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Il palazzo reale di Vreha era di suggestiva e maestosa bellezza e, proprio come la cittΓ  ai suoi piedi, lasciava immaginare quanto il regno del Sud avesse un'economia fiorente e di invidiabile stabilitΓ .

Reggeva sicuramente il confronto con le dimore degli altri tre re piΓΉ importanti dell'Oltrespecchio e sembrava voler offrire un netto contrasto, in particolare, con la bianca cittΓ  di Elgorad, visto che ovunque il materiale predominante sembrava essere solida e resistente pietra nera.

All'interno del palazzo i colori che si alternavano erano il nero della roccia, l'oro delle decorazioni, degli intarsi e di molti altri oggetti a scopo di ornamento, e il porpora.

La sala del trono, specialmente, avrebbe fatto sentire chiunque in soggezione e il seggio del re, affiancato da quello della regina, era di oro zecchino e sopra vi era posto un purpureo cuscino dalle nappe e cuciture sempre dorate; in cima al trono v'era intagliata la testa di un leone dalle fauci spalancate e così valeva anche per le estremità dei braccioli.

Godric si guardΓ² attorno a bocca aperta. Β«Non c'Γ¨ dubbio: i DylwΓ€gris si trattano decisamente bene!Β» esclamΓ².

Β«Resta concentrato sul nostro obiettivo. Non siamo qui per ammirare la tana dei Leoni di Vreha.Β»

Reghsar sbuffΓ² e imbronciato lanciΓ² uno sguardo torvo a Dante. Β«Certe volte sei davvero noioso, lasciatelo direΒ» si lamentΓ².Β 

Dante sospirò. «Va bene, scusa. Sono nervoso e non mi piace che mi si faccia aspettare.» Gli avevano riferito che il re si sarebbe presentato a momenti nella sala del trono per discutere del motivo per cui si trovavano lì, ma era più di un quarto d'ora ormai che non si faceva vivo nessuno e iniziava ad averne abbastanza.

Godric si accigliΓ². Β«Che ti ha detto il maestro di palazzo?Β»

Β«Che il re era impegnato altrove, ma che sicuramente si sarebbe recato presto da noi.Β»

Β«Non Γ¨ stato granchΓ© esplicativo.Β»

«Purtroppo la gente del Sud è fatta così. Sono ancora più malfidati, altezzosi e scontrosi nei confronti degli stranieri di quanto lo siamo noi dell'Ovest.»

Godric sorrise di sbieco. Β«Allora tu e re Fingal andrete sicuramente d'accordo.Β»

Β«A giudicare da quel che ha detto Ivan, direi proprio di no.Β»

Β«Beh... allora ti toccherΓ  fare uno sforzo.Β»

«Sicuro di non voler parlarci tu? È tutto tuo, se vuoi, davvero.»

Β«Nah, credo di avere la forza di tollerare solo un sovrano pieno di sΓ© e testone alla voltaΒ» replicΓ² Godric scherzoso, facendogli capire che parlava di lui.Β 

Β«DivertenteΒ» commentΓ² Dante, ma si lasciΓ² lo stesso sfuggire un sorriso. TornΓ² serio e si accigliΓ². Β«Davvero sembro un pallone gonfiato?Β»

Β«Uhm... vuoi una risposta sincera o un parere gentile?Β»

Β«La prima, ovviamente.Β»

«A volte lo sembri, sì. Voglio dire... dai quasi l'impressione di essere un po' insofferente e tediato dal prossimo, anche se anni fa non eri affatto così. Lo sei diventato un po' alla volta, diciamo.»

Β«Sul serio?Β»

«Sì, ma non penso sia colpa tua e... beh, a giudicare dalla tua sorpresa, neppure te ne accorgi, perciò non puoi esser biasimato fino in fondo. Capita a tutti di avere dei momenti in cui... come dire... ci si sente come un pezzo di legno trasportato e sbatacchiato da una parte all'altra dai flutti del mare.»

«In effetti è proprio così che mi sento» ammise Dante. «E non ne so neppure la ragione. Ho tutto quello che per anni ho soltanto potuto sognare e invidiare agli altri.»

Β«Ma...?Β»

Β«Ci sono giorni in cui ho la sensazione che non sia abbastanza. Di avere tutto e di non avere al tempo stesso nienteΒ»

Godric tacque. Β«Una volta, diversi anni fa, mi dicesti di avere problemi irrisolvibili. Persistono tuttora?Β»

«Alcuni sì, ma ho imparato a conviverci. Non si può far altro coi propri demoni, in fin dei conti.»

Β«Si puΓ² sconfiggerli, invece, e io penso, anzi sono convinto, che dentro di te tu abbia la forza necessaria per riuscirci. Devi solo trovare la giusta arma e il gioco Γ¨ fatto, credimi. Nessuno dovrebbe essere costretto a convivere con qualcosa che lo divora da dentro e fa soffrire.Β»

Evergard esitΓ². Lo stava assalendo una tristezza infinita e nel petto avvertiva una voragine che temeva un giorno si sarebbe divorata tutto ciΓ² che la circondava fino a quando di lui non sarebbe rimasto altro, se non un guscio vuoto. Β«Tu sembri un esperto in questo campo, quindi... Γ¨ mai possibile che ci si affezioni ad alcuni demoni fino al punto da sentirsi vivi proprio grazie a loro e non volere che se ne vadano, anche se mordono rischiano di prendersi quel poco che resta del loro ospite?Β»

Si sentiva incapace di strapparsi via dall'anima un demone in particolare, lo stesso che ogni volta che lui si trovava accanto a Godric forzava il suo cuore a battere forte e, di tanto in tanto, gli sussurrava di fare cose che sapeva bene non sarebbero parse giuste.

Godric squadrΓ² l'amico. Β«Il problema con i demoni interiori Γ¨ proprio questo, Dante: ti convincono che senza di loro non potresti sopravvivere e in questo modo ti impediscono di liberarti dal loro giogo, ti uccidono un po' alla volta. Magari possono apparire seducenti, in un primo momento il dolore che ci causano puΓ² persino arrecarsi piacere, ma in realtΓ  vogliono solamente che rimaniamo calmi mentre poco a poco ci digeriscono.Β»

Β«Io perΓ² ne conosco uno che in sΓ© per sΓ© non vuole farmi del male. Credo, anzi, che forse non desideri altro che il mio bene, ma mi tortura perchΓ© mi ostino a non dargli ascolto.Β»

Godric non riusciva a capire dove volesse andar a parare quella metafora che entrambi avevano cominciato a rilanciarsi contro come una palla da gioco. «Ma se le cose stanno così, allora qual è il problema? Se è innocuo, che male può fare cedere?»

Β«Farei del male a qualcun altro. A molti altri, anzi. La mia felicitΓ  renderebbe infelice persone che mi stanno a cuore e che non voglio deludere. Tuttavia... ogni singola volta che dico di no a questo demone e lo respingo, mi sento morire.Β»

«È... È terribile» concluse Godric, un po' scosso. «Sei... sei sicuro di non voler parlarne più apertamente almeno con me? Fidati, non direi niente a nessuno e rimarrebbe fra di noi. Puoi fidarti, Dante, credimi. Se hai bisogno di sfogarti e toglierti un peso, io sono qui. Non devi far altro che aprirmi il tuo cuore e parlare.»

Β«E renderti custode dei miei problemi impossibili da risolvere?Β» lo rimbeccΓ² ironico Evergard. Β«SarΓ² pure una canaglia, ma di certo non fino a tal punto.Β»

Β«Quale amico si rifiuta di aiutarne un altro a portare un fardello visibilmente troppo grande e gravoso per un solo paio di spalle?Β» cercΓ² di scherzare Godric. Β«Su, avanti! Almeno provaci, no?Β»

Β«Provare a fare che?Β» chiese l'altro, cercando di non suonare sospettoso o come un ladro che era appena stato colto sul fatto.

Β«A parlare dei tuoi problemi.Β»

«Ah, uhm...» Dante deglutì. «I-Il fatto è che... voglio dire... i-io... è un po' complicato, ecco» biascicò, consapevole di star facendo la figura dell'idiota.

Β«CapiscoΒ» commentΓ² lentamente Reghsar, incerto. Β«Scusa, ma... sembra quasi che tu stia per sentirti male.Β»

«Chi? Io?» Evergard mosse una mano come a scacciare la questione. «Sto benissimo.» Arretrò, deciso a mettersi un attimo in disparte per darsi una calmata, ma lo fece così in fretta da urtare uno degli alti candelabri che illuminavano la sala. Per fortuna non cadde. «Chi cazzo ce l'ha messo 'sto coso qui?» borbottò alterato Dante, cercando di rimettere a posto in fretta le tre candele cadute sul pavimento. Nel mentre, sottovoce e a denti stretti, non mancò di ribattezzare a dovere l'intero pantheon di Sverthian e dell'Oltrespecchio. Si accorse, alla fine, di aver tuttavia messo sottosopra ben due candele e udendo Godric non farcela oltre e scoppiare a ridere di gusto, desiderò solo di poter sotterrarsi. «Voglio morire» si lamentò tra sé, rosso in viso per la vergogna.

Davvero eccellente, Evergard. Ora penserΓ  solo che sei un imbecille e un imbranato.

Β«Santi numi! Cos'Γ¨ questo melodioso suono che odo sin da prima di entrare?Β»

Sobbalzarono sia lui che Godric quando una terza voce giunse dalle loro spalle, insieme al lieve rumore delle porte che si richiudevano. Entrambi si voltarono e videro un uomo alto e dalla corporatura di un atleta, di bel portamento, avvicinarsi e studiarli a turno con due occhi violetti dal taglio felino. Lunghi capelli corvini scendevano sulle spalle e sul capo recava una corona d'oro zecchino ornata da scintillanti ametiste che sembravano richiamare vagamente il colore delle iridi.

Vestito con eleganza e in maniera impeccabile secondo la moda del Sud che univa la sobrietΓ  all'esternare la ricchezza e il nobile rango che taluni possedevano, davanti a loro c'era re Fingal.

Β«I-Io... v-vi chiedo scusa, maestΓ , probabilmente ho riso un po' piΓΉ forte del dovutoΒ» biascicΓ² Godric, temendo di non aver fatto una bella figura.Β 

Re Fingal, tuttavia, scosse la testa e piegò le labbra in un leggero sorriso. «Avete una bella risata, molto contagiosa. Di questi tempi non mi va di punire nessuno che riesca a trovare un minuto per concedersi un po' di allegria. Non dovete scusarvi.» Nel passare accanto a Godric, quest'ultimo vagamente avvertì provenire dal sovrano di Vreha un vago e piacevole sentore balsamico e speziato. Si ritrovò, senza volerlo, a respirare quell'aroma e, suo malgrado, a dover ammettere che quell'uomo non fosse semplicemente avvenente, ma davvero bello.

Accidenti, il Nord e il Sud non potrebbero scambiarsi i rispettivi re?

Non che l'altro sovrano presente nella sala non riuscisse a reggere il confronto, ma rispetto a Dante, Fingal pareva sfruttare al massimo il fascino che sapeva di esercitare sul prossimo e non vergognarsene affatto. Era chiaro che l'umiltΓ  non rientrasse nelle sue qualitΓ  di maggior spicco, ma quella sorta di amabile superbia gli si addiceva, rendeva giustizia al soprannome che egli si era guadagnato, ovvero β€ŸLeone di Vreha".

Era quasi impossibile staccargli gli occhi di dosso ed egli lo sapeva. Eccome se lo sapeva.

Nell'accomodarsi sul trono non si disturbò a nascondere il velato interesse che sembrava nutrire nei riguardi di Reghsar, il quale, accorgendosene, puntò il proprio sguardo a terra e si augurò che il rossore sulle gote non fosse così evidente.

Fingal, poco dopo, decise probabilmente di dargli tregua e si concentrΓ² sull'altro uomo, nonchΓ© suo pari. Β«Il re dell'Ovest, dico bene?Β»

Β«PrecisamenteΒ» replicΓ² Dante. SarΓ  pur stato cieco, ma era comunque al corrente che ci fosse un'aria strana nella sala del trono, quasi elettrica. Β«Lui, invece, Γ¨ Lord Reghsar di Varesya.Β»

Β«Piacere di fare la vostra conoscenzaΒ» disse il re del Sud, seppur rivolgendosi piΓΉ a Godric che all'altro sovrano. Di fronte a quella mossa in virtΓΉ di una strategia ben nascosta che Dante aveva capito fin troppo bene, il re di Elgorad, con fare calmo, ma autoritario e a tratti minaccioso, si avvicinΓ² a Godric e gli si parΓ² accanto. L'unico a non aver probabilmente capito un bel niente sembrava proprio quest'ultimo, il quale si domandΓ² il motivo dell'espressione non proprio amichevole dell'amico.

Fingal restrinse di poco lo sguardo e sorrise di sbieco in maniera enigmatica.Β 

Che fai, Volpe dell'Ovest? Difendi per caso il territorio?

Da quel che poteva intuire dal modo di porsi di Evergard, era possibile che Lord Reghsar, in realtΓ , fosse il suo amante e dunque zona preclusa ad altri. Avrebbe giustificato un simile atteggiamento, anche se qualcosa non gli tornava.

Ma guardalo... Aspetta solo che io faccia un solo passo piΓΉ lungo della gamba per mettersi a ringhiare come la bestia che Γ¨ in realtΓ , pensΓ² sprezzante. Lo infastidiva parecchio che qualcuno si mettesse in mezzo fra lui e una persona che aveva catturato all'istante il suo interesse. Non amava le porte chiuse, in sintesi.

Sapeva che vi fossero questioni importanti di cui discutere, ma non gli piaceva lasciare in sospeso una faccenda e gli andava di divertirsi un po'.

Β«Vi chiamate Dante, vero?Β» domandΓ² neutrale.

Gli occhi cerulei di Evergard si restrinsero lievemente. Le pupille, anziché come al solito rotonde, parevano essersi ristrette e allungate. Non era proprio un bel segno ed era ovvio che Fingal gli desse grandemente sui nervi. «È il mio nome, sì.»

Β«Mhm... Γ¨ possibile, mi domando, che siate la stessa persona che diverso tempo fa uccise brutalmente un nobile di nome sir Leowan Nymred di Zanhaarg? Dicono che il suo assassino, poi, massacrΓ² anche i soldati del poveretto e a quest'ultimo mozzΓ² la testa, presentandola infine alla plebe di Thelsa. Quest'individuo era un cacciatore molto famoso e temuto, e rispondeva, casualmente, a un nome tale e quale al vostro. All'epoca non eravate ancora re, mi sembra. Eravate un principe poco entusiasta all'idea di salire al trono e mi risulta che quella non fu la prima barbarie perpetrata da voi con la giustificazione che fosse una pura e semplice questione di giustizia. Se ho tralasciato qualcosa vi chiedo perdono, ma sapete com'Γ¨... sono stato cresciuto da una balia molto zelante che tendeva a minacciarmi di chiamare la Feroce Volpe dell'Ovest e farmi divorare da essa, se non mi fossi comportato bene. La vostra terribile leggenda si estende oltre i confini di Elgorad.Β»

Godric si accigliΓ² e, inquieto, si voltΓ² per guardare Dante e si rese conto che non sembrava propenso a negare di aver commesso l'atto menzionato da Fingal. In realtΓ , conoscendolo, tra non molto avrebbe anche potuto raggiungere il re del Sud per prenderlo a pugni, nel migliore degli scenari possibili.

Benché scombussolato nell'esser venuto a conoscenza in tale maniera di quella vicenda sanguinaria, Godric sapeva altresì bene che era della massima importanza, per entrambi loro, cercare di mandar giù eventuali bocconi amari per favorire l'alleanza fra il Nord, il Sud e l'Ovest.

«Vostra maestà, perdonatemi se parlo senza il vostro permesso e senza saper chissà quanto in merito all'episodio da voi menzionato, ma io conosco bene quest'uomo e so che non farebbe mai del male a nessuno senza una ragione più che valida e sacrosanta. Il re di Elgorad è un brav'uomo e una persona corretta, sono pronto a giurarlo su ciò che volete, se occorre. Ad ogni modo, ci troviamo qui perché, come sicuramente già saprete, una grande guerra minaccia di avvolgere tra le proprie spire non solo il regno dal quale io provengo, ma anche l'Ovest e Vreha. L'Est, purtroppo, è stato già conquistato e sconfitto, ma i regni ancora liberi stanno provando ad opporre resistenza all'imminente invasione ad opera di Iago, colui che è anche conosciuto come Alto Principe.» Strinse con gentilezza un braccio a Dante per fargli capire che andava tutto bene, poi mosse alcuni passi verso il trono. «Mio signore, io e il re dell'Ovest siamo venuti qui in nome dei regni da noi rappresentati, da umili ambasciatori, per chiedervi di prendere in considerazione di allearvi con Elgorad e Vyrenis per respingere l'avanzata dell'esercito di Iago e conferire anche al vostro popolo e a voi stesso, così come alla vostra famiglia, maggior protezione e possibilità di uscire vittoriosi dal conflitto.»

Dentro sudava freddo, ma fuori appariva ben disposto, cordiale e amabile senza perΓ² trapassare l'invisibile confine e risultare stucchevole.

Malgrado si fosse sentito un po' attratto dal bel sovrano di Vreha, al momento invece provava disagio e imbarazzo nel venir passato in rassegna da capo a piedi da Fingal.

Di quel passo si sarebbe visto costretto a rivelare, casualmente, di essere sposato e di avere pure dei figli. Tutto purchΓ© Fingal la facesse finita di voler praticamente spogliarlo con gli occhi e probabilmente fare anche molto altro.

Magari a volte poteva sembrare un ingenuo e forse lo era davvero, non aveva mai avuto la presunzione di ritenersi chissΓ  quanto sveglio e astuto, ma non era uno sprovveduto fino in fondo e certi sguardi li riconosceva al volo.

Il fatto che re Fingal, tra l'altro, andasse famoso non solo per essere un temibile avversario in battaglia, un re amato dal proprio popolo e ricco da far paura, ma anche per la fama di seduttore e per aver avuto un bel po' di amanti sia donne che uomini, non faceva che confermare il timore che egli non avesse in realtΓ  ascoltato neppure una parola del discorso che gli era stato appena esposto.

A Vreha le cose andavano diversamente e alle coppie sposate non era imposta alcuna fedeltΓ ; le mogli e i mariti potevano avere tutti gli amanti che desideravano, ma era perΓ² necessario che prima riuscissero a dare alla propria famiglia un erede al quale tramandare tutti i possedimenti.Β 

Fingal era il re e come tale, dunque, aveva una libertΓ  pressochΓ© sconfinata da quel punto di vista. Poteva fare ciΓ² che voleva e nessuno poteva permettersi di contraddirlo.

Godric si pentiva di aver in passato criticato Dante. Lui almeno, dopo il matrimonio, aveva messo la testa a posto e non si era mai azzardato a tradire Neera, il che lo rendeva di gran lunga piΓΉ rispettabile e nobile di Fingal.

Il re di Vreha parve riflettere. «Perché mai dovrei allearmi con il Nord? Nei confronti dell'Ovest non nutro risentimento o antipatia, ma il discorso è differente per Vyrenis. Qui al Sud temo abbiamo un'idea non proprio benevola del Nord. E comunque le mura della mia città e le difese del regno non hanno mai ceduto all'assedio dei tanti nemici che si sono permessi di attaccare Vreha. Mai il dominio dei miei padri è caduto nelle mani di un aggressore straniero e dubito che quest'uomo, Iago, potrebbe riuscire nell'impresa. So bene cosa sta accadendo, visto che mi premuro sempre di restare informato su cosa succede negli altri regni, ma Vreha è perfettamente in grado di difendersi da sé.» 

Dante, udendo quelle parole, si trattenne dall'emettere un verso sprezzante e nauseato. Fingal era esattamente conforme all'idea che si era fatto di lui prima del loro incontro: spocchioso, superbo, arrogante e troppo adagiato su allori che potevano seccarsi da un momento all'altro e cedere sotto il peso di tanta boria.

Si impose di restare calmo. Β«Perdonatemi, maestΓ , ma credo che ignoriate il reale pericolo rappresentato da Iago. Parliamo di un esercito imponente, qualcosa di mai visto prima. Ora puΓ² beneficiare dell'appoggio dell'Est e dei soldati che con l'andare del tempo Γ¨ riuscito a radunare. Non c'Γ¨ la benchΓ© minima e assoluta certezza che Vreha riuscirebbe a resistere a un assedio di tale portata e credo che il Sud, proprio come ha giΓ  fatto l'Ovest, possa per una volta lasciar perdere gli antichi rancori e ragionare secondo ciΓ² che Γ¨ meglio per la sopravvivenza di tutti quanti.Β»
Lui aveva accettato di allearsi con il Nord perchΓ© aveva pensato in primo luogo alla propria famiglia, non solo all'orgoglio e alle ripetute offese da parte di Vyrenis. A lui era stato gettato addosso del sangue animale durante un ricevimento e per tanti anni, sin dalla giovinezza, non aveva ricevuto da parte del Nord nient'altro che scherno o freddezza, eppure aveva ingoiato ogni boccone amaro per il bene di Elgorad. Cosa impediva, dunque, a quel re viziato e fanfarone di fare lo stesso? Lui che chiaramente non aveva mai sofferto realmente neppure per un istante da quando era nato?

Era risaputo che Fingal fosse cresciuto circondato dall'agio e da amorevoli attenzioni, senza mai dover preoccuparsi di alcunchΓ© nΓ© guadagnarsi il rispetto del proprio popolo. Qual era il suo problema, esattamente?

Difendi tanto sir Leowan, e sai cosa? Me lo ricordi proprio.

Davvero non gli importava della possibilitΓ  che tutto il suo popolo venisse trucidato, la cittΓ  capitale data alle fiamme, rasa al suolo fino all'ultima pietra? L'orgoglio valeva piΓΉ di chissΓ  quanti milioni di vite presenti soltanto nel cuore del regno?

Al diavolo la diplomazia. Quello lì sopravvalutava le proprie capacità, altro che storie.

Fingal strinse appena le labbra. Β«Con tutto il rispetto, non penso che un sovrano che un tempo ha vissuto da semplice Ammazzadraghi, da mercenario, abbia il diritto di dire a me, un re a lungo istruito al meglio per saper governare a dovere il proprio regno, cosa fare o non fare per proteggere la propria genteΒ» rispose gelido.Β 

Chi diavolo era Evergard per criticarlo o dargli lezioni su come difendere Vreha? Come si permetteva, anzi, di fargli in poche parole la ramanzina?

Se solo poi non fossi costretto a vedermela con il suo regno inferocito, godrei tanto nel farlo sbattere nelle segrete per fargli rinfrescare un po' le idee e ricordargli che qui non Γ¨ nessuno e non ha alcun potere.

Sapendo che la situazione stava precipitando, Godric si decise a riprender parola: Β«Vostra maestΓ , vi prego di perdonare il re di Elgorad se le sue parole sono parse un po' troppo brutali e dirette. Abbiamo viaggiato a lungo per arrivare fin qui il prima possibile e credo che dopo esserci riposati un po' saremmo in grado di affrontare meglio l'argomento. Vi imploro di accettare queste scuse a nome di entrambi e di darci una seconda possibilitΓ Β».

Il re di Vreha soppesò per un po' le parole di Godric, infine sospirò e annuì: «Sì, mi sembra giusto offrirvi ristoro e ospitalità dopo un così lungo viaggio» sentenziò. «Vi prego di scusare a vostra volta la mia mancanza di buone maniere. Non era mia intenzione mancare di rispetto a voi, Lord Reghsar, o sir Evergard, re dell'Ovest.»

Β«Non sono un dannato cavaliereΒ» si lasciΓ² sfuggire Dante, spazientito, e solo per poi ricevere un colpo di gomito fra le costole dall'amico.

Β«Questo mi era evidente, ma grazie per aver confermato ciΓ² che sospettavo giΓ  da primaΒ» replicΓ² con finta cortesia Fingal, alzandosi dal trono. Β«Bene, disporrΓ² affinchΓ© due stanze per gli ospiti vengano preparate per tutti e due.Β»

Reghsar si trattenne dal sospirare per il sollievo e sorrise. Β«Vi ringrazio, maestΓ .Β»

Fingal rispose al sorriso con una piccola curvatura delle labbra, ma poi rifilΓ² a Dante uno sguardo glaciale e sprezzante. Β«Consiglio al vostro compagno di viaggio di farsi un bagno gelato. Solitamente aiuta le teste calde a schiarirsi le idee.Β»

Evergard finse di non aver sentito e si ripetΓ© di dover stare calmo per il bene del proprio regno, il suo stesso bene e anche quello di Godric che si sarebbe ritrovato in netto imbarazzo se lui avesse finito per sbattere al muro Fingal e aprirlo dalla testa all'inguine come un pesce.

La cosa che gli aveva dato piΓΉ fastidio era che quel bastardo chiaramente stesse cercando di ingraziarsi Godric e questo... dannazione, lo faceva uscire di testa.

Appena furono rimasti da soli, Reghsar si voltΓ², incrociΓ² le braccia e squadrΓ² con durezza Evergard. Β«Togliti subito dalla faccia quell'espressione assassina, per piacere.Β» Scherzi a parte, aveva l'espressione di uno che stava per commettere un massacro e la cosa non gli piaceva. Gli si avvicinΓ². Β«Ricordi cosa ti dice sempre Neera? Conta fino a dieci e fai un bel respiro. Su, forza, provaci.Β»

Β«Al diavolo il bel respiro!Β» sbottΓ² Dante. Β«Quel bastardo mi ha sputato metaforicamente in faccia e sarei io a dover darmi una calmata?!Β»

Godric ridusse gli occhi a fessura. Β«Certo, probabilmente sarebbe molto piΓΉ semplice per te torturarlo, tagliargli la testa e offrirla come trofeo al suo stesso popolo.Β»

Β«Senti...Β»

Β«Come hai potuto fare una cosa del genere, me lo spieghi? Quand'Γ¨ successo, poi?Β»

«È una lunga storia e non è come sembra! Chiaro?»

Β«Con te Γ¨ sempre una lunga storia, Dante Evergard. Resta il fatto, perΓ², che tu abbia ucciso una persona per motivi che ora neppure ti disturbi a rivelare. Ne abbiamo giΓ  parlato in passato ed ero convinto che si fosse trattato di un episodio isolato, ma a quanto pare mi sbagliavo. La tua Γ¨ un'abitudine e oggi per colpa del tuo pessimo carattere e delle tue passate prodezze abbiamo rischiato di mandare a monte l'alleanza con il Sud. Ti ricordo che la sicurezza dei tre regni non ancora conquistati da Petya dipende dalla tua capacitΓ  di tenere a bada gli istinti e far buon viso a cattivo gioco. Vale a dire, Dante: se Fingal dovesse arrivare a insultare persino il prozio del tuo bisnonno di non so quale altro tuo avo, tu sorriderai e farai finta di non aver sentito per dimostrare che sei capace di controllarti quando in ballo ci sono le vite delle persone a cui tieni. Se non vuoi farlo per la guerra, per Elgorad o per te stesso, fallo per Neera e Yvaine.Β»

Godric fece un respiro profondo e si sistemΓ² meglio il mantello sulle spalle. A Vreha faceva molto piΓΉ caldo rispetto che nel Nord. Β«Beh, io vado dal re e provo ad appianare ulteriormente la situazione con lui e a lisciargli un po' il pelo. Se riesco a convincerlo a parlare con noi stasera, magari a cena, forse riusciamo a portare a termine con successo la missione e a tornare interi e vivi a Vyrenis. Tu, nel frattempo... beh... cerca di non fare niente di avventato e di non essere... insomma...Β»
Β«Me stesso?Β» incalzΓ² rauco Dante, non sapendo cos'altro dire dopo la ramanzina che aveva ricevuto. Lo aveva ferito che Godric avesse tirato fuori questioni che avevano giΓ  affrontato e per le quali lui, onestamente, credeva di aver fatto abbastanza ammenda.Β 

Sei il primo a dire che ogni tanto ne faccio una giusta, ma poi, alla prima occasione, punti il dito e ti metti a giudicare senza neanche sapere tutta la storia. Senza darmi la possibilitΓ  di spiegare.

Si domandava che senso avesse tutto quanto, se non gli era permesso esser se stesso e solo perchΓ© agli altri non andava a genio. Solo perchΓ© a Fingal dava fastidio.Β 

La bestia che ora giudichi è la stessa che una volta, però, ti ha salvato la vita. Non conta neppure quello? Non basta a farti capire che sono capace di controllarmi e distinguere bene e male? Hai così poca fiducia in me?

Non avrebbe voluto perdere le staffe a quel modo, poco fa, ma Fingal pareva essersi impegnato fino all'ultimo per infastidirlo e farlo apparire agli occhi di Godric per una persona che in realtΓ  non era affatto.Β 

Credevo che almeno tu avresti visto qualcosa di buono in me.

«Sì, esatto» disse Godric. «Non... beh, non combinare altri pasticci. Se tutto andrà per il meglio, dovrai fare uno sforzo per andare d'accordo con Fingal. Medita su questo, Dante, e sul motivo per cui davvero ti trovi qui.» Non sapendo cos'altro dire e consapevole che ogni minuto fosse prezioso, Reghsar uscì dalla sala del trono e andò alla ricerca del re di Vreha.

Dante, invece, non si mosse. Avrebbe voluto seguire Godric, scusarsi per aver rischiato di mandare all'aria tutti gli sforzi che avevano fatto fino ad allora e anche spiegargli che Fingal aveva detto solo quello che gli aveva fatto comodo dire, che la realtΓ  fosse ben altra e non avesse ucciso quell'uomo per puro e sadico piacere, ma probabilmente ogni parola sarebbe solo apparsa come un infantile tentativo di indorare una scomoda veritΓ .

Non era pronto a subire altri rimproveri e altre critiche, non avrebbe retto anche a quello, lo sapeva, e poi... beh, se avesse rivelato la reale motivazione per cui aveva tagliato la testa a sir Leowan, poi avrebbe sollevato anche un'altra questione: Kellen e il rapporto che aveva avuto con lui.Β 

Non gli andava di ammettere di aver avuto una relazione con Kellen e di esser andato contro i principi morali che vigevano a Elgorad. Non voleva smascherarsi da solo. La sua identitΓ  in merito a certe questioni era giΓ  messa a dura prova dai sentimenti per Godric, non aveva bisogno di altre motivazioni per aumentare la confusione che regnava nella sua testa.

Godric era riuscito, in quelle ore precedenti alla cena, ad ammansire il sovrano di Vreha e convincerlo a dargli modo di esporgli i vantaggi e benefici di un'alleanza con il Nord e l'Ovest.

Ora eccolo lì, accanto a lui che invece sedeva in cima alla tavola, circondato dal miglior cibo e dalla migliore qualità di vini presenti nell'Oltrespecchio, nonché dallo sfarzo. 

BenchΓ© Fingal avesse una consorte e un figlio di ormai sedici anni, quella era pur sempre una cena d'affari e dunque solo il re era tenuto a presenziarvi, insieme ad alcuni funzionari e magistrati.

Dante sedeva di fronte a Godric, dall'altra parte, e fra lui e Fingal sembrava scorrere a ondate piΓΉ o meno regolari una scia elettrica e pericolosa basate su occhiate glaciali e parole solo in apparenza cordiali e civili.Β 

A un certo punto, perΓ², il consigliere del re, uomo di gran lunga piΓΉ diplomatico e tollerante del sovrano, attirΓ² l'attenzione di Evergard e iniziΓ² a parlare con lui, con molta serietΓ , della questione dell'alleanza e della situazione attuale presente sul fronte di guerra, nonchΓ© di come stesse procedendo lo scontro fra Vyrenis e gli invasori atto a far mantenere al regno il controllo sulle terre del Nord.

Fingal, dunque, guardΓ² Godric e dopo aver in un certo senso esitato, si sporse e a voce molto bassa si decise a fargli una domanda ben precisa: Β«Vi chiedo di perdonare la mia sfacciataggine, ma... qual Γ¨, esattamente, il vostro legame con il re di Elgorad?Β»

Godric stava sorseggiando del vino, a malapena aveva toccato cibo, ansioso com'era, e udendo la domanda del sovrano di Vreha fu vicino allo strozzarsi con la bevanda dal sapore speziato. Β«I-Io e il re di Elgorad siamo amici da molto tempo e... insomma, lo conosco sin da quando ero bambino. Si puΓ² dire che mi abbia cresciuto lui e sempre a lui devo gran parte delle mie conoscenze magiche e anche nel campo delle armi e della scherma. Mi ha insegnato tutto ciΓ² che so, a parte la medicinaΒ» rispose poi, tenendo lo sguardo basso e provando in tutte le maniere a non guardare verso l'oggetto della conversazione. Temeva che avrebbe finito per arrossire e non sarebbe di certo riuscito a nascondere una cosa simile al re di Vreha. In parte era ancora arrabbiato, ma voleva bene a Dante e... lo amava. Lo amava e sapeva di esser stato con lui troppo duro.

Fingal scoccΓ² un fugace, ma intenso e astioso sguardo, al re di Elgorad, poi annuΓ¬ tra sΓ©. Β«Mhm, capisco. Nient'altro? Insomma... sembrate in molta sintonia, avere un rapporto... oserei dire simbiotico, passatemi un termine cosΓ¬ sterile. Mia moglie adora da sempre una particolare specie di canarini definiti β€Ÿinseparabili" perchΓ© sembra che non possano esser allontanati senza il rischio che poi uno dei due si lasci morire di inedia e prostrazione dovute alla mancanza della sua dolce metΓ . Si suicidano, in un certo senso, perchΓ© la morte Γ¨ preferibile alla separazione. Scusate di nuovo la mia insolenza, so che siete sposato e per di piΓΉ felicemente, ma... voi e il re che chiaramente tanto stimate e tenete in gran considerazione mi ricordate molto quei canarini. È possibile che io stia affermando il vero?Β»

Β«Non capisco, maestΓ . Cosa mi state chiedendo, di preciso?Β»

Il sovrano, allora, scelse di essere schietto e, avvicinandosi di piΓΉ, sussurrΓ² a Reghsar: Β«Vi sto domandando, Godric, se per caso siate anche l'amante del re dell'Ovest, e non semplicemente un suo caro amico ed ex-allievo. Siete intimi fino a quel punto?Β»

Godric a momenti perse la presa sul proprio calice e sentì ogni centimetro del viso, orecchie comprese, andare in fiamme. Per un brevissimo lasso di tempo guardò in direzione di Dante e si vide comparire di fronte ragguardevoli, nonché proibiti e ardenti scenari basati sulla congettura di Fingal. 

«Oh cielo» esalò, scostando subito gli occhi e facendo un veloce gesto solitamente rivolto alla Grande Madre come scongiuro e remissione di eventuali peccati e sensi di colpa. «I-Io n-non so di cosa...», scosse la testa. «Il re di Elgorad e io siamo semplicemente amici e lui non oserebbe mai tradire quest'amicizia per scendere a livelli così infimi. Per lui sono sì e no alla stregua di un fratello minore o di un figlio, sire, ve lo assicuro. E poi... in ogni caso la dottrina presente nel suo regno e nella società nella quale è cresciuto non prevede atti simili fra due uomini o due donne» aggiunse poi, stridulo. «Non so cosa vi abbia fatto credere che io... c-che lui... oh, Grande Madre, perdonaci tutti!»

Pur sentendosi estremamente ipocrita e bugiardo, non avrebbe permesso a Fingal di avanzare insinuazioni così ignobili sul conto di Dante il quale mai, neppure una volta, aveva anche solo fatto la benché minima cosa per spingere lui a credere che ci fosse qualcosa di più forte dell'amicizia ad animarlo. Mai e poi mai. L'unico con la coscienza sporca era Godric e nessun altro.

Fingal, perΓ², non era convinto. Da dove si trovava lui, la faccenda era piΓΉ complicata e ambigua. Β«Lo dite perchΓ© Γ¨ vero o solo per difendere lui e la sua reputazione, nonchΓ© la serenitΓ  matrimoniale con la regina? Non credo abbia molta importanza questo suo sedicente ritenervi alla stregua di un figlio o di un fratello, visto che in fin dei conti non siete realmente tale e non avete legami di sangue di alcun tipo con lui. Dopotutto siete entrambi adulti, adesso. Non c'Γ¨ un reale impedimento.Β»

Godric strinse le labbra, poi: «Lo dico perché è esattamente così che stanno le cose, maestà. Il sangue non è tutto, sapete? Certi legami sorgono e basta, a prescindere o meno dalla parentela.»

L'unico erede della stirpe DylwΓ€gris, perΓ², ancora nutriva dei dubbi e la sua teoria si rifiutava di crollare visto che, come potΓ© constatare in quello stesso istante, Evergard sembrava tener d'occhio entrambi, soprattutto lui, anche se con la coda dell'occhio e in maniera celata. Fingal, dunque, volle provare a fare una cosa: senza smettere di ricambiare l'occhiata vigile dell'altro sovrano, in maniera molto velata mosse una mano e la accostΓ² di molto a una di quelle di Godric. La reazione di Dante gli fece intendere, in modo inequivocabile, che forse avrebbe anche potuto pagar molto caro un solo centimetro di vicinanza in piΓΉ. Lo sfidava a osare e a farlo di fronte ai suoi occhi, se ne aveva il coraggio.

Il re di Vreha vide le dita della mano sinistra di Evergard serrarsi con sinistra intensitΓ  sul bordo della tavola, tanto da far scricchiolare il legno.

Solo un fratello minore, eh? Fra voi due non so chi sia il piΓΉ bugiardo e ipocrita.

Decise di smetterla di tirare la corda e annuì. «Capisco. Perdonate, allora, le mie insinuazioni, per giunta errate» concluse, sorridendo cordialmente a Reghsar. «Temo di aver travisato tutto e reso torbido qualcosa invece puro e trascendentale. Ad ogni modo, vi dona tanta religiosa devozione. È una dote rara e quasi vi invidio.»

«Perché mai? Non siete un uomo timorato degli dèi?»

Β«Nient'affatto, temo. Sono un uomo pratico che crede solo in ciΓ² che puΓ² vedere e spiegare. Odio pensare che possa esserci qualcosa al di sopra di me con il potere di decidere per la mia vita e la mia sorte al mio posto. Preferisco credere, piuttosto, di essere padrone incontrastato e assoluto della mia persona. Decido io cosa fare o meno con la mia esistenza. Non ho tempo per temere esseri che neanche ho mai visto e non so neppure se esistano realmente o meno. A mio parere sono tutte frottole.Β»

«Vostra grazia, temo di dover contraddirvi: ci sono prove incontrastabili della presenza un tempo così evidente e vicina ai mortali degli dèi. Siamo certi quasi al cento per cento che siano esistiti e che esistano probabilmente ancora.»

Β«Eppure ora tacciono. Lo fanno da secoli, se non millenni.Β»

Β«Questo non significa che non veglino comunque su di noi e non osservino come ci comportiamo con il prossimo. Non vuol dire che non esista un aldilΓ  dove chi Γ¨ stato buono e generoso con gli altri rivedrΓ  i propri cari e in eterna beatitudine e chi, invece, ha agito scorrettamente e con malizia sarΓ  destinato alla punizione e alla remissione dei peccati.Β»

Fingal si sostenne il viso con una mano e scrutΓ² con attenzione e con ancor piΓΉ interesse di prima l'avvenente Lord. Sembrava ascoltarlo realmente e affascinato dall'umile sicurezza con cui aveva esposto le proprie convinzioni in merito alla religione.

Non posso biasimare Evergard se tiene così tanto a voi e detesta la sola idea di condividervi con altri. Siete prezioso e forse troppo puro per questo mondo di oscurità e dolore. È un miracolo che siate riuscito ad arrivare fin qui in una vita costellata da ogni genere di insidia.

Il modo mite e teneramente imbarazzato con il quale Godric ricambiΓ² il suo sguardo da sotto le lunghe ciglia gli fece desiderare ardentemente di poter avvicinarsi e unire le loro labbra in un bacio fugace, ma intenso. Per una frazione di cruciali secondi gli occhi violetti di Fingal indugiarono sulla bocca piena e ben disegnata di quell'uomo che ignorava apertamente il proprio magnetico fascino.

Per la prima volta nella sua vita, perΓ², Fingal non osΓ² superare il confine. Non ebbe il coraggio di prender d'assalto la purezza che vedeva scintillare in quegli occhi color malva e tramutarla in consapevolezza e lascivia. Sarebbe in un certo senso stato ignobile e crudele. Se i conti parlavano chiaro, Godric aveva settantanove anni, erano quasi coetanei, eppure qualcosa in lui pareva esser rimasto cristallizzato all'infanzia e all'innocenza propria di essa. Reghsar era fatto in quel modo e sarebbe stato un crimine imperdonabile privarlo di ciΓ² che tanto lo rendeva unico e speciale.

Forse il re di Elgorad non puΓ² esser biasimato per non aver mai osato superare il confine fra amicizia e amore. Credo che nΓ© io nΓ© lui siamo all'altezza di cogliere un frutto chiaramente fuori dalla nostra portata. L'innocenza Γ¨ ciΓ² che vi rende sin da subito amabile.

Si limitò a stringere brevemente e in segno di semplice amicizia una mano a Godric. «Visto che sembrate più vicino agli dèi di chiunque altro io conosca, ogni tanto ricordatevi del sovrano di Vreha e dite una preghiera anche per me.»

L'altro sorrise, il sorriso piΓΉ bello che Fingal avesse mai visto. Β«Lo farΓ² sicuramente. Prego ogni mattina e ogni sera per un amico, posso farlo per due.Β»

Il re di Vreha annuì, poi schiarì la voce e, poco interessato al fatto che la cena ancora non fosse terminata, intimò con il solito tono di comando ai propri funzionari, ai magistrati e al consigliere di lasciarlo da solo con gli ospiti.

Nessuno osΓ² obiettare e ben presto nella sala calΓ² un denso, profondo silenzio.Β 

E ora che ha in mente? Di farci assassinare?, pensΓ² Dante con una vena di malignitΓ  e un bel po' d'astio.

Si rilassΓ² contro l'alto schienale della seggiola simile a quella di Fingal. Era costume, infatti, che quando un re era ospitato alla corte del Sud subisse il medesimo trattamento privilegiato di colui che lo ospitava.

Solo allora Godric si rese conto che l'amico non avesse toccato cibo. Pareva aver solamente sorseggiato di tanto in tanto del vino, nient'altro, e la cosa non lo stupì non appena vide che gli era stato servito del cibo non proprio conforme a ciò di cui necessitava per sostentarsi: verdure e alimenti similmente in disaccordo con la natura di mutaforma carnivoro qual era.

Non sapeva, a quel punto, se Fingal fosse da considerarsi veramente crudele e ingiusto. Perché aveva preso così di mira Dante? In fin dei conti quell'uomo era solo interessato a fare del bene a Vreha e allo stesso re del Sud. Si doveva soltanto al suo voler salvaguardare la sopravvivenza di tutti lo zelo forse un po' troppo passionale che aveva mostrato ore prima. Non aveva alzato la voce e parlato più del dovuto per pura cattiveria.

Mi dispiace di averti coinvolto in questa situazione spiacevole, pensò Godric, sentendosi responsabile della velata umiliazione riservata a Dante dal re di Vreha, così come dell'atteggiamento adottato da Evergard che, ovviamente, si era impegnato per rendersi insensibile a qualsiasi tentativo di venire provocato e spinto all'esasperazione.

Era chiaro che gli pesasse far buon viso a cattivo gioco e Reghsar non credeva lo avrebbe preso fino a tal punto alla lettera, tanto da restare zitto pur morendo di fame.

Godric non riuscì a non provare compassione per il suo amico e odio per se stesso. 

Ero davanti a te e neanche per un istante ho badato a come stava procedendo per te la serata e il colloqui con il consigliere del re.

Come aveva potuto ignorarlo? E perché Dante non aveva provato a far valere il proprio diritto di non esser provocato e schernito in maniera così subdola?

Β«Ora che siamo da soli, veniamo a noiΒ» disse Fingal, accomodandosi meglio e squadrando a turno gli unici commensali rimasti. Β«Francamente non nutro grande fiducia nel vostro progetto di unificare Nord, Ovest e Sud in una sola fazione. Sono regni fin troppo diversi e agli antipodi, a mio parere ne verrebbe fuori solo un gran caos e ulteriori motivi per lotte intestine.Β» Si rivolse a Godric. Β«Per quanto io apprezzi la vostra compagnia, mi trovo tuttavia costretto a dire che in quanto a persuasione nutrite gravi mancanze, Lord Reghsar. Capisco perfettamente il vostro punto di vista, ma mi trovo in disaccordo riguardo alla sedicente debolezza del mio regno. Vreha Γ¨ forte, Γ¨ salda come la roccia e ha resistito sempre, mai Γ¨ stata conquistata e, d'altronde, il mio popolo mi metterebbe alla gogna o peggio se mi vedesse far accordi con il Nord, da sempre acerrimo nemico del Sud. Non accetterebbe mai senza fiatare una cosa del genere e non ho alcuna voglia di mettermi contro la mia stessa gente per difendere Vyrenis e la famiglia reale che lo governa, specie considerando che un tempo, prima ancora che io venissi al mondo, un mio antenato venne brutalmente torturato e ucciso da un antenato di re Ivan e mai abbiamo ricevuto delle scuse per tale avvenimento. SarΓ² morto prima di vedere me stesso e il mio regno inchinarci entrambi al Nord, considerando le offese ricevute da parte sua nel corso dei secoli.Β»

I suoi occhi violetti si spostarono su Dante. «Quanto all'Ovest, fra il mio e il vostro popolo non v'è stato mai altro se reciproca indifferenza. Nulla abbiamo da spartire con voi che vivete nei recessi più lontani di queste terre e praticate magia arcana, pericolosa e degna di biasimo, visto il male che ha causato per millenni. È comprovato che la maggior parte degli Efialti Oscuri provengano dall'Ovest o abbiano avuto contatti con il popolo chiamato Figli di Rasya e il Sud non ha nulla da spartire con la sede di un simile, infingardo male rappresentato alla perfezione dal re di Elgorad, famoso per la facilità con cui ha sguainato la spada e trucidato solo gli dèi sanno quante persone senza un accenno di pietà o rimorso. Taccio, poi, in quanto alla sua natura bestiale e inaffidabile. Pur non potendo farci niente, c'è sempre una scelta, si può sempre scegliere di trovare un briciolo di autocontrollo dentro di sé e far a meno di sbranare il primo malcapitato che si incrocia per un sentiero. Il motivo principale che mi spinge a voler restare a debita distanza da un possibile accordo con l'Ovest siete proprio voi, Evergard. Voi e la pessima fama di cui godete. Se solo poteste vedervi allo specchio in questo preciso momento, fidatevi che mi dareste solo ragione.»

In fin dei conti un po' aveva voluto metterlo alla prova sin dall'inizio e la prova non era stata superata neppure lontanamente. Aveva confermato la sua opinione su Evergard e basta.

Β«ProteggerΓ² da solo il mio regno e farΓ² in modo di uscirne vincitore. Non Γ¨ la prima guerra che fronteggio e non sarΓ  di certo l'ultima.Β»

Evergard non riusciva a crederci. Β«State condannando a morte ogni singolo abitante di Vreha. Siete consapevole di questo?Β»

Fingal perse le staffe e scattΓ² in piedi, battendo i pugni sul tavolo. Β«Io sono il re di Vreha, Γ¨ chiaro?Β» tuonΓ². Β«Sono io il re e non permetterΓ² a nessuno, tantomeno a un rinnegato dell'Ovest, di dirmi cosa fare o non fare! Queste terre hanno retto a ogni calamitΓ  riversatasi sopra di esse, che fosse inviata dalla collera divina o opera dei nemici! Vreha verrΓ  protetta solo e sempre dal suo legittimo sovrano! Non osate, non vi azzardate a sottovalutare il sottoscritto o mia moglie! Siamo entrambi guerrieri e sappiamo cosa fare per proteggere il nostro regno!Β»

Ne aveva abbastanza di Evergard e della sua presunzione, del suo atteggiamento insofferente e della sua incapacitΓ  di abbassare gli occhi e chinare la testa quando avrebbe dovuto farlo.

«Tornatevene pure dal vostro amichetto re Ivan, visto che vi sta così a cuore il suo regno!»

Godric guardò Dante, sicuro che di lì a poco, fra non molti secondi, sarebbe esploso, ma così non fu. Il re di Elgorad, dimostrando senza volerlo di avere una classe invidiabile e di saper eccome gestire la propria rabbia, fece un cenno con la testa. «Bene, allora. Così sia.» Ne aveva seriamente abbastanza e pensava di esser stato sufficientemente insultato, insieme al proprio popolo. Non avrebbe tollerato una parola di più sul proprio conto o su Elgorad. La scelta spettava a Fingal e se questi aveva scelto di affrontare da solo Petya che, ovviamente, avrebbe vinto e sbaragliato le armate del Sud, non era un affare di sua competenza. Si doleva naturalmente per le sorti del popolo di Vreha, per le tante morti che ci sarebbero state, ma non era una divinità e non aveva il potere di cambiare il destino o di salvare un intero regno tutto da solo. Era un uomo, proprio come tutti gli altri, e un uomo nulla poteva contro l'imponente e terribile esercito che a distanza di poco tempo avrebbe travolto le mura di Vreha, stuprato e ucciso le donne barbaramente, fatto scempio dei bambini e dei più deboli, decapitato e squartato gli uomini e i soldati e, sicuramente, sterminato la famiglia reale.

Se questo lo rendeva un crudele e indifferente spettatore, allora avrebbe accettato tale compromesso. Se ne infischiava di tutto, a quel punto, e Ovest e Nord potevano farcela anche senza il Sud, bastava solo tenere duro e restituire il colpo con gli interessi a Petya. Potevano vincere e lo avrebbero fatto.

Si alzΓ² e guardΓ² con fermezza il superbo Leone di Vreha che sarebbe presto andato incontro alla morte per orgoglio e per vanitΓ . PerchΓ© Dante, piΓΉ di chiunque altro al mondo, sapeva bene quanto fosse difficile e a volte degradante chiedere aiuto a coloro che si odiavano e disprezzavano.

Lui, però, a differenza di Fingal a volte aveva dovuto chinare la testa e ammettere di non esser abbastanza forte, abbastanza capace, per fare qualcosa da solo; a differenza di quell'uomo sì, aveva vissuto da Ammazzadraghi e da mercenario, si era fatto passare per un plebeo qualsiasi e a volte gli era toccato campare di stenti e crepare di fame, guadagnarsi vitto e alloggio aiutando il prossimo a liberarsi di mostri che pochi erano in grado di annientare, visto quanto era facile morire nell'intento. A volte gli era toccato sopportare lo scherno per via del suo accento dell'Ovest, delle sue maniere proprie di Elgorad, della mancanza di chissà quale ampia e filosofica istruzione, visto che lui, proprio come tanti altri della sua generazione, era stato prima un po' indottrinato dai genitori e in seguito affidato a un uomo che se ne era infischiato senza vergogna se era un principe di sangue reale. Lo aveva fatto sgobbare come un cane sin dal primo giorno e poco gli era importato di aver a che fare con un bambino interamente cieco. Anzi, questo aveva solo spronato quell'abile cacciatore e mago a essere più inflessibile, a insegnargli che la vita era crudele e non guardava in faccia a nessuno, neppure ai deboli e ai disabili. I suoi giocattoli erano state le spade di legno, arco e frecce e la magia, e ringraziava ancora quell'uomo per esser stato severo e avergli impedito di venir su viziato e debole, per avergli permesso di diventare uno che se ne fregava di quel che dicevano gli altri e andava per la propria strada, che il prossimo lo seguisse o meno.

Magari era rude e non così affascinante come quel damerino di Fingal, ma almeno aveva visto il mondo là fuori, ne aveva conosciuto i pregi e i tanti difetti, gli orrori e i piccoli dettagli che, invece, lo rendevano comunque degno di esser visto e apprezzato. Per mille persone che gli avevano riso in faccia e detto che non si era mai visto un Ammazzadraghi cieco, dieci gli avevano mostrato un po' di gentilezza e dato fiducia e della propria debolezza aveva infine fatto un'arma, un vantaggio.

Al contrario del fiero e superbo pavone chiamato Fingal, che come tale animale era adatto soltanto al cortile e a vivere in una gabbia dorata senza mai conoscere l'ebbrezza del volo, lui si riteneva un corvo sì sgraziato, ma pur sempre libero. Sapeva cos'era la vita vera e quanto il mondo fosse spesso crudele con chi non se lo meritava o cercava solo di fare del bene, sapeva volare e non si vergognava delle proprie nere ali. Le considerava un privilegio.

Se tuttavia il pavone si rifiutava di dar ascolto a un semplice corvo dalla rauca voce, peggio per lui. Solo chi imparava a volare si salvava spesso dalle catastrofi.

«Ricordatevi il mio viso e le mie parole, Fingal, mentre vedrete tutto quello che amate venir ridotto in cenere dalle fiamme del drago.» 

Trasferì gli occhi cerulei su Godric, rimasto di sasso di fronte alla sua mancanza di volontà nel cercare di convincere Fingal a cambiare idea. Lui, probabilmente, proprio come tanti altri non poteva capire, non capiva e mai lo avrebbe fatto.

«Io me ne vado. Tu resta pure qui, se vuoi. In fin dei conti andate così d'accordo!» lo apostrofò, il tono di voce leggero e fin troppo accomodante che mascherava molte cose. «Capisco che la sua compagnia possa esserti di gran lunga più congeniale della mia.» Altro non aggiunse e in silenzio, senza alcuna fretta, si allontanò, spalancò le porte della sala e se ne andò.

Godric rimase immobile, senza riuscire a capacitarsi di cosa fosse appena accaduto o perchΓ©. Le ultime parole di Dante lo avevano colto alla sprovvista e avevano fatto male e... ammetteva che l'improvviso scoppio di Fingal lo aveva intimidito, anzi spaventato.

Accidenti, mi sembra di esser rimasto fino ad ora sott'acqua, in apnea.

Non aveva partecipato a molte sedute politiche atte a costruire un'alleanza, ma dubitava che in passato se ne fosse mai vista una come quella.

Anche se Dante non aveva detto granchΓ©, quasi niente in realtΓ , lo stesso sembrava aver messo in chiaro tutto servendosi dello sguardo e dell'atteggiamento adottato. A differenza di Fingal non aveva bisogno di urlare per esporre un concetto.

Con le mani ancora posate sul tavolo e tremanti, si alzò e guardò il re di Vreha con rabbia e incredulità. «Credevo foste più ragionevole, un uomo con il quale si poteva discutere civilmente e andare d'accordo, ma dopo aver visto il modo in cui avete avuto il coraggio di trattare un mio così caro amico, un uomo che ha viaggiato per miglia e miglia al solo scopo di mettervi in guardia e aiutarvi a mettere al sicuro la vostra famiglia e il vostro popolo, riesco a vedervi per ciò che veramente siete. Non vi importa di nessuno, se non di voi stesso, e quel che è peggio è che vi sopravvalutate se vi credete capace di fermare un'armata come quella che forse già sta marciando alla volta di Vreha. Il vostro orgoglio sarà la rovina di tutto ciò che avete a cuore, Fingal, e io di certo non rimarrò qui a guardare.»

Una delle poche persone sulle quali mai si era sbagliato e di cui mai si era pentito di fidarsi era Dante. Gli altri, invece, non facevano altro che farlo sempre ricredere e deluderlo.

Β«E perchΓ© lo sappiate, Fingal: sposato o meno, morirei o preferirei andare con un cavallo piuttosto che giacere con voi. Non Γ¨ la bellezza esteriore a interessarmi. Per me conta che una persona sia di buon cuore e disposta al sacrificio per proteggere ciΓ² che ama, che sia anche scendere a compromessi con coloro che detesta per amore di tutto ciΓ² che gli Γ¨ caro.Β»

Forse con quelle ultime parole si era tradito e aveva rivelato a quell'uomo di amare Dante, di amare la sua anima, il modo in cui cercava di fare sempre la cosa giusta, anche se poi finiva per farsi odiare da chi voleva salvare. Amava Dante e sarebbe stato disposto a concedersi a lui e a nessun altro, e di questo andava fiero.

«E ora, senza il vostro permesso, torno a Varesya insieme all'unico re al quale io debba lealtà, la mia amicizia e il mio rispetto. Vi auguro buona fortuna, Fingal. Possiate ricevere da parte degli dèi tutto l'aiuto di cui avrete bisogno contro Iago e le sue legioni. Che Vreha possa continuare a vivere, splendida e rigogliosa, e possa il suo re vivere altri mille anni ancora e imparare, un giorno, che un po' di umiltà non costa nulla e abbellisce più del tessuto più pregiato o del gioiello più splendente. Per quanto mi riguarda, temo non meritiate neppure la considerazione che serve per provare sdegno nei confronti di una persona. Non ne valete il disturbo.»

Fingal, scosso, lo guardΓ² uscire a sua volta dalla sala e quando Godric finalmente ebbe raggiunto l'esterno del palazzo e vide Dante in procinto di rimontare a cavallo, di corsa scese i gradini e sempre correndo lo raggiunse e lo strinse forte in un abbraccio che valeva piΓΉ di mille parole e mille scuse.

Β«Mi dispiaceΒ» disse, in lacrime. Β«Non volevo sottoporti a tutto questo. Perdonami!Β»

Per la prima volta, tuttavia, Dante non rispose all'abbraccio. Rimase immobile, come se non fosse successo assolutamente niente, come se neppure si fosse accorto di esser stretto dalle braccia di Godric.

Dopo alcuni secondi, perΓ², allontanΓ² da sΓ© Reghsar e con voce atona gli intimΓ² di salire a cavallo, perchΓ© sarebbero ripartiti immediatamente per Vyrenis.

Per quel che lo riguardava non c'era niente da dire. Non piΓΉ. Era troppo stanco per... qualsiasi cosa, persino accettare le scuse di Godric.

SigillΓ² la lettera e la consegnΓ² al messaggero che un minuto prima era entrato nella tenda del re, quella in assoluto piΓΉ spaziosa dove erano presenti pochi oggetti fra i quali una scrivania, un letto e un tavolo sul quale era distesa la mappa di tutto il territorio dell'Oltrespecchio. Dei piccoli sassi lucidi e neri con incise le rune che indicavano i nomi dei vari punti strategici d'attacco, di difesa e presi d'assedio dal nemico, erano ben posizionati.

La notte era fredda e rigida e dopo quasi tre giorni gli eserciti di Elgorad e Vyrenis, rinforzati dalla presenza di nuovi soldati provenienti da ogni singola provincia sotto il controllo del re dell'Ovest e di suo zio, a sua volta al comando di diverse legioni preparate al meglio per la guerra, avevano vinto l'ennesima battaglia nell'entroterra del Nord. Eppure c'era qualcosa che non andava, era come se Petya stesse solo cercando di distrarli da un piano ben piΓΉ ampio e subdolo.

Come mai, pur continuando a vincere, Dante aveva l'impressione che stessero venendo accerchiati e spinti sempre di piΓΉ verso Varesya, quasi come per forzarli in un angolo?

Certo, vincevano, ma erano sempre le truppe di Petya a iniziare la lotta, a cercare ogni appiglio per ingaggiare sanguinose battaglie che fino ad allora avevano richiesto un incalcolabile tributo di vite.

Loro, in realtΓ , si limitavano a respingere i tentativi di venire sopraffatti e, intanto, si vedevano costretti a indietreggiare.

Che cosa stava accadendo?Β 

Giorni prima i soldati che aveva mandato in avanscoperta erano tornati riferendo una storia assai curiosa e preoccupante: una parte dell'esercito di Petya pareva impegnata nella costruzione di qualcosa di molto simile a una palizzata di legno e pietra di altezza non indifferente. Erano ancora agli inizi, ma era chiaro che il suo scopo fosse puramente bellico e strategico. PiΓΉ avanti, a diversi chilometri di distanza, stava avvenendo lo stesso, identico procedimento.

Che cos'ha in mente?

Dante si passΓ² due dita sugli occhi, esausto dopo non aver chiuso occhio per quasi una settimana intera. Β«Fai avere questa a...Β», gesticolΓ², non riuscendo neppure piΓΉ a trovare subito le parole che intendeva pronunciare per quanto era esausto. Β«A mia moglie. Ecco.Β»

«Sì, mio signore» replicò efficiente il messo, uscendo subito dalla tenda e lasciandolo nuovamente da solo in compagnia di pensieri che sempre più faticava a rimettere in ordine.

Aveva consultato uno dei suoi generali e la conclusione era che i viveri iniziavano a terminare e, purtroppo, Petya aveva avuto la diabolica, seppur geniale, trovata di sfruttare per sΓ© le risorse locali confiscandole e bruciando tutto quello che non era stato preso e sarebbe invece potuto servire ai propri nemici per sostentarsi, compresa la cittΓ  di Varesya e le campagne piΓΉ vicine, quest'ultime sottoposte di recente a diverse razzie e saccheggi conclusisi ogni volta con interi villaggi e campi coltivati dati alle fiamme.

Gran parte dell'esercito continuava a spingere gli eserciti stanziati su due fronti e impegnati a proteggere la capitale sempre piΓΉ verso l'interno e, nel frattempo, la parte restante si occupava di seminare il terrore e la distruzione nel cuore del popolo.

Quella sembrava una sconfitta imminente, piuttosto che una vittoria, e di quel passo molti sarebbero finiti per morire di fame o fatica. Nessun esercito poteva combattere e resistere a lungo a stomaco vuoto e chi veniva incaricato di recarsi nei boschi per cacciare della selvaggina difficilmente poi tornava indietro e, se lo faceva, il ricavato non riusciva mai a sfamare tutti quanti. Dante, seguendo il volere di Godric che comunque aveva la piena autoritΓ  su ogni singola mossa compiuta dall'esercito, aveva dunque ordinato che le razioni venissero dimezzate e centellinate il piΓΉ possibile. L'esercito non ne era stato entusiasta, visto che era l'ennesima volta che venivano eseguiti dei tagli sulla quantitΓ  di viveri concessi a ogni singolo soldato.

Alcuni rifiutavano la propria razione e la cedevano ad altri, come anche il re di Elgorad aveva deciso di fare. Sapeva stare senza mangiare anche per giorni interi e non era un problema per lui far a meno del cibo, se significava vedere un soldato in meno patire i morsi della fame.

Non voleva un trattamento di favore solo perchΓ© era il re. Quegli uomini erano i suoi compagni, alla stregua di fratelli, e toccava al fratello piΓΉ grande stringere i denti e prendersi cura dei piΓΉ piccoli e piΓΉ deboli.

Per contrastare dunque la mancanza di forze provava se non altro a idratarsi, in modo che la mente non perdesse colpi a causa della sete. E poi aveva notato che l'acqua, in minima parte, dava una vaga impressione di apparente sazietΓ  a uno stomaco vuoto.

Gli piangeva il cuore, comunque, vedere molti dei soldati cedere all'abbattimento dovuto alla mancanza di scorte di viveri e non festeggiare piΓΉ le vittorie. Molti se ne rimanevano zitti tutto il tempo e facevano il loro dovere a capo chino, e solo quando arrivava il momento di combattere si riprendevano dal torpore e la loro rabbia riaffiorava in superficie, travolgendo man mano le legioni di Petya.

Per quel che riguardava Dante, sapeva solo di essere stanco, di mancare da casa da ormai dieci lunghi mesi e di non aver avuto neppure una singola occasione per far ritorno, anche se per un solo giorno, a Elgorad per rivedere la moglie e la figlia.

Gli mancavano gli schiamazzi di Yvaine, stringerla a sΓ© e sentirla, a volte, sgattaiolare nel letto per dormire insieme a lui e a Neera. Sentiva una disperata mancanza persino delle cose piΓΉ stupide e monotone, quelle che facevano apparire la vita di tutti i giorni tediosa e a volte intollerabile. Rimpiangeva quella monotonia.

Proprio quando sentiva che avrebbe a momenti ceduto alla stanchezza e al desiderio di sdraiarsi per dormire almeno un paio d'ore, udì dei passi e poi l'entrata della tenda scostarsi, rivelando infine la figura inconfondibile di Godric che, fra tante altre qualità, non aveva mai goduto di un'altezza invidiabile e sembrava minuta come quella di un ragazzo.

Β«Lord Reghsar...Β» lo salutΓ² in maniera molto neutrale il re di Elgorad, accompagnando le parole con un cenno del capo.

Godric non sembrava gradire il suo modo di fare, il suo palese essersi chiuso a riccio, ma era dotato di abbastanza lungimiranza e intelligenza per passar sopra a tutto ed evitare di discutere. Avevano tutti i nervi a pezzi, erano sotto pressione costantemente e l'ultima cosa che andava fatta era litigare.

«È tardi» disse. «E mi hanno riferito che anche stasera hai rifiutato la tua razione.»

Β«Dunque?Β»

«Mi chiedo quanto pensi di poter andare ancora avanti così. Magari non te ne sei accorto, ma non hai un bell'aspetto.» 

Godric non aveva tutti i torti, visto e considerato che Dante sembrava palesemente dimagrito, gli zigomi piΓΉ accentuati, la pelle su di essi tirata, gli occhi ornati di occhiaie e il colorito di una pessima tonalitΓ  cerea e spenta. Di quel passo sarebbe morto di fame, non in battaglia.

Β«Non ho fame e ho ben altro di cui preoccuparmi. Il mio attuale aspetto Γ¨ in fondo alla lista dei problemi da fronteggiare.Β»

Reghsar lo squadrò incredulo. «Va bene, allora cercherò di parlare il più chiaramente possibile: devi nutrirti o morirai, Dante. Non sto esagerando né ho tanta voglia di scherzare. È la pura verità.»

Β«Ci vuole ben altro per spedirmi a fare compagnia ai miei avi, fidati.Β»

Β«Quindi non ti importa neppure della prospettiva che Neera diventi una vedova e Yvaine orfana di suo padre? Buono a sapersi.Β» Godric stava provando a non arrabbiarsi e a non tediarlo piΓΉ del dovuto, ma non ce la faceva piΓΉ a stare a guardare in silenzio. Ogni volta che andavano in battaglia e posava lo sguardo su Evergard prima della collisione con l'esercito avversario, gli piangeva il cuore vederlo sempre piΓΉ stanco e affaticato. Si chiedeva sempre se alla fine lo avrebbe rivisto ancora vivo o, facendo il giro per controllare se fosse possibile curare e salvare alcuni dei caduti, lo avrebbe visto a terra e privo di vita.

Oltre a ciΓ², lo preoccupava anche lo stato psicologico e mentale di Dante, la sua chiusura e propensione sempre piΓΉ evidente al silenzio e alla solitudine.

Non stava bene e sembrava non voler in alcun modo ricevere il benchΓ© minimo aiuto, e non per orgoglio, ma per qualcosa che nessuno riusciva a comprendere.

Le ultime parole di Godric, perΓ², accesero negli occhi cerulei e spenti del re una scintilla di indignata rabbia. Β«So bene in quale situazione precaria mi trovo al momento, ma non ho alcun bisogno che proprio tu venga qui a farmi la ramanzina. Sono un uomo adulto e so perfettamente badare a me stesso.Β»

Β«Allora fammi il piacere di mangiare e di sopravvivere, accidenti!Β» sbottΓ² Godric, tremante per la frustrazione. Non era piΓΉ possibile assistere a quello strazio, non per lui.

Β«Smettila di urlarmi addosso. Mi scoppia la testa giΓ  a sufficienza.Β» Dante sospirΓ² e mosse una mano, liquidandolo. Β«Ora, per favore, vattene.Β»

Β«Invece resto qui e d'ora in avanti non ti lascerΓ² in pace finchΓ© non ti sarai deciso a mangiare e a riposare come si deve.Β»

Β«Fa' come credi, allora. Evidentemente non hai niente di meglio da fare, se pretendi di voler stare alle mie calcagna e tampinarmi di continuo.Β»

Β«Sei impossibile!Β» fece esasperato Reghsar. Β«Ti rendi conto che diventi piΓΉ intrattabile e scontroso ogni giorno che passa?!Β»

Β«No, e in ogni caso non me ne importa un fico secco. Me ne faccio poco del carisma, ora come ora.Β»

Dante ne ebbe abbastanza: si alzò senza alcuna fretta, rimise la piuma nera a posto nel calamaio, aggirò la scrivania e superò Godric, uscendo infine fuori. Quasi tutti ormai erano andati a dormire e nell'accampamento regnava sì e no ovunque il silenzio.

Il re si strinse un po' di piΓΉ nel mantello e si fregΓ² le mani che giΓ  da prima che uscisse erano fredde e irrigidite. Il suo respiro lento originava nuvolette di vapore che si disperdevano subito nell'aria fino a scomparire.

Β«O sono morto o mi trovo in una criptaΒ» mormorΓ² fra sΓ©. Β«Tutto questo silenzio mette i brividi.Β»

Aveva bisogno di farsi un giro e allontanarsi per un po' da lì; si avvicinò dunque al proprio cavallo legato a un palo piantato nel terreno, sciolse le briglie e assicurò la sella. Aveva dovuto procurarsene un altro, visto che quello di prima che lo aveva accompagnato per tanto tempo, purtroppo, lo aveva una mattina ritrovato morto di stenti. 

«Dove stai andando a pericolarti, giusto per sapere?» 

AlzΓ² gli occhi al cielo udendo la voce di Godric, simile a quella della coscienza, risuonare alle proprie spalle.Β 

Β«Lontano dalle tue paternali, tanto per iniziareΒ» replicΓ² laconico, montando in groppa all'equino con un balzo e spronando subito l'animale.Β 

A differenza dei propri uomini, non temeva i boschi ed eventuali guerrieri appartenenti all'esercito nemico.

* * *

La foresta era silenziosa, tutto sembrava immobile e in pace. Appariva irreale se confrontato con la confusione e gli orrori della guerra che Dante viveva quasi quotidianamente da mesi.

Non aveva incrociato neppure un soldato agli ordini di Petya, cosa che gli aveva fatto solamente piacere.

Vorrei poter rimanere qui fino alla fine di tutto quanto.

Fece fermare il cavallo a un metro di distanza dalla riva del piccolo torrente presso il quale erano giunti e parlandogli con voce calma, gentilmente, lo incoraggiΓ² ad abbeverarsi e ad approfittare della presenza dell'erba fresca e ornata di rugiada notturna presente in quel tratto di bosco.

Per quanto riguardava eventuali bacche, quasi nessuna delle specie presenti nella foresta era di natura edibile.

Il re di Elgorad si inginocchiΓ² e si sporse, chiuse le mani a coppa e sollevΓ² un po' d'acqua per tergersi il viso e darsi anche una bella svegliata grazie alla sua temperatura fredda.

Mentre poi se ne prendeva qualche sorso, versandosene un po' alla volta in gola, si bloccΓ² vedendo la sagoma del cavallo fermarsi proprio quando stava per iniziare a brucare l'erba.

E ora cosa c'Γ¨?

Si tastΓ² il fianco alla ricerca della spada, ma non la trovΓ². Doveva averla lasciata al campo, ansioso com'era di fuggire dalle opprimenti paternali di Godric.

Β«MaledizioneΒ» mormorΓ² fra sΓ©, provando a capire se fosse presente un imminente pericolo o meno servendosi dell'udito e dello sguardo.

Tuttavia, complici i riflessi non proprio ottimali di cui disponeva al momento, non riuscì in tempo ad accorgersi della minaccia incombente e solo quando avvertì il tagliente gelo di una lama alla gola capì che forse la sua vita sarebbe terminata a quel modo, senza uno straccio di morte onorevole in battaglia, senza aver visto i propri soldati vincere la guerra.

«Questo sì che è curioso: il re di Elgorad, leggendario e prudente guerriero, colto alla sprovvista come un bambino che gioca solamente a fare l'eroe.»

Malgrado la situazione piuttosto drammatica e pericolosa, Dante si ritrovΓ² a sorridere tra sΓ©, seppur debolmente.Β 

Β«Sei tu il vigliacco ad avermi sorpreso alle spalle. Io me ne stavo qui, buono e zitto, a rinfrescarmi la gola e a godermi un po' di pace. Che succede, Petya? Non riesci proprio a starmi lontano?Β»

Che altro poteva fare se non ridere in faccia alla morte? Tremare e piagnucolare non faceva per lui.

Petya restrinse lo sguardo e premette con maggior prepotenza il filo della lama sul pomo d'Adamo del sovrano dell'Ovest. Β«Non sei nella posizione per fare lo spiritoso o il sarcastico.Β»

Β«Ti dΓ  fastidio che non provi il benchΓ© minimo timore nei tuoi riguardi? Perdonami, ma non mi sei mai sembrato granchΓ© minaccioso o degno di esser guardato con terrore.Β»

Β«Per te dev'esser ancora piΓΉ difficile, visto che sei cieco come un pipistrello.Β»

Evergard si trattenne dallo scoppiare a ridere. Per qualche motivo, anzichΓ© arrabbiarsi, trovava divertente il paragone appena utilizzato da Yakovich. Β«Accidenti! Stasera siamo in vena di cattiverie, vedo.Β»

Β«Nel tuo caso lo sono sempre.Β»

Β«Mi sento onorato.Β»

Petya avrebbe voluto far scorrere il pugnale e porre fine una volta per tutte alla vita di un uomo che fino a quel momento lo aveva ostacolato in ogni maniera possibile e immaginabile. Dante rappresentava per i suoi piani un grosso pericolo e finchΓ© fosse rimasto in vita, difficilmente si sarebbe arrivati a una conclusione definitiva della guerra.

Era lì, disarmato e in suo potere, e neppure pareva propenso a reagire o ad opporre resistenza. Pareva pronto alla fine.

Fallo e basta, si disse Petya, ma la daga non si mosse di un centimetro.

Β«Ti confesso che mi sto annoiando a morte, e dovrei in teoria tremare da capo a piedi all'idea di tirare le cuoiaΒ» commentΓ² Dante, che volentieri avrebbe sbadigliato per sottolineare la mancanza di emozioni che attualmente gli suscitava la situazione.

Pur sentendosi in colpa per un pensiero così inopportuno e ingiusto sotto tanti punti di vista, trovava tuttavia piacevole la sensazione provocata dai lunghi capelli di Petya che gli solleticavano il viso come morbida e tiepida seta.

Quel calore, per quanto minimo e vago, un po' lo attraeva come se lui fosse la falena e l'uomo alle sue spalle la flebile fiamma della candela. Yakovich era un pericolo, certo, ma il tepore del suo corpo così vicino a quello di Evergard era per quest'ultimo rinfrancante.

Nessuno gli era stato vicino a quel modo in tanti mesi e solo in quell'istante si stava rendendo conto di quanto sentisse in realtà la mancanza di qualcosa così semplice e capace di rendere la lunga notte che stava affrontando meno intollerabile.

Alla fine Yakovich, in maniera del tutto inattesa, scostò il pugnale, si ritrasse e gettò da una parte la lama. «Non posso ucciderti, non così. Sei disarmato e non è in questo modo che intendo eliminarti. O ci affrontiamo in uno scontro leale o non se ne fa niente. Non mi piace agire da codardo» ammise, strofinandosi il retro del collo. Vide l'altro liquidare la faccenda con una semplice e snervante stretta di spalle. «Se vuoi, però, posso sempre fare uno strappo alla regola.»

Β«Sentiti libero e comodo di agire come preferisciΒ» rispose Dante, accomodandosi meglio sull'erba eΒ  osservando il cavallo tornare a farsi gli affari propri e a gustarsi finalmente il pascolo. Si sarebbe fatto volentieri una dormita lΓ  fuori, se solo non ci fosse stato il guastafeste per eccellenza a rovinare la quiete.

Petya lo osservΓ². Β«Stai bene? Hai una cera orribile, scusa la franchezza.Β»

Evergard rise rauco. Β«Un minuto fa volevi ammazzarmi e adesso mi chiedi come sto? Solo tu ha una simile faccia di bronzo!Β»

Β«Beh, visto che non sono propenso a ucciderti, almeno per stasera, direi che potremmo far quattro chiacchiere civilmente.Β»

Β«Ci hai condannati alla fame e agli stenti, Petya. Mi sembra il minimo non avere un aspetto smagliante. Tuttavia, anche se assurdo, non provo tanto rancore. In fin dei conti la guerra Γ¨ fatta di strategie e chi escogita la migliore vince.Β»

Yakovich esitΓ², poi frugΓ² nella tasca interna della propria casacca militare nera in parte slacciata e ne estrasse un involucro ricavato da larghe foglie intrecciate assieme e dal sentore aromatico. Ammetteva di aver trovato Dante per puro caso. Se n'era andato nella foresta per fare un sopralluogo, visto che non tollerava di starsene con le mani in mano e aveva scelto di esser lui a fare un giro per controllare che non vi fossero nemici nei paraggi; si era portato con sΓ© qualcosa per rifocillarsi e fare una pausa nel suo posto preferito in assoluto, lo stesso dove infine aveva scorto la figura di Dante avvolta nella divisa rosso scuro appartenente all'esercito di Elgorad.Β 

In un primo momento aveva davvero pensato di ucciderlo, ma, come si era visto, non ce l'aveva fatta ed eccolo lì a cedergli il proprio pasto, per quanto veloce e frugale. Preferiva evitare di rivelare a Evergard che l'idea di affamare gli eserciti del Nord e dell'Ovest fosse stata di Desya. Lo aveva stupito che proprio lui avesse ideato una strategia così crudele, ma efficace. 

Β«Tieni. Io ultimamente mangio piuttosto bene e... beh... non Γ¨ che possiamo affrontarci in condizione di paritΓ  se tu finisci per stramazzare al suolo per via della fame, no?Β»

Dante lanciΓ² una breve occhiata a ciΓ² che Petya gli stava tendendo, poi scosse la testa. Β«Non posso. Apprezzo il tuo gesto, comunque.Β»

Β«Come sarebbe a dire che non puoi? Se hai paura che sia avvelenato o simili...Β»
Β«Non Γ¨ per quello.Β»

Β«E allora cosa ti frena dall'accettare del cibo, visto che stai morendo chiaramente di fame?Β»

Β«Molti altri non avranno questa fortuna nΓ© stasera nΓ© nei giorni a venire. Sono un soldato come tutti gli altri e condivido il fardello insieme ai miei compagni.Β»

Petya inarcò un sopracciglio. Il discorso del sovrano lo aveva a dir poco annoiato. «Per quanto tanta nobiltà d'animo e spirito di fratellanza ti faccia onore, ti consiglio spassionatamente di mandare a quel paese certi atteggiamenti da filosofo mancato e accettare la mia offerta. Come pensi di poter guidare un esercito se neppure ce la fai a stare in piedi per via del digiuno che ti sei imposto da solo? Pensi sul serio che questo ti renda migliore agli occhi dei tuoi uomini? Credi che se ne stiano lì a pensare quanto tu sia un re coscienzioso e misericordioso a condividere con loro il destino di morire di stenti? Beh, allora lascia che ti dica questo: ai tuoi uomini non importa un bel niente se hai lo stomaco vuoto o pieno. Probabilmente sono più impegnati nel pensare chi gliel'abbia fatto fare di seguire un re che finirà per morire di fame anziché per le ferite in battaglia, nonché di crepare in modo così miserabile. Non li aiuti né li ostacoli a questo modo, Dante. Rendi solo difficile la vita a te stesso, per tacere poi della capacità di ragionare a mente limpida e lucida. I tuoi uomini hanno bisogno che almeno tu tenga gli occhi aperti e rimanga al loro fianco in questo periodo difficile, pronto a guidarli nel prossimo scontro a testa alta e con la fierezza che si addice a un sovrano che discende da una famiglia di signori della guerra e della morte.» Gli ficcò a forza in mano l'involto. «Mangia e falla finita di frignare per qualcosa che ora come ora non puoi cambiare e devi limitarti a tollerare e a rendere meno logorante.»

Odiava le persone che ragionavano come Dante e dimenticavano di essere obiettive. Come si poteva aiutare il prossimo e proteggere un regno sotto assedio a stomaco vuoto e abbattuti a quel modo? Roba da non credere.

Non voleva affrontare una persona ridotta in un simile stato. Ne andava del suo personale orgoglio in quanto guerriero. Non c'era gusto nel battere un uomo che era sufficiente spintonare perchΓ© venisse ridotto allo stremo.

Vedendo, tuttavia, che Evergard non pareva voler collaborare, sibilΓ² sottovoce un'imprecazione in francese, la sua vera lingua madre che mai aveva dimenticato anche dopo aver imparato quella degli Efialti, si avvicinΓ² e riprese in mano l'involucro di foglie aromatiche, rivelandone finalmente il contenuto: si trattava di un semplice pane dal sapore vagamente dolce e speziato, soffice, dalla superficie scura e l'interno di una pallida tonalitΓ  color melograno. Ve n'erano cinque sottili fette e ne prese una, tendendola al re. Β«Avanti, mangia e vivi. Non ti ho risparmiato la vita solo per vederti poi tirare le cuoia di inedia, chiaro?Β»

Β«E allora perchΓ© lo hai fatto?Β»

Β«PerchΓ© sei disarmato e non proprio nella condizione di reagire. Sarebbe da vigliacchi ucciderti adesso.Β»

Β«Il tuo esercito ha fatto di peggio con molti civili inermi.Β»

Β«... vuoi la veritΓ ?Β» Petya sospirΓ². Β«Ho pensato che avessi un grosso debito nei tuoi confronti e che forse fosse arrivato il momento di pareggiare i conti. Che mi piaccia o meno, la veritΓ  Γ¨ che non sarei qui se tu non avessi fermato Misha e gli avessi permesso di uccidermi subito dopo il mio arrivo qui. So che col senno di poi ti sei pentito della scelta che facesti allora, ma il passato Γ¨ passato ed Γ¨ inutile star a rimuginarci sopra. La vita va avanti, Dante, che si riveli piacevole o una quotidiana tortura.Β»

Lui conosceva piΓΉ di chiunque altro cosa fosse capace di fare la fame a una persona che non aveva la possibilitΓ  di sfamarsi. Sapeva cosa voleva dire morire piano piano di stenti, un giorno alla volta, ed essere alla mercΓ© della crudeltΓ  altrui. Suo fratello gli aveva impartito una lezione che mai aveva dimenticato. Proprio per questo aveva esitato prima di accettare il piano escogitato da Desya, e lo aveva fatto perchΓ© un leader doveva saper compiere scelte ardue, talvolta disumane, pur di vincere una guerra, e anche perchΓ© altrimenti sarebbe apparso debole agli occhi dei propri sottoposti.

Tuttavia vedere da vicino gli effetti di quel piano era cosa ben diversa. Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto. Mai.

SospirΓ².

«Mi dispiace. Vorrei non aver dovuto spingermi così in là. Vorrei che fossimo giunti tempo fa a un accordo pacifico e con vantaggi distribuiti da ambo le parti in egual misura. Le cose sarebbero state più semplici se aveste subito accettato che le cose erano destinate a cambiare. Sognavo di unificare tutti i regni sotto un unico vessillo, di porre per sempre fine alle dispute, alle lotte fra i clan e alle guerre civili, e invece ho dato inizio a un'altra guerra. Sto uccidendo le persone che avrei voluto solamente vedere vivere in pace e finalmente in armonia. Non so neppure come si è giunti a tanto orrore.»

Dante sorrise debolmente. «Si vede che sei qui da poco, se le tue intenzioni erano veramente queste. Noi Efialti siamo fatti così, Petya, e non saremo mai in pace fra di noi. L'Oltrespecchio è un luogo oscuro, dominato dalle Tenebre e dal rancore. Non può esserci pace al centro dell'inferno. Sarebbe un paradosso a dir poco insensato.»

Appena Petya aveva iniziato a parlare la loro lingua, aveva scoperto di trovare piacevoli le conversazioni con lui e a sua volta odiava che le cose avessero preso una piega simile. Non avrebbe mai voluto vedere il proprio popolo nuovamente diviso dalla guerra, ma il passato era passato, giusto?

Β«Ormai Γ¨ tardi.Β»

Β«Se puΓ² farti sentire meglio, non era mia intenzione metterti contro proprio Misha. So quanto sei affezionato a lui, lo ritieni alla stregua di un figlio e non riesco a immaginare il dolore che porti dentro di te ogni istante.Β»

Β«Beh, non Γ¨ sempre scontato che un figlio scelga di seguire le orme del padre. Neanche io sono stato in grado di farlo, perciΓ² non biasimo Misha. Un uomo deve a volte saper scegliere fra se stesso e il prossimo, e ciΓ² non lo rende per forza un egoista.Β»

Petya curvΓ² di poco le labbra e di nuovo gli tese il pane. Β«Allora, solo per stavolta, scegli te stesso e non sentirti un egoista.Β»

Dante esitΓ², poi prese in mano la fetta e spezzΓ² da essa un piccolo frammento. Il dolce e speziato profumo di quella che appariva ai suoi occhi una vera leccornia dopo tanto digiuno gli ricordava tante cose del suo passato. Sapeva di casa, aveva giΓ  annusato quell'aroma nell'aria mattutina, da ragazzino, quando sua madre si era spesso alzata presto per prepararlo e farlo trovare a lui pronto da mangiare a colazione. Era anche stato parte dell'ultimo pasto che aveva consumato assieme al proprio Maestro prima che le loro strade si fossero separate per sempre e mai piΓΉ incrociate. Era stato dolce-amaro lasciarsi andare all'affetto e abbracciare forte Bertram con la consapevolezza che non si sarebbero rivisti per volontΓ  di quest'ultimo che gli aveva detto che da quel momento in avanti sarebbe stato un uomo adulto, responsabile delle proprie azioni e scelte, e per questo dovesse imparare a cavarsela completamente da solo, anche a costo di farsi male o soffrire.Β 

β€ŸLascia che il prossimo ti rompa il naso, ti spezzi una gamba o tutte le ossa al completo, Dante, ma non permettere mai a nessuno di spezzarti il cuore. È la sola cosa a non ricrescere, una volta andato in frantumi."

Non era riuscito a mantenere quella promessa, neppure una volta. In un modo o nell'altro qualcuno gli aveva ridotto in pezzi il cuore e il vero miracolo era stato accorgersi che dopo ogni singola volta esso avesse continuato a battere.

Prima di poter frenarsi o ricacciare indietro il profondo e radicato malessere che avvertiva al centro del petto, Dante stava già piangendo senza freni, senza neppure aver mangiato una sola briciola di quel semplice alimento che aveva risvegliato così tanti ricordi, tutta la nostalgia che provava per casa propria, per le persone a lui care e che temeva non sarebbe mai riuscito a rivedere.

Β«Voglio tornare a casaΒ» gemette, scosso dai singhiozzi.Β 

Non ne poteva piΓΉ della guerra, di vedere le persone morire e soffrire, di stare male per ragioni che neppure ricordava o non gli interessavano piΓΉ.

Voleva riabbracciare sua figlia, baciare sua moglie e sentire di nuovo la voce di sua madre elargire saggi consigli e parole di conforto.

Petya non aveva mai amato vedere le persone piangere in generale, ma nel caso di Dante era uno spettacolo tanto raro quanto terribile. Ebbe solo un attimo di esitazione prima di posargli con gentilezza una mano sulla schiena e, infine, stringerlo in un cauto abbraccio. Temeva di venire respinto o forse preso a pugni, non si sapeva mai, ma Evergard non fece niente del genere, anzi si aggrappΓ² ai suoi vestiti e abbandonΓ² la fronte sulla sua spalla.

Rimasero in quel modo forse per pochi minuti, forse invece per molto altro tempo. A nessuno dei due importava granchΓ©, d'altronde, e quando Dante parve calmarsi un po' si scostΓ² lentamente e mormorΓ² un tenue ringraziamento.

«Sono passati mesi da quando sono stato abbracciato così» ammise. «Grazie per avermi ricordato quanto possa esser bello in momenti simili avere una persona pronta a darmi l'illusione che un giorno starò meglio.» Si terse le guance scavate. I suoi occhi sembravano aver ripreso un po' della solita scintilla che li rendeva vivi. Piangere, proprio come accadeva quando la pioggia bagnava il terreno affetto da una lunga siccità, li aveva liberati da quel velo di opaca tristezza e fatti rinascere.

Yakovich deglutì. «Oh, per così poco! Sono un vero esperto nell'abbracciare la gente.»

La ragione gli suggeriva di togliere le mani dal torace di Evergard, ma qualcos'altro che da tanto tempo celava, invece, lo esortava a non muoversi di un centimetro e, anzi, a osare ancora di piΓΉ.

Al momento non pensava neanche lontanamente al proprio esercito fermo all'accampamento, a quali conseguenze avrebbero forse portato le sue azioni, le scelte di quel breve istante.

C'erano solamente lui, Dante e il fremito della possibilitΓ .

Non ebbe rimpianti né vergogna quando fece risalire le dita e con esse circondò il viso dell'altro, si sporse e posò le proprie labbra sulle sue. Lo sentì sussultare e irrigidirsi, poi rilassarsi e quasi cedere all'impulso di ricambiare il bacio, ma alla fine Dante si tirò indietro e lo fissò a occhi sgranati. «C-Che stai facendo? Che roba era quella, si può sapere?!»

Ho sbagliato... Non avrei dovuto farlo.

Β«Mi dispiaceΒ» disse Petya, chinando appena la testa in segno di rammarico. Β«Perdonami, non so cosa mi sia preso. Non ho ragionato lucidamente.Β»

Si rimise in piedi piΓΉ in fretta che potΓ© e scosso da un tremore incontrollabile, sull'orlo delle lacrime di umiliazione e delusione, si disse che avrebbe fatto molto meglio ad andarsene e a pregare che Dante prima o poi si sarebbe dimenticato di quello strafalcione.

Stupido, stupido, stupido!
La paura lo colse, perΓ², nell'udire i veloci e determinati passi di Evergard alle sue spalle. Si disse che le avrebbe prese di santa ragione o peggio mentre veniva fatto voltare prepotentemente. Tenne le palpebre serrate, pronte a qualunque cosa Dante avesse intenzione di fargli per aver messo in discussione la sua virilitΓ  o qualcosa di simile, ma poi si rese conto che egli lo stava baciando e non proprio con chissΓ  quale gentilezza.Β 

In tutta onestΓ  a Petya venne il sottile dubbio che quella non fosse la prima volta che Dante baciava un maschio. C'era troppa sicurezza nelle sue azioni, troppo ardore, quello di uno che a lungo aveva lottato per contenere i propri impulsi e, finalmente, aveva trovato la maniera per liberarsi dalle catene che si era auto-imposto.

Yakovich non si fece ripetere due volte il messaggio piΓΉ che diretto ed esaustivo: si strinse a lui e gli circondΓ² il collo con le braccia, lo fece chinare verso di sΓ© e dischiuse le labbra, permise a Dante di assaporarlo con maggior aviditΓ  e, nel frattempo, di spingerlo con le spalle a ridosso di un grosso albero secolare le cui fronde sibilavano e cantavano una sconosciuta melodia priva di parole.

Si separΓ² dal re per riprender fiato e sorrise di sbieco, in preda a un'ebbrezza che nessun vino avrebbe potuto far replicare. Β«Chi mai l'avrebbe dettoΒ» commentΓ² beffardo. Β«Mi Γ¨ sempre piaciuto sapere un po' alla volta sempre qualcos'altro in piΓΉ sul tuo conto e devo ammettere che tutto questo, in particolare, mi piace da impazzire.Β»

A sua volta non era un novellino e aveva giΓ  avuto modo di giacere con altri uomini. Lo preferiva per molte ragioni e per lui non faceva molta differenza. Gli piaceva dare e ricevere, ma se non altro con un maschio non correva alcun rischio di lasciarsi dietro un figlio bastardo, il che era un vantaggio non indifferente.

E in quanto al dolore... c'erano forme di sofferenza di gran lunga peggiori al mondo, e poi aveva fatto male solo le prima volte, ed era convinto che ciΓ² avesse a che fare con il fatto che fosse in parte un Efialte, dotato di un corpo piΓΉ resistente e coriaceo.

Senza alcun pudore si slacciΓ² la casacca piano piano e la fece cadere a terra, poi i pantaloni e gli stivali. Rimase con addosso una semplice camicia che lo copriva fino ad appena sopra le ginocchia.

Non se ne faceva un bel niente di cose come la pudicizia e la remissivitΓ . Le aveva gettate entrambe oltre le proprie spalle un po' alla volta, sapendo che la vita era una sola e andava vissuta appieno, senza sciocche proibizioni e stupidi pregiudizi. La vita era una soltanto e lui non voleva semplicemente viverla, ma possederla, proprio come Dante voleva possedere lui. Glielo leggeva negli occhi, lo poteva sentire mentre gli slacciava adagio la cintura e i bottoni, mentre lo privava della casacca rossa come il sangue che scorreva veloce nelle loro vene.

Si baciarono di nuovo e il re sollevΓ² da terra quello che era in teoria il suo nemico, ma non quella notte, e non fu per niente gentile nel forzare il proprio ingresso nelle sue membra strette che dopo un paio di minuti finalmente si decisero ad accoglierlo e a permettergli di avanzare. Il cuore gli risuonava nei timpani come un tamburo di guerra e la ragione minacciava di abbandonarlo completamente. Non per niente, ma erano mesi e mesi che non giaceva con nessuno e per un bel po' gli era toccato reprimere quel bisogno fisico fino all'inverosimile.

Petya dentro era caldo, lo serrava in una piacevole e provocatoria morsa, e appena le braccia di Yakovich lo cinsero per aggrapparsi e non lasciare in mano a lui tutto lo sforzo, si ritrasse e spinse di nuovo, soffocando un rauco gemito di soddisfazione nei suoi capelli lunghi capelli corvini imbevuti dell'essenza mascolina e seducente di Petya.

Si chiese se gli stesse facendo male o meno, ma a giudicare da come ansimava e gemeva, doveva gradire ogni cosa almeno quanto lui.

Sapendo che non potevano rischiare di essere scoperti, benchΓ© fosse una possibilitΓ  alquanto remota, soffocΓ² i versi soddisfatti del piΓΉ giovane con un bacio e poi un altro ancora, procedendo con lentezza, almeno finchΓ© non si lasciΓ² prender la mano dall'istinto ferino che in quei momenti usciva allo scoperto e lo rendeva poco ragionevole e attento alla volontΓ  altrui. Non gli ci volle molto per farsi trasportare dal momento e trasformare quella danza lenta atta a conoscersi un po' meglio in una veloce, frenetica e lasciva ondata di estasi, rumori scivolosi e dell'erotico suono della pelle che cozzava contro altra pelle.

Petya affondò le unghie nella schiena di Dante ancora parzialmente celata dalla camicia aperta  fin quasi al plesso solare. Con gli occhi pieni di lacrime di piacere passò in veloce rassegna l'uomo che lo forzava contro l'albero secolare e con brutalità lo possedeva, spingendosi sempre più in profondità, lì in quel particolare punto che ormai lui conosceva bene e sapeva racchiudere un'estasi ancora maggiore e più viscerale. «Lì» gemette. «Lì mi piace, fallo ancora! Sì!»

Dante sorrise di sbieco, quasi ipnotizzato dalle reazioni dell'altro. Β«Qui, hai detto?Β» lo provocΓ², ruotando il bacino e spingendo ancora.

Petya quasi gridΓ², contraendoglisi attorno e venendo fra i loro stomaci solo un paio di minuti prima di Evergard, il quale si mosse con un paio di ultime e vigorose spinte.

«Non scopavo così da anni» ansimò nell'orecchio di Yakovich, mordendone poi il lobo. «E mi spiace dirti che non mi basta.» Scivolò fuori dalle sue membra, lo rimise a terra e fece voltare con la faccia in direzione della corteccia e poi tutto ricominciò, spingendo Petya a domandarsi dove quell'uomo avesse tratto tutte quelle energie.

Minuti piΓΉ tardi si lasciarono cadere entrambi sull'erba, l'uno a poca distanza dall'altro.

Β«Te lo devo proprio chiedere...Β» esalΓ² l'Alto Principe. Β«Dove diavolo ti sei nascosto tutto questo tempo?Β» Si avvicinΓ² e posΓ² sull'ampio torace del sovrano, sfiorando con le dita i vari rilievi e le insenature del suo plesso solare statuario. Suo fratello Jakov, detto con affetto Jasha, gli aveva insegnato a leggere e una volta Petya, incuriosito dalla cultura degli antichi Greci e dei Romani, si era ritagliato un po' di tempo per approfondire in merito all'argomento e letto miti vecchi di millenni che narravano le gesta di divinitΓ  possenti e invincibili, di Ercole, eroe dalla forza prodigiosa e dalle origini divine che da solo aveva fronteggiato dieci imprese impossibili per chiunque altro.

Dante gli ricordava molti di quei leggendari eroi dell'antichitΓ  e neppure la fame patita sembrava aver intaccato realmente la sua bellezza mascolina.

Β«Non sei il primo che loda le mie doti fra le lenzuola.Β»

Β«E non sono neppure il primo, io, con il quale le hai messe in mostra. Ho ragione?Β»

Evergard esitΓ². Β«Quando non ero ancora un re... tutto era molto piΓΉ semplice. Avevo piΓΉ libertΓ  e nessuno poteva impormi un bel niente, ma poi... poi ho dovuto affrontare le mie responsabilitΓ  e diventare ciΓ² che gli altri volevano che fossi. In generale mi va bene frequentare sia le donne che gli uomini, in fin dei conti a importarmi Γ¨ se Γ¨ gente noiosa o interessante, ma non posso avere tutta questa libertΓ  a Elgorad. Mi condannerebbero all'esilio o persino a morte. Nessuno si salva dal pregiudizio, neppure il re.Β»

Petya, rattristato, gli scostΓ² i capelli dalla fronte e provΓ² a rimetterglieli a posto, visto che erano disordinati dopo che si erano dati alla pazza gioia per due volte di fila. Β«Non dev'essere facile convivere con tutto questo.Β»

Β«Non lo Γ¨, ma cerco di fare del mio meglio, anche se... ci sono volte in cui mi sembra di vivere una doppia vita. Non che non ami mia moglie e... beh, Yvaine Γ¨ un piccolo miracolo, perΓ² mi capita di pensare a come sarebbe potuta essere molto diversa la mia vita se un giorno molto lontano, in passato, avessi risposto diversamente e scelto di rischiare tutto per amore.Β»

Sarebbe stato interessante dover combattere una guerra al fianco della persona che aveva sposato, una persona che sapeva lottare con pari coraggio e destrezza, che avrebbe potuto avere sempre accanto, pur temendo di perderla al ritorno sul campo di battaglia.

Godric sarebbe stato un grande re, forse migliore di me.

Faceva male tornare a pensarci, ma non riusciva a farne a meno e si odiava perchΓ©, anche in quel momento, pur avendo discusso con Godric, avrebbe voluto che ci fosse stato lui al posto di Petya, lui a consolarlo e poi, finalmente, a dargli una possibilitΓ , a ricambiare i suoi sentimenti.

Sarebbe dovuto essere lui, ma le cose stavano diversamente e forse... forse era meglio darci un taglio. Forse era meglio smettere di illudersi e affrontare la veritΓ , la crudele realtΓ . Accettare che Godric non l'avrebbe mai amato e mai avrebbe visto in lui qualcosa in piΓΉ rispetto a un semplice amico di vecchia data.

Era stanco di vedere speranza laddove non ve n'era alcuna. Era stanco di soffrire da solo, in silenzio, e intanto dover far finta di niente. Il peso che si era portato appresso per tanti anni andava abbandonato, ecco perchΓ© non aveva potuto far a meno di metter distanza fra di loro; non poteva vivere per sempre con la paura di rivelare cose che non avrebbe dovuto dire e fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.

Petya posò un gomito sull'erba e si sostenne il viso con la mano sollevata a mezz'aria. «Non ho molta esperienza in fatto di amore e... mi sembra di capire che la situazione è piuttosto intricata, e non pretendo di prendere il posto di questa persona così fortunata nel tuo cuore, ma sappi che con me puoi essere te stesso. Non sono solito giudicare gli altri, Dante, e posso solo in parte capirti. Mi sono visto portare via anche io la persona che amavo da sotto il naso e ho sofferto parecchio per questo. Mi è stato negato di essere felice, quindi hai tutta la mia comprensione.»

In parte era geloso di quella misteriosa persona per la quale Dante, pur sposato e per giunta padre, ancora stravedeva.Β 

Era tentato di usare le proprie capacitΓ  per carpire la veritΓ , ma Evergard non glielo avrebbe perdonato e avrebbe capito all'istante le sue intenzioni.

Si morse il labbro inferiore e lentamente, in modo sensuale, gli si mise cavalcioni e gli forzΓ² le braccia a terra. Sorrise vedendo che lo aveva colto di sorpresa e pareva aver gradito il suo spirito di iniziativa.

Β«Se vuoi che io sia per te un semplice sollazzo, allora usami pureΒ» sussurrΓ², chinandosi e rubandogli un bacio, oscillando una sola volta sopra di lui. Β«In fin dei conti io intendo usare te per lo stesso motivo, perchΓ© non riesco a dimenticare fino in fondo e non faccio che torturarmi pensando a come sarebbe stata la mia vita se non mi fosse mai stato strappato il cuore, se non avessi mai seguito in quella stanza nella torre mio fratello e non gli avessi permesso di imprigionarmi e torturarmi.Β»

Si fermò, trasferì un braccio dietro di sé e lo aiutò a entrare nel proprio corpo. «Mon Dieu» disse fra sé, assaporando l'attimo e prendendosela comodo. «In fin dei conti... tutti finiamo per usare il prossimo, in un modo o nell'altro» continuò, la voce strozzata, iniziando a dondolare lentamente sopra Dante come se fosse un purosangue che ormai aveva domato a dovere. «Penso però che tu non debba dimenticare che la tua priorità siano tua moglie e tua figlia. Siamo responsabili degli altri quando entrano a far parte della nostra vita ed è importante fare di tutto pur di non ferirli e tradirli.»

Evergard trovava difficile riflettere su quelle parole affatto stupide e che avevano senso. Gli afferrΓ² i fianchi, accarezzandoglieli e risalendo con le dita lungo il tronco fino a raggiungere il torace. Petya pose le proprie mani sulle sue. Β«Domani torneremo a essere nemici e non voglio che tu ti freni in alcun modo la prossima volta che ci incontreremo in battaglia. Nessun rancore, nessuna paura nΓ© rimpianti. Chiaro?Β»

Dante si tirΓ² su e lo avvicinΓ² a sΓ©, rese piΓΉ profonda l'unione fra i loro corpi. Β«Non sapreiΒ» gli sussurrΓ² all'orecchio, rauco. Β«Potrei abituarmi con piacere a tutto questo.Β» Si sentiva in colpa nei confronti di sua moglie, ma Petya, almeno per il momento, era l'unica fonte di calore presente in una distesa di ghiaccio e neve, e lui era stanco di congelare, stanco di sentire freddo.

Stanco di aspettare qualcuno che non l'avrebbe mai raggiunto, e comunque... forse sarebbe persino riuscito a convincere Petya a cambiare idea o a giungere a un accordo che potesse soddisfare entrambe le parti.

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