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Kakuzu


Un leggero fruscio le solleticò il viso, mentre un profumo intenso le inebriava le narici.
Un profumo secco, aromatico, antico.
Sbattè le palpebre più volte, cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante.
Appariva tutto sfuocato, confuso, mosso.
Strizzò di più gli occhi, concentrandosi meglio.
Non ricordava che cosa fosse successo, sentiva solo un grande male alla testa.
Cercò di sollevarsi, ma la cosa le fu impossibile.
A quel leggero movimento i muscoli avevano iniziato, uno dopo l'altro, a catena, a farle un gran male.
L'unico arto che riuscì a muovere fu il braccio, che spostò verso il suo viso per sfregarsi gli occhi annebbiati.
Dopo qualche istante ancora di confusione, finalmente, (T/N) riuscì a vedere più nitidamente.
Aveva intuito che si stesse muovendo, in quanto poteva percepire una leggera brezza che le solleticava il viso e il continuo sballottare da un lato all'altro, ma non aveva immaginato di essere trasportata a peso morto, come un sacco di patate.
Aguzzò lo sguardo in avanti, vedendo solo una grande distesa di alberi maestosi.
Con fatica abbassò la testa, facendo un grosso errore, rischiando di rimetterci di stomaco.
Solitamente non soffriva di vertigini, ma, nella posizione in cui era, nel vedere il terreno così lontano e in maniera così poco chiara, si sentì quasi male.
Chiuse gli occhi di nuovo, cercando di calmarsi e di ignorare i dolori che l'affliggevano e di provare a ricordare cosa fosse accaduto.
Le immagini che le si proiettarono nella mente era disordinate e poco chiare.
Ricordava uno scontro, una figura scura che le si avvicinava e la afferrava, poi il vuoto.
Se non avesse percepito quel dolore continuo in ogni angolo del corpo avrebbe creduto di essere morta.
Quel profumo così forte iniziava a darle fastidio, rendendo la sua nausea ancor più pronunciata.
Non ricordava di aver mai sentito quell'aroma così pungente, chiunque la stesse scortando non era di certo un suo conoscente.
Avrebbe tanto voluto sollevarsi e capire meglio in che situazione si trovasse, ma le era davvero impossibile muoversi.
Di nuovo sentì le forze abbandonarla, le palpebre le si abbassarono lentamente, mentre la vista le si offuscava di nuovo e tutti i suoni le giungevano alle orecchie in maniera ovattata.

Il secondo risveglio, rispetto al primo, fu meno traumatico.
Questa volta riusciva a vedere perfettamente il terreno e tutto intorno a lei non si muoveva in maniera tanto veloce come la volta precedente.
Si sfregò di nuovo gli occhi, meno confusa e dolorante della volta prima, riuscendo nell'immediato a pensare in maniera concreta.
Tentò di sollevarsi, fallendo, questa volta non per mancanza di forze, bensì, una mano salda sulla sua vita le impediva di alzarsi.
La stretta, al suo tentativo di movimento, si fece più salda e (T/N) potè benissimo percepire ogni singolo dito di quella mano enorme premere sulla sua schiena.
"Lasciami andare.'' Disse, con voce ancora impastata e distorta.
Nessuna risposta le giunse alle orecchie.
Un altro tentativo di alzarsi, un altro fallimento.
Sospirò, iniziando a indispettirsi.
''Ti ho detto di lasciarmi andare.'' Ripetè, con un tono di voce più duro, tirando alcuni pugni sulla schiena possente di chi la stava trasportando.
Di nuovo nulla, la persona che l'aveva rapita non si degnò di risponderle.
(T/N) strinse tra le dita il tessuto nero dell'abito di quello che era, sicuramente, un uomo data la stazza e il profumo così pungente.
Digrignò i denti, osservando un particolare che prima non aveva notato.
Sul tessuto nero, in maniera disordinata, erano ricamate alcune nuvolette rosse, contornate di bianco.
(T/N) era sicura di aver già visto quella fantasia da qualche parte solo che, ancora, non era del tutto lucida per ricordare.
Fece perno sui gomiti per poter almeno sollevare un poco la testa e tirarsi su con il busto, riuscendo anche a respirare meglio, per cercare di scoprire chi fosse il suo rapitore.
Purtroppo il gesto fu quasi inutile in quanto, l'uomo indossava un cappuccio che non lasciava intravedere minimamente i tratti del viso.
Uno strattone la fece ricadere contro la schiena del suddetto, che con quel movimento brusco l'aveva riposizionata per bene sulla sua spalla sinistra.
Gemette appena per il colpo: il suo corpo non era ancora del tutto in forze e la posizione scomoda in cui era costretta a stare ormai da chissà quanto tempo non era d'aiuto.

''Si può sapere chi diavolo sei e che cosa vuoi da me? Lasciami andare!" Tentò di nuovo, a denti stretti, mentre soffiava su una ciocca di capelli (C/C) che le era ricaduta davanti a un occhio.
''Taci o ti cucio la bocca.'' Rimbombò la voce roca e dura dell'uomo, che con poche e semplici parole le aveva fatto venire la pelle d'oca.
La ragazza trattenne per un attimo il fiato, sentendosi davvero gelare il sangue.
Quella voce, quel copriabito erano così familiari ma anche estranei.
Doveva fare chiarezza nella sua mente; se non poteva avere risposte da quell'uomo doveva trovarle da sola.
Si passò una mano sulla fronte, per andare poi a massaggiarsi gli occhi, emettendo un sospiro di sconforto.
L'ultima cosa che ricordava era che stava tornando al villaggio dopo una missione che l'aveva trattenuta lontata da casa per ben due settimane.
Ricordava di non aver riportato ferite gravi, ma di aver perso il suo compagno di squadra che non aveva voluto seguire le sue indicazioni.
Ricordava di star saltando di albero in albero verso il Villaggio della Cascata e che durante il tragitto si era fermata sentendo movimenti sospetti.
Dopodichè non riusciva più a mettere insieme nessun ricordo.
Il suo flusso di pensieri sconnessi venne interrotto quando si sentì lanciare a terra senza troppi riguardi.
Mormorò qualche insulto a denti stretti mentre si massaggió la schiena, appoggiandosi poi a un tronco di un albero dietro di lei.
Alzò poi lo sguardo, piano, percorrendo dal basso la figura scura che la sovrastava.
L'uomo davanti a lei era alto almeno due metri, era robusto, imponente ed incuteva soggezzione soltanto con la sua stazza.
(T/N) deglutì, indietreggiando ancor di più contro l'albero, quando puntò gli occhi in quelli dell'altro, l'unica parte lasciata scoperta del volto.
Due occhi di un colore raro, particolare: un verde smeraldo, intenso e brillante, nonostante l'espressione cupa e inespressiva spiccavano, luminosi.
Due occhi tetri, profondi, immersi in un pozzo di sangue.
La sclera, completamente rossa, iniettata di sangue, contornava le pupille verdissime, facendole risaltare ancor di più, in contrasto.
Trattenne il fiato, come era solita fare nei momenti in cui non sapeva cosa aspettarsi, sentendosi oppressa da così tanta imponenza.
I suoi occhi spaventati vagavano senza sosta senza una meta precisa, in panico.
Per quanto quelli dell'uomo fossero così spaventosi e cupi, non poteva far a meno di guardarli, come ipnotizzata.
Si guardava in giro, spaesata, ma puntualmente il suo sguardo tornava su quei due pozzi di sangue.
Un raggio di sole andò a riflettersi contro il coprifronte dell'uomo, facendo smuovere dallo stato di trans la ragazza che andò ad osservare l'oggetto con attenzione.
Il simbolo disegnato sulla targa di metallo, ormai arrugginita e segnata da qualche sbeccatura, era lo stesso che adornava la sua: anche quell'uomo era un ninja della Cascata o, meglio, lo era stato un tempo.
Di fatti, una solco divideva a metà, da lato a lato, il disegno, segno che aveva tradito il villaggio: era un nunkenin.

(T/N) conosceva bene i profili tecnici di ogni nunkekin del villaggio, conosceva ogni criminale e sapeva bene quali erano i loro poteri e i loro punti deboli; ogni traditore era schedato e a tutti i ninja del villaggio erano fornite tutte le infomazioni possibili e utili in modo da poterli catturare.
La kunoichi era giovane, ma molto esperta e capace, le sue missioni principali riguardavano, per l'appunto, la ricerca e l'eliminazione dei traditori.
Per quanto potesse essere istruita su ogni singolo ex compagno, di quell'uomo non sapeva nulla.
Eppure, era impossibile dimenticarsi di due occhi del genere.
Basandosi su come era ridotto il coprifronte era giunta alla conclusione che non doveva essere un traditore delle generazioni più giovani, ma, nonostante avesse ristretto il campo, non era riuscita comunque a trovare l'identitá di chi le stava di fronte.
Il suddetto assottigliò lo sguardo verso la ragazza, alzando a mezz'aria il braccio e allungandolo verso di lei.
(T/N) chiuse gli occhi, schiacciandosi contro la corteccia della pianta, la mano aperta era a pochi centimetri da lei.
Trattenne il fiato, impaurita, non sapendo che cosa le avrebbe fatto.
La stessa scena le si ripresentò nella testa.
I ricordi riniziarono a raffiorare.
Quel gigante era spuntato dal nulla davanti a lei, intimandole di non tentare di combatterlo o di scappare perchè avrebbe sprecato solo tempo ed energie.
Lei, testarda e poco propensa a darsi pervinta, aveva ignorato le sue parole e aveva fatto l'esatto opposto.
Quando aveva visto il coprifronte del suo stesso villaggio, segnato da quella riga orizzontale, si era chiesta chi per la prima volta chi potesse celarsi dietro a quella maschera.
Glielo aveva anche domandato, non ricevendo alcuna risposta.
Lo scontro non era durato molto: purtroppo la ragazza non sapendo con chi avesse a che fare, non sapeva quanta potenza avesse il suo avversario che, stanco di continuare a lottare con qualcuno di livello così inferiore al suo, le aveva dato il colpo di grazia, facendola finire a terra, mezza svenuta, caricandosela poi sulle spalle.

''Alzati e cammina.'' Aveva tuonato con il suo vocione Kakuzu, dopo aver rilasciato le sue fibre nere dal braccio, che erano andate a legarsi intorno ai polsi della giovane.
Adesso che si era ripresa poteva benissimo camminare da sola.
La ragazza aveva aperto gli occhi, sbattendoli più volte, non capendo che cosa stesse succedendo.
Si guardò le mani, legate insieme, con un filo sottile ma piuttosto resistente che andava a sparire dentro la manica del nunkenin.
Uno strattone la fece barcollare in avanti.
Alzò lo sguardo verso l'uomo che la guardava a sua volta dalla sua altezza, in cagneso.
''Veloce anche.'' Aggiunse il suddetto, strattonando di nuovo il filo che si accorciò di un poco.
La ragazza fece come detto, alzandosi e iniziando a camminare un po' goffamente e con fatica dietro di lui.
Non sapeva che cosa volesse quell'uomo da lei ma se era ancora in vita doveva esserci un motivo.
Quell'uomo le dava l'impressione di uno che non si faceva di certo scrupoli a uccidere qualcuno.
Doveva scoprire in qualche modo chi fosse e saperne di più sulle sue capacitá.
Abbassò di nuovo lo sguardo sui suoi polsi, cercando di allentare la presa dei lacci intorno a essi.
Non era una corda normale, ne una cavo di acciaio, era qualcosa di diverso, di cui non ne sapeva l'origine.
Osservò di nuovo le nuvole dipinte sulla cappa, assottigliando lo sguardo sovrappensiero.
Finalmente ricordò: quello era il logo dell'associazione criminale chiamata Akatsuki.
Ne aveva sentito parlare ma mai aveva avuto un incontro ravvicinato con i suoi componenti.
Non si sapeva molto sui soggetti che la componevano, si sapeva solo che erano ex ninja di diversi villaggi e che come scopo avevano la conquista delle Cinque Terre Ninja.
La domanda che però le continuava a frullar nella testa era: che cosa voleva quel componente dell'Akatsuki da lei?
''Che cosa vuoi da me?'' Domandò, per l'appunto, trascinando i piedi l'uno dopo l'altro, con un tono calmo.
L'altro non parlò, continuando a camminare speditamente.
La giovane gonfiò le guance, mettendo su un piccolo broncio: quel tizio era davvero burbero e dannatamente silenzioso.
Le ore passarono e loro contininuavano a camminare senza sosta.
Ormai era quasi giunto il tramonto, ma non c'era stato nessun accenno nel fermarsi da parte del rapitore.
(T/N) trascinava, stanca, i piedi, sentendosi di nuovo poco in forze.
Aveva fatto altre domande, di tanto in tanto, lungo il tragitto, ma non le era mai giunta nessuna risposta.
Aveva anche provato, inutilmente e sprecando forze, a combatterlo, finendo sempre con il sedere a terra.
Dopo l'ennesimo tentativo fallito e un'altra minaccia da parte dell'uomo, aveva deciso di smetterla di importunarlo; ea stanca, affamata e nervosa per non aver ricevuto mai nessuna risposta alle sue domande, inoltre continuava a non capire perchè la stesse trascinando chissà dove.
L'aveva minacciata più volte di ucciderla, ma non le aveva mai inflitto chissà quale colpo mortale durante i brevi scontri avuti.
In effetti, se ci pensava bene, non ci era mai andato troppo pesante e ciò la confondeva.

Di nuovo, nonostante le ossa e i muscoli doloranti, si era fermata in mezzo alla strada, tenendo lo sguardo fisso in avanti e le braccia a penzoloni davanti a sè.
L'altro aveva fatto lo stesso, sentendo la fibra che fuoriusciva dal suo braccio tendersi.
Kakuzu chiuse gli occhi e fece un grosso respiro, cercando di mantenersi calmo.
Quella ragazza aveva una grande resistenza e caparbietà; le avrebbe fatto i complimenti se solo non gli avesse fatto perdere quasi del tutto la pazienza continuando a sommergerlo di domande e a tentare di scappare o di combatterlo, soprattutto però le stava facendo perdere tempo.
Per Kakuzu il tempo era denaro, in realtà, tutto per lui lo era.
Se solo avesse potuto ucciderla si sarebbe risparmiato una gran bella seccatura, purtroppo, però, se voleva guadagnare qualche Yen con la sua testa, doveva portarla fino a destinazione nel miglior stato possibile.
Mancava ancora troppa strada: se l'avesse uccisa il corpo sarebbe andata in decomposizione e il guadagno sarebbe stato minore.
Più i corpi erano in un bello stato più soldi si ricavavano.
(T/N) valeva anche un bel gruzzoletto e lui lo voleva instascare tutto.
Certo, era rimasto davvero stupito quando, nel libro delle taglie, che si portava constantemente dietro, aveva letto quanto valesse la testa di quella ragazzina.
Girò di poco la testa, quanto bastava per vedere la figura minuta dietro alle sue spalle.
Era giovane e ancora inesperta, rispetto a lui, ma aveva del potenziale, questo era certo, peccato che quel potenziale aveva vita breve.
''Chi sei e che cosa vuoi da me?" Ripetè di nuovo la ragazza, con una espressione seria in volto.
Kakuzu si voltò del tutto verso di lei, puntando i suoi occhi spettrali in quelli limpidi e vivaci, nonostante la stanchezza, di (T/N).
"Non ha importanza.'' Rispose lui, atono.
''Taci e cammina o ti cucio la bocca.'' Aggiunse, con tono più minaccioso, strattonando il filo che li univa, facendo barcollare la kunoichi in avanti.
A Kakuzu non piaceva parlare, tantomeno di sè stesso e del suo passato e sapeva che se avesse rivelato la sua identità sarebbe stato sommerso da mille domande, per non dire insulti.
Non aveva per nulla voglia di sorbirsi un interrogatorio carico di odio.
''E allora fallo! È tutto il giorno che continui a minacciarmi, ma non mi hai minimamente sfiorata.'' Ribattè lei, tirando a sua volta la fibra nera, non smuovendo però di un millimetro l'uomo.
Kakuzu era giunto al limite: stava per esplodere: vrebbe ridotto a brandelli quel corpicino esile, non prima però di essersi preso il suo cuore forte e giovane.

(T/N) si preparò a un possibile attacco osservando gli occhi dell'altro assottigliarsi ancor di più e le sue mani serrarsi saldamente.
Non che potesse combattere in maniera fluida nelle sue condizioni, ma avrebbe comunque provato a contrattaccare.
Non sapeva perchè continuasse a voler tentare di liberarsi nonostante tutti i tentativi precedenti fossero falliti, probabilmente era masochista, inoltre, forse, lo aveva instigato fin troppo: questa volta poteva rischiare di lasciarci la pelle.
Ma lei era fatta così: pur di raggiungere il suo scopo rischiava anche la vita, almeno sarebbe morta combattendo.
Avrebbe fatto di tutto pur di non dar soddisfazione a quell'energumeno di averla sottocontrollo.
Altri fasci di fibre scure fuoriuscirono dalle maniche della cappa di Kakuzu, muovendosi fluidamente nell'aria come se avessero avuto vita propria.
(T/N) non sapeva che razza di potere fosse quello, ma di certo non era un jutsu qualsiasi.
Kakuzu alzò il braccio a mezz'aria, tenendo la mano aperta, tesa, mentre i lacci continuavono a muoversi incessantemente intorno ad essa.
(T/N) trattenne il fiato; non sapeva cosa aspettarsi, come avrebbe potuto fare a sfuggire a quell'attacco, d'altronde non sapeva nulla di quell'uomo.
Fece un passo indietro, per quanto le fosse possibile muoversi essendo legata a una distanza minima da lui.
Forse questa volta sarebbe morta davvero.
Probabilmente, sarebbe morta anche una volta arrivata alla fine di quel lungo viaggio, quindi era inutile essersi fatta troppi problemi.
Sapeva che prima o poi sarebbe morta per il suo carattere troppo impulsivo e, infondo, le andava bene così.
Aveva scelto di fare il ninja conoscendone ogni rischio.
I suoi occhi tentarono di serrarsi in preda alla paura ma si rifiutò di seguire ciò che il suo corpo stanco le consigliava di fare: avrebbe guardato in faccia la morte, il suo aguzzino.
La mano dell'uomo, poi, come si era alzata era tornata, con lentezza e un movimento fluido, lungo la gamba.
''Che cosa c'è, Zetsu?" Aveva detto, tenendo ancora gli occhi puntati su di lei.
La ragazza sbattè più volte le palpebre non capendo che cosa stesse accadendo.
''Solo un accertamento sul tuo stato.'' Sentì una voce, alle sue spalle, rispondere alla domanda.
Sobbalzò per un istante, girandosi, poi, appena per andare a cercarne il proprietario.
Dal terreno spuntava un essere umanoide con una carnagione bianca, lattea, con degli scompigliati capelli verdi e degli occhi gialli.
Il suddetto Zetsu, così era stato chiamato, lanciò un'occhiata veloce alla kunoichi, tornando poi a osservare Kakuzu.
''Dove è il tuo compagno di squadra?'' Domandò, con la sua voce stridula e un poco femminile.
''Sai già la risposta.'' Si limitò a dire Kakuzu, che fece rientrare le fibre nel suo corpo, tirando quella che teneva legata la ragazza a lui, facendola allontanare di qualche passo da quello strano essere che sospirò, poco sorpreso di una risposta simile.
''Devo anche dedurre che prima che tornerai alla base passerà del tempo.'' Disse poi, lanciando un'altra occhiata a (T/N) e mostrando i denti, in un sorriso distorto, disposti in maniera irregolare, distanziati l'uno dall'altro di parecchi millimetri.
''Quello che basta per risquotere la taglia.''
Precisò l'altro, poco propenso al parlare.
''Vedi di fare in fretta, il capo ti attende per il rapporto, Kakuzu e non credo sarà felice di sapere che hai fatto fuori un'altra volta il tuo compagno di squadra.''
Concluse Zetsu, prima di sparire nel terreno come era riapparso, come se il suo corpo fosse fatto interamente di terra.

Il nunkenin sospirò, voltandosi di spalle pronto a rimettersi in cammino, calmatosi e deciso al tentare di nuovo di arrivare a destinazione con la ragazza ancora viva.
(T/N) si rimise a sua volta dritta, con gli occhi sgranati.
Aveva sentito bene? Quell'essere aveva detto Kakuzu? Stava parlando di quel Kakuzu?
No, era impossibile, non poteva essere lo stesso Kakuzu dell'epoca della Prima Guerra Ninja, erano passati troppi anni, non poteva essere ancora in vita.
Eppure non poteva essere una coincidenza, non c'era nessun altro nunkenin della Cascata che si chiamasse con quel nome.
Uno strattone la ridestò dai suoi pensieri facendola barcollare in avanti.
Si rimise a camminare, raggiungendo velocemente l'uomo e affiancandolo per la prima volta.
''Kakuzu? Sei davvero quel Kakuzu?" Domandò, guardandolo dal basso, sperando di ricevere almeno questa volta una risposta.
L'uomo non si scompose, continuando a camminare e guardare dinanzi a sè.
''Sono stata rapita e quasi uccisa da Kakuzu.'' Constatò in un sospiro, corruciando la fronte.
L'uomo abbassò lo sguardo sulla giovane, constatando che non sembrava per nulla propensa a rinfacciargli ciò che aveva fatto in passato anzi, sembrava piuttosto eccitata.
In effetti aveva ragione, (T/N) era davvero emozionata e incredula di aver di fianco il famoso Kakuzu.
Certo, la fama dell'uomo non era delle migliori: aveva fallito una missione importantissima, aveva rubato una tecnica segreta e aveva tradito il villaggio, uccidendo anche il Takikage, ma rimaneva il fatto che, Kakuzu, era stato uno dei più grandi ninja della storia.
Nessuno aveva mai confermato la sua morte, durante il corso degli anni non si era più sentito parlare di lui, le sue tracce erano ormai state perse, ma (T/N) non avrebbe mai pensato che davvero fosse ancora vivo.
Probabilmente era merito della tecnica rubata se era ancora in vita e aveva acquisito quegli strani poteri grazie a essa.
''Come fai a essere ancora vivo? Dovresti avere una cosa come...più di ottantanni?" Domandò, per l'appunto, la ragazza, continuando a guardare l'uomo dal basso, con la voce carica di entusiasmo.
Kakuzu tirò le labbra in una linea sottile nel sentirsi ricordare la sua età, continuando a ignorare però la giovane che, ormai, sembrava essersi completamente scordata della situazione in cui si trovava.
I suoi occhi non erano più impauriti, stanchi o spenti, brillavano di una luce diversa, erano vispi e attenti, curiosi.
Era uno scherzo? Aveva davvero di fianco qualcuno che non lo riteneva solo un traditore del villaggio, un criminale?
Riabbassò di nuovo lo sguardo su quella ragazzina che poteva essere sua nipote di secondo grado, incrociando di nuovo gli occhietti (C/C) che non indugiavano a staccarsi da lui.
Qualsiasi tipo di strategia stesse cercando di attuare contro di lui, sperando di liberarsi, avrebbe fallito.
Se pensava di convincerlo a lasciarla andare facendo la lecchina si sbagliava di grosso: per lui i soldi venivano prima di tutto, non se ne faceva niente di una fan.

''Silenzio.'' Tuonò, fermandosi in mezzo al sentiero che stavano percorrendo: c'era qualcosa che non andava.
La ragazza inizialmente pensò fosse un richiamo dovuto alle troppe domande e schiuse la bocca per replicare, capendo nei secondi seguenti, che si trattava di altro.
Senza esitare, con spontaneità, si andò a posizionare a lato opposto di Kakuzu, schiena contro schiena, guardandosi in giro con attenzione, come faceva solitamente in missione.
C'erano dei movimenti sospetti, seppur minimi, intorno a loro.
Apparentemente la foresta in cui si trovavano sembrava tranquilla, ma si trattava pur sempre di un luogo che segnava il confine tra due paesi, ritrovarsi nel mezzo di uno scontro o essere attaccati da delle pattuglie non sarebbero stati avvenimenti strani.
Entrambi continuavano a controllare il territorio che li circondava, aspettando che i nemici venissero allo scoperto o che facessero qualche movimento che li avrebbe resi più tracciabili.
Kakuzu non era preoccupato, ne aveva bisogno d'aiuto: per sconfiggera un paio di ninja non avrebbe fatto nemmeno fatica, piuttosto doveva assicurarsi che (T/N) non si facesse ferire o addirittura uccidere.
Sì, la ragazza aveva dimostraro buone capacità, non si faceva problemi ad ammetterlo, solo che era palesemente provata, non sapeva quanta forza le fosse rimasta in corpo per uno scontro in quanto era tutto il giorno che, praticamente, lottava contro di lui.
''Stammi vicino.'' Si sprecò a dire, come se la ragazza potesse veramente allontanarsi da lui facilmente.
''E chi si muove.'' Sussurrò lei a denti stretti, alzando a mezz'aria le braccia, con i polsi legati ancora tra di loro.
Pochi istanti dopo si trovarono circondati da almeno una decina di ninja che in posizione di attacco aspettavano l'assenso del capitano per attaccare.
''Arrendetevi e non vi uccideremo.'' Disse uno di loro, facendosi avanti con i kunai stretti nelle mani, osservando con attenzione i due accerchiati.
''Akatsuki...'' Asserì, scorgendo d'apprima il marchio distintivo sulla giacca di Kakuzu e notando poi il coprifronte con il simbolo del villaggio di provenienza rovinato.
Lo sguardo dello shinobi si indurì e cambiò idea sul da farsi.
''Attaccate!" Ordinò, urlando, dando inizio agli scontri.
I sottoposti seguirono l'ordine e iniziarono ad attaccare a distanza ravvicinata Kakuzu e (T/N) che respingevano gli attacchi con facilità.
Nonostante i nemici fossero in vantaggio numerico, il loro lavoro di squadra era nettamente superiore.
(T/N) faticava a usare le mani che legate tra di loro rendevano i movimenti poco fluidi e coordinati, riuscendo comunque a difendersi e contrattacare sfruttando quel filo, che sarebbe dovuto essere solo un intralcio, come arma.
Kakuzu dal canto suo, libero di muoversi come voleva, respingeva gli attacchi con più facilità, ritorcendoli contro i nemici.
Nonostante fosse la prima volta che lottassero insieme sembrava che avessero trovato il perfetto equilibrio: nessuno intralciava l'altro e riuscivano a combinare i proprio attacchi senza nemmeno parlarsi o scambiarsi segni di complicità, sembrava che fossero compagni da una vita.

I ninja contro cui si stavano battendo non erano di certo jonin esperti: avevano fatto un errore nell'attaccare, soprattutto dopo aver constato che uno dei due intrusi fosse un membro dell'ALBA; solitamente le pattuglie messe a confine avevano il semplice compito avvisare il villaggio in caso di avvistamento nemico, eppure questo gruppo aveva fatto tutto il contrario, commettendo un grosso errore.
(T/N) mise a tappeto l'ennesimo nemico, strozzandolo con il fascio di fibre, dopo averlo fatto scivolare a terra facendolo inciampare sempre con la sua unica arma a disposizione.
Strinse più che potè il laccio intorno al collo dell'uomo che si dimenò in cerca di ossigeno, fino a quando non sentì l'osso del collo emettere uno scricchiolio e il corpo smettere di agitarsi.
Una volta rialzatasi, venne strattonata, barcollando pericolosamente in avanti.
Qualche secondo dopo un esplosione alle sue spalle la fece sobbalzare, lasciandola stordita.
Kakuzu, che aveva sempre tenuto un occhio su di lei, aveva ritirato di qualche centimetro il fascio di fibre, attirandola più vicino a sè e salvandole la vita prima che un kunai-bomba la colpisse in pieno.
(T/N) vacillò di nuovo verso il terreno, stordita dal frastuono che l'esplosione inaspettata aveva provocato.
Un'altro strattone le evitò di essere colpita di nuovo.
Kakuzu aveva ridotto la lunghezza delle sue fibre a qualche centimetro, constatando che ormai la ragazza non poteva più cavarsela da sola.
''Ti avevo detto di starmi vicino.'' Ripetè l'uomo, rompendo entrambe le braccia un ninja, che cadde a terra urlando di dolore.
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui ancora confusa, percependo la sua voce in modo ovattato, mentre le sue orecchie continuavano a fischiare.
Si ritirò poi dritta, decisa a non arrendersi nonostante il suo corpo chiedesse pietà.
Riposizionatasi dietro di lui continuò, alla bell'e meglio, a lottare.
L'ultimo nemico cadde a terra tenendosi il collo da cui zampillava sangue scarlatto, con gli occhi rivoltati all'indietro e la bocca spalancata.
Kakuzu lanciò il kunai che aveva in mano dritto nella fronte di un uomo che aveva tentato di rialzarsi, mettendo fine anche alla sua vita.
(T/N) abbandonò le braccia lungo i fianchi e si rilassò, guardando i corpi morti dei nemici a terra in pozze di sangue.
Un senso di nausea la colpì, mentre la testa le iniziava a girare vorticosamente e sentiva il corpo senza energie.
Fece un passo indietro, andando ad appoggiarsi alla schiena di Kakuzu che girò la testa di lato intravedendo la figura minuta della ragazza contro di sè.
Nella foresta, in cui prima le urla echeggiavano, era ormai calato il silenzio spezzato solo dal respiro pesante di (T/N).
La giovane kunoichi cercò di rimettersi dritta, senza troppi risultati: dovette infatti piegarsi in avanti e appoggiare le mani sulle ginocchia, facendo perno, per trovare un poco di stabilità.
Era davvero ridotta a uno straccio, era stata una giornata davvero faticosa e, in più, non sapeva ancora che sorti avrebbe avuto.
Presa dall'euforia di aver scoperto l'identità del suo rapitore si era completamente scordata che non sapeva che fine avrebbe fatto.
Quello Zetsu aveva parlato di una taglia, doveva supporre quindi che Kakuzu era un mercenario e che l'avesse rapita e, successivamente, uccisa, per risquotere del denaro.
Ormai non poteva fare più nulla, anzi, dal principio era stato solo uno spreco di energie tentare di salvarsi la pelle, visto che aveva a che fare con Kakuzu.
Poco male, almeno sarebbe morta avendo avuto l'onore e la forza di provare a combattere contro di lui.

Sollevò il viso sciupato, mentre una ciocca di capelli le ricadeva davanti a un occhio, lanciando uno sguardo all'uomo che si era posizionato davanti a lei.
Chissà che aspetto aveva il famoso Kakuzu.
Non c'erano foto del suo viso negli archivi, ne tantomeno descrizioni approfondite sulle sue caratteristiche fisiche.
Probabilmente non l'avrebbe mai saputo.
Poteva ritenersi soddisfatta di come le erano andate le cose.
Sorrise debolmente, socchiudendo gli occhi (C/C) annebbiati, prima di lasciarsi andare a peso morto, aspettando l'impatto con il suolo che non arrivò mai.
Kakuzu prontamente aveva colto il segno di cedimento della giovane e l'aveva afferrata prima che svenisse.
Quella ragazza aveva resistito anche più di quanto avesse potuto immaginare.
Squadrò il viso fin troppo pallido, osservandone i lineamenti e l'espressione rilassata di chi finalmente poteva riposare.
La sollevò, questa volta, rispetto alla prima, con più delicatezza, prendendola tra le braccia.
Un braccio le sosteneva le gambe da dietro le ginocchia e l'altro la schiena, sulla vita.
Le dita di Kakuzu si andarono a inumidire non appena le sfiorarono il fianco.
Abbassò lo sguardo su di esse, notando che si erano tinte di un rosso scarlatto.
La divisa nera della ragazza non aveva reso visibile la chiazza di sangue che continuava a sgorgare copiosamente.
Non era riuscito, nonostante tutte le sue accortezze, a farla uscire illesa dallo scontro.
Si adirò, chiedendosi come fosse stato possibile che non si fosse accorto che qualcuno l'avesse colpita, deluso da sè stesso.
Non si capacitava di come avesee potuto sfuggirgli quel particolare.
Sperava solo di aver fatto provare un grande dolore a chi aveva sfregiato in quel modo la sua taglia.
Adesso, però, non era il momento di rimuginare sugli avvenimenti passati: doveva trovare un posto dove medicarla e farla riposare.
Se avesse perduto ancora sangue sarebbe morta e questo non poteva permettere che accadesse: aveva una taglia da risquotere, (T/N) non poteva morire, non dopo che gliene aveva fatte passare di tutti i colori.

Fortunatamente Kakuzu conosceva bene quel percorso: erano anni che viaggiava da un paese all'altro, nessuna terra aveva più segreti.
C'era una caverna poco distante da lì dove avrebbero potuto fermarsi.
Velocemente la raggiunse, adentrandosi nell'antro roccioso, illuminato appena dalla luce del sole che ormai stava tramontando.
Aveva sperato di raggiungere destinazione prima del giorno seguente, ma ormai era palese che non ci sarebbe riuscito: c'erano stati troppi imprevisti e mancava ancora troppa strada, se solo ne fosse mancata di meno avrebbe potuto risparmiarsi la sosta ed evitare di medicarla, lasciandola morire dissanguata.
La adagiò a terra con delicatezza, una premura che non si accorse di star usando, andando a sollevare, poi, il tessuto della maglia, quanto bastava, per liberare la ferita.
Aveva sollevato di poco l'indumento ma già poteva intravedere diverse cicatrici adornare quel lembo di pelle scoperta.
La ferita non era troppo profonda o grande, però non era da sottovalutare viste le condizioni fisiche in qui si ritrovava la ragazza.
Non aveva con sè un gran che per le medicazioni in quanto lui non ne avesse bisogno e ciò poteva essere un problema.
Andò a frugare nelle tasche di lei, alla ricerca di qualcosa di utile: solitamente i ninja si portavamo sempre dietro in kit di medicazione appresso, fortunatamente anche la ragazza ne era provvista.
Disinfettò la ferita con dell'alcool, rovesciandocelo sopra.
Il sangue andò pian piano a svanire annacquato dal disinfettante.
Lanciò una breve occhiata alla ragazza che svenuta non dava alcun segno di provar dolore.
Meglio per lei, in quanto Kakuzu non era di certo una persona delicata e, soprattutto, non era un medico.
Alcune fibre, più sottili di quelle che aveva usato per legarle i polsi, fuoriuscirono dal suo braccio e si estesero fino a sfiorare la pelle lacera di (T/N).
Kakuzu si assicurò ancora una volta che la ragazza non fosse coscente prima di procedere a ricucirla: sapeva che quell'operazione non era per nulla piacevole.
La sottile fibra nera andò a infilarsi nella pelle della giovane, andando a riunire i lembi di pelle sfregiata da un lato all'altro.
I suoi fili non erano di certo sottili e sterili quanto quelli che usavano i medici ma erano di certo più resistenti: con quella cucitura la ferita non rischiava di riaprirsi, però rischiava di infettarsi.
Per scongiurare una possibile infezione Kakuzu rovesciò l'ultima parte restante di disinfettante sull'abrasione, concludendo il suo intervento, forse il primo fatto in condizioni quasi del tutto sature.
Gli era già capitato di dover ricucire ferite, persino parti del corpo, ma non si era mai premurato di avere le condizioni giuste per operare.
Una volta finito si andò a sedere contro la parete della grotta, a fianco della ragazza che si mosse appena facendo una smorfia, cercando di muovere le braccia ancora legate tra di loro.
Il nunkenin sospirò: pensava che sarebbe stata la sua giornata fortunata invece era stato un incubo.
Quella dannata ragazzina era più ostinata e forte di quanto l'uomo avesse pensato: ora capiva perchè sulla sua testa gravava una taglia tanto grande, e lui che aveva pensato che fosse stato un errore e l'aveva sottovalutata.

Sospirò, scuotendo il capo, decidendo di liberarle i polsi: non sarebbe di certo scappata in quelle condizioni e poi lui sarebbe rimasto sveglio a controllarla in qualsiasi caso.
Finalmente le fibre abbandonarono le giunture, lasciando libera la pelle arrossata e un poco abrasa dallo sfregamento continuo.
La ragazza si mosse di nuovo nel sonno tentando di andare a mettersi su un fianco, spostando le braccia a lato e le mani sotto la nuca per usarla come sostegno, ma si dovette rigirare a pancia in su per una fitta di dolore.
Il viso tirato in una smorfia leggera andò di nuovo a distendersi e il respiro, spezzato da un mugolio, tornò regolare.
L'uomo tirò le labbra da sotto la maschera, riducendole a una linea sottile e si portò due dita all'attaccatura del naso cercando di non dare di matto.
L'aveva medicata e la stava facendo riposare, cos'altro doveva fare per renderle gli ultimi attimi di vita più confortevoli?
Abbandonò la testa all'indietro, contro il muro della parete.
Perchè si stava facendo tutti questi problemi?
Era una ragazza morta, lo era stata dal momento in cui l'aveva puntata.
La guardò di nuovo di sottecchi, incrociando le gambe e decidendo di fare un altro gesto caritatevole.
Le sollevò la testa e gliela appoggiò sulla sua coscia, offrendole un appoggio e facendo in modo che non si dovesse contoercere per il dolore nel trovare una posizione comoda.
Le spostò una ciocca di capelli (C/C) che le ricadeva scomposta sul viso, facendo passare la mano tra i suoi capelli.
La sua mano era grande quanto la sua testa, se avesse premuto un poco le avrebbe potuto rompere il cranio con facilitá.
Senza che se ne accorgesse aveva iniziato ad accarezzarle i capelli.
Si fermò, di riflesso, quando la percepì muoversi.
(T/N) voltò appena la testa di lato, sfregando il viso contro il tessuto dei suoi pantaloni e afferrandolo con le dita di una mano che aveva allungato verso la sua coscia.
Sul viso della giovane apparve un leggero sorriso, accompagnato da un respiro più profondo.
Kakuzu non seppe perchè avesse trattenuto il fiato e avesse fermato i movimenti della sua mano quando la ragazza si era mossa, non se lo domandò nemmeno, probabilmente non voleva proprio saperlo.
Aveva fatto fin troppo per (T/N) che considerava già morta e solo una fonte di denaro.
Per come era fatto non era normale che si fosse comportato in quel modo con lei e lo sapeva bene, semplicemente non voleva ammetterlo.
Non voleva minimamente pensarci, voleva evitare qualsiasi problema.
Si limitò a ricominciare a muovere le dita tra i capelli della ragazza, mentre sfogliava il suo libro alla ricerca della prossima taglia da andare a cercare.

(T/N) aprì gli occhi di scatto, mentre una fitta di dolore le fece stringere i denti.
Aveva fatto un movimento brusco e adesso sentiva un gran bruciore a livello del fianco destro.
Spostò la mano fino a esso, constatando che c'erano dei punti di sutura e la parte di pelle aveva una temperatura più alta rispetto al resto del suo corpo.
Tentò di alzarsi ma sentì un peso gravarle sulla testa.
Titubante alzò la mano fino a essa, rendendosi anche conto di avere i polsi liberi.
Le sue dita affusolate andarono a sfiorare la mano di Kakuzu che era ancora tra i suoi capelli.
Con calma la sollevò, andandola a poggiare sulla sua gamba da cui lei sollevò la testa.
Si spostò le ciocche ribelli da davanti al viso cercando di capire che cosa stesse succedendo.
Si guardò in torno, notando di essere in una grotta, quasi del tutto buia e di avere una cucitura sul fianco.
Non ricordava di essersi ferita ma sapeva che le erano mancate le forze alla fine dello scontro con quei ninja nella foresta.
Lanciò poi un'occhiata a Kakuzu che seduto a gambe incrociate aveva gli occhi chiusi e respirava regolarmente, con un braccio abbandonato lungo il fianco insieme a un libricino.
(T/N) si portò la mano alla testa, percependo ancora il calore di quella più grande di Kakuzu.
Aveva avuto come la sensazione di essere accarezzata, ma aveva pensato fosse stato un sogno.
Abbassò poi gli occhi sul fianco, guardando la ferita.
L'aveva medicata lui? Per quale motivo se presto o tardi l'avrebbe uccissa? E perchè aveva i polsi liberi?
Si avvicinò piano all'uomo, andando a controllare se stesse dormendo ancora.
Il respiro era regolare e gli occhi erano serrati.
La sua espressione era cruciata come sempre.
Una malsana idea fecce breccia nella mente della kunoichi.
Tentennante e con un po' di ansia, allungò la mano verso il bavaglio davanti al viso di Kakuzu, con l'intenzione di togliergli almeno quello strato di tessuto di dosso e riuscire a intravedere almeno il suo volto per intero.
La mano le tremava leggermente e stava trattenendo il fiato sperando che l'uomo non si svegliasse proprio in quel momento.
Non sapeva come avrebbe potuto reagire e non era sicura di volerlo scoprire.
Forse stava rischiando grosso, ma, in fondo, sapeva già che doveva morire, perchè non togliersi la soddisfazione di vederlo in volto?
Se doveva morire voleva vedere in faccia il suo assassino.

Il suo dito andò a sfiorare il tessuto spesso della maschera, mentre i suoi occhi andavano continuamente a controllare che l'uomo stesse ancora dormendo.
Non sapeva bene come fare per abbassargli il bavaglio senza dargli troppo fastidio, ma doveva fare in qualche modo.
Prima che le altre sue dita potessero andare a sfiorargli il viso, il suo polso venne saldamente afferrato dalla mano dell'uomo.
Si irrigidì, colta in fragrante, sgranando gli occhi e trattenendo il fiato per lo spavento mentre il cuore le esplodeva nel petto per l'ansia.
''Non ti conviene farlo.'' Disse Kakuzu, con gli occhi ancora chiusi e un tono di voce piuttosto pacato ma comunque fermo.
''P-perchè no?'' Domandò lei, cercando di apparire il più tranquilla possibile, con la mano a mezzo centimetro dal viso del nunkenin.
Poteva sentire il suo respiro caldo e regolare sfiorarle la punta delle dita.
Kakuzu aprì gli occhi, puntandoli in quelli della ragazza.
Era stupito: quella sciocca invece di cogliere l'occasione di scappare, aveva preferito rimanere soltanto per togliergli la maschera, sprecando una buona occasione.
Non che realmente sarebbe riuscita a sfuggirgli o ad andare lontano, però, pensava che avrebbe tentato anche questa volta di scappare.
(T/N) ricambiò lo sguardo con altrettanta insistenza, non accennando ad abbassarlo.
Ormai non aveva più paura di quei due occhi spettrali, anzi, li guardava con curiosità.
Sapeva che dietro a quella maschera, dietro a quei due pozzi di sangue, c'era qualcosa di incredibilmente interessante e voleva scoprire di cosa si trattasse.
''Non c'è nulla di bello da vedere.'' Rispose lui, rocamente, continuando a mantenere il contatto visivo.
Un sorriso leggero e genuino apparse sul volto della giovane, confondendolo ancor di più di quanto non fosse già.
''Oh... vorrà dire che morirò di paura.
Tanto prima o poi dovrò morire, no?" Ribattè lei, ironica, cercando di allungare di nuovo la mano verso il suo viso.
Kakuzu emise un sospiro sconfitto: glielo avrebbe lasciato fare, infondo che gli importava.
Sapeva di essere un mostro e ne andava anche fiero... O forse no?
Allentò la presa sul polso della ragazza, abbandonando la mano lungo il fianco, chiudendo gli occhi e aspettando di sentire il suo viso libero.
Percepì le dita fredde e sottili della ragazza sfiorare la stoffa fino ad arrivare all'altezza del collo.

Ci fu un istante di silenzio in cui nessuno dei due si mosse e respirò.
Poi, (T/N) lo fece: gli tolse la maschera con un movimento fluido e veloce.
Ciocche di capelli scuri e lisci gli ricaddero sulle sue spalle, mentre una più corta e ribelle gli finì davanti al viso tirato in una espressione tesa.
La bocca era ridotta a una linea sottile e ai suoi lati due fibre scure gli trapassavano le guance fino alla fine della mandibola.
(T/N) poggiò le mani proprio su quelle due linee nere, sfiorandole con le dita e andando a segnarne i contorni.
La pelle olivastra era ruvida, con un acenno di ricrescita di barba.
Il viso per quanto fosse serioso, era giovanile, di un uomo di massimo di quarant' anni.
Kakuzu rimase immobile a godersi il contatto con quelle dita fredde che gli percorrevano il viso con delicatezza, facendogli venire i brividi lungo la schiena.
Aveva poi riaperto gli occhi, non ricordandosi che il viso della ragazza fosse così vicino al suo.
Lei sorrideva, non sembrava per nulla turbata, spaventata o disgustata, era piuttosto incuriosita.
''Non sei vecchio.'' Fu la prima cosa che disse, dopo averlo finalmente smascherato.
Kakuzu aggrottò la fronte e il suo sopracciglio destro ebbe uno spasmo nervoso.
Non sapeva più cosa aspettarsi da quella ragazzina.
(T/N) ridacchiò leggermente, spezzando di nuovo il silenzio, tornando poi seria e concentrata su di lui.
Le sue mani piccole e leggere tornarono a muoversi sul suo viso, andando a percorrere la guancia fino ad arrivare alle sue labbra.
''Non ti faccio paura?'' Domandò lui, a denti stretti, andando a chiedere l'ovvio, ma volendo una conferma.
La ragazza scosse la testa, seguendo i movimenti delle sue labbra e percependo il suo fiato caldo sui polpastrelli.
''Perchè non sei scappata?''
Stava facendo un'altra domanda più che ovvia, aveva parlato anche fin troppo, eppure non riusciva a smettere.
Gli piaceva sentire le dita di (T/N) seguire i movimenti delle sue labbra, così leggere e delicate, per nulla fastidiose.
''Mi avresti ripresa, non è ovvio?''
Rispose con saccenza (T/N), intenta ad abbandonare il volto dell'uomo e ritornare al suo posto.
Certo che era ovvio, tutto quello che le aveva domandato non aveva bisogno di una reale risposta.
Kakuzu emise un sospiro leggero, era inutile controbattere, aveva ragione.
Socchiuse gli occhi beato da quelle carezze, gesti leggeri e affettuosi che non riceveva da tempo e di cui non ricordava la piacevolezza.
La dolce tortura durò ben poco: (T/N) si decise a smettere, malvolentieri, di far memorizzare alle sue dita i tratti del viso dell'uomo.

Kakuzu aprì gli occhi di scatto quando sentì le mani di (T/N) allontanarsi da lui.
Le riafferrò i polsi, tirandola più vicino a sè.
La ragazza barcollò, presa alla sprovvista, finendo tra le braccia possenti di Kakuzu.
Alzò il viso verso di lui che a sua volta lo abbassò facendo sì che i loro occhi si incontrassero.
(T/N) trattenne il fiato, anche se non era sicura fosse la cosa migliore da fare, in quanto sapeva che presto avrebbe avuto bisogno di una gran quantità di ossigeno.
Non ebbe il tempo di tornare a respirare normalmente: Kakuzu aveva premuto le sue labbra contro le sue, facendole bruciare i polmoni dall'emozione.
L'uomo si staccò appena, notando quanto (T/N) si fosse irrigidita, rimanendo immobile a pochi millimetri dalle sue labbra.
Finalmente sentì il suo respiro solleticargli il naso e poco dopo le sue labbra morbide contro le sue.
Una volta realizzato ciò che stava accadendo, la giovane si era lasciata andare, rilassando i muscoli e avvinghiandosi di più a Kakuzu che le aveva lasciato i polsi, attirandola meglio tra le sue gambe per la vita, cercando di non essere troppo frettoloso nei movimenti e rischiando di farle male.
Finalmente le loro lingue si incontrarono, andando a intrecciarsi l'una intorno all'altra, andando a lambire di tanto in tanto le labbra del compagno, per poi riunirsi tra di loro.
(T/N) stringeva tra le dita il tessuto scuro della giacca di Kakuzu a livello del petto, tenendo gli occhi serrati e sentendosi il viso andare in fiamme.
Le grandi mani di Kakuzu erano già scese lungo i suoi fianchi e si erano andate a posizionare sul suo sedere, andandolo a palpeggiare, per poi risalire verso la sua schiena e intrufolarsi nella sua maglia sfiorandole la pelle.
La ragazza d'istinto aveva inarcato la schiena percosarsa da mille brividi, pronunciando ancor di più le sue curve.
Le labbra dell'uomo abbandonarono le sue per andare a lambire una parte di collo lasciata scoperta.
La giovane trasalì al contatto umido, lasciandosi sfuggire un gemito, stendendo di riflesso il collo per lasciare più spazio all'altro che aveva iniziato a lambire di baci quella parte così sensibile ed esposta.
(T/N) aveva un buon profumo, dolce, ma allo stesso tempo pungente, che non passava in osservato, proprio come lei.
Dannata ragazzina insistente e determinata, dannata lei e la sua testardaggine.
Le morse lievemente il collo, facendola irrigidire di nuovo ed emettere un altro gemito di stupore.

Era la prima volta che baciava qualcuno, la prima volta che qualcuno la teneva a sè in quel modo, la prima volta che si sentiva così strana.
Le sensazioni che stava provando erano così piacevoli che pensava sarebbe andata fuori di testa.
I baci umidi di Kakuzu le stavano facendo drizzare ogni pelo che aveva sul corpo e sentiva mille brividi percorrerla e farla irrigidire.
Il cuore sembrava impazzito e sentiva un gran calore ovunque.
Kakuzu dal canto suo, provava le stesse identiche emozioni.
Era da tempo che non metteva le mani su una donna e, di certo, quando l'aveva fatto non era mai stato così piacevole.
Le donne che si erano concesse a lui, nel corso degli anni, aveva dovuto pagarle e, siccome a lui non piaceva spendere soldi, soprattutto per un servizio scadente e con persone poco raccomandabili, aveva rapporti sessuali molto.
Infondo non aveva mai cercato sentimento: faceva sesso perchè doveva svuotarsi, non gli importava con chi e se godeva, l'importante era scaricarsi, ma questa volta era diverso.
Non sapeva ancora esattamente cosa fosse accaduto, non sapeva dargli un nome, una motivazione, era successo e basta e, a quanto pareva, era anche piuttosto piacevole, più di quanto pensasse.
Il continuare muoversi e strusciarsi della ragazza contro di lui iniziava a essere fastidioso: i vestiti iniziavano a essere d'intralcio.
A malincuore si dovette staccare da quel corpo caldo e accogliente, per poter iniziare a togliere alcuni strati di tessuto inutile.
(T/N) tra le sue gambe lo guardava con gli occhi languidi e il fiatone, stringendosi le mani al petto come se volesse contenere il cuore.
Kakuzu si tolse la cappa, gettandola a lato, facendo lo stesso con la maglia, lasciando libero il suo corpo statuario.
La ragazza strabuzzò gli occhi, riprendendo un briciolo di lucidità.
Si riavvicinò all'uomo, allungando di nuovo le mani verso di lui per percorrere i tratti del suo corpo.
Altri fasci di fibre adornavano la sua pelle olivastra, come se la tenessero cucita insieme, tracciandone un percorso.

Di nuovo Kakuzu percepì le dita della ragazza accarezzargli il corpo lentamente, tastandone, seguendo ogni sua singola cucitura.
Aveva tirato i muscoli, indurendoli, al passaggio delle sue mani sentendosi investire dai brividi, che lasciavano poi spazio a una vampata di calore.
La ragazza si avvicinò di più, andando a congiungere il suo corpo con quello di lui in un abbraccio, facendo vagare le mani sulla sua enorme schiena.
Ben presto incontrarono qualcosa di sporgente e duro, con forme irregolari.
Si sporse di più, per capire di cosa si trattasse, constatando che le sporgenze non erano altro che quattro grandi maschere di diverse forme e colori.
Kakuzu affondò il viso nel collo della giovane, lasciandola fare, in completa balia delle sue cure.
Sì era un mostro, un ammasso di muscoli cuciti insieme, lo era diventato dal momento in cui aveva ucciso il Capovillaggio dando il via alla sua vita da criminale o, forse, era sempre stata la sua vera natura che aveva nascosto dietro alla facciata del grande ninja?
Di nuovo il calore del corpo di (T/N) lo abbandonò.
Lei prese distanze, lo guardò negli occhi, con una espressione seria, irremovibile, come non l'aveva mai vista.
I secondi che seguirono sembrarono interminabili.
(T/N) non parlò, ne lo fece lui, si limitarono a guardarsi: non avrebbe fatto nulla, avrebbe aspettato che fosse lei a fare qualcosa.
Non sapeva cosa stesse passando nella mente della kunoichi, ma sperava che non fossero gli stessi pensieri che avevano tutti gli altri.
Dopo pochi, infiniti, secondi la ragazza si riaggrappò a lui, con una presa più salda di prima.
Standogli così vicino poteva sentire il frastuono che producevano i suoi cinque cuori che battevano a un ritmo spropositato alteranatamente.
Non era un mostro, era solo un uomo che aveva rinunciato a una parte della sua umanità per sopravvivere.
Chissà quanto aveva sofferto per diventare quello che era, quanto doveva essere stato doloroso.
Lei che aveva continuato insistentemente per tutto il giorno con le sue domande sconvenevoli, non aveva minimamente pensato al perchè quell'uomo fosse stato tutt'altro che ben propenso a parlarle.
Gli prese il viso tra le mani, scostandogli quella ciocca di capelli corvini che non voleva saperne di starsene al suo posto, guardandolo di nuovo negli occhi.
Avrebbe tanto voluto sapere cosa si celava dietro a quello sguardo sempre duro e spento, quante avventure, quante disgrazie, quante cose avevano visto quei due occhi.
Non servivano parole, non ce ne era bisogno e nessuno dei due aveva voglia di parlare.
Quello che volevano, di cui avevano bisogno, soprattutto Kakuzu, era calore, il calore che solo un altro corpo gli avrebbe potuto dare.
Il corpo di una persona complice, perchè era quello che c'era tra loro: complicità, una complicità che non avevano mai avuto con nessuno.
Dal momento in cui avevano lotttato contro quei ninja si era sbloccato qualcosa.
I loro movimenti erano stati così sincronizzati, così in perfetta sintonia, nessuno dei due aveva intralciato l'altro, era stato un lavoro di squadra perfetto.
Forse era stato proprio dopo essersi sentito così libero di agire come preferiva, nonostante avesse un compagno a cui badare e con cui fare squadra, che aveva iniziato a vedere la ragazza diversamente: non era stata piú una semplice taglia, un corpo senza vita, era divenuta un interesse piú grande del denaro che valeva.

Le loro bocche si riunirono in un bacio lungo e frettoloso, mentre le mani riniziarono a vagare di nuovo.
(T/N) venne spogliata dalla maglia, lasciando liberi i seni non sorretti da nessun reggiseno.
Come aveva constatato precedentemente, il corpo della ragazza era segnato da diverse cicatrici, dalle più piccole alle più grandi, che erano sparse disordinatamente, alcune anche in punti vitali.
Di certo se l'era vista brutta in parecchie situazioni, la ferita che aveva subito quel giorno non era nulla a confronto.
Kakuzu la sollevò leggermente, senza fatica, per poterla adagiare sul soprabito, che poco tempo prima si era levato, facendola poi sdraiare lentamente tra un bacio e l'altro.
Non sapeva da dove stesse arrivando tutta quella delicatezza e autocontrollo: se fosse stata una donna qualsiasi non si sarebbe nemmeno sprecato a svestirla e di certo non l'avrebbe degnata di un singolo bacio o segno di affetto, sarebbe passato al dunque sperando di concludere il prima possibile.
Con lei, invece, stava andando con estrema calma e prudenza.
Ogni gesto era fatto per dare il massimo piacere a entrambi, non pensava a sè stesso, al suo singolo godimento, voleva che anche lei stesse bene.
Non aveva mai fatto l'amore, aveva sempre e solo fatto del sesso selvaggio senza alcun tipo di soddisfazione, non sapeva nemmeno se quello che stesse facendo fosse corretto.
Per quanto fosse vecchio e avesse conoscenze e avuto esperienze in ogni campo, a livello emotivo e con i rapporti umani era rimasto a zero.
Il gemito leggero che (T/N) si lasciò sfuggire non appena fece vagare la sua mano lungo il suo corpo seminudo gli diede conferma di star facendo le cose per bene.
Anche solo sentirla respirare più pesantemente era un grande appagamento.
Le sue dita andarono a delineare i contorni di alcune di quelle brutte cicatrici, facendola rabbrividire.
Si chinò su (T/N), coinvongendola di nuovo in un bacio passionale, distraendola dal tocco delle sue dita ruvide sul suo corpo.
La sentì sussultare quando le afferrò un seno, giocherellando con il capezzolo già turgido, frizionandolo tra due dita.
(T/N) intrecciò le braccia dietro al collo dell'uomo, attraendolo più a sè, volendo sentirlo di più.
Kakuzu assecondò la richiesta, facendo un grosso respiro e premendo di più il suo bacino contro quello dell'altra, facendo aderire e sfregare le loro intimità.
Il bacio si interruppe di nuovo; Kakuzu voleva esplorare e assaggiare ogni parte del corpo della giovane ninja, voleva sentirla contorcere di più sotto di sè.
Partì per il suo viaggio lussurioso, andando a lasciare una scia di baci umidi sul collo, che rimarcò più e più volte, arrivando poi al seno su cui si soffermò.
Mentre una mano era occupata a massaggiare quello sinistro, le sue labbra si occuparono di quello destro: succhiava, tirava, baciava la parte di pelle rosea e sporgente, beandosi dei leggeri gemiti di appagazione che uscivano dalla bocca della ragazza.
Tutte quelle sensazioni nuove la stavano mandando fuori di testa.
Con gli occhi semichiusi e lucidi guardava il soffitto di quella mera grotta, sentendosi ogni parte del corpo, ormai non più sotto il suo controllo, andare a fuoco.
E che cosa erano quei versi che emetteva?
Si stava vergognando a morte di quei pigolii eppure non riusciva a trattenersi, le sue labbra si schiudevano da sole.

Kakuzu fece scivolare la mano che era premuta su un seno verso il ventre di (T/N), che trattenne il fiato per un istante seguendo il movimento lento e bollente.
La mano andò a intrufolarsi nei suoi pantaloni, poi nelle mutande, raggiungendo la parte più calda e accogliente del suo corpo.
D'istinto, a quell'intrusione, strinse le gambe, rilassandole poco dopo, non appena sentì Kakuzu sussurrare a denti stretti un ''va tutto bene''.
Le sue dita scivolarono senza fatica nell'intimità della kunoichi, venendo accolte in un antro stretto, caldo e umido.
Grugnì contro il suo seno, eccitato, pregustando il momento in cui avrebbe sostituito le dita con il suo membro ormai al limite della sopportazione.
Un gemito più forte dei precedenti gli fece alzare un poco la testa per controllare la situazione.
(T/N) aveva chiuso gli occhi e spalancato la bocca in cerca di aria, stringendo tra le dita i bordi della vestaglia scura su cui era adagiata.
Accortasi di essere osservata, dopo aver schiuso di poco gli occhi, divampò, cercando di coprirsi il viso paonazzo con le mani.
Era imbarazzata, mai era stata tanto imbarazzata, ma così tanto bene in vita sua.
Un piccolo ghigno si formò sul viso dell'uomo che decise di voler torturare ancora un poco quella giovane inesperta che, nonostante tutto, si stava lasciando toccare senza riluttanza.
Le sfilò i pantaloni, lasciandola del tutto nuda.
Di nuovo (T/N) strinse le gambe, portandosi anche le mani al petto.
Kakuzu dall'alto la guardava dominante, puntando i suoi occhi tetri su quel corpo dilaniato quanto il suo.
Allungò le braccia, facendo sussultare la ragazza, andando ad afferrarle le gambe per le caviglie, schiudendogliele senza resistenza da parte di lei.
Si allungò tra di esse, sollevandole le gambe un poco, lanciando un ultimo sguardo a (T/N) che aveva sollevato di poco la testa guardandolo interrogativa.
Il suo sguardo andò poi dritto tra le sue gambe ad ammirare la sua intimità che lo stava richiamando.
Kakuzu non aveva mai visto nulla di più invitante.
Si fiondò su di essa, andando a dare la prima lappata.
Un piccolo spasmo, seguito da un sospiro, fu la prima reazione di (T/N) che sgranò gli occhi quando sentì la lingua calda e ruvida del nunkenin leccarla in quel punto proibito.
Un'altra lappata, poi un'altra: la sua lingua si stava muovendo sinuosamente tra la sua femminilità, facendola annaspare ed emettere ancora quei versi sconnessi che echeggiavano fino a disperdersi nella grotta in cui erano accampati.
(T/N) gemeva e Kakuzu, ad ogni gemito, aumentava il ritmo e si sentiva dannatamente appagato.
''B-bast-aaah..." La sentì parlare, dopo tanto tempo, con una vocina acuta e distorta.
Kakuzu grugnì di nuovo, corruciando la fronte e strizzando gli occhi: era davvero giunto al limite.

Seguì ciò che la ragazza aveva detto, ritirandosi dritto e passandosi il dorso della mano sulle labbra, ripulendosi dagli umori e dalla saliva.
(T/N) respirava faticosamente e lo guardava con gli occhi lucidi e semichiusi in uno stato catatonico.
Le tremavano le gambe e si sentiva svuotata da gran parte del calore che le si era accumulato nel basso ventre.
Era stata una sensazione così strana, nuova, ma piacevole.
Le era piaciuto tanto il momento in cui aveva percepito tutto quel bruciore abbandonare il suo corpo nonostante fosse durato poco.
Voleva provare quella sensazione di nuovo, voleva essere toccata di nuovo così.
''Ka-kuzu...'' Allargò le braccia, allungandole verso di lui, cercando di sfiorarlo e di afferrarlo per attirarlo a sè.
L'uomo si sentì bruciare dentro a quella visione così sublime ed eccitante; quella ragazza era completamente alla sua mercè.
Accolse la richiesta, sdraiandosi, senza gravare troppo con il suo peso, per non schiacciarla e per non urtare la ferita ancora fresca, tra le braccia della kunoichi, venendo accolto calorosamente in un abbraccio ferreo.
Le dita sottili di (T/N) si erano arpionate tra i suoi capelli scuri.
Muoveva il bacino contro il suo, sfregandosi convulsamente contro di lui, contro il suo membro.
''Ancora...'' Quella parola, sussurrata in modo così lascivo al suo orecchio, gli fece venire i brividi lungo la schiena.
Sentiva il fiato caldo e pesante di lei, così ansimante, sul collo che presto venne preso in ostaggio, come poco prima aveva fatto lui, dalle labbra della giovane.
(T/N) passò la lingua su una vena piuttosto spessa ed evidente del collo muscoloso di Kakuzu, mordendogli poi una parte di pelle scura.
Un grugnito di apprezzamento sfuggì dalle labbra del maggiore che con un movimento rude e frettoloso si andò a ravanare nei pantaloni.
''Dannata ragazzina...'' Lo sentì digrignare a denti stretti, con il suo vocione roco, mentre estraeva dalla toppa dei pantaloni il membro pulsante.
Lo sfregò sulla sua femminilità, facendo finalmente incontrare le loro intimità bollenti.
Un alto grugnito profondo sfuggì dalla sua gola seguito da un gemito strozzato da parte di (T/N) che infossò il viso nel suo collo.
Un bruciore fastidioso la pervase quando Kakuzu si infilò in lei.
''Merda.'' Tuonò il nunkenin, rilasciando un sospiro di solievo.
Era raro che usasse un linguaggio scurrile e, di solito, se si permettava di usarlo, accadeva quando era fuori di sè per la rabbia.
(T/N) era così accogliente che non potè trattenersi nel lasciarsi andare.
Dopo un attimo di sgomento per entrambi, iniziò a muoversi lentamente in lei.
Il suo membro scivolava senza fatica, ben lubrificato, nonostante la strettezza della ragazza, adentrandosi sempre più in profondità, alla scoperta, di quel luogo così caldo e umido.
La ragazza ricominciò a gemere, una volta che il bruciore l'abbandonò.
La presenza prorumpente di Kakuzu la stava esplorando, alla ricerca del suo punto più sensibile.
Ben presto l'uomo iniziò a muovere il bacino più velocemente, aumentando l'attrito tra i due apparati.

Aveva fatto sesso tante volte, ma mai era stato così bello e piacevole.
Tutte le donne che aveva scopato non erano state così lubrificate e calde, così eccitate e eccitanti.
I gemiti di (T/N) non erano finti, asfissianti, pesanti, erano lievi e piacevoli, una musica per le sue orecchie.
Probabilmente era sbagliato ciò che stava facendo, stavano facendo: stava avendo un rapporto sessuale con una ragazzina che poteva essere sua nipote e gli stava piacendo davvero, davvero tanto.
Infondo aveva fatto di peggio, non capiva perchè si stesse preoccupando tanto.
Gli stava piacendo al tal punto che, nonostante non avessero ancora nemmeno finito, stava già pensando a una prossima volta, seppur sapesse che non ci sarebbe stata perchè quella ragazza sarebbe morta a breve.
(T/N) proprio come lui, pensava la stessa cosa.
Stava facendo sesso con il suo aguzzino, con la persona che l'aveva rapita e l'avrebbe uccisa, ma non le importava: se doveva morire tanto valeva godersi in maniera tanto piacevole i suoi ultimi attimi di vita; voleva era che quella sensazione di protezione e piacere non finisse mai.
La temperatura in quella grotta si era alzata a dismisura, un'echeggiare di gemiti e sospiri accompagnava in maniera soave i movimenti dei due corpi accaldati e stretti tra di loro.
Kakuzu aveva un'espressione accigliata come sempre: le sopracciglia folte erano corruciate, le labbra erano tese in una linea sottile mentre gli occhi, annebbiati dalla lussuria, erano socchiusi e puntati in quelli di (T/N) che con il viso distorto in una espressione di piacere, spirava i suoi ultimi gemiti contro le labbra di lui.
Non si erano più scambiati baci lunghi e passionali, per mancanza di ossigeno, ma avevano continuato a sfiorarsi le labbra e la pelle, cercando di unirsi di più l'una all'altro.
Il bacino dell'uomo si andò a scontrare, per l'ultima volta, contro quello di lei con un colpo secco e calibrato andando a colpire il punto più delicato della ragazza che venne investita dagli spasmi e si aggrappò ancor più saldamente di quanto non fosse all'amante che a sua volta, sentendo il corpo dell'altra stringersi intorno al suo, si irrigidì, arrivando anch'egli all'orgasmo.
Entrambi avevano il fiato corto e il cuore che andava a mille.
Si spostò dal corpo esausto della ragazza, lasciandosi cadere pesantemente difianco a lei, evitando di schiacciarla.
Era stremato, svuotato di ogni energia.
Mai si era sentito così stanco e appagato dopo aver fatto sesso.
Era stata un'esperienza unica, indescrivibile che non avrebbe mai pensato di fare.
Voltò appena la testa di lato, soffiando su una ciocca di capelli ribelli, andando a scrutare la ragazza che a sua volta aveva voltato il viso in sua direzione, stremata quanto lui.
(T/N) aveva puntato i suoi grandi e vividi occhi (C/C) in quelli di Kakuzu, notando quanto fossero meno cupi e rabbiosi del solito.
Sorrise debolmente, con dolcezza, osservando il viso rilassato dell'uomo che si sentì invadere da una strana sensazione a livello del petto, dove soggiogava uno dei suoi cinque cuori pulsanti.
Gli occhi stanchi si chiusero, calò il silenzio e ciò che rimase di quell'atto carnale non fu che il ricordo.

Kakuzu si sedette a gambe incrociate, con grande compostezza, all'entrata della caverna.
Indossò il cappuccio, lasciando scoperta però la bocca.
Respirò profondamente, poggiando le mani sulle ginocchia.
Era l'alba: il cielo era chiaro e c'era ancora poca luce.
Si era svegliato di colpo, dopo aver percepito un movimento sospetto.
Aveva aperto gli occhi di scatto e aveva guardato al suo fianco, cercando il corpo della ragazza.
(T/N) giaceva ancora di fianco a lui e si era mossa appena, dandogli le spalle.
Si era tirato seduto, portandosi una mano tra i capelli e facendo riemergere i ricordi della notte trascorsa.
Le immagini che gli passarono nell'anticamera del cervello gli fecero battere il cuore, i cuori, a una velocità innaturale.
Scuotendo il capo, si era alzato e si era rimesso la maglia, sistemandosi i pantaloni e decidendo di prendere una boccata di aria fresca per schiarirsi le idee.
Ora che stava ragionando di nuovo con il cervello e non con il pene, doveva mettere in chiaro la situazione.
Quello che era accaduto quella notte era stato dettato solo da un bisogno che non veniva soddisfatto da tempo.
Poteva essere stato tutto uno stratagemma di (T/N), poteva averlo ingannato e sedotto pensando di potersi salavare la pelle essendosi concessa a lui.
No, non poteva essere questo, non era vero, era impossibile fosse questl il caso.
(T/N) era furba, astuta, ma non era meschina e non avrebbe mai venduto il suo corpo nemmeno per aver cara la vita.
Era inutile mentire e cercare scuse, era inutile che tentasse di nascondere la realtà: era un uomo più che adulto non aveva bisogno di girarci intorno e farsi paranoie inutili per arrivare ad ammettere il vero.
Quello che era successo non era stato puro e semplice sesso per appagare un esigenza fisica.
Era stato qualcosa di più intenso, di più profondo, che era andato oltre a una banale scopata.
Ma perchè era successo?
Credeva di non conoscere alcun tipo di sentimento che non fosse la rabbia e l'odio, invece quello che stava provando ormai da qualche ora era qualcosa di completamente diverso da quei due angusti sentimenti.
Che fastidiosa, incessante, piacevole e strana sensazione.
Si portò una mano al petto, a livello del cuore, stringendo le dita della mano sul tessuto della maglia.
Che cosa significava tutto questo?
Possibile che per un paio di sguardi di intesa, una scopata, dannatamente appagante, adesso fosse ridotto a farsi tutti questi problemi neanche fosse un'adolescente in crisi ormonale.
Sbattè la mano che si era stretto al petto sul terreno.
I ricordi di ciò che era accaduto qualche ora fa lo assalirono di nuovo, facendolo boccheggiare.
Poteva sentire ancora le sue labbra sul suo collo, il calore della sua pelle, il suo profumo, le sue mani addosso.
I gemiti della ragazza gli risuonavano nella testa come una melodia, seguiti dalle poche parole che si erano scambiati prima del loro primo bacio.
Senza accorgersene si era portato la mano alle labbra, lasciate scoperte dalla maschera, torturandosele con le dita.
Ricordava bene quanto la giovane (T/N) si era approcciata in modo così calmo e posato in quel momento: non lo stava temendo, non aveva paura di lui, tutt'altro.
Quella ragazzina non era scappata di fronte alle sue cuciture, ne lo aveva demigrato per ciò che aveva fatto in passato, lo aveva osservato con estrema curiosità e lo aveva compreso, nonostante non sapesse nulla di lui.
''Merda.'' Imprecò di nuovo tra sè e sè, tirando le labbra, corruciando la fronte e scuotendo leggermente il capo.
Cosa doveva farne di lei?

Il lieve rumore di alcuni passi leggeri lo riscossero dai suoi pensieri confusi.
(T/N) era apparsa di fianco a lui e lo guardava dall'alto con il soprabito dell'Akatsuki tra le mani.
Senza fiatare glielo allungò, rimanendo statica.
Kakuzu la osservò per un istante, afferrando poi l'oggetto e alzandosi da terra.
Indossò il soprabito, sistemandosi poi la maschera sul viso.
La ragazza lo osservò attentamente in ogni suo movimento, soffermandosi a osservare quelle labbra che la notte prima aveva tanto bramato.
Deglutì, sentendo il cuore batterle all'impazzata e abbassò lo sguardo a terra, sentendosi in imbarazzo a ripensare a ciò che era accaduto la notte scorsa.
Era imbarazzata ma anche dannatamente felice anche se non ne capiva perfettamente il motivo: presto o tardi sarebbe morta.
Non potè che lasciarsi sfuggire un lieve sorriso che venne catturato nell'immediato dagli occhi attenti di Kakuzu che scostò lo sguardo da quel viso angelico con grande fatica.
Si voltò di nuovo quando percepì un leggero movimento da parte della giovane.
La ragazza aveva disteso le braccia in avanti, verso di lui, tenendole unite tra di loro.
Kakuzu osservò i polsi arrossati e abrasi, notando quanto la pelle si fosse irritata.
''Non ce ne è bisogno.'' Disse, voltandosi del tutto verso (T/N) che piegò la testa di lato e corruciò la fronte confusa.
''Cosa?'' Chiese, sbattendo le palpebre più volte.
Kakuzu chiuse gli occhi, facendo un grosso respiro.
''Stai attenta a non farti ammazzare, la tua testa è mia.'' Brontolò, dandole le spalle e facendo qualche passo allontanandosi da lei.
La ragazza strabuzzò gli occhi, stupita.
La stava lasciando andare?
''A-aspetta!" Lo raggiunse, afferrandolo per la manica della cappa.
Lui si fermò, rimanendo immobile.
''Ti rivedrò?" Gli chiesa, speranzosa, tenendo stretto tra le dita il lembo di tessuto, mentre il cuore le batteva fortissimo nel petto.
Kakuzu si guardò un attimo in giro, alla ricerca delle parole giuste da dire.
Si girò verso di lei, fissandola negli occhi: erano così limpidi, così pieni di energia, speranzosi.
''Qui, tra un mese.'' Rispose, sprecando poche parole come era solito fare.
Gli occhi della ragazza si illuminarono ancor di più e gli sorrise, lasciandogli andare la manica.
''Kakuzu..." Lo chiamò, tornando seria.
''La mia testa varrà ancor di più la prossima volta.'' Concluse, socchiudendo gli occhi e ghignando beffarda.
L'uomo tirò le labbra sotto il cappuccio in un sorriso accennato.
''Non farti ammazz-"
(T/N) si avvicinò di scatto, mettendosi sulle punte dei piedi e lasciandogli un bacio leggero sulle labbra coperte, tenendogli il viso tra le mani.
Il suo calore era appena percettibile attraverso lo strato spesso di tessuto, ma era pur sempre piacevole.
La ragazza lo lasciò andare, riabbassandosi e guardandolo dal basso con le guance colorite di un rosso appena accennato.
''Non temere, se mai morirò per mano di qualcuno, voglio che quel qualcuno sia tu.'' Sentenziò, poi, con estrema serietà.
Kakuzu sbattè le palpebre un paio di volte, ancora stupito dal gesto inaspettato.
Scosse poi la testa, serrando i pugni lungo i fianchi: quella giovane lo stava facendo impazzire.
''Dannata ragazzina.'' Brontolò di nuovo, prima di darle le spalle e incamminarsi di nuovo sulla strada di ritorno verso il Paese della Pioggia.
(T/N) sorrise, osservando la figura scura allontanarsi da lei lentamente.
Entrambi alzarono gli occhi al cielo, osservando il sole sorgere e illuminare il cielo.
''Spero che un mese passi in fretta.'' Fu lo stesso pensiero che ebbero entrambi, legati, ormai, per sempre, da un filo immaginario.

[11587 parole] - 3 Settembre 2018

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