CAPITOLO 16
꧁ Sangue Reale ꧂
Arya era seduta davanti al camino con una coperta sulle spalle, guardava assorta le fiamme danzarvi all'interno. Se fossero riusciti nella loro missione, presto gli abitanti di Esgaroth non avrebbero conosciuto altro se non il fuoco di drago, e lei non avrebbe potuto fare niente per aiutarli dall'interno della Montagna.
"Arya? Stai bene?"
Il corso di quei pensieri fu interrotto da Bilbo che, come lei, si stava riscaldando davanti al focolare, mentre la guardava preoccupato.
"Mh? Oh, sì certo, tranquillo Bilbo."
Gli rispose sorridendo, per poi spostare nuovamente l'attenzione sulle fiamme scoppiettanti del camino.
"No, tu non me la conti giusta. Avanti, cosa c'è che non va?"
Continuò lo hobbit, costringendola a voltarsi nuovamente nella sua direzione.
"Non è nulla Bilbo, davvero. Stavo solamente riflettendo su quello che ci aspetta."
"Ti riferisci al drago?"
Arya annuì con un'espressione cupa sul viso, un'espressione che l'amico non le aveva mai visto prima: sembrava davvero molto preoccupata.
"Cosa ti fa pensare che sia ancora lì? Insomma, stando a quello che dice Balin, non viene avvistato da 60 anni."
Le domandò allora il mezz'uomo.
"È proprio questo che mi fa pensare che sia lì: se fosse uscito, lo avrebbero visto."
Spiegò pacatamente la ragazza. Bilbo non trovò alcuna obiezione a quelle parole, così tra loro calò di nuovo il silenzio.
"Il sole sta tramontando."
Annunciò poco dopo Oin dalla finestra.
"Radunate le vostre cose, ce ne andiamo!"
Ordinò Thorin in tono autoritario. Tutti i membri della compagnia iniziarono allora a mobilitarsi, anche se non avevano molto da prendere.
"No, fermi! Non potete andarvene adesso! Ci sono delle spie che sorvegliano la casa! Aspettate che torni mio padre!"
Bain, il figlio di Bard, tentò di fermarli, ponendosi davanti alla porta, ma fu tutto invano.
"Spostati ragazzo, ci siamo già trattenuti troppo!"
Gli intimò Dwalin che, con ben poca delicatezza, lo prese poi per una spalla e lo spostò dall'entrata. Intuendo che con i nani non si poteva ragionare, Sigrid si avvicinò ad Arya.
"Non penso che andare via ora sia una buona idea, rischiate di essere catturati e di finire nei guai."
La raminga la guardò inquieta.
"Concordo, ma se Thorin si mette in testa una cosa è impossibile fargli cambiare idea, ed effettivamente siamo a corto di tempo."
Spiegò seria.
"Grazie per tutto quello che avete fatto per noi, e perdonateci se vi abbiamo causato dei problemi."
Aggiunse poi sorridendole. Sigrid ricambiò il sorriso e la lasciò seguire i suoi compagni fuori dall'abitazione.
La notte era ormai calata quando, finalmente, la compagnia riuscì a trovare l'armeria della città. Sfruttando la copertura del buio e cercando di fare il minor rumore possibile, Thorin, insieme a Bilbo, Nori, Kili e Bofur, si arrampicarono fino a raggiungere una finestra sul lato destro dell'edificio, mentre gli altri nani rimasero di guardia con la ragazza. Gli infiltrati iniziarono a recuperare quante più armi poterono e le affidarono a Kili, che aveva il compito di portarle fuori. Il giovane nano, però, per via della ferita al ginocchio, soccombette al peso delle asce e delle spade, cadendo dalle scale. Il rumore, forte ed improvviso, attirò l'attenzione delle guardie che, avendoli colti in flagrante, li arrestarono e li portarono al cospetto del governatore.
I quindici compagni si ritrovarono quindi ad essere trascinati in uno spiazzo ai piedi di una scalinata, che conduceva al palazzo del Signore di Pontelagolungo. Intorno a loro si erano riuniti tutti gli abitanti della città: le voci sulla presenza dei nani erano girate velocemente, la gente aveva iniziato a ritrovare la speranza nelle vecchie leggende riguardanti la montagna ed i suoi immensi tesori.
"Che cosa significa questo?!"
Domandò innervosito il Governatore, spalancando le porte del palazzo ed uscendo all'esterno, subito seguito da Alfrid. I due non si scomodarono a scendere le scale però, così da poter mantenere comunque una posizione di superiorità.
"Li abbiamo sorpresi a rubare armi, Signore."
Spiegò Braga, il capitano delle guardie, indicando Thorin ed i suoi compagni.
"Nemici dello stato eh?"
Continuò allora il governatore con spavalderia.
"Un disperato gruppo di mercenari come mai nella vita, Signore."
Li accusò rabbiosamente il leccapiedi.
"Frena quella lingua!"
Lo zittì Dwalin, muovendo due passi verso il centro dello spiazzo.
"Tu non sai con chi parli. Lui non è un criminale qualunque. Lui è Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror!"
Proseguì solenne il nano, indicando il suo re.
"Noi siamo i nani di Erebor, siamo venuti a reclamare la nostra terra natia."
Proclamò Thorin con orgoglio, posando una mano sulla spalla dall'amico. Il Governatore lo fissò incredulo e spalancò la bocca per parlare, ma non un fiato uscì da quelle labbra.
"Ricordo questa Città al tempo della sua grandezza: flotte di navi attraccate al porto, colme di sete e gemme preziose...Questa non era una città abbandonata sul Lago, questo era il centro di tutto il commercio del Nord! Io garantirei il ritorno di quei giorni, riaccenderei le grandi fornaci dei nani, e farei fluire benessere e ricchezza di nuovo dalle sale di Erebor!"
Concluse il giovane re, spostandosi al centro della piazza e voltando le spalle al governatore per rivolgersi al popolo. Le sue parole intrise di speranza, la fierezza nel suo portamento e la sicurezza nella sua voce convinsero gli abitanti di Pontelagolungo, che iniziarono ad esultare ed acclamare il nano.
"Morte! Ecco che cosa ci porterai!"
Gridò all'improvviso un uomo tra la folla.
"Fuoco di drago e rovina. Se risveglierai quella bestia, distruggerai tutti noi!"
Bard si era fatto largo tra le guardie e, giunto dinnanzi a Thorin, guardava il nano fisso negli occhi.
"Potete dare ascolto a questo oppositore, ma io vi prometto una cosa: se riusciremo, tutti condivideranno le ricchezze della Montagna."
Affermò pacatamente Thorin, rivolgendosi ancora una volta agli abitanti di Pontelagolungo. Le sue parole erano sincere.
"Avrete abbastanza oro per ricostruire Esgaroth per dieci volte almeno!"
Esclamò poi il nano, ottenendo così i consensi di tutti i cittadini.
"Perché dovremmo chiederti sulla parola?"
Intervenne quindi Alfrid con fare inquisitorio, richiamando il silenzio.
"Noi non sappiamo niente di te. Chi può garantire per la tua onestà?"
Continuò il leccapiedi con tono altezzoso.
"Io!"
Dichiarò inaspettatamente lo hobbit, facendo un passo avanti.
"Garantirò per lui! Ho viaggiato a lungo con questi nani e..."
Il Governatore scoppiò a ridere, interrompendo il discorso di Bilbo e ricevendo in cambio delle occhiatacce da parte della compagnia.
"E quanto potrà mai valere la parola di un mezz'uomo?!"
Domandò spavaldo.
"Quanto vale la parola di chi ha sangue reale, invece?!"
Replicò allora Arya con fierezza, avanzando verso la scalinata e mostrando l'Anello di Barahir.
"Riconosco quell'anello! È una reliquia dei Dúnedain! Tu...tu sei un'erede di Isildur!"
Esclamò il Governatore stupefatto.
"Il mio nome è Arya e sono la figlia di Arathorn, l'ultimo re dei Dunedain."
La giovane parlava con sicurezza, non spostando mai lo sguardo dal volto dell'uomo che, dall'alto della scalinata, la osservava allibito, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata. Gli abitanti di Pontelagolungo, intorno a loro, cominciarono a mormorare, rievocando vecchie battaglie, antichi re e regine, storie del passato. Voci, racconti da locanda mormorati tra la gente del nord, che narravano che i due figli di Arathorn, gli ultimi discendenti della casa di Isildur, non fossero stati sepolti con lui.
"Allora, quanto vale la mia parola?"
Chiese nuovamente la ragazza.
"Sarò felice di accettare la tua parola come garanzia, Mia Signora."
Annunciò l'uomo con voce tremante. Lo stupore nei suoi occhi era lo stesso che si poteva vedere negli occhi dei nani e dello hobbit, che fissavano la giovane mentre mille domande iniziavano a formarsi nelle loro menti. Perché non lo aveva detto subito? Perché aveva tenuto nascosta la sua identità ai suoi amici? Perché non aveva detto nulla alla persona che amava? Fili aveva bisogno di risposte e, come lui, tutti i suoi compagni.
"Governatore veramente..."
"Zitto Alfrid!"
Il leccapiedi aveva riconosciuto la ragazza come la finta apprendista di Bard, ma venne immediatamente messo a tacere dal suo superiore, il quale aveva improvvisamente ritrovato la determinazione.
"Grazie."
Mormorò Thorin alla sua compagna, sorridendole e poggiandole una mano sull'avambraccio. Lui sapeva cosa significava perdere tutto, rischiare ogni giorno la vita per via del proprio nome, avere una taglia sulla propria testa, poteva capire perché la ragazza avesse tenuto nascosta la sua identità: stava proteggendo sè stessa, e stava rischiando moltissimo per aiutarli in quel momento.
Arya gli sorrise a sua volta.
"Tutti voi, ascoltatemi!"
Intimò ferocemente Bard al popolo, che aveva nuovamente ripreso a gioire, sperando in una ricca alleanza tra Esgaroth ed i nani di Erebor.
"Dovete ascoltarmi! Avete dimenticato quello che è successo a Dale?! Dimenticato quelli che sono morti nella tempesta di fuoco?! E per quale motivo? La cieca ambizione di un Re della Montagna, così preso dall'avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio!"
Le dure parole del chiattaiolo erano vere, e portarono l'incertezza ed il dubbio a farsi pian piano strada nella mente della gente.
"Suvvia! Suvvia! Non dobbiamo, nessuno di noi, essere troppo frettolosi a dare la colpa! Non dimentichiamo che è stato Girion, Signore di Dale, tuo antenato, che fallì nell'uccidere la bestia!"
Intervenne allora il governatore, nel tentativo di riportare l'ordine tra la folla, che iniziava ad agitarsi terrorizzata dall'idea che gli eventi potessero ripetersi.
"E' vero, signore. Tutti conosciamo la storia: freccia dopo freccia ha scoccato, ognuna ha mancato il bersaglio."
Asserì Alfrid, con il suo solito fare di superiorità nei confronti del chiattaiolo.
Thorin ed Arya si voltarono sorpresi verso Bard, ma l'uomo non si lasciò abbattere dalle accuse e cammino minaccioso verso il nano.
"Non hai alcun diritto, alcun diritto a entrare in quella Montagna!"
Mormorò severo guardandolo dritto negli occhi.
"Io sono l'unico ad averlo."
Replicò Thorin con orgoglio, per poi voltargli le spalle e parlare al Signore di Pontelagolungo.
"Mi rivolgo al Governatore degli Uomini del Lago, vuoi vedere la profezia realizzata? Vuoi condividere la grande ricchezza del nostro popolo? Cosa rispondi?"
Gli domandò il nano.
"Ed io dico a te, benvenuto! Benvenuto, tre volte benvenuto, Re sotto la Montagna!"
Annunciò il governatore spalancando le braccia, mentre la folla riprendeva nuovamente ad esultare ed acclamare i nuovi arrivati.
𝑺𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝑨𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆
Ciao a tutti, ecco qui il nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Vi aspettavate questa rivelazione? E la reazione di Thorin? Cosa pensate faranno ora i nani conoscendo il segreto di Arya?
Alla prossima, un bacio
Ely💗
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