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CAPITOLO 17

Enigmi nella notte

Arya guardava il cielo coperto da una coltre di nuvole scure, affacciata al balcone della stanza che le era stata assegnata nel palazzo del governatore.
Il Signore di Pontelagolungo era stato decisamente ospitale con la compagnia, successivamente alla promessa di numerose ricchezze fatta da Thorin: aveva concesso loro di soggiornare nella sua regale dimora ed aveva immediatamente dato disposizioni perché venisse organizzato un banchetto in loro onore.
La ragazza osservava la neve cadere sulla lavorata ringhiera che circondava la balconata, e sulle maniche ricamate dell'abito color vino, che il Governatore in persona le aveva donato per l'occasione, aspettando l'ora di cena.

"Qualcuno qui è parecchio inquieto."

La voce di Viseryon risuonò nella sua mente. Il drago aveva letto i suoi pensieri ed aveva ragione: Arya era inquieta. Aveva appena rivelato la sua vera identità ai suoi compagni e non era certa di come l'avessero presa. Soprattutto di come Fili l'avesse presa.

"Qualcuno qui è innamorato! È normale che sia inquieta!"

Replicò Saphira, prendendo le sue difese.

"E tu che cosa ne sai?!"

Domandò allora Viseryon, in tono sarcastico.

"Basta! Finitela! Ragazzi davvero non è il momento!"

Intimò loro la ragazza indispettita: aveva già abbastanza problemi senza che si aggiungessero i loro battibecchi.

"Cos'è successo?"

Intervenne pacatamente Drogon, che fino a quel momento era stato quieto ad ascoltare.

"Hanno scoperto chi sono..."

Mormorò la giovane preoccupata.
Un improvviso bussare alla porta la distolse dai suoi pensieri, costringendola a voltarsi per andare ad aprire.

"Fili..."

Disse la ragazza, quasi in un sussurro, vedendo il nano biondo in piedi davanti a lei.

"Io...ehm...ero venuto a vedere se fossi pronta per la cena."

Le chiese in un tono freddo, distaccato. Per Arya fu come essere trafitta da una lama in pieno petto.

"Certo, lo sono."

Affermò lei, chiudendosi la porta alle spalle.
I due iniziarono a camminare lungo il corridoio che portava al salone principale. La tensione tra loro era talmente fitta che si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Il giovane nano non poteva sopportare quella situazione ancora a lungo, doveva sapere.

"Perché non ce lo hai detto?"

Le chiese all'improvviso, fermandosi e voltandosi verso di lei. La giovane chiuse gli occhi e sospirò: sapeva che il momento delle spiegazioni sarebbe arrivato, ma non si aspettava una domanda così diretta.

"Perché avevo paura."

Ammesse, ruotando lievemente il volto per guardare il nano al suo fianco, il quale sgranò gli occhi a quella risposta. Fili non sapeva davvero cosa dire...paura? Paura di cosa?

"Fin da quando eravamo piccoli, io e mio fratello abbiamo dovuto tenere nascosta la nostra identità: sapevamo che non avrebbero mai smesso di darci la caccia, siamo una minaccia per gli orchi e, temo, non solo per loro..."

Spiegò la ragazza pacatamente.

"Per questo non ho detto nulla. Cercavo di proteggermi...e di proteggere voi: eravamo già braccati per via di Thorin, non potevamo permetterci di esserlo anche a causa mia."

Concluse lei, con la voce colma di rammarico, guardandolo fisso negli occhi. Fili si sentì un vero idiota: aveva dubitato di lei, si era offeso perché convinto che lei non l'avesse ritenuto degno della sua fiducia, quando invece stava solo cercando di proteggerlo, di proteggerli tutti. Il nano abbasò gli occhi, non più in grado di sostenere il suo sguardo, e le prese le mani.

"Perdonami. Ti prego, ti prego, perdonami. Non avrei mai dovuto..."

"Fili..."

Lo interruppe subito lei, liberando le mani dalla sua dolce presa per poggiargliele sulle guance e costringerlo a guardarla.

"Non hai nulla da farti perdonare. Vi ho tenuta nascosta la mia identità, è normale che voi dubitiate di me ora."

Asserì seria.

"Non lo avresti fatto se non avessi dovuto."

Replicò immediatamente il nano.

"E sono certo che anche gli altri lo capiranno, sempre che non l'abbiano già capito."

Concluse sorridendole. La ragazza gli sorrise a sua volta, decisamente sollevata che lui avesse capito. Fili si spinse in avanti lasciandole un dolce bacio sulle labbra, un bacio che valeva più di mille parole, più delle scuse e delle spiegazioni, quel bacio significava amore e comprensione, rispetto, lealtà ed un'immensa fiducia. Si separarono poco dopo e raggiunsero la sala principale, dove una lunga tavolata in legno massiccio era già apparecchiata con ogni sorta di pietanza. I loro compagni avevano già preso posto al banchetto e si stavano riempiendo abbondantemente i piatti, bevendo e scherzando con il Governatore ed il suo lacchè.
Arya e Fili si unirono a loro e furono subito contagiati dall'allegria generale. A differenza di ciò che la ragazza aveva temuto, nessuno dei presenti le lancio occhiate malevole, o si comportò in modo scortese o diffidente nei suoi confronti: erano i soliti compagni di sempre, degli amorevoli burloni attaccabrighe, lievemente brilli per via della birra.
La serata passò quindi tra scherzi e risate, fino a quando l'ora non si fece tarda ed i membri della compagnia non furono raggiunti dalla stanchezza. I quindici viandanti iniziarono, uno ad uno, a ritirarsi nelle stanze che erano state loro assegnate. Arya fu una dei primi, dopo Oin, Dori e Ori, a lasciare il banchetto. "Sono state giornate difficili e non sappiamo cosa ci riservi il futuro, ho davvero bisogno di riposare" era stata la spiegazione che aveva usato per giustificare il suo ritirarsi dalla festa così presto. La verità era che la giovane aveva bisogno di riflettere. Come avrebbero fatto ad affrontare Smaug all'interno della montagna? Come potevano pensare di poterlo sconfiggere da soli, senza l'aiuto dei suoi draghi? Una bestia simile poteva essere battuta soltanto da un'altra della stessa specie. Fino a quando Smaug fosse rimasto nelle sale di Erebor sarebbe stato al sicuro, invincibile. Dovevano farlo uscire. Arya non chiuse occhio quella notte, la sua mente era concentrata sul suo nemico, su come affrontarlo, su quali fossero i suoi punti deboli. Ciò che più la tormentava però, era come sarebbe riuscita spiegare ai suoi compagni che non poteva partire con loro.
Era appena l'alba quando la ragazza prese la decisone di alzarsi dal letto: continuare a rimanere sdraiata a guardare il soffitto era perfettamente inutile. Arya indossò i suoi soliti abiti da viaggio e prese due spade, recuperate dall'armeria il giorno precedente, abbastanza corte e sottili, da essere agganciate dietro la schiena: sarebbe stata comunque pronta per qualsiasi cosa l'attendesse. Una volta pronta si chiuse la porta della sua camera alle spalle e si diresse verso il salone principale. Non si aspettava che qualcuno fosse già sveglio a quell'ora, invece, una volta entrata, trovò il giovane re dei nani in piedi davanti alla grande finestra della sala. Thorin guardava assorto i colori dell'alba iniziare a svanire per lasciare il posto ad un azzurro intenso. La ragazza si avvicinò a lui con passo felpato e si posizionò al suo fianco, senza essere notata.

"Non mi aspettavo di vedere qualcun altro già in piedi."

Thorin si voltò di scatto, per poi sorridere alla giovane donna al suo fianco.

"Potrei dire lo stesso."

Replicò pacatamente il nano.

"Sono felice di trovarti qui comunque: devo parlarti."

Asserì Arya seria. Lui la guardò, un po' sorpreso da quelle parole, ma annuì aspettando che continuasse.

"Temo che sia arrivato il momento che le nostre strade si separino Thorin. Io non verrò alla montagna con voi: il mio posto è qui, a Esgaroth."

Il nano sgranò gli occhi a quell'affermazione: non credeva alle sue orecchie! Li stava lasciando?! Perché? Perché adesso?

"Ma di che cosa stai parlando? Fai parte della compagnia, il tuo posto è con noi. Avremo bisogno del tuo aiuto per affrontare il drago."

Si affrettò allora a domandarle, con un tono più aggressivo di quanto in realtà avrebbe voluto.

"Solo un drago può affrontare un drago, e finché Smaug rimarrà chiuso all'interno della montagna non potrà essere toccato. L'unico modo che abbiamo per sconfiggerlo è obbligarlo ad uscire e, una volta fuori, si dirigerà quì. A quel punto i miei draghi ed io saremo l'unica speranza per gli abitanti di Pontelagolungo."

Spiegò Arya con fermezza.

"Capisco."

Replicò allora Thorin con tono grave, abbassando lo sguardo ed incrociando le braccia al suo petto.

"Non provate ad ucciderlo Thorin, mettereste in pericolo le vostre vite inutilmente, non avete alcuna possibilità contro Smaug fino a quando resterà ad Erebor. Dovete obbligarlo ad uscire, solo allora potremo affrontarlo."

Proseguì Arya risoluta, sperando con tutta se stessa che il nano avrebbe seguito il suo consiglio.

"Devi promettermi che farai tutto ciò che è in tuo potere per sconfiggere quel lurido serpente!"

Replicò allora il nano in un impeto di rabbia: quella bestia aveva ucciso la sua gente, si era presa la sua casa ed il suo tesoro, non poteva passarla liscia!

"Hai la mia parola Thorin."

Rispose lei annuendo.

"Vi raggiungerò quando tutto questo sarà finito."

Aggiunse poi. Il giovane re si rilassò e le sorrise, poggiandole una mano sul braccio, ma, prima che potesse dirle altro, alcuni nani ancora assonnati iniziarono ad entrare nel salone ed a prepararsi per la partenza.

𝑺𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝑨𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆
Hey, eccomi qui con il nuovo capitolo, un po' più corto dei precedenti, temo, ma spero comunque che vi piaccia. Ci avviciniamo alla fine della Desolazione di Smaug, tra non molto Arya si ritroverà a dover affrontare il drago...curiosi per lo scontro?
Alla prossima, un bacio
Ely💗

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