𝐈. 𝐌𝐫 𝐊𝐧𝐢𝐠𝐡𝐭.
«𝐀𝐫𝐞 𝐲𝐨𝐮 𝐬𝐜𝐚𝐫𝐞𝐝?»
«𝐍𝐨.»
«𝐎𝐡... 𝐖𝐞𝐥𝐥, 𝐲𝐨𝐮 𝐬𝐡𝐨𝐮𝐥𝐝. 𝐈'𝐥𝐥 𝐛𝐞 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐧𝐢𝐠𝐡𝐭𝐦𝐚𝐫𝐞.»
Corro sulle funi e salto sopra i tetti
Sotto cieli scuri e stelle indifferenti
Tutto sotto controllo, tranne i sentimenti
Pure mentre dormo io digrigno i denti
Cerco un equilibrio che mi tiene insieme
Tu mi chiedi perché non mi voglio bene
Da domani lo faccio, mi fai quella faccia
Dovresti sapere
Che io ormai sono bravo a cadere
Tanto ormai siamo bravi a cadere
Ed abbiamo già rischiato insieme
Non c'è mai stata una rete
Dopo di noi che succede?
Se tanto ormai siamo bravi a cadere
-Bravi a Cadere
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𝐒i agitava. Quell'idiota si dimenava come un pesce fuor d'acqua. Boccheggiava. Premeva le mani sulla sua camicia, stropicciandola e cercando di farlo smettere. Atlas odiava quando si ribellavano. Continuò a tirare la catena attorno al collo dell'uomo per soffocarlo. Così, per autodifesa, quello afferrò le sue mani, coperte dai guanti, mentre era a terra davanti a lui, scuotendo le gambe come se potessero aiutarlo a muoversi. A quel punto, Atlas continuò a tenere ben salda la presa. Sorrise, non appena si rese conto dell'ultimo spasmo che percorse il corpo della sua vittima, come fosse una scarica elettrica. Attese qualche istante. Il suo corpo era immobile, ancora caldo per lo sforzo. Dopodiché avvicinò due dita al collo accertandosi che il cuore avesse smesso di battere e lasciò la presa.
Raccolse la catena, sistemandosela attorno al busto e abbassò lo sguardo sul corpo ormai morto. Storse il naso. Fissò le maniche della camicia, un po' stropicciate perché l'uomo aveva cercato di opporsi alla sua aggressione.
𝐈l freddo gli aveva lacerato quasi le ossa, penetrante com'era. Una folata di vento gelido aveva ghiacciato la pelle, entrando attraverso la finestra, che aveva lasciato aperta, dopo essersi intrufolato all'interno di quell'enorme villa, e facendolo rabbrividire.
L'ennesima opera era andata a buon fine, dopotutto e nonostante quell'intoppo imprevisto. Se ne stava in piedi a fissare il corpo morto dell'uomo che aveva ucciso.
Aveva opposto un po' di resistenza quando aveva iniziato a strangolarlo, poi si era arreso.
La parte peggiore era stata la colluttazione di qualche minuto prima, come se si aspettasse il suo arrivo.
Aveva dovuto sfoderare qualche colpo prima di metterlo al tappeto per soffocarlo con la catena. Gli aveva mollato un gancio destro, facendogli sanguinare il naso. In quel preciso istante la sua vittima si era distratta per il dolore e aveva potuto approfittarne.
Non gli piacevano le vittime preparate, gli davano noia. Cercavano -invano- di salvarsi. Quando si rischia di morire, improvvisamente si diventa coraggiosi, lo chiamano istinto di sopravvivenza.
Sbuffò appena scocciato e si alzò le maniche della camicia nera. Storse il naso, quando, abbassando lo sguardo, si rese conto che una macchia di sangue sporcava le sue nuovissime scarpe. Proprio per questo odiava quelle situazioni. Preferiva concludere il lavoro velocemente, fissando lo sguardo sorpreso della sua vittima e beandosi del suo respiro mentre si spegneva. Quando erano preparati, invece, lottavano invano, e quello sguardo spaventato non faceva capolino nei loro occhi. Non riusciva a godere appieno del proprio potere, mentre liberava quei corpi da una vita peccaminosa. Fece schioccare appena il collo, cercando di rimettersi in forma. Fissò il proprio riflesso attraverso lo specchio del salotto. Indossava il solito costume di scena: Mr Knight era entrato in azione, nascosto nel proprio costume elegante, completamente nero, come la Notte, unico momento della giornata in cui agiva, trasformandosi nel più grande spietato assassino di Edimburgo. Alcuni l'avevano paragonato a Jack lo Squartatore, e sebbene un po' lo trovasse carino come paragone, d'altra parte credeva che nelle proprie azioni e gesta c'era una sorta di eleganza. Pregava anche per le anime che spezzava, come se volesse accompagnarle nell'aldilà. Non aveva mai colpito anime innocenti, non l'avrebbe mai fatto. Portava giustizia a chi non poteva permettersela.
Sorrise, anche se il proprio volto era nascosto da una maschera nera, sulla cui fronte era rappresentata una luna. Sebbene i propri guanti si fossero sporcati del sangue di quell'uomo, risultava ancora abbastanza elegante.
I pantaloni scendevano lungo le gambe perfettamente, mentre la camicia e il panciotto, rigorosamente scuri, neri come la notte, gli fasciavano l'addome.
Si sistemò la cravatta, i suoi gesti erano lenti, studiati e tranquilli. Con la coda dell'occhio fissò il cadavere ai suoi piedi e storse il naso, allontanandosi di poco.
Si girò per guardarsi attorno. Troppo preso dalla propria missione non si era soffermato a fissare l'ambiente attorno a sé. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e alzò appena la maschera, scoprendo le labbra. Fissò il salotto enorme: delle colonne sorreggevano ai quattro angoli principali il soffitto. Busti in marmo di diversi condottieri romani e filosofi, si alternavano agli scaffali in legno pregiato, su cui erano posizionati in maniera smaniosa diversi tomi, in ordine di grandezza. Si avvicinò poi a una vetrina. Inclinò appena il capo, osservando tutte le ceramiche. Il suo sguardo cadde sulla collezione di whisky scozzese. «Uhm... il migliore. Ci trattiamo bene, vero?» Parlò rivolgendosi al cadavere. Scrollò le spalle e prese la bottiglia e un bicchiere, con attenzione. Si versò da bere e annusò per qualche istante. Si lasciò inebriare da quel profumo d'alcol e socchiuse appena gli occhi, la maschera si contorse coi suoi movimenti. Avvicinò il bicchiere alle labbra e bevve, assaporando il gusto forte e bruciante, mandando in fuoco i propri polmoni. Dopodiché si occupo di ripulire il tutto con attenzione, alla fine nessuno aveva chiamato le autorità, al di là della colluttazione, era stato abbastanza silenzioso. Era bravo a non attirare l'attenzione su di sé, era il migliore.
Aveva avuto colleghi bravi quanto lui, i suoi amici. A volte si chiedeva cosa ne stessero facendo delle loro vite adesso, se avessero continuato come lui, sempre alla ricerca di guai e sangue.
Riusciva a sentirsi vivo come non mai quando affrontava un avversario, forse sperando che arrivasse la sua disfatta definitiva.
Dopo aver ripulito con attenzione il bicchiere, per non lasciar alcun tipo di traccia, posò tutto. Si voltò a guardare il cadavere e si inginocchiò vicino a lui e abbassò le palpebre ancora aperte. Il collo era ancora arrossato, quasi violaceo. L'aveva strangolato a mani nude. D'altronde era da anni che si allenava. Mr Knight non aveva paura di nulla. Si guardò intorno e fissò i quadri costosi che decoravano le pareti del salotto e storse il naso. Si avvicinò a uno di essi, sistemandolo e mettendolo dritto. Guardò per un'ultima volta quell'uomo. Non gli aveva mai fatto nulla, non di personale almeno. Il mondo sarebbe stato meglio senza quello schifoso inetto.
Aveva violentato così tante donne, da averne perso il conto. Si circondava dei migliori avvocati e riusciva a pararsi sempre il culo grazie a loro. Una donna, forse l'ennesima vittima, era riuscita a rintracciarlo per chiedergli vendetta.
Atlas, anche se preferiva Mr Knight quando agiva di notte, aveva i suoi metodi per organizzare gli incontri coi clienti, tutto era studiato nei minimi dettagli. Non era facile arrivare a lui. Innanzitutto bisognava presentarsi con un'ingente somma di denaro, perché per una vita da estirpare, un grosso prezzo bisogna pagare. Così amava dire.
Si sistemò la giacca indosso, ripulendosi le spalline e scrollò appena le spalle.
Si allontanò dal cadavere e si avvicinò alla finestra attraverso la quale era entrato, calandosi dall'alto, percorrendo e correndo sui tetti della città.
Era silenzioso come un gatto, violento come una tigre e spietato come un'orca assassina. La Luna e le stelle erano le uniche testimoni dei suoi massacri.
Atlas abbandonò la casa, senza guardarsi più indietro, e si arrampicò sul balcone, fino a risalire sul tetto.
Da lassù, in alto, i tetti a spiovente delle case di Edimburgo, illuminate dalla luce giallognola dei lampioni, erano fantastici, uno spettacolo che tutti avrebbero dovuto apprezzare. Il silenzio di una delle città più peccaminose al mondo aveva il suo fascino nascosto. Sorrise, camminando silenziosamente fino a raggiungere il suo appartamento, abbastanza distante. Atterrò sul terrazzo in comune del proprio palazzo. Si avvicinò a uno zaino che lasciava nascosto vicino ad alcune piante e si liberò della maschera. Posò lo zaino sulle spalle e rientrò in casa. Quel vecchio palazzo ormai era abbandonato. L'aveva acquistato, sfruttando non solo i propri guadagni ma anche l'eredità di famiglia. Era tutto suo e non aveva mai voluto affittarlo a nessuno. Poteva così gestire tranquillamente i propri affari, senza dare troppo nell'occhio.
Di giorno era il tranquillo ereditario Atlas, dolce amante delle piante e possessore di una delle biblioteche più apprezzate di Edimburgo, sempre aperta per studenti e appassionati. Di notte era lo spietato assassino Mr Knight, ricercato e odiato da tutte le forze locali, apprezzato -in parte- dalla popolazione come vigilante.
L'incubo notturno di Edimburgo.
Angolino
Allora questa storia doveva essere una ff, ma poi ho deciso di conservare solo il costume di scena, sebbene quello di Atlas sia nero.
Ho cambiato tutto, totalmente, creando uno dei personaggi più ambigui che abbia mai pensato.
Spero che questo esperimento non vi turbi. Comunque sia, gli aggiornamenti saranno ogni dieci giorni o una volta a settimana nei momenti migliori.
Alla prossima, figli della notte.
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