9.5. after all
Song: Wonderwall
[Oasis, 1995]
Io e Porko eravamo ancora uno di fronte all'altra, in quel parco giochi, a guardarci con rammarico e malinconia. Io sempre seduta su quella maledetta altalena, Porko che camminava avanti e indietro, con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
«Che ore sono?» Chiesi ad un certo punto, spingendo Porko a guardarsi l'orologio al polso.
«Quasi le cinque.» Sospirò.
«Davvero siamo stati tutta la notte a parlare, ridere e urlarci addosso?» Gli chiesi, quasi per avere la conferma che non mi fossi appena sognata tutto. Anzi, una parte di me era ancora speranzosa di svegliarsi a letto, con la fronte imperlata di sudore, ma accanto a mio marito.
«A quanto pare.» Porko con la scarpa calciò un sassolino che rotolando andò a sbattere contro un muretto. «Ma a me sembra che siamo fermi qua da anni.»
Chinai la testa, guardandomi le scarpe e dandomi una leggera spinta per dondolarmi.
«Da quindici anni...» Mormorai.
Vidi i piedi di Porko fermare il loro passo e lentamente avvicinarsi a me. Silenzioso, mi si sedette accanto sull'altalena libera, girato verso di me.
«[T/n].» Mi chiamò con voce flebile ed io mi girai per guardarlo, faticando a mantenere il contatto visivo.
«Tu prima, al bar, mi hai detto che ti sei costretta a dimenticare quei mesi. Ma io non ci sono mai riuscito. Non ho mai dimenticato quell'estate e il pensiero che tu possa essertela dimenticata mi distrugge.»
Ebbi la sensazione di faticare a deglutire e dovetti distogliere lo sguardo, sentendo le gambe deboli sotto i suoi occhi profondi e inquisitori.
«Pensi che nonostante i miei sforzi io sia riuscita a dimenticarmi di quell'estate? Quei tre mesi non potrò mai dimenticarli, per quanto io mi sforzi di farlo. E mi spezza il cuore.»
«Allora forse non devi costringerti a dimenticarla.»
Un groppo in gola non mi permise di rispondere e dovetti voltarmi, sentendo le lacrime salirmi agli occhi. Sentii Porko sospirare e il cigolio dell'altalena su cui era seduto mi costrinse a girarmi, vedendolo ora di nuovo in piedi.
«Sarebbe andata diversamente se entrambi avessimo accettato una relazione a distanza.»
Scossi il capo, mordendomi con forza l'interno labbro.
«Sarebbe anche potuto succedere, forse, in qualche modo. Tu invece avresti potuto mantenere la promessa di tornare in California per stare con me.» Non riuscii a trattenere l'astio che provavo ancora per quella storia e Porko lo notò non senza un riso amaro.
«Non era così facile come pensavi. Tu invece perché non sei potuta venire a Toronto da me, eh?»
«Mio padre non me l'avrebbe mai permesso. Non mi ha nemmeno mai permesso di fare una scuola di ballo, non mi ha mai permesso nulla. Come avrei fatto a scappare da te a Toronto senza un soldo?»
«Allora ti faccio la stessa domanda. Come potevo io abbandonare tutto, deludere mio padre, ricominciare tutto da capo a New York? Lo capisci che non era fattibile, se non nell'arco di anni?»
Ormai esasperata, sbottai «Ma insomma non volevi andare alla NYU?»
«E tu non volevi viaggiare?»
Volevo rispondere, ma non riuscii a dire nulla. Stetti in silenzio e sbuffai per ricacciare le lacrime indietro. Fu Porko a continuare.
«Vedi? Nessuno dei due è riuscito a fare quello che desiderava.»
Porko tornò a sedersi accanto a me e si chinò per poggiare i gomiti sulle cosce, portando le mani a reggersi la testa sotto il mento.
«Perché nessuno dei due si è mai messo davvero in gioco.» Ripresi con un fil di voce, guardando il cielo che lentamente si schiariva. «Ci siamo sempre fatti trasportare dalla corrente, da tutto. Non volevamo prenderci rischi per...»
«Per qualcosa che sapevamo già sarebbe potuto fallire?» Concluse lui, dicendo quello che io non avevo la forza di dire.
"Forse non era vero amore. Forse non eravamo destinati a stare insieme." Pensai, di nuovo non trovando il coraggio di dire quelle parole ad alta voce.
Tornai a guardare Porko, che però continuava a guardare dritto davanti a sé. La sua fronte aggrottata lasciava trasparire il suo stress, la stanchezza e il rammarico di quella lunga nottata.
«Perché è andata a finire così...?» Sussurrai.
Con un sospiro, Porko levò le mani da sotto il suo mento e se le strofinò lentamente, pensieroso.
«Io ho perso il desiderio di entrare alla NYU e non ho mai nemmeno provato a mettere insieme una band, perché la ritenevo già un fallimento. E tu hai perso il desiderio di ballare e viaggiare per il mondo, perché era più semplice vivere una vita come tante ad Haight-Ashbury. Tutto qui, presumo.» Disse quelle ultime parole con freddo rancore, serrando subito la mandibola.
«E pensare a tutte le promesse che ci eravamo fatti...» Forzai una risata amara, guardandomi intorno.
La notte stava lasciando spazio alla luce del giorno ed io e Porko era come se non riuscissimo ad andare avanti. Eravamo bloccati come statue ai nostri vecchi sentimenti in una disperata nostalgia. Ci eravamo illusi per tutti quegli anni di essere andati avanti con le nostre vite, tra lavoro, matrimonio e figli, e di aver lasciato il passato alle spalle. Ma una sola notte era bastata a farci capire che non era davvero così: i sentimenti e i ricordi che pensavamo di aver dimenticato si erano rivelati sopiti, pronti a riaffiorare con tremenda forza da un momento all'altro come un'onda in mezzo alla tempesta. E l'occasione si era rivelata essere quel concerto rap a Santa Clara.
«[T/n].»
Non senza sconforto mi girai nella sua direzione. Vidi con sorpresa che un luccichio era comparso improvvisamente nelle sue pupille.
«Perché... perché per un istante, un solo istante, non dimentichiamo tutto e andiamo via?»
Mi tirai su, afferrando delicatamente le catene dell'altalena. «Cosa?»
Anche Porko si tirò su ed ora ci trovammo in piedi uno di fronte all'altra, con solo un passo a dividerci.
«Andiamo a Santa Monica e ci facciamo un bagno in spiaggia. Sarà divertente. Quell'estate non eravamo riusciti ad andare, ma questa volta...»
Lui pareva speranzoso ed io lo guardai con tristezza. Lentamente negai con il capo «Porko...»
«Se no possiamo andare a New York, che dici?»
Quando nominò la Grande Mela ebbi un tuffo al cuore che Porko prontamente notò e con un guizzo fece un passo avanti, trovandosi a dover chinare la testa per guardarmi.
«Possiamo... possiamo tornare lì e rivivere tutto da capo. Solo per un attimo. Ti immagini, girare per Time Square, per negozi. Dev'essere cambiata molto dall'87, no?»
«Porko non-» Cercai di fare un passo indietro ma lui mi afferrò la mano, stringendola tra le sue.
«Possiamo noleggiare Dirty Dancing e guardarlo in camera. Puoi far finta di rivederlo per la prima volta, proprio come-»
«Tuo figlio!»
Porko si bloccò, come risvegliato da un sogno, ed io levai la mano dalla sua stretta.
«Porko...» Con il cuore ancora in gola per la sua improvvisa vicinanza mi portai una mano alla fronte, abbassando lo sguardo «Abbiamo trentadue anni. Io ho un marito in viaggio di lavoro e una figlia a casa con la babysitter. Tu a casa hai un altro figlio e una moglie incinta del secondo. Entrambi abbiamo una nuova vita, a quasi 400 miglia di distanza l'uno dall'altra. Non possiamo abbandonare tutto per un nostro capriccio. Per quello che alla fine è stato solo un... un-»
«Un sogno estivo.» Porko mi tolse le parole di bocca, facendo due passi indietro per allontanarsi di nuovo da me. Sorrise mesto e distolse lo sguardo dal mio, mormorando «Sogno di una notte di mezza estate.»
Abbassai lo sguardo anche io per non doverlo guardare, ripetendo le sue parole che facevano così male da spezzarmi il cuore, ma che erano necessarie per entrambi. «Un breve sogno di quindici anni fa.»
«Perdonami. Mi sono fatto prendere dalla nostalgia. Non so che m'è preso.» Un suo ghigno amaro lasciò trasparire i suoi sentimenti. Il rammarico e la consapevolezza della follia a cui stavamo andando incontro.
«No, anche io spesso mi abbandono alla nostalgia. Sai, è come...» Mi fermai, cercando le parole da dire.
«Come cosa?» Mi incitò a continuare, ora guardandomi.
Mi strinsi le braccia al petto, avvertendo una leggera brezza attraversarmi la felpa.
«È come se ogni canzone di quegli anni mi faccia rivivere un ricordo. E ognuno di questi ricordi porta con sé talmente tante emozioni da farmi piangere.» Conclusi con un fil di voce e alzai gli occhi sui suoi nocciola. Ora mi guardava con triste affetto ed io non potei fare altro che ricambiare quel suo sguardo.
«E quei ricordi includono anche me?» Azzardò a chiedere lui, anche se in fondo sapeva già la risposta.
«Più di quanti io voglia.»
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