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6.5. our memories

Song: Don't Speak
[No Doubt, 1995]

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«Ma come ti è venuto in mente?!» Porko accende la sua auto e fa retromarcia per uscire dal parcheggio. Non è arrabbiato, ma è evidentemente scosso. Anche più di me, ora che realizzo di aver prima tirato un calcio nelle palle di Reiner, e poi un pugno in faccia.

«Perché, ti dispiace?»

«No ovvio che no, però... non pensavo avrei mai visto una cosa del genere.»

Mi nascondo un poco, sprofondando nel sedile. Ho paura che ora pensi che io sia una ragazza violenta e che a lui non piaccia.

Tuttavia d'improvviso scoppia a ridere ed io mi giro verso di lui, perplessa.

«Cazzo la sua faccia. Era sconvolto mentre si teneva il pacco!»

Non passa molto prima che anche io mi unisca alla sua risata e non la smettiamo di sbellicarci per un po', al pensiero di come ho lasciato Reiner alla festa.

«Sì ma cazzo, se mi fa male la mano ora.» Mormoro mentre la mia risata sta scemando, massaggiandomi le nocche doloranti.

«È normale, probabilmente ti verrà pure un livido.» Quando si ferma ad un semaforo, Porko mi afferra la mano per guardarne le nocche, inconsapevole di come il mio cuore sobbalzi al suo tocco.

Si può morire per qualcuno che ti tocca la mano?

"Se è il ragazzo che ti piace, sì." Mi rispondo da sola, rendendomi conto solo in un secondo momento che ho appena ammesso a me stessa che mi piace Porko.

«Comunque a parte gli scherzi. Non ne valeva davvero la pena, potevi lasciar stare.» Abbandona la mia mano e riprende a guidare non appena il semaforo diventa verde.

«Ti ha dato del finocchio!»

«E allora? Non m'importa se mi parla male alle spalle. Tanto non lo vedrò mai più.»

Continuo a massaggiarmi la mano e mi giro a guardare fuori dal finestrino.

«Però se tratta male me, allora tu te la prendi.» Borbotto.

Arriviamo davanti casa mia e Porko parcheggia l'auto e spegne il motore. Si gira poi a guardarmi.

«L'ho saputo. Cos'è successo al friday night di ieri.» Gli spiego e da come reagisce capisco che è tutto vero. Tira infatti un sospiro e poggia l'avambraccio sul volante, guardando anche lui fuori dal suo finestrino.

«Sapevo che continuava a cercarti e a chiamarti. E volevo che ti lasciasse in pace, tutto qui.»

Si gira di nuovo nella mia direzione, ma dopo una breve occhiata tiene la testa bassa. «Se ti ha dato fastidio scusami.»

Capisco che si sente in colpa e che aspetta solo che io lo saluti, così che possa andare.

«Non c'era bisogno che prendessi le mie difese... Però grazie del pensiero...»

Non so dove trovo il coraggio, ma mi sporgo verso di lui e gli lascio un bacio sulla guancia per ringraziarlo. Lui non sembra reagire, se non per un impercettibile sussulto, e alza gli occhi per guardarmi. Non l'avevo mai visto guardarmi così e, improvvisamente ansiosa, mi allontano e mi stringo nelle braccia.

«Stai bene così.» Dice dopo un po'.

«Mh?»

«La nuova acconciatura intendo. Ti sta bene.»

«Ah- grazie...»

L'auto cade nel silenzio, ma prima che io possa salutare Porko è lui stesso a farlo.

«Ci becchiamo in giro, allora.» Dice a bassa voce, guardando il volante.

«Sì... ci becchiamo in giro.» Mormoro.

Scendo dall'auto, ma prima che io possa chiudere la portiera Porko mi richiama.

«Sì?»

Mi guarda per quelli che saranno stati un paio di secondi, ma che io ho percepito come minuti interi.

«Non smettere mai di ballare. D'accordo?»

Il mio cuore palpita e sento il viso scaldarsi, al ricordo di Porko che mi ha visto ballare alla festa di Ymir.

«D'accordo.» Riesco a dire con un fil di voce. «Anche tu... Continua a cercarti una passione. Sono sicura che presto la troverai anche tu. E nel caso cercassi componenti per una band, fammi un fischio. Sarò il tuo Eddie Van Halen.»

Porko scoppia a ridere «Addirittura? Per suonare l'assolo in Beat It intendi?»

Inarco le sopracciglia. «Non mi prendere in giro!»

«Allora lo sai che l'ha suonato lui.»

«Non mi sottovalutare, Galliard. So più cose di quanto pensi.»

Porko mi sorride un'ultima volta con dolcezza, prima di salutarmi definitivamente.

«Ciao Eddie.»

«Ciao John.» Rispondo alla sua battuta.

Con un cenno mi saluta, così io chiudo la portiera e vado verso la porta di casa. Mentre tiro fuori le chiavi sento Porko rimettere in moto e ripartire, così mi giro a guardarlo mentre svolta l'angolo.

L'unica cosa positiva di tutta questa storia è che le superiori sono finite. Quindi non sono più costretta a vedere nessuno, eccetto i miei amici.
Ed eccetto Porko.

«Cazzo, mi piace Porko...» Mormoro a me stessa portandomi le mani alla faccia, ancora appoggiata alla porta d'entrata.

Quando mi metto il pigiama per buttarmi sotto le coperte mi chiedo quando abbia iniziato a piacermi Porko e ripenso ai suoi occhi che mi guardano. E una scarica elettrica attraversa la mia spina dorsale.

Non mi sono mai sentita così con nessuno, se non con il suo sguardo.

«Non guardarmi così.»

Porko sussultò un poco, colto di sorpresa quando interruppi il flusso dei nostri ricordi.

«Così come?»

«Come mi guardavi sempre.» Seria in viso, non volli mostrare alcuna emozione. Tuttavia, tra i ricordi dolorosi e l'alcool che iniziava a fare il suo disastroso effetto, ebbi la sensazione di poter scoppiare in un pianto incontrollato da un momento all'altro.

Porko al contrario mio non sembrava cercare di nascondere i suoi sentimenti, così lo vidi sistemarsi sulla sedia e cercare di afferrarmi la mano sul tavolo.

«[T/n]-»

«No.» Bruscamente levai il braccio e nascosi la mano all'interno della mia felpa, contrariata dal suo tocco e impaurita dal possibile effetto che poteva avere su di me. «Dopo quello che hai fatto non guardarmi così. Non osare.»

«Non volevo guardarti in nessun modo, mi è venuto spontaneo cosa posso farci? Scusami.» Proprio come un ragazzino colto in fragrante, goffamente tentò di giustificarsi e si strinse nelle spalle, a disagio. Tuttavia, più mi guardava e più avevo l'impressione che se non me ne fossi andata subito sarebbe successo qualcosa di cui ci saremmo entrambi pentiti.

«Ascolta io- è stato un errore vederci e parlare. Il nostro incontro al concerto doveva rimanere un incidente e basta. Tutto questo è un enorme sbaglio.» Accampai qualche frase a fatica e mi alzai, tirando fuori dai pantaloni una banconota da dieci dollari e posandola sul tavolo.

«[T/n] per favore aspetta un momento, cerchiamo di-»

«Tenga il resto.» Ignorai Porko rivolgendomi invece alla barista. Anche lui però fece per alzarsi e cercare nuovamente di afferrarmi per un braccio, ma io uscii dal locale in tutta fretta.

Mi guardai febbrilmente intorno e svoltai a destra, non troppo sicura che l'hotel fosse da quella parte.

Sentivo i passi di Porko alle mie spalle e soffocai uno sospiro.

«Non seguirmi.»

«E tu perché ora stai scappando via?»

«Non sto scappando via.»

«Invece sì.»

«Senti lasciami in pace, tornatene a casa!» Sbottai, senza però voltarmi e senza smettere di camminare.

«Non ti lascio girare da sola in piena notte.»

«Sono adulta ormai. So difendermi.»

«Non ha nessuna importanza. Non ti lascio sola.»

Aumentai il passo ma così sembrò fare lui. Serrai gli occhi; avevo tanta voglia di piangere e di dare libero sfogo alle mie lacrime, ma non potevo. Non di fronte a lui.

Ero sempre stata una frana a controllare le mie emozioni.

Non mi accorsi dove stavo andando finché non arrivai davanti ad un parco giochi. Non ricordando dove si trovava il mio hotel e stanca di camminare, entrai e lentamente diminuii il passo. Mi fermai di fronte ad un'altalena su cui presi posto e con i gomiti sulle ginocchia affondai la faccia tra le mie mani, costringendomi a rimanere impassibile.

Sentii anche i passi di Porko fermarsi di fronte a me. Mi stava osservando, ma non volli alzare gli occhi per averne la certezza.

«Non volevo che andasse a finire così.»

Rimasi in silenzio, pensierosa. Fino a poco prima stavamo ancora ridendo e scherzando sui nostri gusti musicali e su mio padre che ci aveva beccati in camera mia insieme. E adesso eravamo punto e a capo, in silenzio uno di fronte all'altra senza sapere cosa fare. Proprio come tanti anni prima.

A rimuginare su tutti quei ricordi, avevamo finito per riviverli con troppa nostalgia e, così, dimenticare tutto il resto.

«Cosa vuoi fare?»

Tirai su col naso, già con gli occhi gonfi di lacrime, e mi tolsi le mani dal viso per portarle tra i capelli.

«Non lo so.» Mormorai.

Dopo qualche istante di silenzio, a riempire l'aria solo il cigolio dell'altalena vuota al mio fianco mossa dal vento, Porko mi fece una domanda.

«E se tu... se chiedessi consiglio a Diana Ross... Cosa ti direbbe di fare lei?»

Colta da un piccolo sussulto, provocato dall'ombra di un ricordo, alzai gli occhi per guardarlo.

Non l'avessi mai fatto.

«Non credo che possa più aiutarmi a scegliere arrivati a questo punto.» Sospirai con rammarico.

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