4. be careful of who you love
Song: Billie Jean
[Michael Jackson, 1982]
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Sento dalla cucina il basso di Billie Jean suonare alla tv e corro in salotto, lasciando i piatti a bagno nel lavandino. Mi posiziono davanti allo schermo sintonizzato su MTV e ascolto la canzone, guardandone il video musicale. Ascolto Michael da quando faceva ancora parte dei Jackson 5 e da allora non ho mai smesso di seguirlo e di amare le sue canzoni, la sua voce e i suoi passi di danza. Quando uscì Thriller per poco non ne consumai il disco, da quanto lo ascoltai.
Dopo un po' chiudo gli occhi e mi metto ad ondeggiare, a battere il piede a terra per tenere il ritmo. Mi porto poi le mani sopra la testa e inizio a ballare, serena e lontana dal mondo. Cerco di fare qualche passo di break dance prima che finisca la canzone, ma per il poco spazio va a finire che quasi inciampo. Sospiro e sto per riprovare, ma sento il telefono che squilla e abbasso il volume della tv. Mi siedo poi sulla poltrona e alzo la cornetta per rispondere.
«Pronto?»
«Carica per stasera?»
Sorrido alla voce di Reiner dall'altro capo del telefono, ma maneggio con il laccio dei miei pantaloni. Mi sale un'improvvisa ansia.
«Per la partita intendi?»
Lo sento ridere «Anche quello.»
Mi mordo con forza il labbro e guardo la tv. Un altro video musicale su MTV che non conosco.
«Sì sono pronta.» Rispondo, cercando di sembrare sicura di me «Mi vieni a prendere verso le quattro?»
«Scusa ma prima della partita devo prepararmi. E devo dar la carica agli altri, in quanto-»
«In quanto quarterback della squadra, sì lo so.» Gli faccio un verso, smorzando la mia noia a riguardo con una risata forzata. «Ho capito.»
«Vieni con Pieck alla partita. Ti terrà compagnia. E poi stasera verrai a casa mia.»
«Non credo che a Pieck interessi venire.»
Reiner insiste per chiederglielo e decido di fare come mi dice, per poi riattaccare.
Chiamo la mia amica e, per fortuna, la sua risposta è diversa dal "no" secco che mi aspettavo.
«Non ci penso nemmeno.»
«Eddai! Ci divertiremo! Poi mica vieni a vedere solo Reiner, giocano anche gli altri!»
«Scusa ma te l'avevo già detto che la partita di football non mi interessa, sarei solo una palla al piede e rovinerei la partita anche a te.»
Sbuffo e sto per salutarla per mettere giù la cornetta, ma lei mi ferma.
«Invita Mikasa.»
«Ci va con Sasha e Hitch.»
«E qual'è il problema?»
«Sai che mi sta sulle palle Hitch.»
«Marco?»
«Lavora.»
«Allora Annie.»
«Ci va con Armin. Non ho intenzione di fare il terzo incomodo!»
La sento sospirare. Di nuovo, sto per dirle che non importa e che ci andrò da sola (odio andare da sola alle partite, perché voglio sempre commentare con qualcuno quello che succede), ma Pieck mi fa un'altra proposta.
«Porko ci va con qualcuno?»
Mi ammutolisco.
«Dimmi che stai scherzando.»
«Perché no?»
«Perché-» Cerco di dare una valida motivazione, ma non ne trovo una. La scusa che ci odiamo è troppo vecchia.
Accidenti.
«Ormai la questione di Marcel è acqua passata. E Porko non è più lo stronzo di una volta.»
«Io non ne sarei così tanto sicura.» Borbotto.
«Ma se me l'hai pure detto tu stessa.»
«Quando?»
«Lo scorso mese. Lunedì sei aprile. Mi stavi raccontando della vostra chiacchierata dopo la partita di tennis, quando ti ha riaccompagnato a casa. E tu mi hai detto "sai, forse non è più lo stronzo di una volta"»
Rimango in silenzio.
Odio la memoria di Pieck: si ricorda sempre tutto ed è sempre pronta a rinfacciartelo.
La sento ridere. «Chiedigli di venire con te alla partita e non fare tante storie. A meno che tu non sia così orgogliosa come dice lui.»
Le rispondo adirata «non sono orgogliosa!» ma Pieck ha già riattaccato, lasciandomi sola coi miei pensieri.
Sbatto la cornetta e incrocio le braccia al petto, accigliata. Rimango una manciata di minuti in quella posizione, arrivando a pensare di invitare davvero Porko.
«Okay. Mettiamo le carte in tavola.» Dico a me stessa, alzandomi dalla poltrona e iniziando a camminare in giro per la casa.
«Ormai ho appurato che è cambiato. Quindi non devo preoccuparmi di possibili bisticci che mi rovinino la partita. In più è stata una decisione di Marcel quella di non parlarmi più, posso incolpare fino ad un certo punto Porko. Anzi non ha colpe se si è preso una cotta per me. Per quanto sia pazzesco.» Gesticolo, ancora sconvolta. «Lui non mi odia più e nemmeno io dovrei più odiarlo, perché non ne ho più motivi: e infatti mi ero detta che dovevo seppellire l'ascia di guerra.» Batto il pugno sul palmo dell'altra mano.
«Okay lo invito.»
Mi siedo sulla poltrona e apro un quaderno posto nel cassetto del comodino, con tutti i numeri annotati. Compongo quello di casa sua, ma mi fermo a metà.
«Aspetta. Io gli piaccio quindi sarebbe imbarazzante per entrambi.»
Rimetto la cornetta al suo posto.
«No un momento. Prima gli piacevo, ora non più. Me l'ha pure detto dopo la partita. Quindi niente imbarazzo.»
Allungo la mano verso il telefono, ma la fermo a mezz'aria.
«E se mi avesse mentito? Oppure- oddio e se fossi io a prendermi una cotta per lui questa volta?»
Il pensiero inizialmente mi fa ridere, ma poi ci rifletto sù.
«Sarebbe un disastro se mi piacesse Porko. E se gli sto un altro po' vicino potrebbe succedere!»
"E sono fidanzata" penso dopo mentre mi sto mordendo le unghie impanicata, come se fosse un problema in secondo piano.
«E inoltre sarebbe davvero imbarazzante per me sopportare una cotta per Porko.»
A questo punto ripenso a quello che mi ha detto Pieck, a quello che mi ha detto Porko il mese scorso e a quello che mi sono appena detta io stessa.
Mi mordo con forza il labbro.
«Io non sono orgogliosa.» Mi dico infine, e decido una volta per tutte a chiamarlo.
Compongo il numero, sbattendo con forza le dita sui tasti, e sento il telefono squillare.
Quando di nuovo mi pento di averlo chiamato e penso di riattaccare, qualcuno mi risponde. È la signora Galliard, forse faccio ancora in tempo a tirarmi indietro.
«Ciao [T/n], come stai tesoro?»
«Bene grazie, lei?»
«Anche io, sto bene. Volevi parlare con Porko?»
"Dì di no e aggancia."
«Sì grazie. È in casa?»
Mi porto una mano in faccia mentre la madre lo chiama da camera sua per rispondere.
Sono un disastro.
«Pronto?»
«Ciao- sono [T/n].»
Ridacchia. «Sì mia madre me l'ha detto.»
Mi maledico mentalmente, ma cerco di non perdere altro tempo. Prima butto giù la pillola meglio è.
«Sì senti, ti volevo chiedere se... per caso tu vai alla partita di football stasera. Giochiamo di nuovo contro i Tigers.»
«Sì ci vado. Anzi proprio adesso stavo andando a lavarmi per uscire. Perché?»
Serro con forza gli occhi e senza più pensare a nulla dico quello che devo dire.
«Ci vai già con qualcuno o ti va di venirci con me?»
Silenzio di tomba.
Forse il silenzio più lungo della mia vita.
In verità sono passati solo tre secondi.
Penso che stia per scoppiare a ridere o che voglia buttarmi giù la cornetta in faccia, ma mi ricredo subito dopo.
«No ci andavo da solo, quindi va bene. Ti passo a prendere tra un'ora?»
«Sì. Va bene.» Non mi lascio il tempo di pensare e lo saluto, riattaccando il telefono.
Quasi non mi accorgo dei miei stessi movimenti che già ho finito di sistemare la cucina e sto correndo in bagno per lavarmi. Esco in soli dieci minuti e, dopo altri quindici minuti per scegliere come vestirmi (pantaloncini corti, adidas, top e giubbotto degli Eagles), ne passano altri trenta per truccarmi e scegliere orecchini e bracciali. Non mi do nemmeno il tempo di pensare se io mi stia preparando così tanto per Reiner o per Porko, perché è già passata un'ora e sento il campanello suonare.
Svelta prendo la borsa con le mie cose per la notte e corro al piano di sotto.
«Ciao mamma ciao papà torno domani ciao!» Urlo ai miei, tornati a casa da poco, e apro la porta di casa. Vedo Porko che gironzola sul marciapiede e, sentendo la porta aprirsi, si gira a guardarmi.
«Sono in anticipo?»
«No. In perfetto orario.» Cerco di controllare il respiro veloce a causa della corsa e chiudo la porta, sistemando meglio la borsa sulla spalla.
«Non ti sembra esagerato per una partita?» Mi sorride indicando la borsa, mentre andiamo verso la scuola.
«Eh? No, sto da Reiner stasera.» Dico con leggero imbarazzo.
«Capito.»
Cerco di captare una reazione da parte sua, ma sembra indifferente a riguardo e mi stringo nelle spalle.
«Ti sta bene il giubbotto degli Eagles.»
«Infatti sono entrata nella squadra di tennis solo per averlo.»
Riesco a farlo ridere e inconsapevolmente mi rallegro. Continuiamo a parlare del più e del meno nel tragitto verso scuola, che dura dieci minuti andando con calma. Porko si sta per sedere in un punto degli spalti, ma gli dico di spostarci da un'altra parte.
«Guarda che quello è il punto migliore per vedere la partita.» Mi fa lui, cercando di farmi tornare indietro.
Non gli do retta e continuo ad andare verso un angolo del campo, sui posti più alti.
«Perché qui?»
«Guarda.» Gli indico un punto lontano, verso la baia «Da qui c'è una vista perfetta del Golden Gate Bridge.»
Porko guarda il ponte per un momento, per poi sorridermi con un ghigno «Sicura che ti interessi la partita?»
«Certo che mi interessa.» Alzo gli occhi al cielo «Solo che ogni tanto voglio buttare un occhio sul canale e sul ponte. Mi rilassa.» Gli spiego e dopo qualche minuto i giocatori scendono in campo. Cerco di farmi vedere da Reiner prima che inizino a giocare, ma fallisco e ci rinuncio subito, spostando la mia visuale su Historia e le altre cheerleaders.
Inizia la partita e subito io e Porko cominciamo a commentare i passaggi di palla, i touchdown e i fischi dell'albitro.
A metà tempo, dopo i primi due quarti di partita, in un momento di pausa Porko cambia argomento.
«Da quanto tempo state insieme tu e Reiner?»
Mi sorprende la domanda, ma decido ugualmente di rispondere.
«Questo mese un anno.» Dico guardando il ponte.
«Così tanto?»
Mi giro verso di lui. «Perché? Ti sembra così strano?»
«È che il Reiner che conosco io non ha mai avuto relazioni che durassero più di un mese.» Sorride, ma non mi guarda.
«Be' sono passati due anni anche per lui. È cambiato, proprio come te.»
«Ne dubito. Per stare insieme a qualcuno così tanto, di sicuro ti salta addosso ad ogni buona occasione.»
Le sue parole mi imbarazzano e ora sono a disagio, ma cerco di nasconderlo. Provo a capire cosa voglia dire, ma si sente il fischio dell'arbitro e ricomincia la partita. Non ci parliamo più molto, giusto commenti su qualche errore dell'altra squadra, finché dopo un'altra mezz'ora di gioco gli Eagles vincono e Reiner sbandiera il trofeo, tra le urla e i fischi di tutti.
Porko si alza e mi fa cenno di scendere, ma io lo fermo.
«Prima dimmi cosa volevi dire con quell'ultima frase su Reiner.»
Porko si guarda intorno, forse per non guardare me negli occhi, forse in cerca di una via di fuga. C'è abbastanza fermento tra noi, tra quelli che ancora festeggiano e tra quelli che stanno scendendo dagli spalti.
«Volevo dire che Reiner... Diciamo che lui dà molta importanza al contatto fisico. Ai rapporti sessuali. Capisci cosa intendo?»
«Sì che lo capisco, non sono mica scema.» Dico indispettita «E comunque non è vero quello che dici!»
«Ah no? E perché non sarebbe vero?»
«Perché io e Reiner non abbiamo mai-» Mi blocco.
Mi rendo conto di star parlando troppo solo ora e lo vedo dall'espressione di Porko. Lo vedo infatti confuso e al tempo stesso sorpreso dalle mie parole.
«Dici davvero?»
«Volevo aspettare il momento giusto.» Mento a testa bassa, non sapendo che altro dire.
La verità è che il pensiero di stare con Reiner, in quel senso, mi provoca un tremendo disagio. E ogni volta che Reiner prova ad avvicinarsi di più, io non faccio altro che allontanarlo.
«E Reiner è stato d'accordo fino ad adesso?»
Non rispondo e incrocio le braccia al petto, distogliendo lo sguardo per puntarlo sul ponte in lontananza. Sta facendo buio e le luci sono già accese.
Con la coda dell'occhio vedo Porko che abbassa lo sguardo sul campo, probabilmente per guardare Reiner. Sembra indeciso sul da farsi.
«[T/n] possiamo parlare da un'altra parte?»
«Perché non parlare qui?»
«Non è una cosa da dire qui.»
«Tanto nessuno ci sta ad ascoltare. Tutti se ne stanno andando.» Sto perdendo la pazienza e lui sembra notarlo, così sospira.
«Va bene. Te la dico qui. Secondo me dovresti chiudere con Reiner, prima che tu te ne possa pentire.»
Spalanco gli occhi, esterrefatta. Ora sono io quella confusa e sorpresa tra i due.
«Con quale diritto mi dici di lasciare Reiner? Perché dovrei poi.»
«Te l'ho detto, Reiner è uno che dalle relazioni vuole solo una cosa. E se non ce l'ha, va a cercarla da un'altra parte.»
Non appena elaboro le sue parole, sento il sangue ribollirmi nelle vene e lo stomaco in subbuglio.
«Pensi che mi stia tradendo?!»
«Non lo penso, lo so.»
Cerco qualcosa da dire, ma non trovo le parole. A dir la verità sono talmente scocciata e arrabbiata dalle sue accuse che non so cosa dire. Voglio picchiarlo, urlargli in faccia, insultarlo. Ma dalle mie labbra socchiuse non esce nulla e stringo con forza i denti.
«Sei proprio uno stronzo.» Sibilo.
«Ti voglio aiutare e tu mi dai dello stronzo?» Anche lui ora sembra prendersela e la fiamma di odio tra noi non fa che intensificarsi.
«Aiutarmi?! Ma se non sai neanche di che stai parlando! Prima allontani Marcel da me e poi vuoi allontanare anche Reiner?!»
«Conosco Reiner molto meglio di te, siamo stati compagni di squadra e so benissimo com'è fatto, quindi so di cosa cazzo sto parlando.»
Noto che Porko cerca in qualche modo di trattenere la rabbia che prova al contrario mio, stringendo i pugni ai suoi fianchi.
Non gli permetto di tornare qua e rovinare la mia relazione.
«Non ci parli da due anni! È cambiato da allora, proprio come sei cambiato tu. Lui mi ama, non gli importa se non siamo stati ancora a letto insieme!» Cerco di mantenere la voce bassa nonostante la rabbia, ma per fortuna nessuno sembra prestare ascolto alla mia sfuriata. «Historia dice che non l'ha mai visto così felice con qualcuno, quindi tu non sei nessuno per dire il contrario!»
«Ed io non ho mai visto Reiner mantenere una relazione così a lungo senza scopare.» Porko si avvicina spaventosamente al mio viso, sibilando tra i denti quelle parole che tanto minacciano la mia sicurezza sulla fedeltà di Reiner.
«Questo perché non ne hai avuto l'occasione.» Gli rispondo in un sussurro, quando ormai stanca decido di prendere la mia borsa da terra.
«[T/n] come fai a non capire che sta con te da così tanto solo perché tutta la scuola ti sbava dietro dal primo anno? Sei come un altro trofeo per lui, come altro devo dirtelo?»
Le sue parole mi feriscono, ma cerco di non darglielo a vedere.
«Sai, dopo la nostra chiacchierata alla fine della partita di tennis pensavo fossi davvero cambiato. Ho voluto credere che potessi essere un ragazzo migliore di prima, che potevamo andare d'accordo. Ma cazzo, se mi sbagliavo! La verità è che non puoi sopportare l'idea di vedermi felice con qualcuno!»
«Ed io ti ricordavo come una ragazza con la testa sulle spalle. Una che capisce subito se c'è qualcosa che non va e che non si lascia prendere in giro in modo così palese, davanti agli occhi di tutti.»
La sua voce severa e le sue parole così dure mi provocano un nodo alla gola e avverto la sensazione di poter scoppiare a piangere da un momento all'altro per le troppe emozioni. Anzi, una parte di me vorrebbe proprio scoppiargli a piangere in faccia, forse così si sentirebbe in colpa.
«Ma a quanto pare non sei più quella ragazza, quindi fa pure come credi. Ma quando ti renderai conto di come stanno davvero le cose, io non sarò lì ad aiutarti con il tuo cuore spezzato. Te lo puoi scordare.»
«Come se avessi bisogno del tuo aiuto!»
Porko non aggiunge altro e, con un ultimo sguardo tracolmo di risentimento, lo guardo allontanarsi e scendere le scalinate, per poi uscire dal campo.
Mi mordo con forza l'interno guancia. Sento gli occhi pizzicare e il nodo alla gola farsi più opprimente di prima, ma mi costringo a non piangere e riesco a calmarmi. Cerco di forzare un sorriso sulle mie labbra mentre scendo gli spalti e raggiungo il campo da gioco, nel tentativo di avvicinarmi a Reiner.
«Sei stato bravissimo!» Lo abbraccio appena si allontana dagli altri e lui mi solleva in aria.
«Lo so, lo so. Siamo stati tutti bravi.» Mi lascia di nuovo coi piedi per terra e, dopo avermi dato un bacio, si gira a guardare gli altri, per poi tornare a me.
«Ora noi festeggiamo. Rimani anche tu, così poi torniamo a casa mia insieme.»
Annuisco e vedo Reiner tornare dagli altri, che nel mentre stanno sbocciando insieme alle cheerleaders. Cerco di non pensare alle parole di Porko, liberando la mente da tutte le cose negative.
Ho aspettato Reiner fino alle undici.
Ora capisco come si è sentito Porko quando ha aspettato me.
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