18. Biancheria da urlo
18. Biancheria da urlo
Il sole tiepido di metà ottobre mi scalda il viso, i raggi sono quasi pronti a scemare per dar spazio ad un cielo aranciato per poi morire e dar vita al buio, che in questo periodo dell'anno inizia a calare prima.
Cammino per le strade trafficate della capitale francese, un traffico che anche a quest'ora del pomeriggio tardi non cessa di creare confusione con i clacson che suonano all'impazzata.
Le suole delle mie scarpe sportive battono su qualche foglia seccha caduta da alcuni alberi del "Champ de Mars", un parco pubblico, uno dei migliori a Parigi, se non il migliorie in assoluto. Sempre verde e ben tenuto e con un panorama mozzafiato che mostra la Torre Eiffel, che si innalza in alto come a voler toccare il cielo, è di sicuro uno dei miei posti preferiti.
Entro nel parco aggiustandomi sulla spalla il borsone, raggiungo il campo da basket dove la mia squadra mi starà aspettando con impazienza.
Infatti da lontano noto le ragazze che già stanno facendo qualche tiro al canestro, giusto per scaldarsi un po' prima degli allenamenti.
"Stronzetta, eccoti finalmente" mi urla Juliet, una delle mie compagne di squadra.
Finisco di percorrere il vialetto e finalmente sono pronta a fare qualche canestro, ciò che mi ci vuole per sfogare un po' della mia rabbia contro quello che non mi piace di questo mondo, un mondo cattivo che non vede l'ora di vederti crollare e sorridere quando ti ritrovi per terra in difficoltà.
"È arrivato il capitano, amiche mie" faccio cadere il borsone sotto su un'aiula verde dove di solito le persone amano fare i pic-nic.
***
Abbiamo appena finito di farci una bella partita, le ragazze sono scappate subito dopo con le loro borse in spalla per tornare a casa.
Inizio a percepire il fresco mentre apro il mio borsone per prendere l'asciugamano per assorbire un po' di sudore prima che mi venga un brutto malanno.
Tra poco me ne andrò anch'io.
"Ciao Claire" mi saluta Juliet facendomi un cenno col mento.
"Ciao, ci vediamo domani" poggio l'asciugamano sulle spalle. "Ah e oggi la palla non l'hai presa una sola volta" la punzecchio.
"Dici?" Alza un sopracciglio ed io annuisco.
"E vabbe andrò ad esercitarmi con altre palle" mi fa l'occhiolino.
"Sei la solita" scuoto la testa divertita.
"A domani" si volta ma poi si rigira verso la mia direzione. "Senti, ma secondo te sembra da maleducata dire ad un ragazzo che mi ha fracassato letteralmente i coglioni?" Mi chiede inclinando di poco la testa in attesa della mia risposta.
"Assolutamente no" rispondo atona per poi ridere.
"Grazie Lambert" e poi se ne va percorrendo il vialetto che porta all'uscita del parco.
Juliet ed io ci intendiamo alla perfezione, e devo dire che nutro una preferenza nei suoi confronti rispetto alle altre per il suo essere molto schietta, un po' come me.
L'amicizia che si è creata con lei e con tutte le altre ragazze della squadra è meravigliosa, abbiamo una sintonia davvero invidiabile a tutti.
Scherziamo, ci divertiamo, ma soprattutto facciamo quello che ci piace fare, ed insieme.
Ero in terza media, nello specifico era l'estate tra la terza media e la prima superiore, in un caldo pomeriggio di luglio quando nel bel mezzo dell'estate mi annoiavo, decisi di fare un giro qui, qui nel parco.
Mi misi a sedere su una panchina e i mie occhi girovacarono un po' in giro e per caso si fermarono sul cesto di basket, posizionato nel campetto verde.
Mi alzai dalla panchina e mi avvicinai, mi guardai intorno per controllare che non ci fosse nessuno che mi stesse guardando, presi una palla che si trovava ai piedi del canestro, forse qualcuno l'aveva dimenticata lì quel pomeriggio.
Mi allontanai quanto dovuto per poi mettermi in posizione, alzai le braccia con in mano la palla bianca, inclinai di poco il polso, divaricau le gambe, mi diedi uno slancio con le ginocchia e la lanciai contro il cesto.
E no, non feci canestro.
Mi infastidì tantissimo il fatto di non essere riuscita nel mio intento, quindi serrai i pungni lungo i fianchi e socchiusi gli occhi in due lame sottili per poi abbassarmi e prendere la palla che non aveva centrato il canestro.
Ci riprovai, ma niente.
Ci riprovai e niente ancora.
Ci riprovai, ci riprovai e ci riprovai ancora fino a riuscirci, ma forse fu solo la fortuna del principiante perchè la volta dopo la palla non sfioro nemmeno il cesto.
I pomeriggi a seguire mi ritrovai senza nemmeno accorgermene di nuovo nel parco, e di nuovo sul campo da gioco a tirare quella stessa palla che qualcuno lasciava sempre lì.
Col tempo migliorai finché un giorno una ragazza mi si avvicinò, era Juliet.
Mi prese la palla che tenevo stretta tra i palmi delle mani e fece un canestro davanti a me per poi fare un ghigno divertito e alzare un sopracciglio come a sfidarmi.
Da lì pian piano fondammo una gran bella squadra: un paio di ragazze con la nostra stessa passione le portò lei perché erano delle sue amiche, ed un'altra si unì di sua spontanea volontà, attratta dai nostri canestri in pieno pomeriggio.
A ricordare da dove siamo partite, ovvero dal niente fino a dove siamo arrivate adesso, ovvero ad essere una squadra di compagne fidate, mi riempie il cuore di gioia, anche se in fondo la nostra è solo una semplice passione e basta.
Sto per prendere dal borsone una maglietta di ricambio quando sento il rumore delle rotelle di uno skateboard nelle vicinanze, così curiosa mi volto per guardare.
Un cappellino nero copre il viso del ragazzo, il tipo fa un giro del campo ed il mio sguardo cade su i suoi movimenti, ed adesso che si trova in un'angolazione diversa rispetto a prima riesco a scorgere un volto familiare, quello di Joel.
Non lo avevo mai visto qui in giro, o forse probabilmente non conoscendolo prima non lo avevo notato in precedenza.
Il ragazzo di punto in bianco ferma lo skateboard e con la punta della scarpa se lo porta al ginocchio, per poi prenderselo sotto braccio.
Si guarda intorno e distrattamente il suo sguardo ricade su di me, così alzo una mano un po' impacciata in segno di saluto.
È passata poco più di una settimana da quella serata, una settimana nella quale nè lui, nè il fratello e ne Rooney si sono fatti vivi.
A volte per i corridoi Joel e il Rooney stavano uno di fianco all'altro, il primo con lo sguardo spento e il secondo con una mano sulla spalla dell'altro.
Per il resto non si sono fatti sentire e non hanno mai pranzato con Roxane e me, cosa che invece Alix e Farah hanno fatto.
Leo se ne stava per i fatti suoi e nessuno, nemmeno Roxane ha avuto il coraggio di chiedere niente al diretto interessato.
Alza anche lui una mano, poi dopo un paio di secondi si decide a raggiungermi probabilmente per salutarmi come si deve.
"Ehi" sussurro non sapendo cosa altro dire.
"Ciao, anche tu qui?" Mi domanda con un cipiglio.
"Già, facevo qualche tiro con alcune mie amiche" gli rispondo andando sul vago.
"Che già se ne sono andate" seguita guardando dietro di me.
"Esatto" rispondo un po' seccata.
"Mi dispiace per l'altra volta" dice all'improvviso un po' indeciso.
"Figurati, a me non interessa che problemi hai con tuo fratello" ribatto e lui schiude di poco le labbra. "Ma magari potevi farti vivo ogni tanto, e magari farmi capire che Rooney non è la tua balia" seguito facendolo ridacchiare.
Afferro i bordi della mia maglietta per poi sfialrmela rimanendo solo in reggiseno.
"Ma che fai, scusa?" Mi chiede sbarrando gli occhi.
"Levo la maglia sudata" rispondo facendo spallucce. "Non si vede?" Seguito con nonchalance.
"Sì, sì che si vede" si guarda intorno.
"E quindi?".
"E quindi qui con gli sconosciuti che passano?" Ricade qualche ricciolo dal cappellino guardando le persone che ci circondano. "Con me davanti?" Mi da un'occhiata fugace.
"Non hai mai visto un paio di tette, Joel?" Alzo le sopracciglia incredula.
"No, sì, cioè sì!" Svia ancora il contatto visivo. "Ma sai non è da tutti i giorni trovare una tizia che si cambia una maglietta per strada".
"E che male c'è, scusa?" Chiedo infilando la maglia pulita e buttando alla rinfusa quella sporca nel borsone ai miei piedi.
"Beh... è...è insolito, poi per strada sai... cioè nudi, no" balbetta.
"Prima di tutto adesso puoi guardarmi, prometto di non traumatizzati ulteriormente" gli faccio notare.
"Sì sì, giusto".
"Poi non ero nuda, avevo un caspita di reggiseno ed inoltre a dirla tutta sulla spiaggia siamo tutti in intimo, solo che è meno sexy della mia biancheria da urlo" spiego ovvia e soddisfatta del mio bel reggiseno.
Davvero non capisco dove sia la differenza tra il costume da spiaggia e la biancheria intima.
"Non hai tutti i torti" mormora pensieroso.
"E poi" continuo ancora. Devo sfogarmi, sì. "Perché i capezzoli di un uomo possono essere messi in mostra, e quelli di una donna no? Che differenza c'è?".
Anche questo non l'ho mai capito, davvero.
"Capezzoli?" Domanda sbattendo più volte le palpebre. "Ma io non ho parlato di capezzoli".
"Infatti ne sto parlando io".
"Beh io, io non saprei" mormora. "Dovrei andare adesso, ci si vede in giro, eh" fa un paio di passi indietro.
"Va bene, poi me la spieghi questa cosa però" gli urlo quando già si è voltato e non ricevendo nessuna risposta.
Spazio noce suprema
Sciiiiiaaaoo a tuuttii! Sono ritornata con un nuovo capitolo.
Non è niente di che ma ci tenevo a raccontare una gran passione di Claire, poiché ognuno di noi ha degli hobby nella vita reale e quindi mi sembrava il caso di approfondire anche questo aspetto nella storia.
Nel prossimo capitolo ovviamente ritorneranno tutti gli altri personaggi!😍
Intanto Claire e Joel sembrano pian piano diventare amici. Che ne dite?
Voi fate qualche sport?😍
Comunque ho tanta ansia perché devono accadere troppe cose e mi devo muovere a svilupparle e non vedo l'ora!
Joel quando Claire inizia a parlare di capezzoli e non sa come rispondere:
Grazie per le +11k visualizzazioni, davvero. Non credevo che la storia potesse arrivare a questi numeri che anche se piccoli rispetto ai numeroni che si vedono in giro su wattpad, comunque per me è un buon traguardo!
A presto noci❤
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