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Β«Ne sei sicuro?Β»
Godric sollevò lo sguardo su re Ivan e annuì gravemente. «Sì, maestà . Purtroppo... purtroppo è la verità .»
Il re del Nord e quello dell'Ovest si scambiarono un'occhiata tesa, anche se entrambi se l'erano aspettato.
Β«Che ne Γ¨ stato di Fingal?Β» domandΓ² Dante, anche se in tutta franchezza, visto e considerato che aveva avvertito a piΓΉ riprese quell'incosciente, non gli importava poi tanto se fosse rimasto ucciso o fosse stato risparmiato.
Lord Reghsar deglutì. «Dicono... dicono che sia morto, proprio come suo figlio, e Vreha è stata rasa completamente al suolo. Non restano che fumanti rovine. Iago non ha mostrato alcuna pietà per nessuno, neppure per i neonati. Dicono che persino loro siano stati strappati dalle braccia delle madri e scaraventati tutti giù dalle torri più alte.» Il Sud era stato conquistato, visto che non c'era più nessuno a difenderlo né a rivendicarne il governo. «I-Io... io inizio a pensare che potremmo non riuscire a battere Iago.»
Β«E quale alternativa avremmo?Β» gli chiese duramente Ivan. Β«Arrenderci? Suicidarci tutti per sfuggire a una sorte forse peggiore?Β»
Dante cercΓ² di mordersi la lingua in tempo, ma alla fine, schiarendosi la voce, scelse di tentare: Β«Oppure potremmo chiedere una tregua, parlare faccia a faccia con Iago e cercare un punto d'incontro su cui gettare le basi per... beh, potremmo provare almeno con un armistizio. Sarebbe un inizio.Β»
I suoi due interlocutori lo fissarono a bocca aperta. Β«Chiedo scusa?Β» sussurrΓ² Ivan, scosso. Β«Io... perdonatemi, ma penso... penso di aver udito male! Avete appena proposto un armistizio, dopo che quell'uomo ha eseguito l'ennesimo massacro su chissΓ quanti innocenti? Dovete essere impazzito!Β»
Β«Dante, come puoi proporre una cosa simile? Hai visto cos'ha fatto Iago a Vreha? A dei bambini innocenti? Vorresti voler ragionare con un mostro del genere?Β»
Β«Proprio per questo, forse, dovremmo riflettere bene sulla prossima mossa da fareΒ» lo rimbeccΓ² Dante. Β«Quanti altri uomini, del Nord e dell'Ovest, dovranno ancora morire prima che questa guerra veda una conclusione? Quanto altro sangue siete disposti a versare, esattamente? Sono l'unico a esser stanco di vedere i miei compagni venire massacrati? Un armistizio concederebbe ad ambo le parti un periodo di tregua per piangere i caduti, praticare i riti funebri come si deve e riposare! Magari persino riflettere e giungere alla consapevolezza che faremmo meglio a porre fine a tutto e a cercare di andare tutti d'accordo! La morte Γ¨ ovunque, la si avverte persino nell'aria, la vedo da tutte le parti! Γ mai possibile che voi vediate cose diverse da quelle che vedo io? Soltanto io non reggo piΓΉ allo strazio di sentire le vedove, le madri e gli orfani piangere per le persone che non vedranno tornare mai dal fronte?Β»
Ivan era ovviamente furioso. Β«Scegliete con molta cura le vostre prossime parole, Evergard, o potrei non rispondere delle mie azioniΒ» sibilΓ². Β«Osate proporre di battere in ritirata proprio ora che siamo in ballo e non possiamo piΓΉ tornare indietro? Quale messaggio daremmo alle nostre genti? Che siamo deboli e non siamo stati in grado di contrastare l'avanzata di un sadico venuto dal niente con la presunzione di voler governarci tutti a bacchetta?Β»
Β«Io combatto per la pace, re Ivan. Lo faccio da ormai tre lunghi anni. Se c'Γ¨ anche la remota possibilitΓ di ottenerla, mi chiedo perchΓ© dovremmo avere piΓΉ a cuore la nostra reputazione rispetto alla vita dei nostri popoli.Β»
Non gli andava a genio che si parlasse di Petya come di un mostro, quando non sapevano neppure con certezza cosa fosse accaduto o meno a Vreha. Magari alcuni dettagli erano semplici esagerazioni, e comunque la guerra l'avevano voluta per forza loro. Erano tre anni che andava avanti e in tre anni non si era arrivato a un bel niente, se non a guerriglie e battaglie continue, sangue sparso per le strade e un accumulo sempre maggiore di risentimento e odio.
Di quel passo nessuno di loro, Petya compreso, avrebbe governato piΓΉ su niente, a parte una montagna di scheletri e cenere.
SospirΓ². Β«Io voglio la pace e non sono piΓΉ disposto ad attendere oltre. Non rimarrΓ² a guardare mentre la nostra ultima possibilitΓ di salvare il salvabile viene ridotta in frantumi per una semplice questione di principio e di orgoglio.Β» Sarebbe andato lui stesso da Petya per proporre l'armistizio e, magari, intavolare un discorso per favorire la resa di entrambi gli eserciti ed evitare l'ennesima mattanza. Non c'era altra strada, ormai erano alle strette e la cittΓ capitale del Nord, insieme a poche altre province del regno, opponeva una resistenza che non poteva sperare di far andare avanti ancora per molto. Si chiedeva se Ivan si fosse recato, ultimamente, in cittΓ . Si domandava se avesse visto la gente comune morire di fame per strada, orfani lasciati a se stessi e madri che erano state costrette dai problemi finanziari a vendere se stesse in cambio di poche monete a malapena sufficienti a sfamare i propri figli. All'orizzonte vedeva solo la sconfitta e nessuna gloria. Le persone stavano morendo di stenti e a re Ivan importava solo di tenersi stretto il trono, nient'altro.
GuardΓ² Reghsar. Β«Godric, dimmi che almeno tu sei d'accordo con me.Β» Non lo stava implorando di dargli ragione, ma di ammettere un semplice dato di fatto. Gli stava suggerendo di usare il cervello come sempre aveva fatto in passato. Β«Hai il potere di fermare tutto questo, Godric. Ti prego... ti prego, ascolta il buonsenso.Β»
Eppure Godric, per la prima volta, sembrava in palese disaccordo con lui. Lo guardava quasi con astio, come se non lo riconoscesse più e non tollerasse, attualmente, neppure la sua vista. «Qui sei tu a mancare di buonsenso, Dante. Non so cosa ti sia successo in questi tre anni, ma la persona che conoscevo e stimavo non avrebbe mai parlato così. Mai si sarebbe arresa. Avrebbe combattuto fino alla fine, fino alla morte! Non sarò mai d'accordo con te quando ci stai proponendo di consegnarci a quel bastardo senza neanche provare a lottare!» replicò aggressivo, come se alla fine fosse esploso dopo essersi tenuto dentro a lungo tutto. «Preferisco morire anziché infangare il nome della mia famiglia! Nessun Reghsar sarà mai alla mercé di un simile farabutto! Già una volta ci venne sottratto l'onore, ogni cosa, e prima della mia nascita i Reghsar vennero persino esiliati! Non sarò l'artefice della rovina del mio casato!»
Dante sorrise debolmente e in maniera compassionevole. Β«E poi sono io a essere irriconoscibile, vero?Β»
«Sì, infatti!»
«Allora credo proprio che io non abbia mai conosciuto davvero te e tu non abbia mai realmente conosciuto me, e se le cose stanno veramente così, beh... forse non abbiamo più niente da dirci» concluse Evergard.
Godric lo squadrΓ², furioso e ferito. Β«Come osi definirti ancora Dante Evergard? L'uomo che sto guardando non merita di portare il suo nomeΒ» sibilΓ². Β«L'uomo che una volta conoscevo avrebbe provveduto da solo a far scempio di una persona che da tre anni semina morte e distruzione ovunque vada. Avrebbe ucciso Iago tre anni fa, quando lo aveva a un centimetro e non doveva far altro che far scorrere la lama sulla sua gola!Β»
Β«Ti ricordoΒ», disse lentamente l'altro, ora minaccioso, Β«che avevo molte ragioni per non dar ascolto alla rabbia.Β»
Β«E io ti ricordo che eri tu, una volta, a dire che i compromessi siano purtroppo inevitabili.Β»
«à un crimine cambiare opinione, dunque?»
Β«Nel tuo caso, Dante, Γ¨ a dir poco una bestemmia.Β» Godric si avvicinΓ² e abbassΓ² la voce. Β«Tu hai qualcosa che non va da tre anni. Mi hanno detto che spesso te ne vai e sparisci per ore, senza che nessuno sia in grado di rintracciarti, e se scopro che stai agendo alle mie spalle, Dante, sarΓ² io stesso a punirti come si deve. Γ chiaro?Β»
Lo sapeva che nascondeva e tramava qualcosa, sapeva che non la raccontava giusta e giΓ aveva provato a parlarne con lui a piΓΉ riprese, ma era sempre stato liquidato alla stregua di un paranoico che stava andando incontro, semplicemente, a un crollo nervoso.
Il sovrano dell'Ovest lo agguantΓ² per un braccio e in malo modo lo trascinΓ² fuori dalla sala dei concili del castello di Vyrenis. Una volta che ebbe chiuso le porte dietro di sΓ© e condotto entrambi in corridoio, si decise a mettere in chiaro un paio di cose: Β«Ti ho ceduto il comando sulle mie milizie e concesso di avere autoritΓ persino su di me, Godric, ma inizio a credere che tu ti sia montato un po' troppo la testa per pensare che ti avrei permesso di trattarmi come poco fa davanti a un mio pari! CiΓ² che concedo sono libero e perfettamente capace di riprendermelo, quando capisco di aver commesso solo un madornale errore! Non osare mai piΓΉ dimenticare chi sono e parlarmi come se fossi un soldato semplice qualsiasi!Β»
Forse aveva ragione Petya a dire che permetteva a Godric di passarla liscia fin troppe volte. Magari davvero avrebbe dovuto dargli una lezione coi fiocchi, un giorno o l'altro, e forse quel giorno era piΓΉ vicino di quanto pensasse.
Reghsar non arretrΓ² e sostenne il suo sguardo senza timore. Β«Sai cosa si suol dire in casi come il tuo? Che un vero re non ha bisogno di ricordarlo costantemente al prossimo e di strepitare, quando Γ¨ veramente tale. A quanto pare tu non lo sei, in fin dei conti.Β»
Quasi immediatamente dopo quelle parole avvenne una cosa mai accaduta prima, una cosa che lasciò di sasso Godric solo la metà di quanto riuscì a ferirlo: senza replicare né fare altro, Dante gli tirò un ceffone e per poco non gli fece perdere l'equilibrio. Riuscì a riprendersi in tempo e a sorreggersi alla parete di pietra alle proprie spalle e si tenne il punto colpito, gli occhi sbarrati e lucidi. Nel frattempo cercava di metabolizzare cos'era appena successo e con chi, di realizzare che Dante, che mai era stato una persona violenta persino durante una discussione accesa o un'autentica lite, lo aveva picchiato. Era quello a far male, non lo schiaffo in sé per sé.
Β«Che ti serva da lezioneΒ» sibilΓ² Evergard, squadrandolo con alterigia. Β«Forse il tuo vero problema Γ¨ che non ne hai mai ricevuto nessuno fino ad ora. Se non altro ti sarebbe entrato in testa che quando manchi di rispetto a qualcuno, Godric Reghsar, poi ci sono sempre delle conseguenze da affrontare. Sono abbastanza re, adesso?Β»
In parte pareva starci giΓ male per primo, ma non abbastanza da chiedere scusa, da ammettere che da diverso tempo era cambiato in modo impressionante e quell'azione che aveva appena compiuto ne era la prova.
Il padre di Godric aveva una volta affermato che durante una discussione soltanto le persone con la coscienza macchiata dalla colpa e sporca o i codardi ricorrevano alla violenza per zittire i propri oppositori. Lo facevano perchΓ© avevano a loro volta paura, perchΓ© non erano sereni e sapevano che qualcosa di abbastanza forte e chiaro come uno schiaffo bastava e avanzava per far terminare la lite a modo loro, per difendere le azioni che cercavano di seppellire e celare.
Tre anni prima Dante gli aveva detto di star lottando contro dei demoni di molteplice natura, demoni che gli toglievano il sonno e lo seducevano, e Godric non poteva che chiedersi se per caso quei demoni, alla fine, avessero vinto.
Non ne aveva idea e aveva paura a chiedere. Temeva il dubbio, ma ancora di piΓΉ la possibilitΓ di una risposta che non avrebbe gradito.
Β«N-Non volevo...Β» mormorΓ² mortificato, provando a salvare quel poco che ormai era rimasto da salvare. Β«Ho scelto male le mie parole, scusami.Β»
Dante, perΓ², lo guardΓ² con maggiore durezza che pareva sconfinare con una sterile indifferenza. Che cosa ne era stato del calore affettuoso che una volta era sempre stato visibile e cristallino in quegli occhi un tempo magnifici e ora crudeli? Che fosse sempre stato in quel modo, in realtΓ , e lui non avesse fatto altro che costruire di lui un'opinione idealizzata? Che Fingal avesse detto il vero, tre anni prima, quando aveva affermato che Evergard fosse in realtΓ una bestia di cui non ci si poteva fidare?
«Ormai le tue scuse non valgono più un accidenti. Sei come il ladro, Godric: rubi, vieni catturato e dietro alle sbarre piangi e chiedi perdono, solo per poi tornare a fare quello che sai fare meglio una volta rimesso in libertà . A Elgorad, piuttosto, i ladri li facciamo impiccare in modo che non possano più nuocere alle proprietà altrui. Fossi in te mediterei su queste parole e rimarrei al mio posto, sempre che tu non voglia fare un'approfondita conoscenza del mio lato veramente bestiale.» A sorpresa il re agguantò per gli abiti il giovane Lord e lo forzò alla parete. «Mi devi... rispetto... è chiaro?» scandì, lasciandolo subito dopo andare con un mezzo spintone che non fece altro che sottolineare ciò che da un po' di tempo lo consumava, ovvero il pensiero che iniziasse a non provare più un bel niente per Godric, se non crescente fastidio e rabbia.
Aveva provato a ragionare con lui e a mantenere dei toni pacati, a fargli capire che quella guerra li avrebbe distrutti tutti, nessuno escluso, e aveva ottenuto solo l'ennesimo sputo in faccia.
Era stufo di subire in silenzio, di farsi criticare e addirittura minacciare da un ragazzino presuntuoso che gli aveva solo confuso le idee.
Ho fatto bene a non sposarti e a restarmene zitto. Mi avresti solo reso la vita un inferno piΓΉ di quanto tu non stia giΓ facendo.
Neppure pensava piΓΉ, oramai, alla remota possibilitΓ che diversi anni prima la sua proposta sarebbe potuta persino esser stata accettata. Non gli interessava, anzi quasi ci rideva sopra. Rideva della propria ingenuitΓ e di quanto fosse stato vicino a commettere un errore gigantesco.
Gli aveva impedito di fottergli l'ultimo angolo di cervello rimasto ancora libero dal suo giogo pressochΓ© totale e a quel punto ne andava fiero come non mai.
Mi avresti reso solamente il tuo cagnolino e persino convinto ad abbaiare come un cane, se solo tu ne avessi avuto la possibilitΓ .
Probabilmente era stato un miracolo voluto dal cielo che fosse arrivato Petya a schiarirgli le idee e a fargli capire che non poteva andare avanti in quel modo e doveva liberarsi una volta per tutte da sentimenti che si erano rivelati un'atroce zavorra capace di farlo affondare.
Godric tremava nella sua presa ferrea, lo sentiva singhiozzare, avvertiva il suo respiro, il cuore che batteva freneticamente, di certo per la paura, come quello di una lepre fra le grinfie del cacciatore. In passato una cosa del genere gli avrebbe fatto disprezzare se stesso, ma era acqua passata e comunque era stato Reghsar ad andare a cercarsela.
Nei recessi piΓΉ profondi dell'animo di Dante c'era quel qualcosa di sibilante, nero come la pece, che avanzava sempre di piΓΉ e gli sussurrava di dare a Reghsar una ragione valida per piagnucolare, di ignorare la ragione e la parte di lui ancora immacolata che invece gli urlava di fermarsi e piuttosto di farsi un esame di coscienza. Gli gridava di lasciar andare immediatamente Godric e chiedergli almeno scusa, proprio come minuti prima gli aveva imposto di non azzardarsi a tirare quel ceffone al ragazzo e di ricordare quanto egli fosse per lui importante e al di sopra di chiunque altro, speciale.
Gridava ancora questo e tanto altro, ma Dante era stanco di star a sentire la coscienza. Forse stanco di essere buono quando era palese che non facesse alcuna differenza.
Quanto conveniva essere degli agnelli in un mondo di lupi?
Alla fine Godric non ce la fece piΓΉ e serrΓ² le palpebre. Β«T-Ti prego, bastaΒ» singhiozzΓ². Β«H-Ho paura!Β»
Quelle parole, per giunta pronunciate a quel modo, ebbero lo stesso effetto di una mano che dal nulla si era messa di fronte agli occhi del re e aveva schioccato le dita. Anzi, furono come un colpo di frusta sulla schiena, come uno schiaffo di quelli capaci di far rinsavire chiunque.
Una secchiata di acqua gelida in faccia e tale paragone si fece strada in quell'oscura foresta di pensieri rancorosi e lo pose dinanzi a un ricordo ben preciso: sangue viscido e freddo che gli colava sul viso e gli macchiava gli abiti, i capelli, ogni centimetro del corpo; un vano tentativo di rialzarsi dopo essere caduto, risate attorno a lui; tutti che ridevano come bastardi, a parte una persona. RicordΓ² la sagoma bianco-cerulea che si era avvicinata a lui, si era chinata e aveva provato ad aiutarlo a tornare su; lo aveva difeso dalla crudeltΓ che li circondava, era stato buono quando il resto dei presenti aveva solo mostrato indifferenza e cattiveria.
Per tanti anni aveva beneficiato del candore e del tiepido calore di quella sagoma lucente e pura in un mondo che per lui era sempre stato dominato dalle tenebre e dall'incertezza. Aveva seguito quella luce come un bambino avrebbe inseguito un fuoco fatuo nel cuore di una foresta, l'aveva protetta e amata, cercato di renderla piΓΉ abbagliante che mai con la costante paura che potesse spegnersi o corrompersi.
Luce...
Sentì il cuore sussultare nel petto e venne assalito da una sensazione orribile e soffocante, come se fosse rimasto troppo a lungo sott'acqua e fosse riuscito infine a riemergere, seppur con grande fatica. Appena provò a riordinare le idee, ricordi blandi e terribili lo aggredirono come un branco di lupi affamati. Ricordi di pensieri oscuri e malevoli, crudeli e originati da un'ira che non aveva mai realizzato fosse annidata dentro il suo animo, e azioni ancora peggiori dei pensieri, azioni che stava rimpiangendo, maledicendo e odiando con tutto se stesso.
Ora era lui a essere spaventato. Era terrorizzato da se stesso, da cosa aveva fatto e a chi, da cosa avrebbe ancora potuto fare se la ragione avesse scelto di abbandonarlo fino in fondo.
LasciΓ² andare immediatamente Godric e fece un passo indietro. Si passΓ² una mano fra i capelli e la fermΓ² poi su una tempia.
Che cosa gli era successo? Che stava facendo? Come era potuto scendere così in basso? Cosa stava diventando e perché?
Β«Dante?Β» tentΓ² flebilmente Godric, consapevole che qualcosa non andava, come se qualcun altro fino a istanti prima avesse pilotato le azioni del re. Se ne era accorto anche lui quando aveva visto i suoi occhi diventare da azzurri a neri per una frazione di secondi, di un nero ancora piΓΉ intenso di quello comunemente attribuito alla loro specie. Un nero vuoto, freddo e sconosciuto. ProvΓ² invano ad allungare una mano e a stringergli una spalla; Evergard si scostΓ² subito e sollevΓ² le proprie di mani per fargli capire di non avvicinarsi, che doveva restargli lontano. Doveva farlo perchΓ© lui, invece, aveva infine capito cosa gli stava succedendo. Lo aveva temuto per anni e anni, per tutta la propria esistenza. Tutti lo avevano temuto e stava purtroppo accadendo. Quella sorte annunciata lo stava raggiungendo, ma non gli importava. Come poteva fregargliene qualcosa quando aveva appena fatto del male a Godric, all'ultima persona che avrebbe meritato di esser trattata a quel modo?
Come avrebbe fatto a tornare infine a casa, da Neera e da Yvaine, sapendo di portare ormai il marchio delle Tenebre, di aver ceduto alla loro influenza? Come avrebbe fatto a governare il proprio regno, se neppure si rendeva conto di cosa faceva?
Arretrò ancora, di nuovo, lo fece finché non resse oltre e si allontanò in fretta, corse per i corridoi e giunto alla stanza che gli era stata concessa durante la permanenza lì, entrò e si barricò dentro.
SobbalzΓ² e si allontanΓ² dalla porta appena oltre di essa bussarono e la voce di Godric gli implorΓ² di aprire, di spiegargli cosa stesse accadendo, di parlarne.
A cosa poteva servire, ormai, parlarne? Non c'era via di ritorno nΓ© scappatoia, e piΓΉ ci pensava piΓΉ si convinceva che avrebbe rischiato solo di far danni se fosse tornato a Elgorad. Ne stava giΓ facendo abbastanza al fronte, figurarsi laggiΓΉ.
Cosa lo tormentava maggiormente, perΓ², era quanto accaduto con Godric poco fa. E se fosse successo, in seguito, anche con Petya? Con chiunque altro?
Lo sguardo gli cadde sulla scrivania dove aveva lasciato la spada custodita nel fodero prima di raggiungere re Ivan e Godric nella sala dei concili.
Magari... magari un modo per evitare altri danni c'era. Non doveva fare altro che raccogliere il coraggio e fare l'unica cosa rimasta da fare per non permettere all'oscuritΓ di avere la meglio fino in fondo. Bastava solo stringere in mano l'elsa e il gioco era fatto. Un solo affondo e tutto sarebbe finito: la guerra, i tormenti vari, la paura, il disprezzo per se stesso e il dolore.
Avrebbe messo fine a tutto quanto e tolto di mezzo qualcosa che forse, in futuro, sarebbe stata una minaccia.
Fallo e basta, si disse. Sei giΓ negli inferi, non lo vedi? Quanto peggio credi possa essere la vita dopo la morte, se confrontata con questo strazio?
Non voleva morire, si era sempre aggrappato alla vita, ma quale altra scelta aveva? Era solo questione di tempo, lo sapeva bene.
Si avvicinΓ² esitante al mobile e allungΓ² il braccio, afferrΓ² l'elsa della spada ed estrasse quest'ultima dal fodero.
Fallo, prima di far del male a qualcun altro.
βStaranno tutti meglio una volta che sarai morto. Γ la veritΓ , lo sai bene."
Quella voce fredda e strana lo terrorizzava, ma diceva il vero. La sola libertΓ cui potesse aspirare non l'avrebbe mai trovata fintanto che il suo cuore avesse continuato a battere. Ne odiava il suono piΓΉ che mai, odiava sentirlo rimbombare nei timpani, vibrare ad ogni percossa dei sensi di colpa.
Non voleva piΓΉ sentirlo. Lo aveva tollerato abbastanza, per una vita intera.
Con le mani che non smettevano di tremare capovolse la lama e la diresse verso se stesso; si impose di spingerla a fondo nel petto immediatamente, di farla finita e arrendersi.
ProvΓ² a ignorare Godric che continuava a pregarlo di aprire la porta e gli chiedeva cosa stesse facendo. Doveva aver sentito il suono della spada che veniva sguainata, lo suggeriva il tono di voce sempre piΓΉ allarmato e disperato.
Β«Dante, aprimi o entrerΓ² con la forza!Β»
Evergard serrΓ² gli occhi e cercΓ² di non pensare piΓΉ a niente, come quando bisognava tuffarsi da una scogliera e si aveva paura dell'impatto con l'acqua. Un altro passo ed era fatta.
βFallo prima che entri e ti veda cosΓ¬. Vuoi davvero fargli piΓΉ male di quanto tu giΓ non gliene abbia fatto?Β "
Fece un respiro profondo e si preparΓ² all'incontro con la lama. La spinse con decisione verso di sΓ©, dritta al cuore.
Β«NON FARLO, TI PREGO, NO!Β»
Dei passi veloci. Due mani afferrarono all'ultimo la lama, infischiandosene dei tagli che si procurarono e del sangue che subito iniziΓ² a sgorgare dalle ferite, a gocciolare sull'assito.
Godric non osΓ² allentare la presa nΓ© muoversi di un millimetro. Un solo movimento brusco o persino lieve e la punta della spada avrebbe trafitto subito Dante. Un secondo in piΓΉ e forse sarebbe stato troppo tardi.
Il giovane Lord piangeva, ma si sforzava di non tremare neppure. Aveva il respiro corto e stava rivivendo all'infinito i brevi secondi in cui aveva visto Evergard a un passo dall'uccidersi.
Β«Molla la presa!Β» lo implorΓ² Dante, ormai al limite della disperazione.
Godric, se solo non si fosse trovato a dover fermare la traiettoria della spada, volentieri lo avrebbe preso a calci. I suoi occhi color malva saettarono sull'altro Efialte, furiosi. «E poi cosa?! Me ne sto a guardare mentre ti ammazzi?!» sbottò tra i singhiozzi. Vedere che Dante stava piangendo proprio come lui non faceva che farlo stare peggio che mai. Un teso silenzio si espanse fra di loro per minuti che parvero dolorosamente eterni. Tutto ciò che una persona avrebbe potuto udire, passando per di lì, sarebbe stato solamente il suono del pianto di due uomini sull'orlo del precipizio.
Hai talmente paura di cadere da preferire la morte?
Godric, vedendo l'altro perdere appena un poco la presa sulla spada, gliela sfilò di mano e la fece cadere sul pavimento, accanto a loro. Si avvicinò cautamente e malgrado avesse le mani grondanti sangue e doloranti, ciò non gli impedì di allungare tutte e due verso Dante e prendergli il viso fra di esse. Voleva che lo guardasse e non desse più ascolto a ciò che invece lo induceva ad avvicinarsi sempre di più al baratro. Doveva restare lì, con lui, non altrove, in quella landa desolata, buia e fredda dove lui non avrebbe potuto fare più niente per aiutarlo, dove non aveva il potere sufficiente a salvarlo dalle Tenebre.
Non aveva mai visto di persona qualcuno venir consumato dall'OscuritΓ fin quasi al punto di non ritorno, ma non negava di provare ancora un po' di paura nei confronti di Evergard, anche se ammetterlo era orribile. Solo minuti prima aveva visto il suo lato piΓΉ tenebroso e nascosto, quello che tutti avevano dentro e al quale cercavano di non far mai prendere il sopravvento; piΓΉ era il dolore accumulato e patito, perΓ², e piΓΉ era difficile non dar ascolto alle Tenebre. Convincevano le persone che non avessero alcuna via di uscita e offrivano loro una via di fuga alternativa, la promessa che tutta la sofferenza sarebbe stata messa a tacere per sempre.
Erano seducenti e crudeli, divoravano il malcapitato dall'interno e lo spingevano a compiere azioni che in circostanze normali mai avrebbe commesso.
Dante era sempre stato buono con lui, persino paziente, in un certo senso, ma all'improvviso era trasfigurato. Era orribile vedere le Tenebre all'opera.
Β«V-Va tutto beneΒ» gli disse, ben attento a mantenere un tono di voce calmo e sufficientemente basso. Una cosa che aveva imparato sulla propria pelle era che il piΓΉ delle volte, quando un uomo piangeva, spesso era come se tornasse bambino, egualmente fragile, esposto e privo di difese o filtri. Con un bambino bisognava restare calmi e mostrargli vicinanza, affetto e protezione, fargli capire che era al sicuro e niente era impossibile da risolvere. Β«Non Γ¨ successo niente e se sei preoccupato per cos'Γ¨ accaduto prima, beh... basta guardarmi, no? Sono ancora intero.Β» Non gli importava se fosse giusto o sbagliato amare ancora una persona dopo esser stato trattato a quel modo. Le persone che soffrivano, spesso e volentieri, reagivano in modo aggressivo, attaccavano perchΓ© non vedevano altra maniera per esternare ciΓ² che avevano dentro, ciΓ² che le distruggeva.
Qualunque fardello stesse portando dentro di sé Dante, doveva essere gravoso e difficile da portare sulle spalle. «Dai, vieni qui.» Ignorò i suoi tentativi per spingerlo indietro, come se temesse di poter di nuovo fare qualcosa di male, e per stringerlo a sé dovette sporgersi, ma la scomodità ebbe vita breve; Dante crollò sulle ginocchia e lui non lo lasciò andare e crollò a sua volta, sempre tenendolo stretto, come se fuori da lì stesse avvenendo una terribile calamità e loro non potessero far altro che aspettare, inermi e impotenti.
PerchΓ© non ti apri con me e non lasci andare una buona volta quei dannati demoni? PerchΓ© mi respingi e non ti lasci aiutare? Sei orgoglioso fino al punto da voler morire, piuttosto che accettare il mio aiuto?
Non riusciva a capirlo, non piΓΉ, non arrivati a quel punto, e lo faceva preoccupare ancora di piΓΉ sentire Dante ricambiare con forza e con disperazione la stretta, aggrapparsi a lui e tenere il viso nascosto nell'incavo della sua spalla.
Gli uomini quando piangevano tornavano bambini e quell'uomo non faceva alcuna differenza.
Godric gli accarezzΓ² i capelli e la schiena, domandandosi se forse non avrebbe fatto bene a scrivere a Neera o a Lytha e a dire a una delle due cosa stava accadendo a Dante. Magari loro avrebbero saputo meglio cosa fare per aiutarlo e scongiurare il peggio. Era quasi una questione di vita o di morte, dopotutto.
Β«PerchΓ© non ti prendi qualche giorno per riposare? Non devi per forza pensare a tutto tu e io posso gestire quasi ogni cosa senza problema. Ci sono i generali e gli ufficiali ad aiutarmi, non sarΓ² da solo.Β»
Non se la sentiva di lasciar passare l'accaduto come se nulla fosse successo nΓ©, in caso di guerriglia, di mandare Dante sul campo di battaglia in quello stato precario.
Gli dispiaceva avergli detto quelle cose e aver messo in dubbio le sue capacitΓ come militare e sovrano. Non le pensava davvero, si era arrabbiato solo perchΓ© Dante se ne era uscito con la storia dell'armistizio e si era rifiutato di accettare una cosa in realtΓ semplice: le persone cambiavano e cambiava il loro modo di ragionare e affrontare certe situazioni. Magari Evergard aveva ragione, ma non potevano rischiare e lui, personalmente, non si fidava di Petya e delle sue promesse, neppure quando le ornava di una firma, nero su bianco.
Il solo modo per metter fine a tutto era continuare a lottare e vedere chi sarebbe stato a vincere. Non potevano esserci compromessi, la coesistenza era impossibile e Petya poteva anche incantare tutti, interi eserciti, ma non lui. Lui lo vedeva per ciΓ² che era veramente: un uomo che era stato capace di portare uno dei propri fratelli, sangue del proprio sangue, alla pazzia e poi se ne era stato a guardare in tutta comoditΓ mentre a quel fratello veniva tagliata di netto la testa con una spada. Un uomo che non temeva di commettere un peccato orribile come quello di causare appositamente la morte del fratello era capace di fare anche molto altro, cose ancora peggiori. Chi assicurava a Godric che un giorno Petya, per un motivo o l'altro, non si sarebbe stancato di Misha o Desya, addirittura di entrambi? Chi gli diceva che quel giorno, dunque, non avrebbe iniziato a macchinare qualcosa per averli fuori dai piedi?
Petya aveva il sangue freddo di un serpente a sonagli e lo sguardo famelico, paziente e sornione di un alligatore che attendeva di addentare la preda appena questa si fosse sporta per bere un sorso d'acqua sulla sponda del fiume. Fare ciΓ² che aveva proposto Dante sarebbe stato un errore e questo Godric lo sapeva, lo sapeva e intendeva impedire a se stesso e agli altri di commetterlo. Era consapevole dei rischi di una simile scelta, ma quale altra scelta era loro concessa? Sarebbero morti comunque, presto o tardi. Petya non si sarebbe mai fidato degli uomini che una volta erano stati capaci di contrastarlo e mettergli i bastoni fra le ruote. Le persone scomode, solitamente, venivano rimosse per evitare che facessero insorgere altre scomoditΓ . Lui non sarebbe finito in prigione, in attesa del capestro. Sarebbe morto in piedi, da guerriero, perchΓ© non avrebbe permesso mai e poi mai a nessuno dei posteri di affermare che Godric Reghsar era morto appeso a una corda o decapitato come un comune lestofante di bassa lega, da vigliacco, dopo essersi accucciato ai piedi del proprio aguzzino alla ricerca di una misericordia che non esisteva e non era prevista. Non avrebbe rivisto piΓΉ i suoi figli nΓ© sua moglie, ma si sarebbe assicurato di concedere a tutti loro il ricordo di un uomo retto e onesto, un uomo che non aveva accettato la tirannia, anzi la dittatura, ed era andato incontro al proprio destino a testa alta e con la spada in mano imbevuta del sangue dei nemici.
Nessuno riusciva a comprendere come avesse fatto Petya, in quei tre anni, a mandare avanti una così imponente campagna militare e, nel mentre, a gettare le prime basi dove una nuova città sarebbe sorta, non così distante da Varesya.
Per il momento non era piΓΉ grande di una sorta di grande avamposto militare dove, perΓ², diversi civili avevano scelto di rifugiarsi in modo da essere i primi veri colonizzatori della neonata Specula.
Attualmente lasciava indifferenti ed era lontano il giorno in cui sarebbe corrisposta alle aspettative e ai progetti di Petya, il suo fondatore, ma una cosa era sicura: aveva le idee molto chiare e immaginava giΓ come sarebbe finita la guerra. Era ovvio che pensasse di aver ormai quasi vinto e Dante, realista com'era, non poteva far altro che concordare con lui.
Non c'era nessuna speranza di vittoria per i ribelli che lottavano contro Petya, inutile parlare di onore e di alti principi morali quando si poteva giΓ avvertire la gelida e affilata carezza della scure della morte sulla propria nuca. A Dante quella sensazione non piaceva per niente. Un conto era uccidersi con le proprie mani e un altro era, invece, essere messi a morte come ladri qualsiasi, magari dopo essere stati torturati per mesi o addirittura anni. Lui non voleva morire nella seconda maniera, non dopo la vita che aveva vissuto. Non lo trovava giusto nΓ© all'altezza del tenore della propria esistenza.
Certo, avrebbe sempre potuto suicidarsi prima di venire catturato, se fosse sopravvissuto al massacro finale, ma neppure quella prospettiva lo allettava chissΓ quanto.
Ad ogni modo, era notte inoltrata quando finalmente giunse al castello di Specula, lo stesso palazzo dove un tempo avevano abitato gli Ellenswald prima che giungesse il temibile generale di Petya, Misha che era stato soprannominato il Flagello del Nord, a regolare finalmente i conti con quella famiglia che gli aveva sottratto la ragazza amata e lo aveva sottoposto a ripetute umiliazioni. Mikhail non aveva mostrato alcuna pietΓ per gli adulti, ma quando era arrivato il momento di pensare a cosa farne dei bambini presenti nel castello la sua determinazione aveva vacillato fino al punto da frenargli la mano e spingerlo a ordinare che quegli innocenti venissero condotti via da un piccolo manipolo di suoi compagni perchΓ© venissero affidati a un orfanotrofio di Varesya.
Forse non era stato esattamente clemente, visto la dura vita degli orfani, ma sempre meglio della fine che Kal e gli altri adulti avevano fatto.
Il castello degli Ellenswald era stato conquistato e Petya ne era diventato il nuovo padrone. Da quel momento in avanti aveva concepito l'idea di costruire attorno al palazzo una cittΓ e il resto era storia.
Dante, come al solito, dovette essere cauto e fare di tutto pur di evitare di scontrarsi con i soldati che facevano la guardia al castello e dentro di esso. Avrebbe potuto approfittarsi di una situazione del genere per uccidere l'Alto Principe, ma se anche avesse voluto farlo, riteneva una mossa del genere da vigliacchi.
Quando dunque riuscì a sgattaiolare negli appartamenti di Yakovich, quest'ultimo ovviamente non diede l'allarme né fu sorpreso di vederlo. La loro ormai era diventata un'abitudine. La prima notte che erano stati insieme si erano spergiurati a vicenda che sarebbe finita lì, che non ci sarebbero stati altri incontri clandestini e non ci fosse niente fra di loro per spingerli a voler proseguire quella relazione per la quale, se fossero stati sorpresi in qualsiasi momento, peggio ancora mentre erano avvinghiati e ansimavano nella foga dell'amplesso, sarebbero stati di certo disconosciuti dagli eserciti che comandavano e servivano, nonché uccisi tutti e due per aver tradito le loro rispettive cause.
Di solito evitavano di parlare della guerra perchΓ© si erano promessi a vicenda che avrebbero lasciato fuori tutto quanto durante quegli incontri e si sarebbero presi il lusso di tornare a essere se stessi, persone qualsiasi che si erano affezionate l'una all'altra e non avevano saputo dirsi addio tre anni addietro, quando forse avrebbero fatto meglio a farlo.
Petya si era appena fatto un bagno e aveva ancora i capelli umidi che scendevano in onde bagnate lungo le spalle e sulla schiena quando vide il re di Elgorad entrare nella camera da letto e chiudersi le porte dietro di sΓ©.
«Stavo giusto pensando a quando ti avrei rivisto. Mi chiedo se sia stato il mio Dio o siano state le tue divinità a far sì che i miei pensieri venissero tramutati in realtà .» Aveva addosso solamente un lungo e morbido panno scuro con il quale si era coperto e asciugato dopo essere uscito dalla vasca. Vide che Dante aveva un'espressione strana, per niente serena. Gli era successo qualcosa, era chiaro. Petya gli si avvicinò e gli sfiorò una guancia. «Cos'è accaduto?» chiese, davvero preoccupato per lui.
Per tante ragioni si era guardato bene, fino ad allora, dall'ammettere di essersi innamorato di quell'uomo, sapendo che sarebbe stato inutile sperare o sognare che Dante rinunciasse a ogni cosa per lui. Le cose non andavano in quel modo, nella realtà , e lui non era più così ingenuo nel credere nel lieto fine. Era in fin dei conti uno dei protagonisti senza nome della leggenda dei tre fratelli di Oaksfield, quello che era stato assassinato e tutto il resto. Il lieto fine sembrava fuoriluogo, non c'era alcun dubbio.
Dante deglutì. «S-Senti... devo parlarti di una cosa. à davvero importante e non può aspettare.»
Β«Di che si tratta?Β»
Β«Ci siamo promessi che non avremmo parlato della guerra, ma stavolta devo infrangere la promessa e pregarti di starmi a sentire. Spero che almeno tu lo faccia, Petya. Fra le persone che conosco, ora come ora, mi sembri la piΓΉ ragionevole e quella che ha molto da perdere e tanto da guadagnare.Β»
Petya si accigliΓ². Β«Arriva al punto.Β» Lo prese per un braccio e lo condusse fino al letto sul quale entrambi presero posto per parlare un po' piΓΉ comodamente.
Β«Varesya sta morendo, Petya. Il suo popolo sta morendo. Molti hanno fame, altri hanno perso i loro cari. Ci sono orfani per strada ovunque e la paura regna sovrana. Ogni volta che cedo all'impulso di aggirarmi per le strade e controllare la situazione per me Γ¨ un dolore incredibile vedere questo strazio proseguire indisturbato. Non ce la faccio piΓΉ.Β»
Yakovich sospirΓ² gravemente. Β«Posso solo immaginare. SarΓ² sincero, Dante: sempre piΓΉ persone provenienti da Varesya si recano qui per trovare riparo e salvezza dalla miseria che serra la cittΓ nelle proprie spire. Io accolgo piΓΉ individui che posso, ma diversi, non molto dopo, finiscono per morire e non perchΓ© non vengono sfamati, ma perchΓ© sono rimasti talmente a lungo senza toccare cibo che commettono l'errore di mangiare troppo in fretta o piΓΉ di quanto il loro stomaco possa tollerare e... iniziano a stare male e spesso non si svegliano piΓΉ. Mi dispiace che questa guerra stia facendo piΓΉ vittime di quelle che mi ero prefissato inizialmente.Β» Si alzΓ² e versΓ² in due calici d'argento del vino sia per sΓ© che per il re. TornΓ² indietro e gli consegnΓ² la bevanda.
Β«Progetto, comunque, di porre fine molto presto a questo stallo. Non ho intenzione di vedere altre vite spezzarsi quando il mio obiettivo Γ¨ migliorare le condizioni dell'Oltrespecchio da ogni punto di vista.Β»
Dante annuì. «E sai che io inizio un po' ad avere fiducia in questi tuoi piani» disse cauto. «Gli altri, però, non la pensano come me. Ti odiano, Petya, nessuno escluso, e Godric è quello che ti odia più di tutti loro messi assieme. Re Ivan, poi, neppure a parlarne.»
Petya sorrise ironico. Β«Ne ero giΓ a conoscenza da molto tempo, Dante, ma grazie per avermelo ricordato. Fa sempre piacere sapere che tutta la nobiltΓ del Nord rimasta ancora in vita pretende la mia testa su un piatto d'argento. Fortunato me!Β» Si odiΓ² immediatamente per essersi lasciato andare al nero sarcasmo. Β«Scusami. Ho esagerato un po', lo ammetto.Β»
Β«No, hai... hai ragione.Β» Evergard si prese qualche attimo di tempo per intavolare il discorso vero e proprio. Β«Petya, sono qui per chiederti, anzi implorarti, di fare il primo passo e proporre all'esercito di re Ivan un armistizio o comunque una tregua. E so cosa stai per dire: non accetteranno. Lo so, ma ti chiedo di provarci e di insistere, se loro dovessero rifiutare. Prova in ogni maniera a esporre loro non i vantaggi del tuo governo sull'Oltrespecchio, ma cosa otterrebbero loro dalla fine della guerra in maniera pacifica. Io... non ho mai implorato anima viva in tutta la mia vita, quindi ti assicuro che per me non Γ¨ facile, ma eccomi qui. Ti imploro di risparmiare i miei compagni, nessuno escluso, e di concedere a ognuno di loro di mantenere la posizione di potere che hanno ottenuto per diritto di nascita. Fallo e col tempo potrebbero vederti sotto una luce diversa, quella di un uomo misericordioso che ha scelto di fare la cosa giusta, che ha scelto la pace dopo tante morti e tanta sofferenza. Aiutali a capire che di questo passo andranno incontro solamente alla fine.Β»
Petya lo ascoltΓ² con attenzione, sorseggiando di tanto in tanto dal proprio calice il vino speziato. Β«Non saprei. Concedere loro la grazia e farli rimanere del tutto impuniti sarebbe come premiarli per avermi sfidato, Dante. Certo, sembrerei misericordioso, ma anche debole e facile ai sentimentalismi che un futuro re supremo dell'Oltrespecchio non puΓ² permettersi. Se non punisco coloro che osano sfidarmi, allora che razza di uomo sono? Se non so farmi valere, dove sta il mio onore?Β»
Β«Neppure ucciderci tutti Γ¨ un'opzione praticabile, Petya.Β»
Β«Mi sembrava fosse chiaro, ma te lo dico chiaramente: non oserei mai far imprigionare o uccidere te, Dante.Β»
Β«Mi dispiace, Petya, ma loro restano i miei compagni e con loro condividerΓ² qualunque destino sceglierai di stabilire per tutti quanti.Β»
Petya si accigliΓ². Β«Sceglieresti di morire piuttosto che accettare la grazia che potrei concederti?Β»
Dante esitΓ². Β«La mia coscienza non mi permetterebbe di vivere serenamente dopo un tradimento del genere e so che tu agiresti alla stessa maniera, al mio posto.Β»
Β«Ricordi cosa ti dissi tre anni fa, vero? Essere egoisti a volte Γ¨ inevitabile e ne va della nostra sopravvivenza.Β»
Β«Ci sono volte in cui l'egoismo non puΓ² prendere il sopravvento sulla ragione e sulla coscienza.Β»
Petya sorrise di sbieco. «Disse l'uomo sposato e con una figlia che mentre si trova al fronte se la spassa fra le lenzuola con la persona contro cui il suo esercito da tre anni combatte» commentò ironico. «La tua coscienza, dunque, tace solo quando si tratta di spingermi sulle lenzuola e penetrare le mie membra? Davvero comodo, così, lo devo ammettere.»
Yakovich si massaggiΓ² una tempia e sospirΓ² con una certa dose di sufficienza. Era ovvio che il discorso di Dante lo avesse infastidito parecchio e fatto alterare.
«Detesto fare la parte vista e rivista del cattivo di turno impegnato a metter di fronte a un cruciale bivio il possente eroe senza macchia e senza paura, ma... credo sia tempo che tu scelga per cosa combattere e con chi, re dell'Ovest. Sono stati tre anni magnifici, dico sul serio. Tre anni colmi del piacevole brivido del pericolo e della segretezza, ma è tempo di finirla con i giochetti e con ogni rispettabile presupposto per una futura tragedia alla vecchia maniera. Non ho intenzione di farla passare liscia ai ribelli, per quanto mi dolga il cuore all'idea di dover affrontare altre battaglie sanguinose e tirarla ancor più per le lunghe. Siete stati voi a sfidarmi per primi, a lanciarmi il guanto di sfida con la sfacciata certezza che avreste vinto contro un tale venuto dal niente che si era troppo montato la testa. à tempo che ora io restituisca le offese con annessi gli interessi e se questo anziché farmi apparire misericordioso mi immortalerà per sempre nella storia degli Efialti come un uomo crudele, allora così sia.»
Non si sarebbe lasciato spingere nella tempesta o nell'oblio della sconfitta da un manipolo di aristocratici con la puzza sotto il naso capitanati da quello in assoluto piΓΉ sgradevole di tutti loro, ovvero Godric Reghsar. Sapeva che Dante aveva con quell'uomo un rapporto molto stretto e, a suo parere, forse persino ambiguo, ma Petya sapeva bene che per neutralizzare un pericoloso e velenoso serpente ne andava tagliata la testa e Reghsar era il capo dei ribelli, quello che si era dimostrato spesso oltremodo agguerrito e rancoroso. Con quell'uomo non poteva esserci un dialogo ragionevole e pacifico e Petya non aveva la benchΓ© minima intenzione di abbassarsi fino al punto da esser lui a chiedere un armistizio e offrire a quello sgradevole individuo un motivo come un altro in piΓΉ per bastonarlo e umiliarlo. Tregua o meno, Godric sarebbe stato annientato senza se e senza ma. Andava eliminato, era troppo pericoloso per esser lasciato in vita.
In Francia, la terra in cui Petya era cresciuto, i nobili conoscevano il proprio posto e non osavano alzare la cresta con il re. Era arrivato il momento di rimettere in riga Godric e fargli capire che coloro che non accettavano i cambiamenti e i compromessi erano l'anello debole della catena, il vero male della societΓ .Β
Si alzΓ² e fece per tornare al mobile sul quale era posata la caraffa di vino per riempirsi nuovamente il calice, ma Dante gli afferrΓ² un braccio per trattenerlo e Petya, allora, si voltΓ² e lo vide a capo chino, il viso che mostrava chiaramente la sua lotta interiore.Β
Β«Non puoi tentare neppure facendolo per me? Neanche per amore di quello che c'Γ¨ fra noi?Β» chiese Evergard.
L'Alto Principe sollevΓ² un angolo della bocca, ma il suo sguardo era freddo e quasi furente. Β«Davvero un colpo basso da parte vostra, maestΓ , puntare sui miei sentimenti per voiΒ» disse gelido. Credeva non avesse capito il suo gioco? Lo aveva messo in conto sin dal principio, ne aveva avuto sempre il sospetto e finalmente ecco la prova concreta che dimostrava che non era paranoico e ci aveva visto giusto.
«Tu non mi ami come io amo te, Dante. Perché mai dovrei rischiare tutto quanto, ora che sono così vicino alla vetta, a vincere la guerra, per un uomo che non esiterebbe un secondo a preferirmi ad altri, come ad esempio quell'arrogante bambino viziato di nome Godric?»
Ritrasse determinato il braccio e andΓ² a posare il calice, optando piuttosto per vestirsi, dando le spalle al sovrano dell'Ovest.
Β«Credi che io sia stupido, Dante? Pensi davvero che le cose debbano sempre andare solo e soltanto come vuoi tu? Allora Γ¨ ora che tu ti dia una svegliata, ti faccia un bel bagno d'umiltΓ e ti decida a crescere un po'.Β»
Dante deglutì. «Perché mai dovrei preferire Godric a te?»
Petya si era nel frattempo messo i pantaloni; mentre si accingeva a indossare anche la camicia, perΓ², si bloccΓ² e si voltΓ² lentamente per guardare il re. Β«Puoi ingannare tutti gli altri, compreso lui, ma non di certo me. In un modo o nell'altro piΓΉ volte, quando in passato abbiamo parlato, hai nominato spesso Godric, e la cosa divertente Γ¨ che neppure te ne sei mai reso conto. Non scambiare il debole che ho per te per cecitΓ , stupiditΓ e mancanza di spina dorsale. Non te lo permetto, Dante.Β»
Aveva capito come stavano le cose e si sentiva uno stupido per aver ceduto al fascino di quell'uomo come uno sprovveduto. Forse, col senno di poi, avrebbe dovuto respingerlo quando lui lo aveva rincorso per baciarlo e per consumare con lui l'amplesso che si era verificato nella foresta, tre anni addietro.
Si era messo nel sacco da solo e ora eccolo lì a fare sceneggiate di gelosia come una ragazzina idiota.
Non imparo mai la lezione, non è così?
Dante si irrigidì e quasi subito ricordò cos'era accaduto con Godric solo un paio di giorni prima.
Β«Io... io non...Β»
«Certo, come no!» Petya finì di allacciare i lacci della camicia e poi si sistemò i lunghi capelli rimasti in parte sotto il colletto. «In fede mia, non so se provare rabbia nei tuoi confronti o compassione. Forse vai compatito, dopotutto.» Si girò per guardarlo di nuovo, gli occhi azzurro-violetti recavano uno sguardo severo e penetrante. «C'è mai stata una volta, nella tua vita, in cui sei stato sincero fino in fondo con qualcuno? Perché sai, da dove mi trovo io sembra proprio che tu viva di verità nascoste e di semplice apparenza. Menti a me, menti a Godric, ai tuoi compagni d'armi, al tuo regno, a tua moglie e a tua figlia, e come se non bastasse ti azzardi a fare la parte della vittima. Cielo, Dante...! Credo sia proprio ora che tu ti faccia un esame di coscienza e la smetta di accumulare così tante menzogne, perché stai annegando nel mare che tu stesso hai creato.»
Il suo discorso poteva sembrare e suonare cinico, spietato e persino imbevuto di cattiveria, ma in fin dei conti stava solamente sbattendo in faccia la veritΓ a quell'uomo. Dante gli ricordava Ilya, suo fratello, un altro con la brutta abitudine di nascondere la veritΓ e offrire al prossimo un'immagine di se stesso che nulla aveva a che vedere con chi era realmente.
Ilya era andato a finire male, a furia di mentire al prossimo e ferire tutti nelle maniere piΓΉ disparate e possibili.
Dante cercò di replicare, ma scoprì di non sapere cosa dire. Forse non c'era niente da aggiungere e Petya aveva parlato per entrambi. «Sto solo cercando di fare la cosa giusta» disse infine. «Non voglio che altri muoiano. Voglio che la guerra finisca nel migliore dei modi e comunque... Godric non sa la verità e non dovrà mai saperla. I-Io... ho promesso che sarei andato nella tomba con questo segreto e intendo tener fede alla parola data, perciò... Godric non può esser considerato un tuo rivale, Petya, specialmente dopo l'altro ieri.»
Β«E perchΓ© mai, se posso chiedere?Β»
Β«Ho fatto una cosa terribile e... tutto Γ¨ andato a finire peggio di com'era iniziato.Β»
Petya inarcò un sopracciglio. «Cosa avresti fatto, di grazia? Lo hai trascinato in una stanza e lo hai preso, che fosse volente o nolente? Fidati che non aspetta altro, quello lì.»
Dante non seppe se sentirsi offeso e oltraggiato per cos'aveva appena insinuato Yakovich o ciΓ² che aveva aggiunto subito dopo quella pessima battuta. Β«Godric ama Ravya, sua moglie. La ama immensamente e con tutto il cuore. Non ha nulla a che fare con me, credimi.Β»
Β«Tu dici?Β» Petya sospirΓ². Β«Che cos'Γ¨ accaduto, si puΓ² sapere?Β»
Β«Sono stato a un passo dal cedere completamente alle Tenebre, Petya, e la mia non Γ¨ un'esagerazione. Non lo dico per farmi compatire o per ammorbidirti. Γ semplicemente quello che Γ¨ successo, nΓ© piΓΉ nΓ© meno, e Godric era l'unico presente in quel momento e... me la sono presa con lui. L'ho persino schiaffeggiato e gli ho detto cose orribili. Solo il ricordo di come una volta mi avesse difeso a spada tratta Γ¨ stato capace di farmi rinsavire e di far arretrare le Tenebre, ma... poi sono scappato via e mi sono chiuso nella mia stanza. Ho cercato di uccidermi, ma lui Γ¨ riuscito a entrare e mi ha fermato. Forse avrei fatto meglio ad andare fino in fondo e basta.Β»
Petya, udendo le sue ultime parole, provΓ² una tale collera cieca che non esitΓ² un attimo a raggiungerlo e a mollargli un ceffone, poi un altro e un altro ancora. Β«Come ti permetti di dire una cosa del genere?Β» sibilΓ². Β«Hai la minima idea, anche solamente lontana, di cosa sia la morte? Di quanto sia terrificante? Pensi sul serio che dopo di essa ci sia semplicemente la pace? Allora ti sbagli! Non v'Γ¨ pace nΓ© conforto dal dolore e tutto ciΓ² che la morte lascia dietro di sΓ©, specie dopo un suicidio, Γ¨ il dolore delle persone che restano e soffrono senza poter far niente per cambiare le cose!Β» Come osava parlare di morte davanti a lui, sapendo cos'aveva passato, cos'aveva patito e com'era morto? Era un insulto per coloro che avrebbero dato tutto, ogni cosa, pur di avere un minuto di vita in piΓΉ e ritardare la fine, per poter continuare a vivere. Β«Sei a dir poco imbarazzante e se continuerai a parlare a questa maniera, fidati che sarΓ² io stesso a darti ciΓ² che sembri tanto desiderare!Β»
Si pentì subito della propria esplosione quando capì di aver peggiorato la situazione e fatto sentire solo più miserabile Evergard, il quale si premette le dita sugli occhi e chinò la testa per pura vergogna nel farsi vedere piangere come un ragazzino.
Petya sospirΓ². Β«Va bene, senti... mi dispiace. Non volevo urlarti contro, Γ¨ solo che...Β»
Β«N-No, lo capisco. Lo capisco, credimi.Β»
Il piΓΉ giovane si sedette accanto al re e gli circondΓ² le spalle con un braccio. Β«Beh... com'Γ¨ andata a finire?Β»
Β«Ho avuto una crisi di pianto e lui... lui mi ha abbracciato e ha continuato a stringermi finchΓ© non mi sono calmato un po', ma da allora... non riesco a far altro che a evitarlo in ogni maniera.Β»
Β«Se tutto questo ha causato un simile crollo, allora... forse dovremmo chiuderla qui e tornare a lottare ognuno per la causa nella quale crediamo. A vincere sarΓ chi rimarrΓ vivo.Β»
Β«Io non voglio questo.Β»
Β«Ci sono cose che non si possono cambiare, Dante. Non sempre c'Γ¨ una soluzione capace di risolvere tutti i problemi nel migliore dei modi.Β» Yakovich allontanΓ² il braccio. Β«Ad ogni modo...Β» Non lo convinceva l'idea di un armistizio o comunque di un dialogo con Godric e re Ivan, ma poteva almeno offrire una flebile speranza a un uomo che chiaramente era sull'orlo del precipizio. Non era un buon segno che una persona come Dante avesse tentato il suicidio. Β«Dammi del tempo per riflettere. Se deciderΓ² di seguire la tua idea, allora giungerΓ² scortato da Misha o Desya per un pacifico confronto con il re del Nord e con Godric, altrimenti... beh, lo sai da solo cosa farΓ² e perchΓ©.Β»
Si sentì un po' un cane quando Dante, dal nulla, lo abbracciò con tanta di quella disperazione da fargli subito capire quanto ci tenesse veramente a una soluzione pacifica e priva di spargimenti di sangue. «Se riuscirai a convincerli, sappi che ti sarò grato per tutta la mia vita.»
Petya con gentilezza lo fece scostare da sé. «Sì, beh... è ancora presto per ringraziarmi o per parlare di eterna gratitudine.»
Per un po' nessuno dei due parlΓ², poi: Β«C'Γ¨ una cosa di cui volevo parlarti, comunque, ma forse... forse farei prima a mostrartelaΒ».
Β«Che cosa?Β»
Yakovich si armò di tutto il coraggio di cui disponeva e gli disse di seguirlo fuori dalla camera. Entrambi percorsero i corridoi del castello finché non giunsero in una stanza ben precisa. L'Alto Principe aprì le porte, fece entrare per primo il re e poi lo seguì dentro. Superarono l'anticamera illuminata dalla luce dei candelabri e poi in una stanza vera e propria. Là dentro c'era un'illuminazione molto soffusa, palpitante, ma non fu quello a spaesare Dante, bensì ciò che la camera conteneva. Petya si allontanò e poco dopo, quando fece ritorno dal sovrano, fra le sue braccia c'era l'ultima cosa che egli si sarebbe aspettato di trovarvi: un neonato. Era ancora talmente piccolo e fragile, persino agli occhi di uno come Evergard capace di vederne la sagoma, da far intendere subito che non doveva esser nato da molto tempo. Probabilmente non aveva che un paio di settimane. Si muoveva appena fra le braccia di Yakovich e di tanto in tanto muoveva le minuscole braccia e le piccole mani.
Β«Che significa?Β» chiese perplesso Dante, anche se al solo guardare e aver vicino quel bambino provava una sorta di connessione con lui, come se inconsciamente lo conoscesse eccome.
Β«Dillo tu a me. Esattamente un anno fa ero a farmi gli affari miei, una notte in cui non riuscivo a chiuder occhio, ed ecco che dal niente ricevo la visita di una strana donna da un lungo abito chiaro che sembrava esser stato intessuto con la luce delle stelle. Aveva... i capelli e gli occhi neri, sembrava gentile. Era una situazione stranissima, ma lo divenne ancora di piΓΉ quando mi consegnΓ²...Β»
Petya deglutì e si fece rosso in viso. Si vergognava a dire una cosa come quella. Per quel che gli riguardava, dirla a voce alta la rendeva solamente più stupida e assurda.
«Insomma, mi consegnò un grosso uovo dal guscio nero e mi disse che dentro di esso c'era un piccolo Efialte che sarebbe nato fra altri dodici mesi. Credimi, provai a chiederle se mi stesse prendendo per i fondelli, ma lei mi assicurò che era una cosa molto seria e che qui da voi... a volte va così. Vi riproducete sia come gli umani che... in questo modo. Il punto è c-che...»
Dante si sentì quasi mancare e instabile sulle proprie gambe. «Non è possibile» disse, incredulo e scioccato. «Insomma...»
Β«Sono sconvolto quanto te, ma quella donna ha detto chiaro e tondo che questo bambino ha nelle vene sia il mio sangue che il tuo! Mi sento stupido a dirlo ad alta voce, ma a quanto pare questo piccolo Γ¨ nostro figlio! Va bene?Β» sbottΓ² a voce bassa Petya, stufo di farsi dare del bugiardo e di esser l'unico a provare un pauroso imbarazzo. Β«E per la cronaca, si chiama Damian!Β» Aveva scelto di dare un nome al piccolo che in qualche maniera, anche se vagamente, si rifacesse a quello del re dell'Ovest. Che piacesse loro o meno, quel piccolo Efialte era un Evergard e la sua sola esistenza bastava e avanzava a creare non pochi disagi e problemi, specialmente se si parlava del trono di Elgorad e chi avesse il diritto di salirvi dopo l'abdicazione o la morte di Dante.
Il re ammutolì, poi, mezzo stordito, guardò in basso e fissò istupidito il bambino. Appena si riprese, però, si trattenne per miracolo dallo scoppiare e solo perché non voleva spaventare la creaturina. «Quella bastarda» ringhiò fra sé. «Per anni e anni ho cercato di avere un figlio senza alcun successo e ora...» Imprecò a denti stretti. «Davvero divertente, Grande Madre! Molto spiritosa!»
Β«Chiedo scusa?Β»
Β«Quella che tu hai incontrato, Petya, era la Grande Madre in persona! La descrizione corrisponde a quella che per millenni Γ¨ stata tramandata da una generazione all'altra! Γ la stessa stronza che invano io e mia moglie abbiamo pregato affinchΓ© ci concedesse di avere un figlio, un erede al trono! Yvaine Γ¨ nata per puro miracolo, ma adesso ecco che viene fatto a me e a te questo perfido scherzetto!Β»
Si poteva essere fino a tal punto privi di criterio come quella maledetta dèa?
Petya annuì, ancora piuttosto confuso. «Va bene, ma... ora che si fa? Non fraintendermi, ma ora come ora non ho tempo per crescere un marmocchio e non penso che Neera sarebbe contenta vedendoti tornare con un bambino fra le braccia. Sarebbe un disastro per entrambi.»
Dante lo squadrΓ². Β«E allora cosa vuoi fare, sentiamo? Ucciderlo?Β»
Yakovich restrinse lo sguardo. Β«Per chi mi hai preso, scusa? Pensi sarei capace di una cosa del genere?Β»
Per un po' si udirono nella stanza solo i flebili gorgheggi del bambino.
Β«Forse... forse dovrei darlo via. Insomma, almeno avrebbe una possibilitΓ per vivere meglio e con qualcuno che lo ami e lo desideri nella propria vita. Mi spiace dirlo, ma... Γ¨ un impiccio per entrambi, Dante, ammettiamolo.Β»
Β«Stai velatamente suggerendo che dovrei essere io a occuparmi dei dettagli?Β»
Β«Solo se te la senti.Β»
Β«Ho per caso delle alternative?Β»
Β«Una ci sarebbe, ovvero... prenderti le tue responsabilitΓ e affrontarne le conseguenze.Β»
Β«Neera si ammazza se scopre che l'ho tradita e ho avuto persino un altro figlio!Β»
Β«Allora non avresti dovuto tradirla, tanto per cominciare! Sei stato tu a tornare a cercarmi! Tu hai voluto che continuassimo a vederci!Β»
Β«PerciΓ² sarebbe colpa mia? Grandioso.Β»
Era chiaro che quel bambino dovesse sparire, in un certo senso. Per quanto fosse orribile la sola idea di abbandonarlo e cederlo a qualcun altro, loro non potevano occuparsene senza dar vita a un guazzabuglio di immani proporzioni. Era in atto una guerra e un clima del genere era pericoloso, anzi letale, per un neonato. Dante avrebbe tanto voluto prendersene cura, perché ancora si pentiva di aver fatto lo stesso ragionamento con Iago, Misha e Desya, ma troppe cose lo frenavano dal non ripetere gli errori del passato. E comunque Damian avrebbe potuto causare, in futuro, problemi di successione, forse persino scatenare una guerra civile con Yvaine e dividere a metà Elgorad o, nel peggiore dei casi, portare il regno alla distruzione. Per essere così piccolo era già un problema enorme, bisognava ammetterlo.
Il re deglutì. «Posso... posso tenerlo?» Se ne sarebbe sicuramente pentito, ma non poteva ignorare Damian e fare come se non ci fosse. Si sentiva in colpa verso Yvaine, ma la verità era che se Damian fosse nato da lui e da Neera, le cose sarebbero andate decisamente meglio a Elgorad e tutti sarebbero stati più contenti. Secondo le regole, bastardo o meno, era pur sempre un erede maschio e come tale avrebbe avuto il diritto persino di spodestare la sorellastra, se lo avesse desiderato.
Fra le braccia dell'altro suo padre pesava quanto una piuma, era immensamente fragile ed esposto a ogni genere di pericoli.
Dante gli accarezzΓ² il retro del minuscolo e delicato cranio coperto da folti capelli corvini e non vide mai nΓ© ricordΓ² mai il goffo sorriso che il bambino cercΓ² come meglio potΓ© di rivolgergli, quasi come se volesse farlo intenerite appositamente per convincerlo a tenerlo con sΓ©. I suoi occhi erano quelli degli Evergard, azzurri come il cielo alle prime luci dell'alba nel mondo umano, secondo Petya.
AllungΓ² le dita minute verso l'uomo che lo reggeva in braccio, incuriosito come qualsiasi altro infante da una persona che aveva appena conosciuto.
Per Dante era una tortura averlo così vicino a sé e sentire, in una parte nascosta dell'animo, quell'innato istinto che tutti gli Efialti possedevano e non potevano reprimere di fronte alla propria prole. Era così forte e chiaro, era molta la tentazione di cedere al richiamo naturale che gli imponeva di proteggere e amare quell'esserino, da fare male come una ferita aperta al centro del petto.
Non ne poté più e consegnò nuovamente il bambino a Petya. «Tu occupati di trovare una famiglia che possa accoglierlo e tenere l'acqua in bocca. Io... io penserò ad affidarlo a loro e così la storia sarà chiusa e saremo tutti più contenti.»
Si era convinto che peggio di come erano andate le cose fino a poco prima non sarebbe potuto andare, ma si era sbagliato. Si sbagliava ogni singola volta che pensava di aver toccato il fondo, di aver trovato un angolo di quel buio e profondo fondale dove posarsi e vegetare, solo per ricredersi subito dopo e capire che di strada per sprofondare direttamente all'inferno ce n'era ancora tanta da fare. Era come se stesse precipitando, ancora e ancora, e non riuscisse a trovare un bel niente al quale aggrapparsi per far arrestare la caduta.
Prima quell'episodio vergognoso e ignobile con Godric e ora... ora quello.
Che stesse espiando qualche colpa terribile di cui non aveva memoria? Che fosse quello il prezzo da pagare per aver commesso atti orrendi che non ricordava?
Doveva essere così per forza, non c'era altra logica spiegazione.
Eppure, a pensarci bene, se l'era andata a cercare sempre, tutte le volte. Damian non era esattamente piombato in testa a lui e a Petya, in fondo, e ciΓ² che entrambi stavano macchinando era spregevole e da immaturi. Avevano tutto il coraggio del mondo per affrontare costantemente il rischio di morire sul campo di battaglia, ma si rivelavano poi due vigliacchi di fronte a un bambino innocente e innocuo. Faceva a dir poco ridere, era quasi nauseante e Evergard odiava se stesso fino al punto che quello stesso odio risultava inconcepibile, impossibile da descrivere tramite le semplici parole.
Era partito in guerra per fare la cosa giusta ed essere utile a una causa nella quale aveva cercato di credere, solo per poi combinare un disastro, ma in fin dei conti non c'era da stupirsi. Era bravo solo a fare casini, a complicare l'esistenza a se stesso e al prossimo.
L'unica ragione per cui detestava Godric era che gli avesse impedito di fare l'unica cosa giusta e sensata che avesse mai pensato di fare, quella che forse i suoi genitori avrebbero dovuto fare molto tempo prima. Se non altro non avrebbe dovuto fare l'ennesima scelta sofferta e vile nΓ© sentirsi nuovamente in colpa per eventi che lui stesso aveva causato.
Β«Dante!Β»
SussultΓ² sulla seggiola e si riscosse, guardandosi attorno finchΓ© non incrociΓ² lo sguardo di Godric, re Ivan e gli altri riuniti nella sala dei concili. Β«Cosa?Β» chiese perplesso, domandandosi come mai lo stessero fissando.
Reghsar si scambiΓ² un'occhiata con il re del Nord, poi si rivolse nuovamente a quello dell'Ovest. Β«Ti... ti abbiamo chiesto se sei d'accordo.Β»
Β«Riguardo a cosa?Β»
Re Ivan sospirò in modo visibilmente alterato. «Riguardo al far evacuare Varesya in modo che i cittadini rimangano al sicuro altrove in vista delle prossime battaglie. Abbiamo detto di fare così in modo da non condannare più nessuno a morire di fame e di paura nel luogo più pericoloso che al momento esista nell'Oltrespecchio.»
Evergard deglutì e si sistemò meglio sul posto, schiarendo la voce. «Uhm... sì. Direi che sia la soluzione migliore, almeno al momento» rispose infine, avvertendo lo sguardo di Godric su di sé. Doveva sembrare decisamente strano negli atteggiamenti, ma la verità era che non faceva che tornare con la mente al momento in cui, per la seconda volta, aveva consegnato fra le braccia di qualcun altro una fragile vita che sarebbe dovuto esser lui a proteggere e ad amare.
PiΓΉ ci pensava e piΓΉ il malessere cresceva nel suo animo come un'onda anomala.
La sola cosa che sapeva di Damian, era che si trovava in una città del Nord e sarebbe cresciuto lì, lontano dalla verità e dalle proprie origini, così come dai genitori biologici.
Si ripeteva che con il tempo se ne sarebbe fatto una ragione, ma non ne era così convinto.
Godric, notando un particolare strano, si avvicinΓ² e gli chiese a voce bassa: Β«Non per essere pignolo, ma dov'Γ¨ andato a finire il tuo anello sigillo? Non lo togli maiΒ».
Dante aprì e chiuse la mano un paio di volte. «Credo di averlo perso. Ultimamente non mi stava bene come una volta, visto che ho perso peso, e...»
«Io invece ricordo che ti stava ancora a pennello» insisté Godric, non volendo credere a una scusa così assurda e balorda. Dante non era propriamente una persona sbadata e mai si sarebbe separato dall'anello che recava lo stemma reale degli Evergard, se non in modo consapevole e assolutamente voluto. Si trattava di un ninnolo fin troppo importante per poter esser smarrito con tanta noncuranza.
Β«Lo so che stai mentendoΒ» aggiunse Reghsar. Β«E so che nascondi qualcosa. Hai la testa altrove e hai gironzolato un po' troppo negli ultimi giorni. Sei ripartito dopo essertene andato l'ultima volta dopo solamente quattro giorni.Β»
Dante strinse le labbra. Β«Per caso mi spii, Godric? Sei morboso, lasciatelo dire.Β»
Β«E tu sei il peggior bugiardo che l'Oltrespecchio abbia mai avuto modo di ospitare.Β»
Β«E tu il peggior rompiscatole. Come la mettiamo?Β» Dante non poteva dire la veritΓ e affermare di aver ceduto il proprio anello sigillo al figlio nato bastardo dalla sua relazione con Petya e a causa del pessimo senso dell'umorismo di quell'infame entitΓ chiamata Grande Madre che Godric sembrava sempre osannare e tenere in gran considerazione
Aveva detto alla coppia che aveva preso con sΓ© il piccolo che un giorno, se avessero voluto e se lui avesse desiderato di sapere la veritΓ , avrebbero dovuto dargli quell'anello. In tutta franchezza sperava che non lo facessero, perΓ². Cosa mai avrebbe potuto dire a Damian, se un giorno si fosse presentato da lui e gli avesse chiesto perchΓ© lo avesse abbandonato.
«Non ti spio né voglio impicciarmi in alcunché» replicò Reghsar. «Dico solo che so che stai dicendo una marea di stupidaggini.»
Β«E io ti dico che Γ¨ andata proprio in quel modo: ho perso l'anello in un momento in cui ero distratto. Fine della storia.Β»
Β«Mentre eri in giro, di nuovo, intento a fare chissΓ cosa chissΓ dove, immagino.Β»
Β«Non sapevo di aver bisogno del tuo permesso.Β»
Β«Hai cercato di ammazzarti. Lasciarti da solo non Γ¨ un'opzione, al momento.Β»
Β«Ti ripeto che sto bene. Ho solo avuto un momento di cedimento, niente di piΓΉ. Insomma, guardami!Β»
Godric sospirΓ². Β«Sai cosa? Sei una causa persa, Dante. Allontani le persone che vogliono aiutarti e la cosa peggiore Γ¨ che non capisco perchΓ© nΓ© ti disturbi a dare spiegazioni decenti.Β»
La loro conversazione venne interrotta da re Ivan che si schiarì rumorosamente la voce per far loro intendere che non era il momento di battibeccare.
Dante deglutì. «Senti... quando tutto questo sarà finito... se saremo ancora vivi, proverò a spiegarti ogni cosa. Va bene? Ma devi darmi un po' di tempo, Godric. Ne ho bisogno. Non ce la faccio a parlare di alcunché con nessuno, al momento, e la colpa non è tua né di nessun altro. Probabilmente è solo mia.»
Β«Colpa di che?Β»
Scattarono tutti quanti in piedi quando un soldato irruppe nella sala e con il fiato corto disse loro che Petya era giunto lì, senza un'armata con sé, accompagnato solamente da Misha.
Dante dentro di sΓ© ringraziΓ² il cielo che Petya avesse infine deciso di starlo a sentire e dargli retta.
Godric, invece, restrinse lo sguardo. Β«Che cosa vuole?Β» chiese al soldato, sospettoso.
Β«Non ne ho idea, eccellenza. Ha detto che ne avrebbe discusso solamente con voialtri, Lord Reghsar, e con nessun altro.Β»
Il nobiluomo non era convinto e quella storia gli puzzava eccome, ma non aveva molte alternative. «Va bene. Fammi strada, allora.» Seguì fuori dalla sala il soldato e così pure fecero gli altri.
Una volta fuori dal castello di Varesya, videro nel cortile l'Alto Principe che era nel frattempo sceso da cavallo, proprio come Misha.
Godric si concentrò su quest'ultimo e gli rivolse un'occhiata severa. «à bello rivederti, Misha, e senza il bisogno di una guerriglia. Ti trovo bene.»
Il generale provò a sostenere il suo sguardo, ma quasi subito distolse il proprio e lo puntò altrove. «Lord Reghsar...» si limitò sterilmente a replicare, contraendo la mascella. Chi affermava che certi modi di fare e di porsi non dipendessero anche dal contesto nel quale si cresceva e dalle persone alle quali ci si affezionava, diceva questo solo perché non aveva la possibilità di notare quando Misha, negli atteggiamenti, persino nel modo di estrarre la spada o effettuare altri gesti particolari, somigliasse a Dante. Quando quest'ultimo si trovava a disagio e non voleva ammetterlo, contraeva sempre la mascella e faceva in modo di concentrare lo sguardo altrove. Se solo Godric non fosse stato nauseato dalla presenza di Petya lì, forse si sarebbe lasciato sfuggire un intenerito sorriso.
Ormai aveva capito, purtroppo, che Misha aveva scelto da che parte stare e compiuto tale scelta alla maniera dei mercenari, anche se il fatto che non riuscisse a guardare nΓ© Dante nΓ© Godric rivelava molte veritΓ taciute. Probabilmente si vergognava e forse, conoscendolo, di tanto in tanto si pentiva di essersi messo contro le persone che lo avevano cresciuto, istruito e persino protetto quando nessun altro lo avrebbe fatto.
Per un breve istante i suoi occhi verdi lampeggiarono, malinconici e pieni di sensi di colpa, in direzione di Dante. Con lui aveva sempre avuto un rapporto piΓΉ stretto e simbiotico, peggio di un anatroccolo con l'anatra adulta, e quella situazione doveva fargli piΓΉ male di quanto desse a vedere.
Petya decise di evitare che il disagio fra tutti loro aumentasse e parlΓ²: Β«Ringrazio tutti quanti voi per avermi concesso questo incontroΒ».
Β«Dammi una sola ragione per cui non dovrei dare l'ordine istantaneo ai miei arcieri di scoccare dardi a volontΓ verso di teΒ» ringhiΓ² Godric, ferino come mai lo si era visto. Dante, che era non molto distante da lui, lo raggiunse e gli strinse un braccio per pregarlo, in silenzio, di non fare in quel modo e non mettersi subito nella difensiva. Era assurdo come Reghsar trasfigurasse in presenza di Petya, tanto da ignorare i moniti della persona che piΓΉ gli stava a cuore al mondo.
Yakovich rimase calmo. Β«PerchΓ© sono privo di scorta e ho avuto la buona volontΓ di viaggiare fino a qui per parlare civilmente, tanto per iniziareΒ» rispose fermo.
Β«Oh, ma che carino! Dovrei, non so, abbracciarti? O magari offrirti da bere? Un intero banchetto?Β»
Β«Godric, ti prego...Β»
Β«Fa' silenzio, Dante.Β»
Il re sospirΓ². Β«Per l'amor del cielo!Β» si lamentΓ² sottovoce.
Petya si avvicinΓ² e sollevΓ² le mani per far capire che non aveva armi con sΓ© e non intendeva fare niente di inopportuno. Β«Smettiamola, Godric. Una volta per tutte. Questa situazione sta logorando entrambe le parti coinvolte. Molti cittadini di Varesya si sono rifugiati nella neonata cittΓ Specula da me fondata perchΓ© qui muoiono di fame e hanno paura. Quelle persone parlano, Godric, e dicono che la capitale del Nord ormai Γ¨ in ginocchio e prossima al collasso. Quanto ancora pensate di poter andare avanti? Non vedi che stiamo solo causando altro dolore?Β»
Se lo sguardo avesse potuto uccidere, era ovvio che Petya sarebbe già morto. Godric lo guardava con tanto di quell'astio da risultare minaccioso e pericoloso. «Davvero divertente che proprio tu venga qui a recitare la parte di quello che si preoccupa per il prossimo, visto e considerato che sei stato tu a voler arrivare a questo punto» ringhiò. «à inutile che indossi quella maschera di compassione e faccia il filantropo! Sappiamo tutti che razza di persona sei realmente! Ti importa solo dei tuoi piani!»
Petya scosse la testa. Β«Invece no. A me importa del nostro popolo quanto importa a te. Io voglio solo migliorare le condizioni di coloro che vivono nell'Oltrespecchio, Godric. Voglio che le faide tra i clan, fra il Nord, l'Ovest, il Sud e l'Est abbiano finalmente fine grazie all'unione sotto un unico vessillo.Β»
Β«L'Est, dici? Lo stesso Est che non esiste piΓΉ grazie a te?Β»
Β«Ai civili non Γ¨ stato fatto alcun male. Ho solamente sconfitto gli eserciti, nient'altro.Β»
Β«E la cittΓ nell'Ovest che hai fatto attaccare dai corsari, allora?Β»
Petya sospirΓ². Β«Avevo ordinato loro di non fare del male agli abitanti. Purtroppo non hanno seguito alla lettera le disposizioni che avevo dato.Β»
Β«Col senno di poi Γ¨ facile parlare, non Γ¨ vero?Β» lo provocΓ² Godric.
Β«Godric, per favore...Β»
Reghsar si voltΓ² a guardare Dante: Β«Ho detto che devi stare zitto, chiaro?!Β» tuonΓ². Ce l'aveva anche lui perchΓ© tutta quella situazione gli risultava bizzarra e... forzata. Qualcosa non gli tornava, lo sapeva. Se lo sentiva nelle ossa. TornΓ² a guardare Yakovich. Β«Dimmi che cosa vuoi, avanti!Β»
«Voglio che tu pensi, solo per un momento, a quanto le cose potrebbero finire male per tutte le persone che ti circondano. Davvero vuoi condannare i tuoi compagni a morte, Godric? Il tuo odio per me è capace di spingersi così oltre e di sacrificare altre vite innocenti? Sono qui per chiederti almeno una tregua e proporti, anzi, di porre fine alla guerra adesso. Accetta e ti giuro che non farò del male a nessuno di voi. Tutti voi potrete mantenere intatti i vostri possedimenti e sarete persino sotto la mia protezione. Tornerete a condurre la vita di sempre e non verrete infastiditi da me mai più. Mi basta solo che tu dica di sì, Godric, e tutto questo finirà nel migliore dei modi. Dimmi di sì e vi aiuterò a salvare Varesya, vi offrirò il cibo che manca ai cittadini, cure mediche per i soldati rimasti feriti e tutto quello di cui necessitate.»
Godric, alle proprie spalle, sentì sollevarsi un brusio. Era ovvio che molti fossero tentati di accettare le condizioni della resa. Ciò che però lo indusse di nuovo a sospettare che ci fosse sotto un che di strano fu vedere Dante quasi sorridere, e non a lui, bensì in direzione di Petya.
Ora sì che capisco, pensò furibondo. Era ovvio che Petya fosse stato imboccato da Dante. Chiaro come il sole, così tanto da risultare offensivo per l'intelligenza di chiunque. E io che mi sono fidato fino ad ora di lui... Mi sono fidato e lui, intanto, forse complottava con Petya o gli passava persino informazioni sui nostri piani di battaglia.
Era dunque così che stavano le cose. Forse erano in quel modo da parecchio e lui ci era cascato in pieno. Aveva lasciato che un lupo rimanesse dentro l'ovile e se ne approfittasse per fare quel che più gli garbava!
SerrΓ² i pugni, colto da un'ira sempre piΓΉ crescente, quasi folle. Il cuore gli pulsava nei timpani, faceva scorrere il sangue nelle sue vene a una velocitΓ impressionante.
Β«Peccato che io non ti credaΒ» sibilΓ² rancoroso. Β«Ci stai solo gettando fumo negli occhi sperando che abbassiamo la guardia! Sei solo una canaglia, Petya, e lo sanno tutti!Β»
Re Ivan si decise a intervenire. Β«Lord Reghsar, non sarebbe forse il caso di prendere in considerazione questa proposta? Forse...Β»
Godric gli rifilΓ² un'occhiata talmente furiosa e assassina che il sovrano non osΓ² continuare. A Petya ricordava molto, al momento, la sua controparte umana, anzi vampiresca: Richard.
Aveva conosciuto eccome quell'uomo, durante la propria provvisoria permanenza nel mondo umano in seguito alla resurrezione come Efialte, ed era fra gli individui più pericolosi che esistessero, se provocato. La cosa più assurda di tutte, però, era vedere come tutto fosse ribaltato nell'Oltrespecchio; nel mondo umano, così come a Obyria, regno per eccellenza dei sovrannaturali, la controparte di Dante era al servizio di quella di Godric nelle vesti di capitano della polizia del regno. Petya lo aveva conosciuto per poco tempo e in maniera molto superficiale e blanda, complice l'indole schiva e riservata di Dario, ovvero l'uomo, anzi vampiro, in questione, ma era impressionante quanto Dante differisse da lui. Oltre a essere palesemente molto più alto e muscoloso, non era poi così riservato e aveva un carisma tutto suo.
Quei due si somigliavano solo in un campo: la ferocia, se e quando provocati. Correva voce che il capitano della polizia di Athanasia, capitale del regno dei vampiri, fosse dotato di una crudeltΓ senza pari quando si trattava di punire i trasgressori e che avesse molta esperienza sul campo di battaglia.
Richard, invece, aveva doti piΓΉ subdole e sopraffine, era schematico, ma anche impaziente; dava tutto a coloro che si mostravano degni della sua fiducia e puniva con rigiditΓ il tradimento; alcuni lo definivano persino malvagio e votato alle Tenebre, ma se fosse vero o meno non era dato saperlo.
Il punto era che avesse preso sotto la propria ala protettrice Ilya e gli avesse insegnato parecchie cose sulla magia, anche quella oscura.
Per quanto un Efialte potesse essere l'opposto della propria controparte, qualche tratto in comune c'era lo stesso e Godric, se solo avesse avuto i capelli biondi, anzichΓ© neri, e gli occhi grigi al posto del particolare color malva, sarebbe stato il ritratto sputato di Richard, il Principe della Notte. Altrettanto fiero fino alla fine, egualmente determinato, con lo sguardo che ardeva e prometteva tempesta e la sicurezza di uno che si sarebbe spezzato, ma non di certo piegato.
«Non ho bisogno di espedienti e diversivi così vili» replicò Petya. «Se avessi voluto gettarvi fumo negli occhi, avrei fatto ben altro. Ti sto tendendo una mano in segno di tregua e di pace, Godric. Ti sto pregando di scegliere in virtù di ciò che è meglio per la gente del Nord, per i tuoi stremati compagni desiderosi di tornare vivi dalle loro famiglie e per te. Riesco a immaginare quanto tu debba sentire la mancanza di tua moglie e dei tuoi adorati figli, e...»
Β«E tu cosa diavolo puoi saperne dei figli, eh?!Β» tuonΓ² furioso Reghsar. Β«Che ne sai di cosa significhi amare una persona?! Tu che ami solo e unicamente te stesso! Sei tu a non poter capire me, Petya! Non hai una famiglia, dei figli che attendono il tuo ritorno ogni singolo giorno!Β»
Solo Dante comprese e condivise il breve lampo di dolore che attraversΓ² per pochi secondi lo sguardo di Petya.
«Godric, non credo che colpire quest'uomo in un punto così molle sia giusto o utile alla nostra causa» si permise di dire. «Non è una colpa non avere una famiglia propria o dei figli. Sappiamo, anzi, che averne è una benedizione, un dono, e non tutti riescono a riceverlo.»
Godric guardò il re dell'Ovest con tanta di quell'acredine che tutti si aspettarono che lo prendesse di lì a poco a pugni. «Come osi difendere questo lestofante?! à come voltare le spalle a tutti quanti noi, a me! Soprattutto a me!» sbottò, battendosi con rabbia una mano sul petto per enfatizzare le parole. «SONO IO IL TUO MIGLIORE AMICO, DANNAZIONE! NON LUI! NON LUI, CAZZO! SENZA DI ME NON SARESTI NEPPURE QUI!»
Sembrava sempre piΓΉ vicino a una crisi isterica o a sentirsi male. Tremava da capo a piedi, lo sguardo era lucido, preannunciava tante lacrime, ma l'ira era l'emozione che piΓΉ lo animava.
Godric ormai era sicuro che Petya fosse riuscito a fare la cosa piΓΉ grave che avrebbe mai potuto fare, quella per cui lui mai e poi mai l'avrebbe perdonato: sottrargli Dante, tirarlo dalla propria parte, fargli il maledetto lavaggio del cervello con chissΓ quali arti subdole.
E se fosse stato Petya a influenzare Dante fino al punto da fargli quasi perdere la lotta contro le Tenebre? E se tutto, ogni singola cosa, fosse da imputare a Yakovich?
Come ha potuto portarti via da noi, da me? E tu come hai potuto permettergli di farlo? Tu che hai giurato che mi avresti appoggiato fino alla fine in questa guerra, fino alla morte!
Dante si guardΓ² in giro, inquieto, poi si avvicinΓ². Β«Godric, ti prego, calmati.Β»
Β«No, invece!Β» Godric, superato ormai il limite, forse del tutto impazzito per la collera, sguainΓ² la propria spada e marciΓ² con decisione in direzione di Petya.
Misha fu sul punto di fare lo stesso per fronteggiarlo e difendere l'uomo al quale aveva giurato lealtà , ma Petya lo fermò, gli disse di non fare niente e di starne fuori. La verità era che non voleva spingere Misha a lottare contro Godric, proprio com'era già accaduto con Dante. Doveva cavarsela da solo, era una questione fra di loro. Sapeva che Godric aveva intuito, sapeva che forse sospettava che Dante fosse una spia e avesse tradito tutti loro, e sapeva anche che ad averlo fatto arrabbiare così tanto fosse stato Evergard.
Pareva quasi assurdo, ridicolo, ma tutto si era ridotto a una contesa, una disputa per un solo uomo.
Non voleva combattere contro Godric, specialmente non di fronte a Dante, il quale si sentiva giΓ abbastanza responsabile di quel trambusto, ma si tenne lo stesso pronto a rispondere all'attacco con la magia, se necessario.
Ciò che non fece fu arretrare. Rimase dov'era e non mostrò paura quando vide che Reghsar ormai era pericolosamente vicino. Nel momento in cui Godric parve voler vibrare un colpo di spada, però, ciò non si rivelò null'altro che una semplice finta che riuscì a distrarre e disorientare Petya giusto il tempo per caricargli un violento pugno in faccia e farlo cadere a terra. Solo allora Yakovich avvertì la gelida e tagliente carezza della lama sul pomo d'Adamo. Lentamente incrociò gli occhi di Godric. «Giuro che adesso ti taglio la gola» ringhiò quest'ultimo.
Prima che Dante potesse intervenire, Misha di corsa si apprestΓ² vicino ai due, sguainΓ² con destrezza la propria arma e la fece sibilare in aria, fermandola a un sol centimetro dal cuore di colui che una volta aveva considerato un genitore. Β«Non costringermi a farloΒ» gli disse, la voce che tremava, vibrava di paura e disperazione, gli occhi verdi pieni di lacrime che non aveva intenzione di versare.
Gli fece male vedere le guance di Reghsar bagnarsi copiosamente. Β«Fai pureΒ» replicΓ² il nobiluomo. Β«Il mio cuore Γ¨ giΓ in frantumi e aspetta solo di ricongiungersi al resto della carcassa.Β»
Petya si ripulì il sangue che gli colava giù sul mento. «Misha, metti via quella spada, ti prego» disse al generale. «Per favore, fallo! Questa è una questione che non ti riguarda! Fa' come ti ho detto!»
Β«Invece mi riguarda eccome!Β» La spada di Mikhail tremava, proprio come la mano che la reggeva e non fu abbastanza rapida da fermare la lama di Godric, la quale mai raggiunse Petya e, invece, affondΓ² nelle membra di un altro, di qualcuno giunto fra di loro all'ultimo secondo e solo per provare a fermare quel tafferuglio.
Godric ritrasse l'arma, ma poi perse colore sul viso e arretrΓ², boccheggiante, vedendo chi aveva in realtΓ colpito. GettΓ² via la spada, senza smettere di fissare Dante che si trovava a terra, nella polvere che aveva assunto una tonalitΓ cremisi, imbevuta del sangue del re.
Non badò più agli altri e fu subito accanto al ferito. Si sentì peggio di prima vedendo che lo aveva colpito al torace, a ridotta distanza dal cuore. Un altro centimetro e...
Perché sì è messo in mezzo?!
Dante, intanto, riusciva a malapena a restare cosciente; la vista gli si raddoppiava a intervalli sempre piΓΉ irregolari, nella bocca avvertiva lo spiacevole sapore del proprio sangue. CercΓ² di fermare l'emorragia premendovi sopra una mano e si girΓ² a fatica per guardare Misha e l'Alto Principe. Β«L-Le trattative sono concluse,Β» gemette, Β«e non nel migliore dei modi, perciΓ²... M-Misha, ti consiglio di portare via da qui il tuo signore e di prepararti a-allo scontro.Β»
Purtroppo era inevitabile. Godric aveva chiarito come stavano le cose e come tutto si sarebbe risolto. Aveva cercato di assassinare Petya e Dante non si era messo in mezzo solo perchΓ© era stanco di vedere le persone a cui teneva morire, ma anche perchΓ© altrimenti le conseguenze del gesto sarebbero state ancora piΓΉ gravi. Aveva dovuto farlo, anche se la ferita faceva un gran male.
Γ andato tutto in malora, pensΓ² rassegnato, serrando le palpebre quando le lacrime iniziarono a scendere lungo il suo viso e non per via del colpo di spada, ma perchΓ© ormai era certo che sarebbe morto e non avrebbe fatto mai ritorno a casa.
N.d.A
Se sentite un rumore, non vi preoccupate: Γ¨ solo il mio cuore che rischia un infarto mentre mi appresto a terminare l'ultima parte che, onestamente, non intendo tirare troppo per le lunghe perchΓ© le scene che comprenderΓ saranno giΓ abbastanza dolorose e tragiche, e non c'Γ¨ niente di peggio dello stiracchiare i momenti del massimo climax. Si rischia solo di sortire l'effetto contrario e di annoiare a morte, quindi... non preoccupatevi, sarΓ breve, sΓ¬, ma non indolore.Β
Confesso che l'undicesima parte era la piΓΉ ostica e ricca di eventi ed emozioni chiave, Γ¨ qui che vediamo la bomba innescarsi e iniziare il conto alla rovescia verso l'esplosione vera e propria. Qui vediamo Dante cedere, dare i primi segnali di crollo emotivo, psicologico e morale.
Se ci pensiamo bene, Γ¨ un po' una metafora di quello che accade spesso prima di una di quelle tragedie che si verificano nei luoghi pubblici, in casa o nelle scuole, quando, ad esempio, un ragazzo pieno di problemi dai quali non riesce a uscire, sottoposto a bullismo e a vessazioni, a pressione psicologica e a traumi, alla fine, un giorno, si sveglia e decide di fare qualcosa di irreparabile, esplode.
Ho sempre detto e ripetuto che la serie di Obyria e Gods and Monsters sono ispirate a questioni e a problemi reali di tutti i giorni e qui, se ripercorriamo le varie tappe, non si puΓ² non affermare che quello che sta per succedere era in parte destinato a succedere.
Non voglio giustificare le scelte di Dante, che spesso e volentieri non sono state giuste, ma chiedo di metterci un po' nei suoi panni e pensare a cosa avremmo fatto al suo posto, specie dopo la tragedia. Proprio come sempre tendo a spezzare una lancia a favore di Alex e del modo in cui scappa, anziché salvare Andrew, in Tredici Rose, così voglio dare a Dante quel che è di Dante e ammettere che se solo Godric fosse riuscito a darsi una controllata, probabilmente le cose sarebbero andate molto diversamente. La calma è tutto nelle trattative politiche ed estere, durante un conflitto bellico, e come si suol dire: ambasciator non porta pena. Godric avrebbe dovuto comportarsi da adulto e mantenere il controllo, non approfittarsi della situazione di svantaggio di Petya, venuto da lui per trovare una soluzione pacifica disarmato e nelle vesti di ambasciatore e diplomatico. Petya sapeva che durante quell'incontro ogni azione offensiva andava evitata ed è stato Godric a violare le regole imposte dalla situazione. Quindi... in parte Dante aveva ragione a dire, come spesso lo abbiamo visto fare in Necromantia Averni e in Tenebre, che la colpa è stata di Godric. Posso capire che alla fine si possano perdere le staffe, posso capire tutto, ma sei a capo di un intero esercito, il futuro del popolo è nelle tue mani, rischi di far uccidere le persone a cui sei legato e non puoi permetterti di perdere la bussola così. Amo Godric con tutto il cuore, ma quando ha torto, ha torto.
E ora mi dileguo e finisco di scrivere l'ultima parte Γ§_Γ§
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