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Epilogo


Troppo giovani. Fili e Kili erano troppo giovani per morire. Nonostante questo, i loro corpi senza vita giacevano, uno accanto all'altro, in una delle tante tende allestite a Dale per i caduti. Inseparabili, anche nella morte.
Arya li osservava con lo sguardo vitreo. Non piangeva, non aveva più lacrime.
"È stato Bolg, lo ha ucciso davanti ai miei occhi." Le aveva detto Tauriel qualche ora prima, quando, tornando da Collecorvo con Thorin, aveva visto il cadavere di Kili accanto a quello del fratello. Un'altra parte della sua anima era andata in pezzi.
Poco dopo il suo arrivo, i due principi erano stati ripuliti e sistemati per il funerale. Adesso non le sembravano più morti, solo addormentati, un sonno da cui, però, non si sarebbero più svegliati. Nessuno avrebbe più visto i loro sorrisi luminosi, in grado di rallegrare anche la più afflitta delle anime, ed i loro occhi vispi sarebbero rimasti chiusi per sempre.
Tutto questo era ingiusto. Non toccava a loro! Non sarebbero mai dovuti morire! Lei avrebbe potuto salvarli, avrebbe dovuto salvarli! A che scopo Gandalf l'avrebbe coinvolta in quel folle viaggio se non per proteggerli?! Era il suo compito e aveva fallito! Due vite innocenti si erano spente a causa sua. Persone che amava, che avrebbe amato per sempre.
Arya non avrebbe sopportato di rimanere in quella tenda un minuto di più, si alzò rapidamente dalla sedia affianco alla branda di Fili ed uscì.
Nella città c'era un penoso via vai di persone, non solo uomini, ma anche elfi e nani. I medici, soprattutto i guaritori del Reame Boscoso, facevano il possibile per i feriti della battaglia, ma il numero dei pazienti era nettamente superiore al loro ed urla di dolore infrangevano continuamente la pace del tramonto.
La donna si appoggiò ad un tratto di mura ancora in piedi, osservando il sole abbassarsi lentamente oltre le cime delle montagne, mentre il grigio del cielo lasciava il posto a colori aranciati.

"Cosa farai ora?"

Una voce ben nota alle sue spalle richiamò la sua attenzione, ma la donna preferì non voltarsi. Legolas la guardava con uno sguardo colmo di pietà e comprensione.

"Non lo so."

Gli rispose con la voce spezzata.

"Resterai?"

Continuò l'elfo cauto, avvicinandosi a lei.

"No."

Replicò la donna sicura.

"Io sto andando a nord, cercherò i Dunedain. Vuoi venire con me?"

Arya voltò lievemente il capo nella sua direzione, mentre l'ultima lacrima solitaria scendeva lungo la sua guancia. Annuì senza rifletterci troppo: sapeva di non poter restare, era troppo doloroso.
Legolas le circondò le spalle con un braccio e la attirò a sé, stringendola contro il suo petto. L'elfo conosceva la forza e la resilienza della donna, le aveva viste in lei sin dal loro primo incontro a Bosco Atro, ma in quel momento era più debole che mai e lui non l'avrebbe lasciata sola.
Quella sera si tennero i funerali dei due giovani principi e l'incoronazione di Thorin come Re Sotto la Montagna.
Fili e Kili erano stati adagiati su due altari al centro della vasta sala, illuminata dalla luce di mille candele. Radunati intorno a loro, i membri della compagnia li salutavano un'ultima volta, mentre alle loro spalle tutti i soldati dei Colli Ferrosi, disposti in file ordinate, osservavano la scena a testa bassa, in segno di rispetto.
Arya era rimasta in disparte, al fianco di Gandalf, in un angolo della sala: lei aveva già detto addio a due giovani nella tenda e temeva di crollare guardandoli di nuovo, perché vederli da vicino, stesi su quegli altari, avrebbe reso la loro morte più vera di quanto lei non volesse ammettere a se stessa.
Terminate le esequie, Thorin si portò al fianco di suo cugino Dain, al centro della prima linea, e chinò il capo. Piediferro posizionò una corona d'oro e d'argento sulla sua testa.

"Lunga vita al re!"

Esclamò poi, imitato da tutti gli altri nani. Thorin non pronunciò nessun discorso avvincente o commemorativo, il dolore per la perdita dei suoi nipoti sembrava averlo privato della capacità oratoria, sorrise al cugino e si ritirò.
Feste e canti si sarebbero svolti quella notte e nelle notti a seguire per celebrare la vittoria e ricordare i caduti. Arya colse quell'occasione per dire addio. Cercò i membri della compagnia, trovandoli fortunatamente lontani dalla confusione generale: i nani, Bilbo e Gandalf erano radunati nella sala che avevano reclamato come propria quando erano giunti alla Montagna. Con gli occhi colmi di lacrime, i suoi amici le augurarono tutta la felicità e la fortuna che la vita potesse offrirle e la guardarono allontanarsi e scomparire nell'oscurità dei tunnel.
Arya e Legolas lasciarono Erebor alle prime luci dell'alba, per non farvi più ritorno.

6 mesi più tardi

La locanda quella sera era una bolgia infernale, colma di gente ubriaca, o quasi, che occupava i tavoli o sostava davanti al bancone con l'ennesimo boccale di birra in mano.
Un giovane uomo si teneva in disparte dalla calca e dalla confusione, seduto in un angolo in fondo alla sala, il cappuccio tirato sugli occhi e la pipa tra le labbra.

"Ecco qua, mangia qualcosa, ti farà bene."

Una figura anziana gli si sedette davanti, porgendogli dello stufato caldo. L'uomo poggiò la pipa sul tavolo, prese il cucchiaio ed indugiò sul piatto.

"Non è poi così male, te lo assicuro, il vecchio Tom ha superato se stesso stasera."

Scherzò, notando la sua esitazione. Era risaputo che la cucina di Tom non facesse venire l'acquolina in bocca, in passato qualcuno lo aveva anche accusato di tentato avvelenamento. La sua birra, invece, era spettacolare, la migliore del paese, e mascherava il cattivo sapore del cibo. In verità, l'unico motivo per cui la gente preferiva quella locanda alle altre era perché aveva la reputazione di essere un luogo sicuro, in cui poter discutere dei propri affari in santa pace, senza dover temere di trovarsi degli scagnozzi alla porta di casa il giorno dopo.

"Gli orchi si spostano velocemente verso sud, sono ogni giorno più numerosi. Sospetto che Mordor sia la loro destinazione."

Asserì quindi l'anziano, con voce grave, mentre il compagno iniziava a mandar giù lentamente lo stufato, che in effetti quella sera era stranamente passabile.

"Sauron sta reclutando in maniera massiccia, si prepara per la guerra."

Continuò, sospirando nervosamente.

"E tu credi che dovremmo fare lo stesso, non è vero Gunter?"

Gli domandò l'uomo, riappoggiando il cucchiaio sul tavolo.

"Sì, sì lo credo. Non possiamo stare a guardare senza fare nulla. Tu non puoi farlo, questo non è il tuo destino."

Rispose l'anziano pacatamente.

"Il destino di cui parli l'ho abbandonato ormai da tempo, non voglio tornare indietro."

Replicò cupo l'uomo, adagiando la schiena contro la parete con un'aria stanca.

"Non hai scelta. Sei l'unica speranza che resta a questo mondo."

Concluse il vecchio con fermezza.
La porta della locanda si spalancò, attirando l'attenzione dei due interlocutori, al contrario degli alti ospiti, che continuarono a bere e conversare animatamente tra loro come se nulla fosse. Due figure incappucciate si diressero al bancone, facendosi largo tra la calca, e si rivolsero a Tom per avere delle informazioni. L'oste indicò loro un punto infondo alla sala, lo stesso in cui si trovava il tavolo di Gunter e dell'amico. I due nuovi arrivati lo ringraziarono e si mossero nella loro direzione.

"Tu devi essere colui che chiamano Grampasso."

Asserì il primo, rivolgendosi all'uomo, che annuì. La figura allora si abbassò il cappuccio, mostrando i lunghi capelli biondi e le orecchie a punta.

"Il mio nome è Legolas, vengo dal Reame Boscoso."

Si presentò.

"Ah, un elfo! Erano anni che non si vedeva un elfo da queste parti!"

Esclamò Gunter, sporgendosi in avanti per osservarlo meglio.

"Chi è il tuo amico?"

Continuò poi l'anziano, facendo un cenno alla seconda figura, rimasta qualche passo più indietro, con ancora il viso nascosto dal cappuccio. Sentendosi chiamata in causa, quest'ultima si avvicinò al tavolo, fermandosi affianco all'elfo, e mostrò il suo volto.
L'uomo scattò immediatamente in piedi, lasciandosi cadere il cappuccio sulle spalle.

"Arya..."

Mormorò sorpreso.

"Aragorn..."

Sussurò la donna, stupita a sua volta. Quando aveva chiesto a Legolas il motivo per cui erano diretti a Nord, il principe le aveva detto di star cercando un ramingo su consiglio di suo padre, ma non aveva mai specificato il suo nome.
Il fratello si lanciò in avanti stringendola tra le sue braccia, in cui lei fu felice di rifugiarsi, mentre l'elfo e l'anziano li guardavano attoniti.

"Cosa ci fai qui?"

Le domandò poi, liberandola dalla presa e spostando continuamente lo sguardo al suo accompagnatore.

"È una lunga storia."

Sorrise la donna.

𝑺𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝑨𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆
Hey, eccomi qui per l'ultima volta con il nuovo capitolo, spero vi piaccia. "L'ultima erede di Isildur" termina qui, ma il viaggio di Arya non è ancora finito. Potete immaginarlo voi stessi, se volete, o potete aspettare l'uscita di un nuovo libro. Parliamoci chiaro, non prometto nulla a breve termine, ma il futuro è sempre pieno di sorprese, per cui...
Alla prossima, un bacio
Ely💗

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