32. Il killer dei cuori solitari
32. Il killer dei cuori solitari
Avvelenamento.
La causa della morte della mia amica speciale è avvelenamento. Più precisamente per ingurgitamento di sostanze chimiche come bagnoschiuma o shampoo. O almeno così ci ha riferito la veterinaria di Noce.
A casa pensiamo che la colpa, forse, sia stato il flacone di shampoo di Roxy, trovato completamente vuoto il giorno del decesso della mia cagnolina.
Sono passate due settimane e l'aria in casa è stata molto triste, è come se mancasse un pezzo fondamentale di un qualcosa, una ragione.
Dall'altro canto, però, ciò è stata un'occasione per riunire mia madre e me, perchè un piccola ferita è meno dolorosa se curata insieme.
"Claire".
Alix mi smuove dai miei pensieri.
"Ehm... sì?".
Poggio la forchetta nel piatto guardandomi attorno, le pareti del ristorante, quello vicino all'università, i vari quadri dal significato ignoto.
"Tutto bene?" mi domanda Roxane dall'altro lato del tavolo.
Annuisco senza dire una parola.
"Sembri strana" interviene Farah affianco a me. "Dai, vieni qua". mi abbraccia mentre alzo gli occhi al cielo con un sorrisetto all'angolo delle labbra.
"Ragazze, devo dirvi una cosa" annuncia Alix.
Noi tutte annuiamo e attendiamo con ansia ciò che ha da dirci la bionda.
La ragazza porta dietro l'orecchio una ciocca di capelli, mette le braccia sul tavolo, si sporge un po' di più verso Farah e me, dà un'occhiata a Roxy di fianco a lei, apre la bocca ma...
"Un'altra volta..." poggia la schiena sullo schienale della sedia fissando alle mie spalle.
"Ma come...?" sbuffa Farah.
"Eddai" Roxy alza gli occhi al cielo.
"Tu sei strana" assottiglio gli occhi verso di lei.
"Tu, sei strana" una voce dietro di me mi fa voltare.
Rooney si avvicina al tavolo seguito da Joel.
Il primo con il solito ciuffo rosso e ribelle a coprirgli quasi del tutto la fronte, e il secondo a sistemarsi il cappellino e poi lo zaino, entrambi con due vassoi in mano.
"Bel modo per approcciare" gli sorrido sarcastica.
"Possiamo sederci giusto?" il rosso si accomoda affianco a me mentre Joel vicino a Roxy.
"Già lo hai fatto" mormoro fissando la cotoletta e le patatine nel piatto, e la mia forchetta che infilza il cibo ma senza portarlo mai alla bocca.
"Certo..." sospira Alix guardando le ragazze al tavolo. "Quel cretino di tuo fratello?" si rivolge a Joel.
"Sempre a nominarlo, eh?" interviene Rooney che affianco a me si altera, mentre volto il viso verso di lui per poterlo guardare. "Sta da solo, come merita, e lui" indica l'amico col mento mentre tiene un pugno chiuso affianco alla mia mano, che mantiene la forchetta ancora poggiata nel piatto. "Sta da me".
Alix abbassa lo sguardo alla fermezza del rosso.
"Comunque boh, a volte lo vedo per università, altre no" Joel alza le spalle. "Ti interessa, per caso?" le domanda acido avvicinandosi un po' di più a Roxy per poter guardare in faccia la bionda, che ha ancora lo sguardo fisso sulle pellicine delle sue dita.
"No..." mormora lei.
"Può andare anche al diavolo, per me" afferma Farah. "Dopo quello che mi ha fatto".
"Già, mi dispiace, mi dispiace soprattutto per la situazione che si è creata, quella sera" interviene Joel.
Cade un silenzio tombale per una manciata di minuti fino a che Roxy non rompe il ghiaccio.
"Farah... non mangi?".
"Lei non mangia mai" fisso lo spazio di tavolo vuoto, dove dovrebbe esserci un vassoio ma che non c'è, mai.
La diretta interessata alza spallucce.
"Dobbiamo accordarci per il lavoro del professore Benard" parlo a Rooney.
"Dio... ma sei fissata" alza gli occhi al cielo.
"Ma eri tu quella stalker che ieri sera gli mandava messaggi in continuazione e lo chiamava?" mi domanda Joel ridendo.
"Forse" gli rispondo con aria innocente. "Ci tengo a questo lavoro" mi rivolgo a Rooney che mi guarda annoiato. "Ed è per dopo le vacanze natalizie".
"Claire... siamo a fine novem-" si blocca non appena lo fisso malissimo. "E va bene... oggi ti va bene?" sospira.
"Benissimo" scatto in piedi prendendo lo zaino da sotto al tavolo. "Andiamo" lo incito ad alzarsi.
"Ma non ho ancora mangi..." sospira.
Afferra dal vassoio il suo panino, e con l'altra mano lo zaino.
Salutiamo gli altri e ci dirigiamo fuori dal ristorante.
"La tua lentezza mi innervosisce" sbuffo.
"Tu sei nata nervosa" bofonchia con un pezzo di pomodoro in bocca.
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"Sicuro che non c'è tua madre?" Domando a Rooney.
"Non c'è nessuno" mi rassicura sfilando le chiavi dalla tasca dello zaino. "Mio padre lavora fino a sera, mia madre oggi ha dei colloqui, e mia sorella è a scuola per tutto il pomeriggio".
Annuisco.
Lui apre la porta facendomi passare.
La prima volta che ho fatto visita a Rooney non ero proprio in buone condizioni.
Ma adesso posso dire, nella mia completa lucidità, che questa casa è davvero...
fredda.
Mi guardo intorno e non noto niente di confortevole, solo pareti bianche, arredo moderno, così anonimo, il silenzio sovrano.
Niente a che vedere con la gran luce che c'è a casa mia, la pelle del divano un po' rovinata dalle unghie di Noce, le solite voci femminili, calde che riempiono la piccola casa.
Un colpo di tosse. "Seguimi".
Sbatto più volte le palpebre e faccio come il rosso mi dice, seguendolo nel corridoio perpendicolare al salotto, poi in camera sua.
Quest'ultima me la ricordo meglio e non so perché, mi aiuta ad essere più a mio agio.
I disegni in bianco e nero sono appesi un po' ovunque, un nastro (dal quale ciondolano altri fogli) di cui gli estremi sono attaccati a due pareti opposte, una scrivania in completo disordine.
"Siediti dove vuoi" poggia lo zaino ai piedi del letto.
Lo imito accomodandomi poi sulla sedia girevole difronte alla scrivania.
"Wow" faccio una giravolta seduta. "Io questa non ce l'ho a casa" mi riferisco alla sedia.
Ridacchia.
Do un'occhiata un po'a tutto ciò che c'è sul tavolo: matite, gomme, fogli bianchi, disegni o disegni iniziati ma mai finiti.
"Leonardo da Vinci" lo schernisco.
In questo momento non lo sto guardando ma sento la sua presenza dietro le mie spalle.
"Non iniziare" sbuffa poggiando le mani pallide sulla scrivania.
"Anche Leonardo da Vinci non completava molti dei suoi disegni e dipinti" affermo guardando il paesaggio di un prato a metà.
"Lo so..." si appoggia alla parete. "Lui iniziava a dipingere, magari un fiore, ma poi si soffermava, per esempio, su una coccinella poggiata su un petalo. Allora, metteva da parte il dipinto del fiore e iniziava a dipingere la coccinella" mi spiega senza guardarmi, mentre io, invece, non riesco distogliere gli occhi da lui.
"Era..." mi ferma.
"In realtà non so perché ti stia dicendo queste cose" ridacchia dandomi un'occhiata. "Non te ne fregherà niente, immagino".
"Da Vinci" ignoro la sua affermazione. "Secondo me... era un genio proprio perché aveva curiosità. Aveva la mente aperta ed è per questo che sapeva fare tante cose" abbasso subito lo sguardo.
Dalle sua bocca non esce una sola sillaba, e dal canto mio, faccio finta di niente.
Prendo tra le mani un altro suo disegno che raffigura due labbra che si incontrano in un bacio.
"Mmh... romantico il ragazzo" lo sbeffeggio sorridendo.
"Dai, dammelo" me lo sfila dalle dita.
Si sposta dalla parete e infila il disegno nel cassetto del comodino vicino al letto.
"Non ti sto prendendo in giro".
Inclino di poco il collo per poterlo guardare negli occhi contornati da delle leggere occhiaie.
"Ma davvero?" Chiede sarcastico inarcando le sopracciglia chiare.
"Davvero" affermo decisa. "Sono seria".
Ma subito dopo scoppio a ridere.
"Sei la solita" si siede sul materasso.
"No, non è vero" lo affianco. "Sei... bravo a disegnare".
Mi semidistedno affondando i gomiti sul materasso morbido, ai lati della mia schiena. Allungo le gambe in avanti, le caviglie incrociate, le stringhe sporche delle scarpe da ginnastica un po' abbandonate sul pavimento. Il collo inclinato per visualizzare i disegni che tappezzano le pareti.
"Non so se preoccuparmi di più quando parli da sbronza o da sobria" sento il suo sguardo incollato su di me.
"In entrambi i casi" ribatto. "E adesso si studia" in uno scatto mi alzo in piedi.
"Noo".
Si lamenta distendendosi di pancia e nascondendo il capo sotto al cuscino, i pantaloni di poco abbassati che fanno intravedere l'orlo delle mutande.
"Oooh... ti prego" mi avvicino a lui alzandogli gli jeans.
"Ma che fai?" Si volta di scatto usando il cuscino come scudo.
"Io niente, ma ti informo che per fare un supereroe della Marvel ti servono più muscoli" lo provoco.
Mi lancia il cuscino in pieno viso. "Fattela da sola la ricerca, io mi annoio" mi guarda come un bambino capriccioso e poi mi dà le spalle.
"E perché hai scelto la facoltà di criminologia?" Mi siedo sulla sedia aspettando che si volti a guardarmi. "Se non ti piace...".
"E tu perchè quella sera non sei voluta ritornare a casa, e soprattutto hai dormito da me?" si gira a guardarmi. "Se mi odi...".
"Credo che" scatto in piedi, mi abbasso sulle ginocchia, apro lo zaino mentre sento la presenza di Rooney alle mie spalle. "Io abbia avuto un ottima idea per..." sfilo un quaderno e il mio portapenne. "... per il progetto".
"La ricerca".
"La relazione" correggo lui e me. "Quello che è" mi alzo in piedi ritrovandomi il suo viso a pochi centimetri dal mio. "E adesso niente scuse. Iniziamo".
Senza perdere altro tempo, lo obbligo a fare un po' di spazio sulla scrivania
Ci accomodiamo, io ovviamente sulla sedia girevole, e lui su un'altra e iniziamo a ricercare su internet qualcosa di interessante che potrebbe fare a caso nostro.
"Rooney..." lo chiamo mentre faccio una mappa concettuale sui punti fondamentali che dobbiamo approfondire. "Vedi se ti è arrivata l'email del professore Bernad".
"Email?" mi dà un'occhiata e poi inzia a smanettare sul computer portatile.
"Sì, dovrebbe averci inviato nome, cognome e fotografia del serial killer che dobbiamo analizzare" tiro una freccetta che va da "criminologia" a "i perchè i serial killer uccidono".
"Ah... davvero?" Va subito nella casella delle email.
"Sì, stavi dormendo quando lo ha detto" poso l'evidenziatore sul quaderno.
Diamo entrambi un'occhiata sul display del computer, lui con gli occhi resi in due lame mentre scorre le varie email.
"Eccola" indico con un indice l'email del professore.
Rooney clicca su di essa e inzia a leggere ad alta vice "Salve signor Muller... bla bla bla"Quello che dovrete fare è una relazione su ciò di cui abbiamo parlato in classe, cosa molto importante per me, sapete quanto tengo alle interazioni in presenza. Dopodiché vi soffermerete sulla vita e analizzerete la psicologia del killer dei cuori solitari".
"Questo assassino è un romanticone come te, visto?" Gli do una gomitata sul braccio.
Lui mi guarda male e poi continua a leggere. "Muller faccia quello che le dice la signorina Lambert, bla bla bla, tutte cagate. Le rivolgo i miei cordiali saluti. Professor. Arthur Bernard". Scorre l'email. "Uh, questa è la... la foto" assottiglia gli occhiali su di essa.
Guardo con un po' di soggezione l'uomo dai capelli e dagli occhi scuri.
"Allora, per le prime due volte lavoreremo su 'i perchè i serial killer uccidono'". Cerchio con la penna uno dei punti fondamentali della mappa concettuale.
"Aspetta... quindi non la finiamo subito, questa relazione?" Mi fissa allibito.
"Certo che no, le cose si fanno per bene!".
Mentre Rooney si dispera, mi impossesso del suo computer ed inizio a ricercare informazioni.
"Molti esperti sostengono che il fattore principale che dà vita ad un serial killer sia un infanzia particolarmente difficile. Nella stragrande maggioranza dei casi riportati infatti, gli omicida seriali hanno subìto violenze e abusi quando erano solo dei bambini" leggo ad alta voce. "Mmh... mi sembra...".
"Inquetante..." continua al mio posto.
"Interessanate. Sì mi piace" faccio copia e incolla su un foglio elettronico.
"Ciò mi sta mettendo ansia, vado a prendermi qualcosa da mangiare" si alza.
"Prendi qualcosa anche a me, Marvel" digito altri siti web sulla tastiera del portatile.
Sento lo sbattere di una porta, così ne approfitto per alzarmi e correre ad aprire il cassetto del comodino, dove poco prima Rooeny ha posato quel bel disegno del bacio.
Mi siedo sul letto e lo ammiro: sembra così realistico.
Decido di rimetterlo apposto prima che Rooney possa ritornare, ma mentre lo ripongo un altro foglio attira la mia attenzione.
Alterno lo sguardo dalla porta al foglio abbandonato in fondo al cassetto.
Non dovrei.
Indugio ma poi in uno scatto mi impossesso del foglio piegato a metà.
Lo apro e quasi non riesco a credere ai miei occhi.
Le dita mi tremano, il cuore mi casca nello stomaco.
Assottiglio gli occhi sul volto maschile raffigurato: un uoomo dai lineamenti duri, gli zigomi alti, gli occhi piccoli e i capelli ribelli.
Scatto in piedi e corro verso il computer, riapro la casella delle email con le dita tremanti, scorro il messaggio del professore Bernard fino alla fotografia dell'assassino.
L'uomo del disegno di Rooney è il serial killer dei cuori solitari.
Spazio noce suprema
Eccomi qui a mettervi ansia!
Come avete passato il Natale?
Personalmente non ho percepito quella solita aria natalizia...
Per quanto riguarda il capitolo, cosa voleva dire Alix alle ragazze?
Poi... vi sta piacendo come si stanno evolvendo i Claney?
L'uomo del disegno nel cassetto di Rooney è davvero il killer dei cuori solitari?
Dai, vi faccio passare un po' l'ansia...
PS. In questi giorni vi pubblico una cosina carina.
A presto noci❤
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