un episodio molto simile a quello di cui stavate parlando voi poco fa.Β»

Β«E cosa c'entra Lord Reghsar?Β» incalzΓ² perplesso Eleadar, dimenticando per un attimo l'inimicizia col fratello.

«Beh, suo figlio era direttamente coinvolto nell'accaduto. Si può dire, anzi, che fu a causa sua se avvenne quello che, a mio parere, fu in ogni caso un massacro, anche se non così esagerato in fatto di vittime. Quella gente se l'andò a cercare, questo è sicuro, ma lo stesso...!»

Anastasja alzΓ² gli occhi al cielo. Β«Parla chiaramente. Pendiamo dalle tue labbraΒ» incalzΓ² scocciata, anche se era chiaro che moriva dalla curiositΓ .

Rhydian si morse il labbro inferiore. Β«Non so se lo sapete, ma il figlio di Lord Reghsar, da bambino, venne istruito proprio dall'attuale re di Elgorad.Β»

Β«Cosa?Β» esclamarono in coro gli altri tre.

«Proprio così. Un anno dopo che Godric era stato affidato a Evergard, all'epoca non ancora diventato re, venne rapito da dei soldati fedeli a nemici politici dei Reghsar. Vedete, ancora prima di allora c'erano state molte guerre di potere e...»

Β«Ma chi se ne frega della storia e delle guerre, stringi e arriva al sodoΒ» incalzΓ² Eleadar impaziente. Β«Quindi?Β»

L'altro gemello inspirò profondamente e continuò, sussiegoso: «Naturalmente Dante si precipitò subito alla ricerca del ragazzino e nei boschi lì vicino venne sorpreso e attaccato da un manipolo di quei soldati. Per seguire meglio eventuali tracce pare che si fosse trasformato nella Volpe e... sembra che già da lì ebbe inizio una bella carneficina. La cosa che fa paura e lascia senza fiato, però, è che anche se venne colpito e ferito più volte, lo stesso continuò a lottare e a reagire. Lord Reghsar disse a mio padre che la belva era stata trafitta da una freccia e anche se riuscì a sfilarsela dalla carne, la punta rimase invece dov'era, eppure neanche il rischio di ritrovarsi con un bel po' di danni collaterali fu sufficiente a porre fine al salvataggio. Alla fine trovò il bambino in una radura e lì diede sfogo a tutta la sua ira e sete di sangue. Con le fauci decapitò uomini adulti, li ridusse a brandelli con poche zampate. Il ragazzino stesso disse che i ruggiti della bestia scuotevano la terra come un terremoto. Magari non si trattava di un esercito intero, ma fu in ogni caso un bagno di sangue. Le persone a conoscenza dell'accaduto si contano sulle dita di una mano, ma quell'uomo era già fa tempo famoso per saper difendersi a dovere e farla pagare a chiunque gli facesse uno sgarbo. Mi stupisce, francamente, che mio padre sia suo amico e che Lord Reghsar abbia poi permesso a una persona dal passato così fosco e torbido di sposare suo figlio. Senza contare che a mio parere sia a dir poco indecente e scandaloso per qualcuno sposare la persona che l'ha istruita!»

L'espressione rapita di Eleadar svanì e venne rimpiazzata dal fastidio. «Sei il solito guastafeste.»

Β«A me sembra romantico e avvincenteΒ» commentΓ² Anastasja, un po' trasognata.

I due gemelli la squadrarono, senza volerlo, nello stesso identico istante e, sempre all'unisono, dissero: Β«Le donne!Β»

Argor, invece, sembrava sconvolto e al tempo stesso ammaliato. «Non mi sorprende che sia così temuto. In fin dei conti non si dice che la sua famiglia abbia origini divine?»

Eleadar lo guardΓ². Β«Anche io e Rhydian sembriamo averle, Argor, e guarda il risultatoΒ» commentΓ², accennando col pollice al gemello, il quale gli scoccΓ² un'occhiata torva e stizzita. Β«Siamo nati insieme, lo ricordi?Β» fece a denti stretti.

Β«Purtroppo per ricordarlo mi basta vedere ogni volta il tuo muso, non temere.Β»

Β«Abbiamo lo stesso muso, idiota.Β»

Β«Ne sono consapevole, purtroppo per me.Β»

Anastasja e Argor si scambiarono uno sguardo esasperato. Ecco che quei due erano tornati a bisticciare e a beccarsi come due oche da cortile, anche se Rhydian somigliava molto di piΓΉ a un pavone spennacchiato e spiccatamente becero.

Il resto della serata trascorse in maniera piuttosto tesa e silenziosa. Quando infine Eleadar fece ritorno nei propri alloggi condivisi con il cugino – per loro non era un problema dividere un solo letto – fu piΓΉ che felice di poter strapparsi di dosso quegli abiti scomodi e cambiarsi velocemente per la notte. ScoccΓ² un'occhiata ad Argor, il quale non aveva detto una sola parola da quando erano usciti dalla sala dei banchetti.

«Ho visto come guardavi Stasja» disse infine, senza alcuna traccia di accusa nella voce. «Non posso darti torto. È molto bella e molto sola.»

Β«Cosa?Β» biascicΓ² l'altro, punto sul vivo.

Β«Oh, andiamo! Non fare lo scemo!Β»

Β«Non so di che parli.Β»

«Sì, certo.»

Β«Beh, se anche fosse, Γ¨ sposata con tuo fratello e io sono un nessuno. Come mio padre mi ripete sempre, Γ¨ meglio tenere la testa bassa.Β»

Β«Non penso che a Rhydian importerebbe qualcosa della faccendaΒ» insistΓ© Eleadar. Β«Tutti sanno o almeno ipotizzano che lui e Anastasja si sono sposati perchΓ© sono stati altri a volerlo. Non si piacciono, Argor, e lei... insomma, Γ¨ infelice. Con me a volte si confida e so per certo che l'indifferenza di mio fratello per lei Γ¨ stata una costante sin dall'inizio. Il fatto che abbiano un figlio non cambia le cose, fidati. Povero Klaus. Dev'essere orribile avere due genitori che non fanno che guardarsi in cagnesco tutto il giorno.Β» Per quel che lo riguardava, sperava con tutto il cuore che le cose fra lui e sua moglie, Danica, potessero continuare ad andare a meraviglia anche negli anni venturi. In primo luogo perchΓ© amava alla follia quella ragazza, e poi voleva che il bambino crescesse in un ambiente sereno e accogliente, circondato da amore, non da litigi e tensione. Β«Almeno prova a fare amicizia con Stasja. Un amico in piΓΉ non puΓ² che farle bene, Argor.Β»

Argor sospirΓ² e scivolΓ² finalmente sotto le coperte, stiracchiandosi e infine abbandonandosi alla morbidezza del materasso e dei cuscini. Aveva ancora impressa nelle retine la graziosa figura di Anastasja, i suoi capelli che sembravano scintillare come setosi fili d'oro zecchino, i suoi occhi simili ad ammalianti gemme incastonate nel viso d'avorio. SbuffΓ² sonoramente, imprecΓ² tra sΓ© e si sistemΓ² su un fianco. Β«Non penso le interessi avere un amico come meΒ» borbottΓ² rassegnato. Cos'aveva da offrire a una principessa, d'altronde? Era un autentico nessuno e non le aveva mai capite granchΓ© le ragazze e molte, a suo parere, spesso gli rivolgevano la parola solo perchΓ© in realtΓ  erano interessate a quella vecchia volpe di Eleadar, anche se era giΓ  impegnato. Eleadar aveva sempre fatto strage di cuori, dopotutto, ma lui, timido e impacciato com'era, non era mai riuscito a destare un minimo d'interesse nelle ragazze delle quali di tanto in tanto si era invaghito.

Come poteva andare diversamente con Anastasja? Era una battaglia giΓ  persa.

Si voltΓ² dall'altra parte. Eleadar si era messo anche lui a letto, una delle braccia sistemata fra il capo e il cuscino.

Β«El?Β»

Β«Mhm?Β»

Β«Cosa succederΓ  quando tu... insomma... quando diventerai il nuovo re?Β»

Eleadar lo squadrΓ² perplesso. Β«Che vuoi dire?Β»

Β«Beh... non credo che alla gente farebbe piacere vederti in compagnia del sottoscritto.Β»

Il principe, capendo l'allusione, lo guardΓ² con aria molto seria. Β«Apri bene le orecchie: non sei solamente mio cugino, sei anche il mio migliore amico. Non me ne frega niente di cosa dicono o pensano gli altri, Argor. Le cose non cambieranno solo perchΓ© un giorno salirΓ² al trono. Sarai ancora mio amico, sarai ancora parte della mia famiglia. Fino alla fine, ricordi?Β» SollevΓ² l'indice della mano sinistra e attese che Argor facesse lo stesso.

Argor, un po' commosso, fiducioso nelle parole del cugino, chiuse l'indice attorno a quello di Eleadar a mo' di uncino, ricambiandone la stretta per qualche secondo. Una sorta di gesto in codice che condividevano sin dall'infanzia. Significava che niente e nessuno li avrebbe mai separati.

«Non voglio più sentirti dire certe cose. Non è vero che non meriti ciò che gli altri hanno. Tu puoi avere tutto quello che desideri, Argor, e so che puoi conquistartelo con le tue sole forze, ma se così non fosse... sappi che io ci sarò sempre, sarò sempre disposto a darti una mano. È al fianco di un uomo come te che vorrei correre verso i cancelli degli inferi, se dovessimo mai arrivare a quel punto. Non sei mio cugino e il mio migliore amico, a pensarci bene.» Eleadar sorrise con sincero affetto. «Sei mio fratello, Argor. Il sangue non ha alcuna importanza per me. Non è quello a contare in una famiglia.»

Argor sapeva che aveva ragione, ma era bello sentirsi ripetere certe cose, specie quando il mondo continuava a ripeterti una veritΓ  ben diversa. Si sentiva meno solo quando Eleadar gli ricordava che la loro fratellanza era di massima importanza, che niente sarebbe mai cambiato in quel frangente.

Non ci pensò due volte prima di avvicinarsi e abbracciare come poteva il cugino, il quale subito lo cinse con le braccia. «Sei proprio uno scemo, fratellino» sussurrò scherzoso. «Dire simili assurdità!» Si ritrasse e gli scompigliò i capelli per gioco. «Domani ti mostrerò la città, così poi potremo criticare i suoi abitanti e capire come far trasformare Rhydian in un rospo cornuto particolarmente bitorzoluto!»

Argor scoppiò a ridere. «E magari così verrà ricordato come il Principe Ranocchio!»

Β«GiustoΒ» convenne Eleadar malizioso. Β«Per ora, perΓ², facciamoci una bella dormita. Sono distrutto.Β» Si sporse verso il piccolo mobile riccamente intagliato accanto al letto e soffiΓ² sulla fiammella della candela posta lΓ  sopra. Argor lo imitΓ².

La folla si era ormai dispersa, complice l'incedere sempre più pressante e impietoso di un gelido acquazzone. In mezzo alla grande e maestosa piazza del Palazzo Senatorio, proprio di fronte a esso, solitario e scurito dall'acqua che scendeva rapida dal cielo buio stava un patibolo dal quale scendeva giù una corda. Il solo motivo per cui il vento non riusciva a smuoverla più di qualche impercettibile centimetro era perché l'anello con cui essa terminava sosteneva il collo di Tiberius Evergard, il quale era stato processato davanti ad almeno la metà della popolazione della capitale e dei senatori prima di venire decretato colpevole di tradimento e tentato assassinio, subito dopo una sua stessa ammissione durante la quale i suoi occhi erano arsi di una luce ribelle e rancorosa, ancora di più quando avevano incrociato quelli disgustati e sprezzanti del cugino, il re, lo stesso uomo che poi, solo una ventina di minuti prima, aveva dato l'ordine al boia di eseguire la condanna. A insaputa di Godric, ammetteva di aver disposto che la corda fosse sistemata in modo che la distanza dal suolo fosse minore del previsto. Ciò, naturalmente, prevedeva che il condannato a morte patisse un'agonia più lenta e orribile del consueto; anziché spezzargli l'osso del collo, il cappio finiva per soffocarlo senza fargli perdere del tutto coscienza. Una sorte terribile senza alcun dubbio, ma non era rimorso ciò che provava Dante mentre fissava la struttura di morte in legno, quasi indifferente alla pioggia che lo inzaccherava e scendeva in ramificati rivoli trasparenti giù sugli zigomi, proprio come lacrime, anche se i suoi occhi erano asciutti. In realtà non provava quasi niente, se non sollievo all'idea che quella storia avesse trovato finalmente una conclusione. Si augurava solo che quello fosse altresì il termine delle faide di famiglia all'interno della stirpe Evergard. Desiderava con tutto se stesso di non vedere mai più nessuno che condividesse con lui il medesimo sangue tradire la fiducia di un parente, nonché il suo affetto.

Era stanco dei sotterfugi, delle pugnalate alle spalle, di non poter fidarsi di nessuno, salvo pochi eletti. Non era così che una persona avrebbe dovuto vivere. 

Concesse un'ultima occhiata al cadavere di suo cugino prima di voltarsi e ordinare alla piccola scorta di soldati rimasta lì con lui di togliere da lassù Tiberius e, almeno per il momento, disporne la salma nei sotterranei.

Da un lato sapeva che negare i riti funebri a una persona, chiunque essa fosse stata in vita e qualunque cosa avesse fatto, fosse orribile e persino blasfemo, ma dall'altro non gli andava proprio di concedere un simile onore all'uomo che gli aveva quasi sottratto la parte piΓΉ importante e inestimabile del suo cuore.

Ne avrebbe discusso con Godric e insieme avrebbero stabilito il da farsi. Era la cosa piΓΉ sensata da fare.

Senza una parola in più precedé i soldati sulla via del ritorno e malgrado il palazzo reale fosse a non molta distanza da lì, gli parve il percorso più lungo che avesse mai intrapreso in tutta la vita.

In cima alla gradinata, sulla soglia delle porte aperte, scorse sua madre. Salì e la raggiunse, ma non si rivolsero la parola. Non c'era molto da dire, d'altronde. Lytha, però, lo richiamò. «Hai agito per il bene di tutti, Dante. Lo sai questo, vero?»

Il re annuì e tirò dritto nell'atrio, verso le scale.

Sapeva di aver fatto la cosa giusta, ma non era felice nΓ© fiero di quanto era accaduto. Solo un degenerato folle sarebbe stato contento di aver tolto la vita, seppur indirettamente, al proprio cugino, a sangue del suo sangue, alla persona che, tanti anni prima, un tempo aveva per un breve periodo designato come suo successore e pupillo.

In cuor proprio era consapevole di aver causato con le sue stesse mani quel disastro. Se solo si fosse controllato, se solo non avesse dato retta all'ira, il suo piΓΉ grande difetto, Tiberius lo avrebbe visto sotto una luce diversa, magari come l'uomo che aveva scelto almeno di concedere a Remus un trattamento equo e secondo la giustizia di Elgorad, e forse mai avrebbe bramato vendetta, mai si sarebbe spinto fino al punto di provare ad assassinare Godric, estraneo alla vicenda e innocente.

Magari era suo dovere, se non altro, far sì che Tiberius ricevesse le giuste onorificenze sulla via dell'oltretomba. Era il minimo che lui potesse fare per espiare la grave colpa che recava sulle spalle.

Si accorse di essersi appoggiato con la schiena a una colonna lì di fianco e di esser scivolato giù fino a terra solo quando una voce lo riportò alla realtà: «Papà, stai bene?»

Benché colto alla sprovvista, non trasalì e recalcitrante sollevò lo sguardo, incrociando quello di Silas. Il ragazzo lo guardava con aria un po' tesa e preoccupata. Si sporse verso di lui e lo aiutò a tornare su. «Quello che è successo oggi... non sarebbe mai dovuto accadere» gli disse poi, esitante e sincero. «Tu stai soffrendo, papà. Si vede da un miglio.»

«Affatto» mentì cocciuto il re, gli occhi rivolti rigorosamente da un'altra parte.

Silas, perΓ², non demorse. Β«Prima di tutto quanto... insomma, vi volevate bene? Eravate legati?Β»

Β«Non lo soΒ» ribattΓ© Dante senza riflettere. Β«Ha poca importanza.Β»

«È stata una sua scelta, papà. Lui ha scelto di far del male a te, a me, a tutta la nostra famiglia in modo subdolo e spietato. Si è scelto il suo fato e tu non ne sei responsabile.»

Β«Le scelte che facciamo vengono a volte influenzate dalle azioni altrui, Silas. Io so perchΓ© era furioso con me. Io so molto bene cosa lo spinto oltre il limite e l'unica persona che posso biasimare, a questo punto, Γ¨ solo unicamente la mia stessa persona. Che io stia soffrendo o meno, non ho il diritto di versare una sola lacrima. Sarebbero puramente lacrime di coccodrillo.Β»

Forse la loro era davvero una famiglia maledetta e magari ciò aveva a che vedere, in qualche maniera, con la misteriosa scomparsa del capostipite di essa. Forse tutti loro erano destinati a pagare in eterno per un motivo ormai andato perduto da tempo nelle pieghe del tempo. Magari era davvero così o magari era solo lui a vedere tutto nero, chissà. Quel che realmente contava era che non voleva mai più trovarsi nella scomoda e dolorosa posizione di condannare a morte un parente.
GuardΓ² Silas e si augurΓ² con tutto il cuore che non dovesse mai aver a che fare con affari del genere, che si dimostrasse una persona migliore di lui, piΓΉ lungimirante, meno cieca di fronte all'evidenza e compassionevole quando e ove necessario.

Gli strinse una spalla, poi lo superΓ² e si allontanΓ² in silenzio.Β 

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Ivar sbuffΓ² sonoramente mentre Castiel piangeva senza posa, le sue argentine grida che gli risuonavano senza pietΓ  nei timpani ormai sull'orlo del collasso.

A poco serviva parlare al piccolo e cercare di tranquillizzarlo o, ancora, implorarlo di fare il bravo. Ivar non ci sapeva fare coi bambini, men che meno i neonati, e benchΓ© all'inizio fosse stato felice di scoprire insieme al compagno che presto avrebbero dato il benvenuto al loro primo figlio, iniziava sul serio a chiedersi perchΓ© non ne facesse una giusta con Castiel e non riuscisse a gestire un marmocchio come tanti altri genitori nella sua identica situazione.

Forse era vero, forse davvero non era tagliato per quel genere di cose, ma tale pensiero non lo faceva stare meglio.

Fu con autentica gioia e molto sollievo che vide entrare nella cameretta del figlioletto Silas; quest'ultimo si avvicinΓ² e guardΓ² con aria vacua e stizzita i due. Β«Che cos'Γ¨ tutto questo baccano? Sveglierete non solo il castello, ma persino i morti!Β»

Quelle parole furono la goccia fatidica per Ivar, il quale gli piazzò il neonato tra le braccia senza troppe cerimonie e lo mandò al diavolo. «Bene! Allora convincilo tu a smettere di far chiasso, visto che sei così versato nel badare ai mocciosi!» I nervi minacciarono sul serio di abbandonarlo quando Castiel, dopo qualche istante di smarrimento e singhiozzi, si acquietò.

PerchΓ© con Silas si zittiva subito e con lui, invece, faceva tante storie?

Silas deglutì e sistemò meglio nella stretta il figlio. «M-Magari avverte la tua insicurezza e questo lo fa agitare a sua volta» tentò con un filo di voce, un po' in ansia nel vedere lo sposo a un passo dall'esplodere come solo lui sapeva fare.

Infatti...

«Ah, davvero?! Benissimo! Allora facciamo che tu ti occupi di lui e io di tutto il resto, visto che 'avverte la mia insicurezza'!» sbottò, rifacendogli infine il verso. Evitò in ogni maniera di incrociare i grandi occhi nocciola del bambino, sapendo che si sarebbe sentito in colpa, anzi un verme, nell'aver dato di matto davanti a lui e per ragioni, d'altronde, banali. La colpa era sua, non di Castiel. Era lui a essere un genitore inetto e incapace. Con la vista appannata superò il marito e tirò dritto verso la porta, dalla quale uscì lasciandosi dietro un sordo tonfo e un denso silenzio.

Silas deglutì e abbassò lo sguardo su Castiel. Il piccolo era ammutolito e fissava la porta con i piccoli pugni giunti, come se avesse capito di aver fatto arrabbiare Ivar.

«Così non va proprio, signorino» cercò di ammonirlo il padre, anche se la sua espressione severa vacillò e si edulcorò quasi subito. Non poteva farci niente e comunque non si poteva avercela con un neonato, specie uno tenero e adorabile come Castiel.

Avrebbe tanto voluto poter aiutare di più Ivar con il bambino, ma il punto era che i suoi genitori si erano recati a Sverthian per presenziare a un evento importante nelle Terre dell'Ombra, presso la corte di re Hangar o, meglio ancora, date le circostanze, di re Eleadar, il quale, forse proprio in quel preciso momento, veniva incoronato come nuovo sovrano dei Græber prima delle onorificenze funebri del nonno. Eleadar e Hangar, come da tradizione, si erano affrontati in un duello solo pochi giorni prima e il novello sovrano aveva avuto la meglio sul predecessore, cosa che purtroppo aveva richiesto l'uccisione di Hangar in uno scontro all'ultimo sangue.

La notizia non aveva sorpreso Dante e Godric, visto che tramite Rhydian padre sapevano della spiccata abilitΓ  combattiva del ragazzo. Ciononostante quella crudele tradizione lasciava l'amaro in bocca e Godric, soprattutto, aveva seguito il marito con aria piuttosto funerea. Silas non poteva dargli torto, riteneva simili pratiche a dir poco arcaiche e incivili.

Si chiedeva se un avvenimento come quello avrebbe avuto un qualche impatto sul principe di Sverthian e Malhar, non solo su Eleadar, che non aveva mai incontrato di persona.

L'assenza dei sovrani di Elgorad, dunque, aveva costretto Silas a fare le veci del vero re e ad amministrare i suoi molti affari e impegni fino al ritorno che era previsto la settimana successiva.

Altri cinque giorni di faticosa routine. Il solo pensarci gli faceva venire il mal di testa e si chiedeva come avesse fatto suo padre a resistere per così tanti anni senza dare di matto una sola volta. Si sentiva ancora peggio realizzando che un giorno quella sarebbe stata a tutti gli effetti la sua quotidiana esistenza. A volte aveva la sensazione che quel giorno non fosse poi così lontano e sfumato. Ogni tanto suo padre buttava lì, non troppo casualmente, che gli sarebbe proprio piaciuto ritirarsi a vita privata per star meglio dietro agli altri figli, specie quelli più giovani, e avere anche più tempo per se stesso.

Silas si sentiva in colpa quando pensava tra sΓ© che forse le parole di Dante fossero solo tanto per dire, frasi casuali e nient'altro. Non era pronto per essere re, se lo sentiva nelle ossa, e lo terrorizzava la prospettiva di ritrovarsi l'intero destino del regno nelle mani. Certo, i suoi genitori gli sarebbero stati accanto e avrebbe sempre potuto chiedere dei consigli a suo padre, ma sarebbe stato lui il re, la gente avrebbe guardato solo e unicamente in sua direzione per ogni evenienza, ogni problema, ogni faccenda da gestire.

Aveva pensato tutto questo anche poco prima che Castiel venisse al mondo, era vero, ma si trattava di due situazioni differenti. Se essere un genitore era un arduo compito, a volte sfibrante, mandare avanti un regno lo era il triplo.

I suoi genitori sembravano i sovrani perfetti, quelli che facevano sempre la cosa piΓΉ logica, sensata e giusta di tutte, mai inadeguati, e lui... beh... era tormentato dalla certezza che a loro confronto avrebbe fatto l'emerita figura del pagliaccio.

Avrebbe ereditato il regno di un re rispettato e temuto in tutto l'Oltrespecchio, territori guardati con aviditΓ  e invidia da molti, accordi politici intessuti con sottigliezza e intelligenza, nonchΓ© portati avanti in maniera duratura. Gli pareva impossibile dover reggere il confronto con suo padre, dopo tutto quello che quest'ultimo aveva fatto per Elgorad, la reputazione che era riuscito a costruirsi e a mantenere. Quell'uomo aveva riunificato Nord e Ovest, portato la pace e la tolleranza fra due popoli che decenni prima si erano odiati a morte per secoli e secoli. Chiunque fosse venuto dopo di lui sarebbe risultato insipido e mediocre, era ovvio.

Una volta Silas ne aveva parlato con suo padre e questi, tuttavia, si era stretto nelle spalle e aveva affermato che quelle cose sembravano sempre piΓΉ straordinarie di quanto non fossero realmente, quando raccontate da altri. Dante sosteneva di non aver poi fatto granchΓ©, di aver avuto nient'altro che fortuna e di aver saputo sfruttarla al meglio. Secondo lui era riuscito a portare la pace fra Nord e Ovest solo perchΓ© si era innamorato di Godric e aveva ragionato con lo stomaco, piuttosto che con la ragione. Tutto ciΓ² che era avvenuto in seguito era da reputarsi come la semplice scia di tanta avventatezza.

Silas lo aveva squadrato con aria poco convinta e scettica. Non era sicuro che suo padre avesse avuto solamente fortuna. La fortuna poteva guidare una persona fino a un certo punto, ma poi spettava a lei cogliere i segni, piegare gli eventi secondo il suo volere e fare in modo di mantenere la posizione privilegiata che aveva ottenuto. Si trattava anche di abilitΓ , di capacitΓ  ben precise, non solo del Fato che a volte sapeva esser benevolo.

Capendo che Castiel si era calmato del tutto ed era sul punto di assopirsi, sicuramente stanco dopo aver pianto fino ad allora senza tregua, Silas lo depose delicatamente nella culla e gli lasciΓ² un delicato bacio sulla testolina.

Anche se in quegli ultimi tre anni lui e Ivar spesso avevano parlato della possibilità di avere un figlio, Castiel era arrivato nelle loro vite in maniera imprevista, in un momento di disattenzione, per così dire. Un giorno si erano svegliati e l'uovo, semplicemente, era lì, pronto per esser custodito gelosamente e al caldo fino alla schiusa.

Ivar era andato nel panico, anzi era diventato sì e no isterico e si era calmato solo dopo essersi fatto un bagno gelato. Aveva ammesso che, per quanto avessero parlato e riparlato dell'argomento circa eventuali figli, non fosse comunque del tutto certo di esser pronto ad averne uno, che forse fossero entrambi ancora troppo giovani. Silas ammetteva di aver un po' perso le staffe e di avergli infine chiesto se avesse per caso intenzione di liberarsi dell'impiccio come altri avevano già fatto in passato e Ivar, già coi nervi a fior di pelle, per tutta risposta gli aveva mollato un ceffone.

Non si erano rivolti la parola per qualche giorno, poi Silas aveva posto fine a quello snervante stallo e detto chiaramente di volere quel bambino, che a Ivar stesse bene o meno. Pronti o no, nessuno nella sua famiglia era ricorso a metodi così estremi per liberarsi di un figlio non previsto e di certo non sarebbe stato lui a dare inizio a una moda del genere. Lo considerava orribile.

Col senno di poi sapeva di non esser stato giusto con Ivar e di esser stato insensibile davanti alla sua insicurezza, alla sua palese paura, specie quando infine lo aveva visto piΓΉ impaziente di lui all'idea di stringere presto fra le braccia il piccolo che avevano scelto di chiamare col secondo nome di Godric, Castiel. Era stato proprio Ivar a sceglierlo.

Era trascorso un mese dalla nascita del bambino e Ivar stava provando con tutto se stesso a essere un bravo genitore, ma spesso incontrava difficoltΓ  nel comprendere i bisogni del figlioletto e a stringere con lui un legame e questo, naturalmente, iniziava a pesargli.

Silas lo trovΓ² nell'anticamera che collegava la stanza di Castiel alla loro, seduto su una delle due poltroncine, chinato in avanti e con il viso tra le mani.

Si inginocchiò lì accanto e gli posò con gentilezza una mano sul ginocchio. Era ovvio che stesse piangendo, udiva i suoi singhiozzi soffocati dalle dita. Odiava vederlo star male a quel modo.

Β«Ora sta dormendo e si Γ¨ calmatoΒ» gli disse con tono pacato.

Ivar annuì, ma non scoprì la faccia.

Silas trattenne un sospiro. «Nessuno nasce con la scienza infusa, lo sai. Si imparano certe cose solo un giorno alla volta.» Riuscì a fargli allontanare le mani, ma l'altro volse altrove il capo. Odiava farsi vedere in quello stato, orgoglioso e un po' vanitoso com'era. Evergard, allora, fece apparire nella mano libera un fazzoletto ricamato e glielo porse. «Su, asciugati occhi e parliamone con calma.»

Ivar gli diede retta, poi: Β«Sono un disastro. Non riesco nemmeno a star dietro a mio figlio. Cosa se ne fa Castiel di un genitore come me?Β» singhiozzΓ², di nuovo sul punto di scoppiare in lacrime.

Β«SciocchezzeΒ» lo contraddisse Silas. Β«Come ti dicevo prima, tendi ad agitarti troppo e questo Castiel lo sente.Β»

Β«Beato te che sei il ritratto della calma, allora.Β»

«Non è con me che è importante che stringa un legame, Ivar, lo sai. È vero, riesco a calmarlo, ma sei tu il suo punto di riferimento principale, specialmente perché ha visto te per primo, quando è uscito dal guscio.»

«Tutti non fanno che ripetermi che dovrebbe essere l'istinto a guidarmi, ma io non riesco a sentirlo o a capirlo. È come una lingua che non posso comprendere!»

A volte andava letteralmente nel pallone e appena Castiel piangeva si convinceva di aver sbagliato qualcosa, di non averlo nutrito in modo corretto o abbastanza, che magari stesse male e lui non fosse capace di capirlo.

«Magari a essere sbagliato è il modo in cui ascolti quel linguaggio» disse Silas, ragionevole. «Senti, Ivar... lo so che non sto vicino a te e a Castiel come dovrei e credimi, se potessi rimarrei al tuo fianco ogni singolo istante in un periodo così delicato, ma...»

Β«Credevo che per te contassimo piΓΉ di qualsiasi altra cosa al mondoΒ» lo interruppe secco Ivar.

Β«Sai bene che al momento non posso venir meno a certe responsabilitΓ . Nel caso non lo avessi notato, non mi sto divertendo un granchΓ© neppure io.Β»

Ivar strinse le labbra. Β«Bene, allora. Lasceremo che a occuparsi di Castiel sia una bambinaia.Β» Per quanto amasse suo figlio e tutto il resto, iniziava ad averne abbastanza di essere il solo a ritrovarsi una delle spalle e gli abiti spesso costellati di rigurgito, tanto per dirne una. Se Silas credeva di poter confinarlo in un angolino e relegarlo all'unico compito di star dietro ogni singolo istante a un neonato, di negargli un po' di sano riposo e libertΓ , si sbagliava di grosso.

Β«Ivar, come ti ho detto prima...Β»

Β«Non mi interessa. Non sarΓ  la fine del mondo se non stringerΓ  chissΓ  quale legame con meΒ» ribattΓ© deciso e gelido Ivar. Β«D'altronde ciΓ² che conta Γ¨ che la continuazione della dinastia sia assicurata, no?Β» aggiunse con una punta di cattiveria, alzandosi. Sentirsi dire che Silas non aveva tempo per aiutarlo a star dietro a Castiel lo aveva ferito e indispettito e non era tipo da lasciar correre certi fendenti. Preferiva di gran lunga sferrarne di propri e altrettanto micidiali.

Silas restrinse lo sguardo e lo imitò, rimettendosi in piedi. «Stai forse insinuando che non mi importi di mio figlio in sé per sé o di te?» lo apostrofò stizzito. «Perché se è così, Ivar, allora stai dicendo un mucchio di fesserie!»

Ivar, perΓ², non lo stava piΓΉ ascoltando. Lo ignorΓ² del tutto e se ne andΓ² sul serio, chiudendosi dietro le porte con violenza.

Β«Sapevo che ti avrei trovato qui.Β»

Eleadar sussultΓ² e volse il capo indietro, oltre le spalle, e incrociΓ² lo sguardo malinconico e comprensivo di Malhar, il fratello con il quale aveva legato di piΓΉ. Lo osservΓ² avvicinarsi e sedersi al suo fianco, sullo stesso gradino delle scale che conducevano alla sala del trono in cui si stavano svolgendo i dovuti festeggiamenti iniziati dopo il termine della cerimonia funebre per Hangar. Malhar doveva aver visto il fratello sgattaiolare via dalla stanza, forse era l'unico a essersi accorto della sua assenza. La maggior parte delle persone lΓ  dentro era impegnata nel bere e nel festeggiare l'alba del nuovo regno di re Eleadar.

Β«Non ti chiederΓ² come ti senti. Certo, non posso neppure immaginare cosa tu stia provando adesso, perΓ²... hai la mia comprensione, sul serio.Β»

Eleadar strinse le labbra, non rispose e si versΓ² in gola dell'altra birra dal boccale che reggeva con le dita. Prima dell'inizio della festa era andato a metter a letto Viktor insieme alla compagna e non era riuscito a guardare negli occhi suo figlio. BenchΓ© si fosse curato di lavarsi le mani, di privarle del sangue che giorni prima le aveva imbrattate, era come se riuscisse ancora a percepirlo, tiepido e viscoso, dannatamente reale.

Non gli importava delle tradizioni del suo popolo. Aveva ucciso suo nonno, la veritΓ  era quella e non riusciva piΓΉ a dormire se pensava che un giorno quel peso sulla coscienza sarebbe passato come un tremendo testimone a Viktor.

Malhar si morse il labbro inferiore. Β«Non puoi fartene una colpa. Non Γ¨ che tu ti sia svegliato, un giorno, con il ghiribizzo di fare quella cosa per puro e sadico piacere. Sbagli a reputarti un assassino.Β»

Il giovane re serrΓ² con forza le palpebre. Β«Eppure Γ¨ ciΓ² che sonoΒ» ribattΓ© rauco e laconico. Β«E il bello Γ¨ che subito dopo... tutti mi hanno acclamato come se fossi stato il loro campione, un eroe tornato dalla guerra vittorioso. Esultavano mentre lui... lui giaceva nella polvere, come se fosse stato giΓ  dimenticato.Β»

Malhar ammetteva di non aver mai stretto un qualche legame con Hangar, avendolo visto pochissime volte, ma per Eleadar era diverso. Era stato cresciuto da quell'uomo e per giunta con la consapevolezza che un giorno si sarebbero affrontati e avrebbero lottato come belve per stabilire il futuro del loro popolo. Non era giusto che fosse toccato proprio a Eleadar una sorte del genere, un fardello così grande da portare.

Β«Ci sono cose che non si possono cambiareΒ» replicΓ² infine. Β«Tuttavia... magari tu potresti finalmente portare un po' di cambiamenti.Β»

Eleadar si accigliΓ². Β«Prego?Β»

«Sì, insomma... se non ti piace questa particolare pratica del popolo che ora sei tu a governare, allora fa' in modo che possa decadere. Poni fine alla tradizione, scardinala e agisci secondo ciò che ritieni più giusto per te stesso e la tua gente» insisté Malhar.

L'altro lo scrutΓ² come a voler sincerarsi che non avesse alzato il gomito piΓΉ del dovuto. Β«CertoΒ» concluse sarcastico, sciabolando le sopracciglia e tornando a bere.

Β«Dico sul serio. Sei il re, no? Puoi fare quello che ti pare.Β»

«Le cose non funzionano così tra i Græber. Non ho il potere di imporre una cosa simile.»

Β«E allora come stanno? Spiegami.Β»

Β«Qui da noi il re non ha potere assoluto e incontrastato. Al popolo viene concesso un margine di libertΓ  e di scelta. La gente, se sceglierΓ  di seguirmi, lo farΓ  perchΓ© approva il mio operato e ciΓ² che sono, ma Γ¨ libera in ogni momento di voltarmi le spalle e decidere che come re non valgo un accidente. Qui un sovrano puΓ² persino esser deposto dal popolo, se ritenuto non all'altezza delle aspettative e un traditore di questa o quest'altra idea comune.Β»

Malhar non capiva. Β«Ma allora che senso ha definirti un re se poi non hai alcun potere su coloro che governi?Β»

«Un uomo come quello che tu descrivi qui è ritenuto un tiranno. Perché pensi che i Græber ancora siano decisi a non piegarsi all'Imperatore? Non gli piace il modo in cui il resto dei Continenti viene gestito. Odiano le briglie, odiano non poter fare quel che vogliono e se io scegliessi di far crollare una tradizione in auge da intere dinastie getterei nella vergogna tutta la mia famiglia e allora sarebbero guai grossi per tutti quanti.»

Β«Eppure stasera anche nostro padre e nostro fratello sono presenti. Diamine, persino alcuni sovrani dell'Oltrespecchio sono qui.Β»

Β«Se ti riferisci anche al re di Elgorad, allora mi sembra ovvio.Β»

Β«Che vuoi dire?Β»

Eleadar tornò a squadrare il gemello e ancora una volta, come spesso era accaduto, si stupì dell'ignoranza di molta gente di Sverthian circa la storia antica. Era l'unico ad aver avuto un nonno che si era preso la briga di raccontargli certe cose?

Β«Davvero non lo sai?Β»

Β«Cosa non so?Β»

Il giovane re sbuffò. «Si dà il caso, Malhar, che l'attuale signore di Elgorad, forse senza neppure saperlo, abbia almeno in minima parte sangue Græber nelle vene. È qui che tutto per loro ebbe inizio.»

Malhar era scettico. Β«No, ti sbagli. Io so che...Β»

«Sì, stando alla storia canonica il loro divino capostipite giunse fra i mortali, proprio nell'Oltrespecchio, ma la vicenda è ben diversa, almeno secondo la mia gente.»

Β«Quindi?Β»

«Quindi, secondo le leggende, Rasya in un primo momento si stabilì proprio qui e non a caso fra i Græber il suo culto è piuttosto famoso e radicato. Non a caso, viaggiando nell'entroterra, ho incrociato diversi templi e altari che recavano incisioni che affermavano che quelli erano luoghi di culto per il dio della morte. Lui un tempo era qui, Malhar, e solo in seguito, per ragioni note solamente a lui, andò ancor oltre e si insediò nell'Oltrespecchio. Se ne andò, ma si lasciò dietro, sembra, un figlio bastardo. Non ricordi cosa ha detto una volta nostro padre? Il ramo della famiglia di cui faceva parte l'attuale re di Elgorad non era quello designato alla reggenza. Aries venne scelto da un parente per cause di forza maggiore, perché non c'era nessun altro che potesse salire al potere.»

Malhar era scioccato. Β«E ora vorrai pure dirmi che molto, molto alla lontana, noi e loro siamo imparentati?Β» chiese stridulo.

Eleadar alzΓ² gli occhi al cielo. Β«Certo che noΒ» replicΓ² secco. Β«L'illustre casato RowinsterΒ» continuΓ² sarcastico, Β«discende da Tredar, almeno secondo quel che papΓ  afferma.Β»
Β«Beh, menomale. Sai che imbarazzo, sennΓ²!Β»

Tutti e due, malgrado tutto, si ritrovarono a ridere. Sarebbe stato imbarazzante eccome, a pensarci bene.

Malhar sorrise. Β«Finalmente ti ho fatto sorridere.Β»

Β«GiΓ Β» sospirΓ² Eleadar. Β«Grazie, Mal. Avevo bisogno di rivolgere altrove i miei pensieri.Β»

Β«I fratelli servono anche a questo, El.Β»

Β«A parte Rhydian. Inutile come un colabrodo senza buchi.Β»

Β«Ora non ricominciare. Si Γ¨ comportato bene, oggi, tutto sommato.Β»

Β«Solo perchΓ© Γ¨ presente papΓ .Β»

Β«Non credi che dovreste appianare le divergenze?Β»

Β«Fra noi due non sono io ad essermi comportato sin dal primo approccio come se fossi alla presenza di una blatta gigante.Β»

Β«Secondo me invece avete molto in comuneΒ» disse Malhar, sincero. Β«Guarda che neppure a lui garba l'idea di salire al trono. In questo Γ¨ proprio come te e... insomma, tu hai avuto la fortuna di conoscere una persona che tuttora ami e con la quale sei stato libero di costruire la famiglia che desideravi. Lui ha dovuto sposarsi perchΓ© doveva.Β»

«Quindi è lecito che tratti male me per sentirsi meglio e meno miserabile? Ora sì che capisco e mi sento meglio.»

«È infelice e come tutte le persone infelici infierisce sul prossimo. Non dico che sia giusto, ma è la verità. Quel che sto provando a dirti, è che magari dovreste provare a parlare e a farlo davvero, dimenticando chi e cosa siete. Siete stati cresciuti in ambienti diversi, agli antipodi, in regni che un tempo si odiavano a vicenda. Io... credo che i pregiudizi che vi sono stati inculcati sin da subito abbiano avuto sempre la meglio sul buonsenso e sulla realtà.»

Β«Quale realtΓ ?Β»

Β«Nonostante tutto, Eleadar, anche Rhydian Γ¨ tuo fratello.Β»

Β«Eppure solo tu sei venuto a cercarmi, adesso. Lui dov'Γ¨, invece?Β» insistΓ© con durezza Eleadar, testardo come al solito.

Β«Proprio dietro di voi.Β»

Tutti e due sobbalzarono udendo la voce di Rhydian alle loro spalle. Eleadar si voltΓ². Β«Oh, bene. Ora origli pure le conversazioni?Β» fece caustico.

Rhydian lo squadrΓ² con gelo. Β«No. Ho visto Malhar uscire dalla sala del trono e ho iniziato a preoccuparmi, non vedendolo piΓΉ tornareΒ» snocciolΓ². Β«PapΓ  vuole parlare con te, Mal. Fossi in te andrei subito da lui o si arrabbierΓ .Β»

Malhar annuì e si alzò. Prima di andare, però, rifilò a Eleadar un'occhiata che parlava da sola e lo induceva a dar retta ai suoi consigli. Il gemello roteò gli occhi e si irrigidì vedendo Rhydian prendere il posto dell'altro loro fratello.

Sembrava assurdo che fossero parenti così stretti, tanto erano diversi: Rhydian aveva i capelli biondi, corti e tirati all'indietro, abiti chiari e di sontuosa, ma sobria, magnificenza, mentre Eleadar presentava una ribelle e lunga chioma corvina qui e là impreziosita da sottili trecce decorative ornate alle estremità da fermagli d'argento; i suoi vestiti erano perfettamente nello stile Græber, essenziali e privi di fronzoli, quasi privi di reale regalità. Si era fatto crescere la barba e sembrava dimostrare un'età superiore ai suoi ventun anni. Era un uomo fatto e finito, la pelle del suo viso resa più ruvida e segnata dai viaggi per mare che aveva intrapreso in compagnia del nonno e di altri Græber in virtù delle buon vecchie scorrerie che arricchivano quel popolo di autentici e feroci pirati.

Si scambiarono una breve occhiata, ma poi volsero gli occhi in direzioni opposte. La situazione era piuttosto imbarazzante e scomoda.

Β«Puoi anche tornare dentro, adesso. Hai trovato Malhar, no?Β»

Β«In realtΓ  era una semplice scusa. Volevo parlare con te a quattrocchi.Β»

Β«Oh, davvero? Caspita, quale onore!Β»

Rhydian ignorΓ² la battuta sarcastica. Β«Non mi sono comportato bene con te, Γ¨ vero.Β»

Β«PerΓ², che arguzia.Β»

Β«E credo che scusarmi sarebbe una mossa ipocrita.Β»

Β«Puoi dirlo forte.Β»

Β«Credo anche, tuttavia, che forse dovremmo smetterla, Eleadar. Io... ho riflettuto molto mentre venivo qui insieme a papΓ . Mi sono reso conto che non avrei gioito se fossi stato tu a perdere lo scontro contro Hangar.Β»

Β«Non per infrangere la bolla di improvvisa intelligenza che ti sei costruito attorno, ma sarebbe stato bastardo persino per te trarre contentezza dalla mia dipartitaΒ» osservΓ² glaciale il sovrano.

Rhydian respirò profondamente. «Ciò che sto cercando di dire, è che sono davvero contento che tu non sia morto, Eleadar. So che purtroppo la tua sopravvivenza ha significato la fine di Hangar, ma è così che la penso e non mi sento in colpa nel farlo.»

Eleadar lo scrutΓ², alla ricerca del tranello, di qualcosa che presto lo avrebbe fatto ricredere circa le apparentemente buone intenzioni del gemello, ma non trovΓ² nient'altro che veritΓ  nei suoi occhi ambrati e per la prima volta realmente espressivi e vivi, capaci di far intravedere almeno parte dell'anima che fino ad attimi primi il ragazzo era convinto che il fratello non possedesse.

Un minuto dopo, tuttavia, ritrovò il piglio di superba indifferenza con il quale si era spesso approcciato a Rhydian e schiarì la voce. «Ah, davvero? Va bene.» Le sue labbra però sembrarono, per una manciata di secondi, tremare, come se si stesse trattenendo dal sorridere spontaneamente, nel profondo davvero e positivamente stupito da quel nuovo lato della personalità del fratello.

Β«Certo, perΓ² potresti anche sbottonarti un po' di piΓΉ. Io cerco di fare un passo avanti, ma tu...Β» iniziΓ² Rhydian, senza notare che Eleadar aveva roteato gli occhi. Un secondo piΓΉ tardi il giovane re lo afferrΓ² con una mano per il collo e lo trasse a sΓ© per guardarlo dritto negli occhi, i suoi che mandavano faville, verdi e taglienti. Β«Finalmente avevo raggiunto una sorta di pace dei sensiΒ» gli sibilΓ² in faccia. Β«PerchΓ© devi sempre rovinare tutto con quella tua linguaccia, mh?Β»

Scherzi a parte, fra di loro Rhydian era decisamente quello scemo e dalla bocca larga.

Lo lasciΓ² andare. Β«Che vuoi che ti dica dopo anni e anni trascorsi a detestarti? Dammi del tempo e vedrΓ² cosa farne delle tue sottintese scuse. Francamente credo sia inutile chiedere perdono senza aver prima fornito una valida spiegazione dietro a certi atteggiamenti.Β»

Β«Vuoi la veritΓ ?Β»

Eleadar sorrise fra sΓ©, sardonico. Β«No, ma che dici? Rifilami una panzana e stanotte andrΓ² a dormire piΓΉ sereno.Β»

Β«Provavo e... in parte ancora provo invidia nei tuoi confronti. Gelosia, anche.Β»

Il moro inarcΓ² un sopracciglio, scettico. Β«Mi prendi in giro, giusto?Β»

Β«No, invece. Sono serio come non mai.Β»

«Questo sì che spiega tutto, allora!»

«Tu forse non te ne sei mai reso conto, Eleadar, ma io ho sempre notato il modo differente che nostro padre ancora adotta quando guarda te e poi me. È come se tu fossi il figlio preferito, quello prediletto e... questa cosa mi ha fatto imbestialire, lo ammetto. Senza contare che a te è stata offerta maggiore libertà. Magari non sei libero di disporre del tuo avvenire fino in fondo, ma sei cresciuto in una famiglia presente, una famiglia che ti ha amato e supportato sin da subito. La mia rabbia cresceva a dismisura quando vedevo nostro padre cercare di abbracciarti e di essere affettuoso con te e tu che invece lo respingevi sempre o lo trattavi con freddezza, come se fosse uno sconosciuto. Ti odiavo, Eleadar. Nonostante il modo in cui ti comportavi, lui a te non ha mai negato delle dimostrazioni di affetto e vicinanza, l'amore di un padre. Non si può dire lo stesso di me e Malhar, anche se lui probabilmente non te ne ha mai parlato. Papà nei nostri riguardi si è mostrato quasi indifferente. Mai una parola di incoraggiamento, mai qualcosa che potesse indurci a credere che fosse fiero di noi, che ci amasse come amava e ama te. Mai, Eleadar. Quindi sì, ero geloso e invidioso perché ogni volta che ti guardavo e ti guardo vedo tutto quello che a me non è stato concesso. Ora che siamo ormai cresciuti, uomini fatti e finiti, penso di dover tornare sui miei passi e ammettere le mie colpe. S-Se mi vuoi ancora come tuo fratello, si intende.»

Eleadar rimase in silenzio, il viso inespressivo, poi con raggelante e bizzarra calma si erse in tutta la propria altezza, il corpo flessuoso e da atleta talmente teso che ciò era visibile persino attraverso gli abiti. Fissava Rhydian e non parlava. Si portò una mano al fianco e fulmineo estrasse dal fodero più corto che recava appeso alla cintura un pugnale, menandone la punta acuminata in faccia al gemello. Non lo si era mai visto così composto e furioso al tempo stesso. «Ti darò dieci secondi di vantaggio e poi darò inizio a un nuovo gioco. Sai come si chiama, Rhydian? 'La caccia al decerebrato di famiglia'. Dieci secondi. Ti consiglio di iniziare a correre.»

Rhydian ovviamente pensΓ² che stesse facendo puramente scena e si trattasse di uno scherzo. Β«Sei arrabbiato e lo capisco.Β»

Β«Uno... due... tre...Β» cominciΓ² a contare Eleadar a denti stretti, avvicinandosi pericolosamente all'altro, il quale infine comprese che non scherzava per niente e scattΓ² su in fretta. Β«Oh, andiamo! Non vorrai mica ammazzarmi!Β»

«È esattamente ciò che intendo fare se solo me ne darai l'occasione!» sbottò furioso il re, inseguendolo per i gradini finché entrambi non si ritrovarono nel corridoio. «Torna qui e affrontami, vigliacco! Da uomo a uomo!» Eleadar mise più forza nei muscoli delle gambe e con slancio riuscì a raggiungere il fratello. «Preso!» esclamò, tenendolo saldamente per un lembo dello scintillante mantello che pareva cosparso di polvere di diamanti dorati e bianchi.

Rhydian fu lesto e gli fece lo sgambetto. In pieno panico si guardΓ² in giro e afferrΓ² la prima cosa che gli capitΓ², solo per scoprire, avvertendo la pesantezza dell'oggetto, che si trattava di una specie di composizione formata da due spade incrociate che erano state saldate bene a uno scudo. Pensava che sarebbe riuscito a sfilare una delle armi, ma invece si era trascinato dietro tutto il resto. SbiancΓ² e invano scrollΓ² la decorazione, finchΓ© non fu costretto a parare con essa il fendente del fratello.

«D'accordo, parliamone!» squittì.

Β«Parlare di che cosa?! Idiota che non sei altro! Aspetta solo che riesca a metterti le mani addosso!Β»

Eleadar gli tolse di mano con irruenza la composizione e da lì ebbe inizio un tafferuglio e una specie di colluttazione sul pavimento, finché...

«Nel nome degli dèi, che cosa diamine state facendo?»

Si fermarono tutti e due e sollevarono lo sguardo sulla coppia di giovani donne appena sopraggiunta. La prima era di una raffinata bellezza, quella tipica di Dagrerver, diafana e bionda, minuta. La seconda era piΓΉ alta ed esibiva una lucente chioma corvina raccolta in una treccia che le arrivava quasi fino al fondoschiena; incastonati nell'avvenente viso olivastro due occhi dal taglio felino simili ad ametiste che squadravano con penetrante e furiosa incredulitΓ  Eleadar, suo marito.

Anastasja e Danica si scambiarono un fugace sguardo prima di avvicinarsi di piΓΉ ai rispettivi consorti. La seconda afferrΓ² con decisione il compagno e lo strattonΓ² via da Rhydian e la prima, dunque, fece rimettere in piedi con fare imperioso e scontento il proprio sposo.

Β«Spiegati, forzaΒ» sibilΓ² Danica a Eleadar, il quale subito nascose dietro alla schiena il pugnale. Β«S-Stavamo solo scherzandoΒ» biascicΓ². Β«Vero, Rhydian?Β» incalzΓ², la voce insolitamente squillante.

Rhydian, preso alla sprovvista e contrariato, gli rifilΓ² un'occhiata interrogativa. Β«Come sarebbe a dire? Prima hai detto che...Β»

Β«Vero, fratello?Β»

Il principe finalmente comprese e si sbrigò a confermare: «Oh, certo, sì! È vero! Era solo per divertirci un po'!»

Β«CertoΒ» lo rimbeccΓ² secca Danica, gli occhi ridotti a fessura. Non aggiunse altro e afferrΓ² per orecchio Eleadar. Β«Dopo faremo i conti, caro. Ora torna dai nostri ospiti e fai il bravo padrone di casa prima che decida di evirarti e gettare il tuo arnese al cane.Β»

«Non abbiamo un cane!» protestò lui. «E poi è colpa di Rhydian, non mia!» Lei, tuttavia, lo guardò con aria talmente minacciosa da ridurlo ben presto al silenzio e a seguirla senza fare altre storie. Anastasja e Rhydian li seguirono a ruota, entrambi di pessimo umore. Il nuovo re dei Græber intercettò le occhiate interrogative di Malhar e del cugino, Argor. Per fortuna poche persone si erano accorte della loro assenza, dato che i festeggiamenti, da quelle parti, non erano esattamente celebrati come a Dagrerver o in molte parti dell'Oltrespecchio. Tanti bevevano e gozzovigliavano, di tanto in tanto qualcuno se ne usciva mettendosi a cantare qualche ballata o canzone popolare, a volte concentrate sulle gesta di questo o quest'altro eroe dei tempi andati o su argomenti decisamente volgari. Insomma, contrariamente a quel che tanti pensavano, i Græber erano tutt'altro che dei musoni e sapevano come divertirsi. Quando in compagnia di altri loro connazionali tendevano a essere dei buontemponi ciarlieri che non disdegnavano la gioia dello star insieme in una sala a brindare alla salute dei vivi e al ricordo di coloro che si trovavano nella gloria degli dèi.

Eleadar sapeva che quello era il personale modo della sua gente di dare l'estremo saluto ad Hangar, il quale di certo avrebbe apprezzato il pensiero, ma l'aver vissuto per un certo periodo di tempo non solo lì, ma anche a Dagrerver, fra persone dalla cultura e dalle maniere ben differenti, lo induceva a metter in dubbio l'elaborazione del lutto, specie quando si trattava di suo nonno. Erano giorni che la sola cosa che gli veniva da fare, ogni singolo istante che tornava a pensare ad Hangar, fosse di piangere a dirotto o spaccare qualunque cosa gli capitasse a tiro. Perché non poteva semplicemente abbracciare quella nuova realtà, quel cambiamento, come tutti gli altri? Perché proprio in quel momento doveva sentirsi un pesce fuor d'acqua? Perché non riusciva a ricordare suo nonno con un sorriso nel ripensare alle volte in cui quel burbero sovrano era andato fuori dai gangheri dopo una malefatta sua e di Argor? Gli sembrava solo ieri quando, a furia di giocare alla guerra con Argor, ovviamente con spade vere, com'era uso tra i Græber, aveva sì e no demolito l'armeria. Suo zio, che era andato a cercarli, udendo il fracasso si era precipitato sul posto e li aveva trascinati per un orecchio ciascuno sino al cospetto di Hangar, il quale li aveva tediati con una tirata delle sue durata più o meno un'ora intera. Ricordava che lui e Argor avessero faticato molto a restare seri e a cercare di mostrarsi contriti, anche se la voglia di ridere era stata incontenibile nel vedere Hangar sbraitare loro in faccia, rosso di stizza. Ci avevano riso sopra per giorni interi, persino mentre scontavano la punizione severa che il re aveva imposto a entrambi e solo dopo un bel po' di sculacciate.

Magari non era uno dei ricordi più belli e degni di nota, vero, però aveva voluto bene anche a quei lati meno piacevoli dello spigoloso carattere di suo nonno ed era riuscito a filtrare, attraverso le risposte laconiche e spesso scontrose, una sorta di saggezza che ancora stava provando a render sua. Forse fu proprio quella saggezza, dopo un po', a indurlo a raggiungere Rhydian, che si era preso un boccale di vino e si era messo in un angolo, privo della compagnia della moglie. Magari fu quella saggezza a dargli il coraggio di allungare una mano verso il gemello, nella speranza che egli cogliesse al volo il senso di tale gesto. Così avvenne e si scambiarono dunque una breve, ma carica d'intesa, stretta.

Eleadar, non ancora soddisfatto, fece risalire le dita fino al braccio del fratello, le serrò su di esso e in tal modo lo fece accostare finché non lo ebbe abbastanza vicino da abbracciarlo. Un abbraccio un po' impacciato, visto che non era solito concedersi gesti del genere, dato che per i Græber voleva dire comportarsi un po' da femminucce, ma in fin dei conti si trattava di suo fratello e non conosceva altre maniere per fargli capire quanto in realtà lo avesse liberato di un peso parlare con lui a quattrocchi e appianare per sempre le divergenze, capirsi a vicenda, solo per una volta. La vita era troppo imprevedibile e a volte breve per legarsi tutto quanto al dito e portare eterno rancore verso il prossimo. Non voleva essere quel tipo di uomo.

«Che cazzo» gemette a bassa voce, le guance bagnate da lacrime silenziose e copiose. «Ci voleva tanto a dire come stavano le cose? Sei un idiota. Io sono un idiota. Siamo tutti degli idioti, accidenti.» Lo strinse un altro po' e poi si scostò, dandogli un lieve e affettuoso pugno sulla spalla. «E ora vedi di trattar meglio tua moglie e di avere un po' di riguardo in più per lei. È una brava donna, Rhydian. Che tu la ami o meno, le devi comunque rispetto. È la madre di tuo figlio, è la futura Imperatrice... insomma roba grossa, no? Ed è una persona, proprio come te. Motivi tutti validi per farla finita di tenerle il broncio. La colpa non è tua né sua, lo sappiamo bene, ma visto che ci si può fare ben poco... beh... almeno cercate di volervi bene e di darvi una mano a vicenda, ecco. Siate gentili. Non costa niente, no?»

Rhydian si rese conto di non aver mai davvero provato a conoscere veramente Eleadar e per questo rimase di sasso davanti alle sue parole spontanee e dirette.

Β«Non Γ¨ sempliceΒ» replicΓ² rauco.

Β«Oh, andiamo! Cosa credi? Prima di innamorarmi sul serio di Danica ho dovuto prima capire che le volevo bene, Rhydian. Non esiste nΓ© in cielo nΓ© in terra che l'amore arrivi dal niente ed esploda all'improvviso senza mezza avvisaglia. Come tutto quanto al mondo i sentimenti si evolvono, crescono o diminuiscono, non restano mai fermi e di certo non aspettano nessuno. Sta' a noi restare al passo con loro, non il contrario. Non sto dicendo che tu debba amare per forza Anstasja, ma almeno prova a volerle bene e ad apprezzare la donna che Γ¨, e fidati che da apprezzare ci son parecchie cose. Tu semplicemente non le hai mai notate perchΓ© eri troppo impegnato a crogiolarti nell'autocommiserazione, sempre fermo sulle tue prese di posizioni, mai disposto ad ascoltare gli altri.Β»

Rhydian si vergognΓ² nel ricordare come aveva liquidato con indifferenza i consigli di Silas, tre anni prima. Silas aveva cercato di aiutarlo, di offrirgli una visione diversa delle cose, ma lui non aveva voluto ascoltare. Eleadar, perΓ², gli stava sottoponendo quasi le medesime argomentazioni del principe di Elgorad, solo in modo molto piΓΉ rude e concreto. Gli pareva quasi di parlare con una persona molto piΓΉ adulta di un ventunenne o forse era lui a essersi comportato per gran parte della vita come un ragazzino capriccioso disposto solo a pestare i piedi in terra e a lamentarsi, senza mai fare qualcosa per cambiare la situazione in cui era stato trascinato. Mentre aveva perso anni a fare la vittima, perΓ², si era ritrovato anche a essere un carnefice, in un certo senso, e a trattar male chi non se lo meritava, soprattutto Eleadar.

Deglutì a fatica e fece un cenno con la testa, non sapendo davvero cosa dire. Non c'era niente da dire, anzi.

Eleadar sbuffΓ². Β«Via quel broncio, biondo! Le questioni irrisolvibili sono ben altre. Hai ancora tutta una vita davanti a te per fare ammenda ed evitare di tornare a essere uno scemo pomposo.Β»

Rhydian, l'Imperatore, distolse dai due ragazzi lo sguardo, visto che fino ad ora li aveva osservati con la coda dell'occhio, un po' in ansia. Ebbe modo di notare che Godric, col quale stava parlando, a sua volta aveva studiato le mosse dei giovani Rowinster.

«Ho la netta sensazione che dietro a questo evento a dir poco miracoloso ci sia lo zampino di qualcuno di ben diverso dagli dèi. Ho ragione?» buttò lì.

Godric sorrise appena e in maniera enigmatica, sorseggiando del vino. «È plausibile» ribatté sibillino. «Oh, e in merito a ciò... sento di dover togliermi un peso con te, Rhydian» aggiunse, ora più serio.

L'altro si accigliΓ². Β«Ovvero?Β»

«Come ben sai, io e Dante abbiamo molti figli. Ebbene, né io né lui siamo mai caduti nel tranello peggiore che esista per dei genitori, ovvero di sviluppare una sorta di preferenza per un membro della prole. Li amiamo tutti, nessuno escluso, e in egual misura. Temevamo che nonostante ciò fra di loro potessero sorgere rivalità, ma così non è stato, perciò credo di avere l'autorità per darti un buon consiglio: non anteporre mai più uno dei tuoi figli ai bisogni degli altri due. Così facendo si corre solo il rischio di allontanarli tutti e di rimanere con un pugno di cenere in mano, sommersi di rimorsi e rimpianto. Non so bene come stiano davvero le cose, ma ho ascoltato la versione dei fatti di Rhydian, il figlio che si è sentito meno amato da te, e mi sono sentito in dovere di aprirgli gli occhi e fargli capire che la colpa, in certi casi, non è dei propri fratelli. Sono felice che abbia dato ascolto al mio suggerimento di parlare con franchezza con Eleadar e niente mi riempie di gioia il cuore come vedere due ragazzi come loro finalmente andare d'accordo, ma è stato spiacevole sentire Rhydian affermare che lo hai trattato per anni quasi con indifferenza. È un ragazzo eccezionale e farebbe di tutto pur di ricevere la tua approvazione. Credo che dargli una possibilità potrebbe mettere una pietra sopra il passato, ma la scelta è solo tua.»

Non aggiunse altro e si allontanΓ². Mentre raggiungeva il marito che stava conversando con Lycus e il figlio di questi, Argor, il quale pareva trovarsi un po' in soggezione, colse il sorriso e il cenno di gratitudine del giovane Rhydian. Gli sorrise a sua volta, piΓΉ sereno dopo aver visto che parlare a quattrocchi con quel ragazzo aveva dato eccezionali frutti.

Era proprio vero che a volte fosse sufficiente un po' di sinceritΓ  per far tornare le cose al loro posto.Β Β 

Le quiete campagne che abbracciavano la cittΓ  di Obyria erano immerse nella calda luce degli ultimi bagliori che precedevano il crepuscolo. Petya superΓ² il cancello dell'ordinato e chiaro steccato e come sempre non potΓ© non bearsi della vista dell'incantevole cottage in cui uno dei suoi fratelli viveva da almeno un paio d'anni.

Il suo percorso come Guaritore era durato tre anni e poi Jakov si era trasferito lì, nella capitale del Regno delle Streghe. Un posto confortevole e semplice, quel cottage, decisamente diverso dalla villa austera e ricca di Ilya o, ancora, dal piccolo appartamento di Petya situato nel centro cittadino e che raramente, per ragioni legate al suo lavoro, veniva usato. Petya era quasi sempre in giro per il mondo o per il Regno Parallelo e non solo per aiutare i Cacciatori a tenere a bada le creature magiche, ma anche per studiare quest'ultime più a fondo e poter capirle ancor più nel dettaglio.

Quel suo amore disinteressato e spassionato per esseri magici lo aveva condotto, una volta, a tenere con sé un esemplare di neossaro che altro non era che una specie ben precisa di drago a dir poco innocua e, strano ma vero, piuttosto mansueta. I neossari parevano dei serpentelli dotati di ali non proprio funzionali e probabilmente vestigiali, visto che non potevano in alcun modo permetter loro di librarsi in volo, piccole com'erano; il muso di un neossaro, però, era quello di un autentico drago occidentale in miniatura, triangolare e un po' appiattito. Quando camminavano sulla terraferma risultavano buffi e decisamente sgraziati, le loro zampette corte che procedevano e cercavano in ogni maniera di restare al passo dei movimenti serpeggianti del lungo e sottile corpo, nonché della coda appuntita. Erano capaci di vivere anche in acqua ed era lì che la goffaggine si trasformava in grazia e agilità.

Fino ad allora di esemplari se ne erano avvistati e recuperati assai pochi e questo non stupiva, visto che animali piΓΉ grandi e feroci di loro, secondo le informazioni raccolte, tendevano ad aggredirli e spesso divorarli.

Petya ne aveva salvato uno dopo averlo trovato ferito e in fin di vita nei pressi di un laghetto. Lo aveva curato e il neossaro in questione, alla fine, si era affezionato a lui ed era rimasto al suo fianco. Ormai era una tradizione per Petya portarlo con sΓ© ovunque andasse e a volte Arseny, a suo modo, sapeva rendersi assai utile, specie se si trattava di intrufolarsi in luoghi molto piccoli e stretti.

I neossari si nutrivano grosso modo di tutto ciΓ² che ritenevano essere commestibile e alla portata di creature piccole come loro, ovvero minuscoli pesci e crostacei di fiume, insetti, bacche, frutta e... beh, a volte anche carne, quando si trattava di tipetti intraprendenti e audaci. Petya si era reso conto che Arseny era ghiotto in modo particolare di ogni genere di dolciume quando lo aveva beccato a sgranocchiare beatamente un intero vaso di biscotti secchi.

Come spesso faceva, Arseny scivolΓ² fuori da sotto il soprabito del ragazzo e tramite la lingua biforcuta saggiΓ² con fare speranzoso l'aria, riconoscendo subito dove si trovavano. Jakov lo viziava sempre con ogni leccornia, visto che tutto sommato lo trovava adorabile.

Petya sorrise tra sé e bussò alla porta. Ad aprirgli, però, non fu suo fratello, bensì una donna in lacrime che neppure lo notò mentre usciva e veniva seguita fuori da quello che doveva essere suo marito. Il giovane li osservò allontanarsi con aria perplessa e turbata, poi incrociò gli occhi del gemello. Jakov sospirò. «Ciao, Petya. E-Entra, dai.» Gli aveva concesso accoglienze migliori di quella, ma non sembrava dell'umore giusto per lasciarsi andare come di consueto.

Β«Che Γ¨ successo? Chi erano?Β» chiese Petya, non potendo trattenersi.

Β«Una coppia di contadini che... uhm... volevano convincermi a fare una cosa. Ho dovuto rifiutare.Β»

Β«Ovvero?Β»

Jakov deglutì e gli fece cenno di seguirlo nella frugale e spaziosa cucina. Lo invitò a sedersi e tolse dal focolare il bollitore fumante. Un gesto veloce e due tazzine svolazzarono a mezz'aria e si posarono sul tavolo con grazia prima di esser riempite, non appena sul bordo di entrambe venne posto un filtro nel quale delle foglie di tè essiccate erano state sistemate.

Β«Che succede?Β» incalzΓ² di nuovo Petya, turbato.

Fu allora che il fratello si decise a parlare: Β«Tu sai cosa sono in grado di fare, Petya, e sai che di solito non nego i miei servigi ai casi piΓΉ disperati e che destano la mia curiositΓ , ma questo...Β»
Il Guaritore scosse la testa, affranto.

«Non poteva dire di sì, non quando si trattava di una bambina di dieci anni.»

Petya sapeva a cosa si riferiva e non capiva dove fosse il problema. Β«Ma perchΓ©? Insomma... Γ¨ una cosa buona, lo sappiamo per certo. Non Γ¨ magia nera e hai giΓ  aiutato tante famiglie!Β»

«C'è una cosa che non ho mai specificato, però. Il punto è che sono in grado di riportare indietro dalla morte le persone senza ricorrere a scambi di anime con la Mietitrice o roba simile, ma... aggiungo sempre un ultimo monito quando parlo con quelle famiglie: per quanto la persona da me riportata indietro possa essere di nuovo viva, non lo è del tutto, non dal punto di vista umano e biologico. È la magia che esercito a renderla tale, è ciò che cedo io stesso in cambio del suo ritorno a instillare in essa la fiamma vitale, ma tutti coloro che tornano non potranno mai invecchiare né morire, la loro sarà un'esistenza a metà fra il mondo dei viventi e quello dei defunti. Alcune funzioni del loro corpo vengono meno: a volte è la fertilità, altre il riflesso e bisogno puramente automatico di respirare, nessun caso è mai uguale all'altro.»

Petya finalmente capì. «Quindi... se tu avessi scelto di richiamare indietro quella bambina...»
Β«... lei sarebbe rimasta per sempre una bambina, esatto. Per quanto tale condizione potrebbe risultare ideale ad alcuni, godere per sempre dell'innocenza di spirito e tutto il resto, da piccoli si Γ¨ anche fragili e soggetti a ogni pericolo immaginabile. Si Γ¨ inermi, inadatti ad affrontare la vita da soli. Come avrei potuto condannare una ragazzina a un simile destino?Β»

Β«Beh... col tempo capiranno che non hai rifiutato per crudeltΓ , ma solo per amore del raziocinio.Β»

Β«Non so se il raziocinio possa vincere il dolore di una madre e di un padreΒ» commentΓ² demoralizzato Jakov. Β«Vorrei non avere questa dote, Petya. Non mi Γ¨ concesso di agire in modo imparziale e indiscriminato, sono sempre costretto a scremare i casi e a dire di no a molte persone. A cosa serve un dono come questo se non posso usarlo per aiutare tutti quanti?Β»

Petya esitΓ². Β«Non credo sia possibile aiutare il mondo intero, Jasha. Solo Dio puΓ² tanto, temo.Β»

Β«Parli come lo zio. Anche lui confidava in Dio.Β»

Β«E tu no?Β»

«Preferisco basarmi su aiuti più concreti e reali. Non giudicarmi severamente, ma reputo le Sacre Scritture una mera opera di fantasia e come ben sai preferisco i fatti verificabili e plausibili.» Il maggiore dei gemelli sorseggiò il proprio tè. «Basta parlare di cose tristi, su. Com'è che hai la pelle più scura rispetto all'ultima volta che ti ho visto?»

Petya sorrise di sbieco. Β«Credici o meno, ma in questi ultimi cinque mesi sono stato in Egitto per aiutare alcuni membri dell'Ordine a catturare e reinsediare in una riserva di Obyria una Sfinge. Non Γ¨ stato semplice, credimi. Parlano la lingua degli umani, Γ¨ vero, ma in rima e tu devi per forza imitarle perchΓ© ti stiano a sentire. Stavo per uscirne matto a furia di scavare nella mente alla ricerca di una rima dopo l'altra!Β»

Jakov sghignazzΓ². Β«Posso immaginare.Β»

Β«Il lato positivo Γ¨ che Arseny ha scoperto una nuova leccornia: i datteri. Ne ha mangiati a dozzine.Β» Petya spiegΓ² al fratello cosa fossero i datteri mentre il neossaro scivolava goffamente sopra il tavolo e con una delle corte e storte zampe artigliate arraffava un biscotto allo zenzero, per poi tornare sulla spalla del padrone e sgranocchiare con gusto la refurtiva.

Dopo un po', il discorso cambiΓ² e Petya chiese al fratello come stesse Ilya.

Jasha si strinse nelle spalle. Β«Tronfio e impegnato come al solito. Oh, nostra cognata Γ¨ incinta per la quarta volta. Lo hanno scoperto un paio di settimane fa. Sono peggio di una coppia di conigli quei due, parola mia!Β» Era risaputo che Jakov non fosse l'uomo piΓΉ tollerante nei confronti dei marmocchi. Li reputava a dir poco rumorosi e caotici, nonchΓ© sempre piΓΉ viziati con l'andare delle generazioni, ma, per quel che aveva potuto vedere Petya, fino a prova contraria adorava i nipotini. Petya, purtroppo, non aveva molto tempo per far loro visita e li conosceva in modo superficiale, ma era in rapporti molto cordiali con la cognata, Judith. Una brava donna che aveva saputo mettere metaforicamente le briglie a Ilya, cosa che di per sΓ© la rendeva straordinaria.

Β«Ilya ne Γ¨ felice?Β» domandΓ² a Jakov.

«Sì, almeno da ciò che ho potuto constatare.»

Β«Mhm. Tu, piuttosto?Β»

Β«Cosa?Β»

«Beh... lo sai. Hai conosciuto qualcuno o pensi sempre al lavoro come il sottoscritto?» Petya a sua volta si versò in gola una calda e ristoratrice sorsata di tè. A giudicare dal sapore, Jakov doveva aver usato delle foglie provenienti dai tre piccoli barattoli che lui stesso gli aveva regalato dopo esser tornato dalla Cina.

Il Guaritore si strinse nelle spalle. Β«Non ho tempo per certe cose, lo sai, e comunque... non lo so, non mi interessano nemmeno.Β»

«Non intendevo necessariamente una compagnia romantica. Non ti sei fatto neppure un amico da quando ti sei trasferito qui?» Petya sapeva di non essere esattamente il miglior candidato per fare la predica a suo fratello, visto e considerato che lui stesso, fra un impegno e l'altro, non trovava mai l'occasione giusta per socializzare e conoscer meglio qualcuno, fare amicizia e così via, ma lo preoccupava che Jakov avesse una spiccata tendenza a estraniarsi da tutti e a condurre un'esistenza solitaria. Non v'era alcun particolare motivo per cui un uomo come lui non avrebbe potuto legare con il prossimo: era una brava persona, aveva sempre qualcosa di interessante da dire e per quanto abile nell'attività che svolgeva, mai una volta lo si era sentito a pavoneggiarsi.

Jasha sospirΓ². Β«Sto bene come sto, davveroΒ» assicurΓ² sincero mentre lanciava al volo un altro biscotto allo zenzero ad Arseny, il quale lo afferrΓ² con gli artigli e lo sgranocchiΓ² avidamente.

Trascorse un po' di silenzio, poi Petya chiese, serio: «Poco dopo che sono tornato dall'Egitto ho sentito le ultime novità. È vero?»

L'altro annuì con gravità. «Oh, sì. Beh, c'era da aspettarselo, no? Non poteva durare ancora a lungo e Reida dice che è già tanto che suo fratello sia riuscito a sopravvivere per così tanti anni.»

Β«Povero ArianΒ» fece il minore, abbattuto. Β«Dici che qualcun altro prenderΓ  il suo posto come Imperatore?Β»

Β«Non saprei. Credo che sua sorella, almeno per ora, continuerΓ  a regnare da sola. Corre voce, perΓ², che non voglia designare suo figlio come erede al trono. Pare che preferirebbe cercare altrove il prossimo Imperatore di Obyria e d'altronde tutti sanno che Alan non ha mai mostrato interesse alcuno nel governare. Ha scelto un'esistenza semplice e tranquilla. Onestamente ha tutta la mia comprensione.Β»

Β«Forse hai ragione. Non Γ¨ sempre un vantaggio trovarsi in cima alla piramide sociale. Credo che a un certo punto si arrivi a non fidarsi piΓΉ di nessuno. PiΓΉ accumuli potere e maggiore sarΓ  il numero di persone che vorrebbero vederti crollare.Β»

Β«E a proposito di posizioni di potere, Richard Γ¨ diventato il nuovo preside della scuola.Β»

Petya quasi si strozzò con il tè. «Cosa?» gracchiò tra i colpi di tosse. «Vuoi scherzare?»

Β«Non scherzo affatto. Oh, non fare quella faccia, dai! Solo perchΓ© a te e a Ilya non garbava, non significa che fosse un pessimo insegnante. Io lo trovavo geniale!Β»

Β«Parli facile, tu. Ogni singolo professore ti ha sempre preso in simpatia.Β»

Β«Devi ammettere che non sia stata una mossa sveglia sostituire il suo calice di sangue mattutino con del succo di pomodoro.Β»

Β«L'idea fu di Ilya, non mia!Β»

«Però tu eri lì e gli hai dato corda.»

Β«Mi aveva messo in punizione e solo perchΓ© ho reagito alle provocazioni di alcuni idioti che mi tormentavano! Era autodifesa e questo arriva e sentenzia che la colpa era tutta mia!Β»

Β«Ammetti che lo avevi preso in odio per via del votaccio che una volta ti affibbiΓ²Β» continuΓ² implacabile Jasha, divertito come non mai. Β«Com'Γ¨ che rispondesti alla sua domanda sulla differenza tra malocchi e maledizioni?Β»

Petya diventΓ² rosso come una fragola e non replicΓ².

Β«'Per il malocchio devi guardare la gente e per le maledizioni devi parlare'Β» recitΓ² Jakov sghignazzando. Β«Ma come ti venne in mente?Β»

Β«Beh, Γ¨ vero!Β»

«Sì, ma non detto in quel modo!»

In quell'occasione il professor Esper aveva squadrato Petya con aria di insopportabile e superba sufficienza mista a una punta di scherno, poi aveva imitato la frase dello studente e aveva aggiunto, sarcastico, che fosse una vera soddisfazione vedere come tanti anni di scuola e studi non fossero andati sprecati. Petya si era schiacciato sul proprio banco con tutta l'intenzione di sparire nel legno, rosso per l'umiliazione e per la stizza.

Lui e quell'insegnante, sin da subito, semplicemente non avevano potuto crepare di vedersi ed era ovvio che Richard lo avesse considerato dal primo all'ultimo istante un ragazzo arrogante, sfacciato e sfaticato.

Paradossalmente era proprio stata quella situazione, insieme agli sproni continui di Reida, ad averlo incoraggiato a tirar fuori la grinta e a impegnarsi, ma Petya mai avrebbe ammesso apertamente che anche l'atteggiamento inflessibile e talvolta perfido di Richard avesse infine dato frutti non poi così amari. Era pura questione di principio e orgoglio.

Era comunque assurdo che Esper fosse stato nominato come nuovo preside di quell'istituto. Per gli studenti di quell'anno la musica doveva esser cambiata parecchio.

Β«Quella vecchia sanguisuga farΓ  sgobbare come muli tutti quanti, immaginoΒ» sentenziΓ² con una punta di livore.

Β«In realtΓ , almeno per ora, sembra stia seguendo le orme della sorella. Tutto sommato nessuno ha avuto modo di lamentarsi di lui.Β»

«È tutta una finta.»

Il Guaritore soffocΓ² una risata. Β«Oh, andiamo! Non puoi dargli un po' di tregua?Β»

Β«Lui a me non l'ha mai data, perciΓ² no.Β»

Un attimo dopo udirono bussare alla porta d'ingresso. Quando Jakov tornò, dopo esser andato ad aprire, si scusò con il fratello e gli disse di dover recarsi a casa di una famiglia per una visita d'emergenza. Capendo la solfa, Petya lo salutò e insieme a lui uscì dalla casa, per poi osservare il gemello allontanarsi in fretta in compagnia di un uomo.

Ormai la notte era alle porte quando il giovane Esploratore rimontΓ² a cavallo e lo spronΓ² alla volta della cittΓ  per tornare a casa e riposare prima di partire per una nuova avventura.

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