72. Come veleno
72. Come veleno
Non ci credo. Stento a credere, che ancora un'altra volta, ho avuto la conferma che la mia vita è intessuta di menzogne, di bugie, di un veleno che mi sta uccidendo pian piano da anni.
E adesso mi sento così... mi sento morire, schiacciata da una vita che non sento più la mia. Tutto ciò di cui ero a conoscenza fino ad un attimo fa, si è distrutto in mille pezzi lasciando spazio ad un velo di nuove verità, che mai, e dico mai, avrei potuto sospettare che esistessero.
Ho scoperto che in realtà mio padre è vivo, dopo diciott'anni passati ad invidiare di nascosto la mia migliore amica, che un padre ce lo aveva ancora. Mi è stato rivelato che mia madre in realtà non è la donna, che ho sempre amato e vissuto. Ho scoperto che mia madre è Ines, una donna della quale non riesco nemmeno a figurarmi il volto, perchè mai vista. È una donna che mai potrò conoscere, perchè è morta e sepolta da poco dopo la mia nascita.
Sento un'angoscia, che come un veleno consuma ogni parete di me fino ad infiltrarsi nelle membra, dove risucchia ogni cosa bella. Dopo poco però l'angoscia si trasfigura in rabbia, una rabbia repressa da fin troppo tempo. Essa è un incendio che divampa in ogni mia cellula. Raggiunge le parti più nascoste fino a distruggerle.
La rabbia come una scopa spazza via tutto ciò che è di lieto, fino a lasciar un terreno arido dove giace solo la mia ira, che aspetta solo di esplodere dinanzi a chiunque mi passi affianco. Non so se mai perdonerò mia madre.
È la seconda volta che mi mente su questioni di vitale importanza. Ho capito le ragioni di non parlarmi di mio padre, ma perché non mi ha mai rivelato che in realtà lei non è la mia vera madre?
Questi pensieri viaggiano nella mia mente, mentre a passo felpato ritorno a casa per sbattere in faccia a mia madre che so tutto. Grazie a Lauren ho scoperto che Ines è stata una delle tante vittime di mio padre. Mi ha raccontato che lei, Lauren, era nello stesso gruppo di amici di mia madre e che, durante un'uscita è successo.
È successo che l'hanno ammazzata, mia madre, che lui l'ha ammazzata. Infatti Cesar e Ines stavano insieme dall'epoca del liceo e lui è sempre stato possessivo, geloso di lei. Allora quella sera Cesar, vedendo mia madre divertirsi con i suoi amici, ha trovato il modo di intrappolare lei e di mettere fine alla sua vita, mentre la loro figlia, cioè io, era a casa di sua sorella, ovvero mia zia Bridgette, la donna che ho sempre creduto fosse uno dei miei due genitori
Arrivata a destinazione, busso con un calcio la porta di casa mia.
"Un attimo, un attimo" sento dire da... Bridgette. La porta viene aperta. "Oh, già di ritorno? Avete finito prima le lezioni? Ah... ma Rox non c'è? Ehi, ma tutto bene?".
Senza nemmeno risponderle le do una spallata ed entro in casa. Sento il tonfo della porta che sbatte.
"Cosa diamine è succeso ora?" Domanda stizzita. "E poi il rispetto... si saluta".
"Ripsetto?" Mi volto verso di lei, dopo aver camminato fino al divano.
"Sai cos'è?".
"So cos'è, ma non lo porto più a chi mi mente" avanzo verso di lei.
"Oddio" alza gli occhi al cielo. "Senti Claire, dovrei andare anche al lavoro-".
"No, ora mi senti tu!" La rabbia che ribolle nelle vene. "Come hai potuto dire così tante menzogne nella tua vita?".
Le sue labbra sono una linea sottilissima. "Di cosa stai parlando?".
"Parlo del fatto che... tu non sei mia madre! No, non lo sei!" Le urlo contro con le lacrime che mi offuscano la vista.
Fa un passo indietro. "Stai delirando, vai a prenderti un bicchiere d'acqua che ne hai bisogno".
Si volta verso la sedia vicino al tavolo, dove è poggiata la sua borsa. Mentre inizia a sistemare delle cose al suo interno, a passo felpato mi dirigo verso la cucina. Afferro il primo bicchiere che mi trovo a portata di mano e, quando ritorno in soggiorno, Bridgette già si sta avviando verso la porta.
Sbatto il bicchiere sul pavimento frantumandolo in mille pezzi. "Ecco! L'ho preso il cazzo di bicchiere d'acqua".
Bridgette sobbalza e si volta di scatto verso di me. Fa scorrere i suoi occhi lungo le mattonelle, dove giacciono dappertutto i pezzi di vetro. La fisso col respiro ansimante, mentre alcune lacrime iniziano a solcare il suo volto.
"Claire..." mormora stringendo la tracolla della borsa.
"Claire niente" i miei occhi sono fissi su di lei, il mio tono di voce più basso. "Tu non sei mia madre, perché la donna che mi ha partorito è Ines, che no, non era una tua grande amica, ma bensì tua sorella".
"Non so chi-".
"E per fortuna..." avanzo verso di lei scavalcando i pezzi di vetro più grandi. "C'è Lauren che mi ha rivelato tutto. Tu-non-sei-mia-madre".
"Claire..." le trema il labbro inferiore. "Nom so come lei faccia a sapere questo-".
"Ma è la verità!" Alterno lo sguardo su ogni parte del suo viso. "O sbaglio?".
"Io... io l'ho fatto-".
"Per me, naturalmente" un mezzo falso sorriso distorce le mia bocca.
"Volevo proteggerti" cerca di toccarmi ma mi scosto da lei. "Volevo proteggerti da un dolore inutile, quando tua madre..." la voce le si inclina. "... morì...".
"Per opera di mio padre" continuo per lei.
"Sospetto fortemente di questo, sì. È morta come tutte le altre sue vittime: stra-strangolata".
"Sì, lo so. So tutto. Cesar era possessivo e geloso di mia madre, allora una sera ha messo fine alla sua vita. Non sopportava l'idea di vederla felice con altre persone. Lauren mi ha detto tutto. Mi ha detto che quella sera era uscita con mia madre e altri suoi amici. Improvvisamente però tutti hanno perso di vista Ines che intanto cercava di liberarsi di Cesar-".
"Aspetta... e tu dov'eri?" Mi domanda.
"Da te, ovviamente. Mia madre mi aveva portato a casa tua quella sera".
Lei sbatte più volte le palpebre e agrotta le sopracciglia. "Claire... io-".
"Ed è stato lui" la interrompo senza farla concludere di parlare. "È stato lui, è stato lui" una lacrima riga il mio viso. "È stato lui... la dannata firma è la stessa... la stessa che continuai a comparire tutt'oggi. È lui, quel bastardo continuerà ad uccidere. Pensa di essere furbo perché non viene trovato in fragrante, ma io lo farò sbattere in carcere, fosse l'ultima cosa che faccio".
"Claire..." Il suo viso è bagnato dalle lacrime. "Dovtesti riposare ora, non sei in te" alza una mano per sfiorarmi il viso, ma indietreggio di qualche passo.
Calpesto dei vetri, che sotto le mie scarpe si frantumano ancora di più. "Non-toccarmi. Non sei mia madre".
"Però..." il suo viso si distorce in un'espressione di dolore. "Ti ho..." mi punta un indice contro. "Ti ho cresciuto come se lo fossi e sono stata l'unica ad averlo fatto, l'unica a mantenere te, questa casa, pagare tutto per tutte e due".
"E ora non rinfaccairmi le cose" dico sprezzante.
"Non ti sto rinfacciando nulla" mi guarda come se provasse una certa compassione nei miei confronti. "Però ti sto dicendo che sono tua madre, anche se non al cento per cento di sangue, lo rimarrò per sempre" lascia cadere la borsa sul pavimento. "Non odiarmi...".
"Mi hai mentito. Ed io meritavo di sapere la verità".
"Perchè avrei dovuto darti un tale dispiacere? Ti ho rifilato delle bugie solo per non farti soffrire. Perché sapere che la prorpia madre è morta... e soprattutto per mano di... di..." non riesce a concludere nemmeno la frase perché scoppia a piangere.
Perche non capisce?
"Non decidi tu quello per cui devo soffrire e quello per cui non devo" lacrime silenziose scorrono lungo i miei zigomi. "Se non fosse stato per Lauren, non avrei mai saputo niente. È vero? È VERO? RISPONDIMI!" Le prendo le spalle e gliele scuoto. "RISPONDI!".
Il suo viso è deformato dal dolore, le lacrime quasi le consumano il viso. "Claire..." inclina il capo.
"Non me lo avresti mai detto... questa è la verità" mi allontano da lei.
Cammino all'indietro, poi mi volto e raggiungo camera mia.
Apro la porta ed entro nella stanza. In grandi falcate raggiungo l'armadio, spalanco le ante di esso e afferro il borsone, dove all'interno ci sono tutte le mie cose da basket. Lo svuoto, lo poggio sul letto e inizio ad infilarci dentro tutto ciò che è essenziale.
Quasi strappo i vestiti quando li tolgo dalle grucce. Li infilo senza nemmeno piegarli, quasi nemmeno mi importa se siano adeguati per la primavera.
Voglio andarmene da questa casa dove la mia esistenza è stata solo una bugia, dove nulla ora ha più senso.
"Claire, cosa fai?!" Sento la presenza di mia madre alle mie spalle.
La ignoro uscendo dalla stanza. Raggiungo il bagno dove lei mi segue.
"Cosa diamine hai in mente?".
Afferro il mio spazzolino. Con una spallata supero Bridgette poggiata allo stipite della porta.
Ritorno in camera mia, naturalmente seguita anche da lei.
"Claire, rispondimi!".
Infilo lo spazzolino nella tasca davanti al borsone.
Non mi serve più niente. Chiudo la zip della borsa e la isso in spalla.
"Tu non andrai da nessuna parte" mi prende per le spalle. "Hai capito?" Mi grida in pieno viso.
"Sono maggiorenne, non puoi impedirmi di andarmene di qui" sibilo per poi sottrarmi dal suo tocco.
La supero ed esco da una stanza che non sarà mai più la mia.
"E dove andrai? EH? DOVE ANDRAI? GIROVAGHERAI COME UNA VAGABONDA?" La sento urlare mentre raggiungo il salotto.
"CON QUALI SOLDI, POI?! QUALIII?".
Mangio ogni centimetro del salotto fino ad arrivare alla porta d'ingresso.
"CLAIRE!" mi sento afferrare dal borsone.
Mi volto ritrovandomi il viso di Bridgette ad un palmo dal mio.
"Niente mi farà cambiare idea" stringo i denti.
"Sei un'ingrata" mi fissa come se mi stesse odiando più di chiunque altra persona al mondo.
"Felice di esserlo" tiro il borsone verso di me, le sue dita a mezz'aria.
La fisso per l'ultima volta, per poi abbandonare la casa nella quale ho vissuto per diciotto anni.
Una volta in strada scoppio a piangere. Mi guardo intorno sistemandomi la tracolla del borsone che mi avvolge il busto.
Mi asciugo malamente gli occhi con una manica del giubbotto di pelle. Poi... i miei piedi si muovono da soli verso una determinata destinazione.
Dopo una decina di minuti giungo all'abitazione di Rooney.
Lo trovo giù al suo condominio mentre scende dal suo scooter.
Sarà appena ritornato dall'università.
Mentre mi avvicino di qualche metro verso di lui, si issa meglio lo zaino sulla spalla e poi si sfila il casco.
Nel mentre compie quest'ultima azione, i suoi occhi cadono su di me, oramai a qualche metro da lui.
"Claire..." aggrotta le sopracciglia.
Mi blocco facendo cadere il borsone ai miei piedi, guardandolo con sguardo vuoto. Lui appende il casco ad uno dei due manubri dello scooter e poi mi raggiunge.
"Cos'è successo?" Mi fissa con gli occhi spalancati, che poi si soffermano sulla borsa ai miei piedi.
Non rispondo. Mi butto tra le sue braccia facendomi stringere forte dal ragazzo, che mi ha sempre allungato una mano nonostante tutto.
Spazio noce suprema
Eccomi qui ritornata con un nuovo capitolo💜
Come state passando le vacanze? Dove siete di bello?
Io ancora a casa, ma tra qualche giorno finalmente toccherà anche a me un po'di mare!
Lauren ha chiarito a Claire la questione "Ines e Cesar". Ricapitolando: Lauren, Ines e Cesar erano nella stessa comitiva. Cesar era possessivo con Ines, finché in un suo momento di ira ha messo fine alla vita della sua fidanzata, nonché madre di sua figlia, Claire.
Il litigio tra Claire e Bridgette è stato abbastanza forte. Dopo tutte queste bugie, Claire la perdonerà?
In fine, i Claney adesso vivranno insieme. Almeno abbiamo una piccola gioia😍
Un Kiss.
A martedì♥️
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