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57. Si mangia questa ami-qualcosa?

57. Si mangia questa ami-qualcosa?

Claire's Pov

Il salotto della signora Robin è molto confortevole. La debole luce del pomeriggio invernale entra da un grande balcone, e un buon profumo di vaniglia è nell'aria. La signora ci fa accomodare sul divano di pelle bianco, mentre le si siede su una poltrona. Si toglie gli occhiali da vista, chiude il libro che aveva lasciato aperto sul tavolino difronte al divano, e poi guarda attentamente Rooney, Joel e me.

"è stata molto gentile a farci entrare" sorride cortese Jo.

"Figurati, per me è sempre un piacere fare quattro chiacchiere" ribatte la donna con un flebile sorriso.

"Come sta, signora-" inizia Rooney ma viene interrotto dalla donna.

"Oh, Rooney! Chiamami Elora, ti prego" ridacchia la signora Robin. "Il tuo nome è Claire, scusami se sbaglio" mi rivolge parola.

"Sì, sì sono Claire" mi siedo meglio sul divano dando uno sguardo a sinistra verso Jo, e a destra verso Rooney.

"Che bel nome, cara" accavalla una gamba una sull'altra.

Adesso capisco dove Alix ha preso la sua attitudine ad essere sempre elegante, a camminare bene anche sui tacchi vertiginosi, o semplicemente a non muoversi come un elefante come me.

"Non ha risposto alla mia domanda, Elora" riprende Rooney. "Come sta? Se ha bisogno di qualcosa-".

"No, no Rooney" gli risponde la donna. "Sei molto gentile. Soprattutto tu, Joel" guarda il ragazzo in questione. "Alix è molto felice quando la vai a trovare in ospedale".

"DAVVERO?!" sobbalza Jo. "Ehm..." si guarda intorno. "Oh, sì" tossicchia. "Per me è solo un gran piacere, lei è molto importante per... tutti".

"Sono molto contenta che lei abbia amici come voi" si alza dalla poltrona. "Cosa vi offro?".

"Oh, grazie ma-" inizia Rooney.

"Un po'di quella torta lì" lo interrompo indicando sul tavolino una torta al cioccolato.

"Ma certo! Vado a prendere qualche piatto. Torno subito" si allontana uscendo dal salotto.

"Claire!" sussurra Jo. "Siamo qui per fare ricerche, e tu mangi?".

"Non mi nutro da svariate ore!" mi difendo.

La signora Robin ritorna dopo poco con due piattini, uno per me e l'altro per lei, due forchette e con del tè freddo. Ringrazio Clea, quando mi passa il piatto con un pezzo di torta al cioccolato ed inizio a gustarlo.

"Allora?" la donna si risiede sulla poltrona con un leggero sospiro. "Siete qui per qualche motivazione nello specifico?".

"In realtà sì..." dice Joel.

"Ha sentito parlare degli ultimi omicidi in città?" le chiede Rooney.

"Sia Lucas Morin che la ragazza, uhm, Sarah" intervengo. "Sono stati assassinati nello stesso preciso modo" poso la forchetta nel piattino, poggiando quest'ultimo sulle mie gambe. "Lei si è fatta qualche idea?".

Clea si mette bene a sedere. "Ragazzi, questo è compito della polizia" dà uno sguardo a Rooney. "Io non saprei proprio che dire-".

"Certo" la interrompe Joel. "Anche noi la pensiamo come lei, ma ci chiedevamo se lei, Elora, si fosse fatta un'idea su questa situazione".

"Joel..." lei sospira ancora incrociando le mani sul grembo. "Sicuramente si tratta di un killer, su questo non piove".

"è la ste...a cosa che pen...amo noi!" biascico con un pezzo di torta in bocca.

Joel mi guarda ammonitore mentre Rooney mi fissa divertito. Inarco le sopracciglia come per chiedergli cosa vuole, allora lui sorride ancora di più fissando un angolo delle mie labbra.

"Elora, secondo lei perchè uccide questo killer? Cosa vuole? Secondo lei... continuerà ad ammazzare?" domanda a raffica Jo.

"Oh... sicuramente continuerà" afferma sicura.

"Come può saperlo?" domanda Rooney.

"Un killer non smetterà di uccidere gli altri, finché non porrà fine alla sua vita" ci spiega. "Ce l'ha nel sangue la morte".

"In che senso nel sangue?" chiede Joel.

"Adesso vi spiego. Da psicoterapeuta, posso dirvi con sicurezza, che ci sono differenze neurologiche sostanziali tra un cervello di una persona sana e quello di una persona psicopatica-".

"Mi scusi" la interrompo. "Oltre la psicopatia, quali altri disturbi possono soffrire i killer?".

"Sicuramente dello sdoppiamento della personalità" mi risponde riponendo i suoi occhiali in una custodia blu. "In molti casi, ad essere killer non è la persona, ma quella vocina nella testa della persona stessa" gira un dito vicino alla tempia. "Quella vocina, che nonostante sia malata, la ascolti, perché oramai fa parte di te e anzi, è divenuta te" lo dice con così tanta intensità da farmi deglutire. "Comunque dicevo... ci sono queste componenti neurologiche, che rilevano come alcuni sono più predisposti a diventare dei serial killer rispetto ad altrir".

Si ferma, allunga il braccio verso il tavolo, afferra la bottiglia di tè e se ne versa un po'in un bicchiere.

"è limone o pesca?" le domando.

"Limone" risponde ridacchiando.

"Me ne versa un bicchiere anche a me?" le domando con un sorrisino.

Mentre Elora fa ciò che le ho chiesto, Rooney mi sussurra all'orecchio: "Limone? Sei seria?".

"Sei team pesca? Mi fai paura certe volte" scruto i suoi occhi.

Mi volto di nuovo verso la donna che mi porge la bevanda, così inizio a bere sotto lo sguardo disgustato di Rooney.

La signora Robin riprende a parlare rigirandosi tra le mani il suo bicchiere. "Questa parte del cervello, dicevo, è chiamata 'Angolo custode comportamentale'. Infatti nonostante il cervello del killer presenta una corteccia prefrontale altamente funzionale, una piccola ma importante parte di essa è compromessa. Si tratta dell'amigdala-"-

"Si mangia questa ami-qualcosa?" domando con sguardo vago.

Joel poggia una mano sulla bocca, per trattenersi dal ridere, mentre Rooney chiede: "Di cosa si tratta?".

"Allora, no, non si mangia" ride Eloa guardandomi. "è un'importante parte del sistema limbico, che si occupa di gestire le emozioni. Inoltre il serial killer ha un qualcosa di spaventoso: una frequenza cardiaca ridotta all'osso. E sapete perché questo è grave?".

"Non ha paura" rispondo poggiando il piatto vuoto sul tavolo.

"Esattamente. Loro non hanno paura di essere violenti, non provano rimorso. Sono disposti a correre pericoli, per stimolare la loro soddisfazione. Naturalmente questi fattori sono rilevanti, ma quello che contribuisce alla natura di un killer è anche la sua infanzia. Infatti nessuno nasce cattivo, semplicemente alcuni soggetti sono più a rischio di altri e, se la famiglia o qualcun altro non si prende cura dell'elemento in questione, beh... farà del male agli altri ed infine..." sospira.

"Infine?" la incita Joel.

"Dovete sapere che nella vita di un killer ci sono varie fasi" ci spiega. "La prima fase è quella in cui il soggetto perde il controllo della realtà" inizia a contare con le dita. "Poi c'è la fase nella quale cerca le sue prede, adesca la sua vittima e la intrappola" alza 'indice. "Poi, uccide" alza il terzo dito. "Subito dopo conserva un ricordo della sua vittima, un suo oggetto personale per esempio, che per il killer è come un trofeo, un trofeo gli ricorda una sua vittoria: l'uccisione di un suo simile" alza il quarto dito. "Ed infine...".

"Infine?" chiediamo all'unisono Rooney, Joel ed io.

"Alla fine ritorna alla realtà, sta male, allora uccide ancora. Però c'è un 'ma' ragazzi. Questa è la fase depressiva del killer, una fase che si conclude con il suicidio" sospira.

Elora si versa un altro po'di te e, mentre beve, i due ragazzi ed io ci fissiamo come se stessimo vedendo un fantasma.

"E questa" si sporge verso i ragazzi e me. "Questa è una vita nata nell'odio, vissuta nel sangue e... conclusa nel dolore. Per questo è sempre importante prendersi cura delle persone, perché odio genera solo latro odio. Un killer, come noi, è nato pulito, ma è normale, che se subisce determinate cose, come l'odio, diventi un mostro. E quest'odio comporta solo una cosa: la mancanza di empatia".

"Si può spiegare meglio?" domanda Joel.

"L'empatia è quella capacità di sentire, in modo, a volte anche molto amplificato, le emozioni altrui. Un serial killer non sa nemmeno cosa sia l'empatia, non glielo hanno mai insegnato e questo è un qualcosa di molto grave. Perché non sentendo emozioni, non si ha pietà degli altri, e ragazzi, la pietà è ai principi dell'umanità".

Conclude il suo discorso lasciandomi un po'scossa. "Le sue parole ci sono state molto utili, davvero. La ringraziamo" dico sincera.

"Ma figuratevi" sorride cortese. "Voi ricordate sempre una cosa: la violenza non è niente in confronto alla mente" picchietta un indice sulla tempia. "Ed è quest'ultima che dovete utilizzare per capire, affrontare e alla fine mettere fine... agli omicidi, al killer".

\\\

Dopo la visita alla signora Robin, Rooney, Joel ed io siamo andati a mangiare un panino in un pub non molto lontano da dove ci trovavamo. Abbiamo continuato a parlare di Elora, di quanto sia stato utile il suo contributo, ma che nonostante ciò i punti di domanda sono ancora troppi.

Per ora di cena Joel è ritornato a casa sua, mentre Rooney ed io siamo rimasti all'esterno del pub a guardarci senza sapere cosa dire, finchè lui non ha rotto il ghiaccio.

Mi ha chiesto se volessi, che mi accompagnasse a casa ma io gli ho risposto, che non volevo ritornare da me. Allora mi ha domandato se volessi venire da lui, ed io non ho esitato a rispondere di sì.

"Mica c'è tua madre?" gli chiedo quando siamo davanti alla porta di casa sua.

"Sai com'è... vive qui" suona il campanello.

"Credo che mi odi".

"Nah... odia tutti".

Appena la porta si apre mi ritrovo dinanzi la signora Muller.

Che gioia.

"Sei tornato- oh, ci sei anche tu" mi squadra da capo a piedi.

"Già" ribatto seccata.

"Sì, mi aiuta a studiare, mamma" Rooney mi passa una mano attorno alle spalle ed entriamo in casa. "Dovresti essere contenta, no?".

"Ma certo che lo sono!" subito dopo sento la porta sbattere con non molta delicatezza.

Certo.

Mi guardo intorno, finché non incontro un paio di occhi verdi appartenenti, non a Rooney, ma ad un uomo seduto al tavolo cosparso di fogli e fascicoli.

Questo è il padre di Rooney. Non lo vedo dalla mattina dell'omicidio di Lucas Morin.

"Salve" si alza l'uomo ostentando tutta la sua altezza.

Si avvicina a me lentamente.

"Buonasera" lo saluto fissandolo negli occhi.

"Sei Claire, vero?" mi chiede mentre Rooney sospira.

"In persona, signor Muller" sorrido fintamente.

"Sei cresciuta, ma quell'espressione da combina guai ce l'hai ancora" alza un angolo delle labbra.

"Già" interviene la signora Muller avvicinandosi a noi.

"La tua famiglia tutto bene?" mi chiede il signor Muller incrociando le braccia al petto.

"Mai stata meglio".

"Mi fa piacere" afferma. "Una di queste volte vienici a trovare, sai... anche con tua madre e tuo padre. Non abbiamo mai avuto il piacere di conoscere il signor Lamber, vero Dorin?".

"Verissimo, Arthur" ribatte seccata la moglie.

"Bene, ora se avete concluso..." interviene Rooney. "Noi andiamo a studiare".

"Ma certo, andate pure" dice il signor Muller. "Anche io ho molto lavoro da fare...".

Guardo dietro di lui, il tavolo cosparso di fascicoli... chissà se sta lavorando ai casi di omicidio di Lucas e Sarah, chissà se ha scoperto qualcosa. Il mio flusso di pensieri vene interrotto, quando Rooney mi afferra piano un polso incitandomi a seguirlo nella sua stanza.

Entrata nella sua camera, mi sfilo il giubbotto, e dopo averlo poggiato sulla sedia vicino alla scrivania, mi stendo sul letto, proprio come se fossi a casa mia.

Fisso Rooney togliersi la giacca di jeans e lanciarla, anche lui, sulla sedia, poi si sfila le scarpe, si avvicina a me e si stende al mio fianco.

"Tuo padre è strano" mi metto comoda su un fianco.

"Strano è dire poco" imita la mia posizione.

"Cosa intendi?" scruto i tratti del suo viso a pochi centimetri dal mio.

"È uno che... diciamo che manca di tatto".

"A mio parere, senza offesa eh, è un po'un bastardo ma c'ha la maschera da brav'uomo".

Ridacchia. "Non avresti potuto descriverlo meglio.

"Hai... un buon rapporto con lui?" azzardo.

Lui si stende di schiena evitando il mio sguardo. Sospira fissando il soffitto.

"Bah... non lo so... mi chiedo se sia giusto, che non creda in me" volta il viso verso il mio. "Secondo te è giusto?" si acciglia.

"Non credere in te?" chiedo e lui annuisce. "Beh, i genitori dovrebbero credere nei propri figli, cioè solitamente è quello che dovrebbe fare ogni genitore...".

"Già".

"Ma tu..." gli accarezzo una ciocca di capelli. "Intendi qualcosa nello specifico?" gli domando facendolo voltare di nuovo verso di me.

Sospira carezzando la frase 'the time is limited' tatuata sul mio polso, che è disteso sul cuscino "Ti sei mai chiesta, perché io stia studiando criminologia?" mi domanda ed io annuisco. "Ecco, lui mi ha costretto ad iscrivermi all'università. Io non volevo...".

Fisso il suo profilo. "Tu vuoi dipingere".

Dischiude le labbra. "Già..." contrae la mascella.

"Lui non lo apprezza?" gli accarezzo una guancia.

"Io... io non lo so... ma credo... credo di no" deglutisce.

"Io sì però" gli sorrido.

"Davvero?" aggrotta le sopracciglia e curva un angolo delle labbra.

"Sì, ma ora non montarti la testa" ritorno seria sottraendolo al mio tocco.

Lui ridacchia. Poggia una mano sulla mia vita avvicinandomi di più a sè. "Troppo tardi. Me la sono montata da quando mi hai baciato la prima volta".

Spazio noce suprema

Eccomi qui ritornata con l'aggiornamento del venerdì. Siamo ritornati ai vecchi tempi della scorsa estate😍

Prima di ogni altra cosa vi ringrazio di essere ancora qui a leggere la storia, è molto importante per me♥️

Per quanto riguarda il capitolo... la madre di Alix ha dato un grande aiuto a Claire per quanto riguarda lo studio della mente di un killer, uno dei temi principali della storia.

E poi... i Claney! Avete visto quanti passi in avanti? Vi piacciono queste piccole scene con Claire e Rooney?😍

Vi saluto ricordandovi l'aggiornamento di venerdi, a presto♥️


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