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CAPITOLO 45

LA FIGLIA DI NESSUNO
➶☽ Samira ☾➴

Mi erano sempre piaciute le frecce.
Erano eleganti, forti, tagliavano l'aria, potevano volare e arrivare ovunque. 
Eppure, la sensazione di stringere due pugnali, di sentire ogni affondo, ogni movimento era vicino ed elettrizzante. 
Scegliere un'arma poteva dirti chi sei e io ero davanti ad un tavolo, fissando un arco dai colori dorati e poi c'erano due pugnali, Dolore e Verità.

<<Lunetta>> 

Quella voce.
Mi irrigidì e mi guardai intorno, ero al Campo Mezzosangue e doveva essere notte.
Luke apparve dietro di me, d'istinto afferrai Alatheia e lo spinsi in alto, sulla sua gola. 
Lui mi sorrise, osservando la lama che si chiamava Verità. <<Pare che tu abbia finalmente scelto>>

<<Non ti ho fatto entrare>>

<<Mi hai chiamato e io sono venuto>> 

Era un sogno e ricordai improvvisamente la realtà, il passato. 
Ero legata telepaticamente a Percy, Cassian e Luke. Lui aveva tentato di entrare nella mia mente per mesi.

<<Io non ti ho chiamato.>>

Tolse il pugnale dalla propria gola, tranquillo, come se sapesse che io non gli avrei fatto niente.

<<Non è in quel senso che mi hai chiamato. Hai bisogno di me, inconsciamente e anch'io ho bisogno di questo.>>

Non volevo che avesse ragione, perciò la mia risposta fu tirargli il pugnale contro.
Non lo colpì, gli passò di fianco al viso e andò dritto nel bersaglio dietro di lui. 

<<Va al Tartaro>> 

Alzò un sopracciglio<<Ce l'hai ancora con me, vedo>> 

<<Hai rapito Annabeth, hai rapito mio padre!>>

Si fermò, bagnandosi la bocca. <<Non è andata come credi. Annabeth è stata presa senza il mio permesso.>>

<<E mio padre?>> ringhiai.

Deglutì. <<Mi dispiace per quello. Non ero d'accordo ma Atlante credeva che Annabeth e Percy non sarebbero stati sufficienti.>>

Forse era vero, ma non m'importava. Alla fine, aveva scelto da che parte stare e le loro scelte erano le sue.

<<Ti odio>> mormorai<<Ti odio per tutto quello che ti ho permesso di farmi.>>

I suoi occhi restarono su di me e vedevo il dolore che c'era dentro. <<Non mi odi>>

<<Ho smesso di giustificare i tuoi errori, di prendermi la colpa per ciò che hai fatto tu. Sono stanca di farmi fare a pezzi per gli altri>>

I suoi occhi si illuminarono <<C'è qualcosa di diverso in te...lo sento>>

<<Sta lontano da me>>

<<Dimmelo, Sam.>> abbassò la voce, sembrava preoccupato. <<Mi hai fatto entrare, quindi hai bisogno che io ti dica qualcosa. Dimmi cosa.>>

Si sbagliava, non ero così pazza. <<Vattene, Luke.>>

<<Non rinuncerò a stare qui con te, quindi forza. È quello che ha detto Atlante che ti sta consumando?>>

<<Vorrei farti male>> ammisi. <<Vorrei che tu provassi un minimo del dolore che tu hai causato>>

<<Lo so. Non dico di non meritarmelo ma non potevo continuare a vivere fingendo di sopportare tutto quello. Lo sai cosa ho perso, cosa gli dei mi hanno tolto e cosa continuano a togliere. I semidei di tutto il mondo soffrono, non si tratta solo del Campo Mezzosangue. Sono stati tutti ignorati, abbandonati, feriti e sono arrabbiati...arrabbiati proprio come te>>

<<E quindi? Dovrei far bruciare il mondo perché ce l'ho con la mammina che non mi vuole bene?>>

<<È più di questo. Guarda tuo padre, guarda tutti quelli che restano feriti mentre loro si divertono a giudicarci sui loro troni!>>

Lui cercava ancora di addolcirmi, di manipolarmi, di farmi credere che nulla fosse cambiato e si avvicinava, finché non mi sovrastò.

<<Traditore! Bugiardo!>> urlai colpendolo al petto. <<Avrei fatto qualsiasi cosa per te e tu hai usato la mia fiducia contro di me!>>

Mi afferrò i polsi, trattenendomi <<Samira, basta, calmati>>

<<Ti odio>>ansimai tra le lacrime <<Lascia che io ti odi>>

<<Non posso stare lontano da te, non voglio>>

Sapevo che mi sarei dovuta tirare indietro, sapevo che era il nemico.
Sapevo tutto ma restai lì, ammaliata dai suoi occhi che conoscevano così bene e che mi vedevano per quella che ero.
Le sue dita salirono con precisione, tracciò una linea dal gomito alla spalla e poi scese e scese e scese... Non respiravo, non osavo farlo, non osavo abbassare lo sguardo neanche quando la sua mano si allargò e mi afferrò per la vita, con forza.
Era così reale, il caldo che mi pervase, il suo corpo premuto al mio.
Restai lì, tra le braccia del mio nemico.
Non mi chiese il permesso, non parlò, non fece altro che abbassare gli occhi affamati sulle mie labbra.
Nessuno mi aveva mai rivolto uno sguardo simile e spesso dimenticavo che Luke era più grande di me di due anni.
Non si chinò, non aspettò con gentilezza.
Luke Castellan mi baciò d'impeto.
OH DEI!
Il mio primo bacio, anche se in un sogno e lui se l'era preso.
Le sue labbra erano morbide, consapevoli dell'impresa che il loro padrone gli aveva affidato.
Sapeva ciò che stava facendo, più di me e mi stava spronando come aveva sempre fatto, come se fossimo ancora due semidei che si sfidano con le spade.
Quante volte aveva riversato su di me lo stesso impeto? Milioni.
Non mi lasciò andare ma le sue labbra, gonfie e insoddisfatte si staccarono da me.
Lui continuò a guardarmi, in trepida attesa.
Avrei dovuto odiarlo, Percy lo odiava, tutti lo odiavano. Era un traditore.

<<Ladro>>sussurrai.

<<Ho rubato la Folgore, L'Elmo dell'Oscurità>>disse, come se non valessero niente<<E ora ho rubato il tuo primo bacio, ed è molto più prezioso per me>>

<<No>> risposi, senza fiato<<Hai preso qualcosa di ancora più prezioso>>

Il suo mezzo sorriso svanì quando vide che il luccichio nei miei occhi non era dovuto alla confusione ma alla tristezza. Non mi opposi alle lacrime, lasciai che una mi tagliasse il viso.
Ma era un sogno, giungendo alle mie labbra le mie lacrime sapevano di sale, di Percy.

<<Cosa?>>

La mia mente, il mio tempo, la mia fiducia e...<<Il mio cuore>>

Il mio cuore batteva così velocemente che fu l'unica cosa a farmi capire che era ancora lì, mi svegliai di soprassalto, senza fiato.
Ero nella mia stanza.
Mi toccai le labbra, le sentivo gonfie e calde, il ricordo di Luke impresso sopra.
No.
No, era solo un sogno, non era reale. 
Sentì un rumore, qualcosa che si rompeva e mi resi conto che era quello ad avermi svegliata.

<<Che ore sono?>>

<<Le sei>> gracchiò Cassian, nevrotico. <<Io vorrei dormire>>

Ci fu un altro rumore, forte, troppo forte. 
Balzai in piedi, mi rimisi i pantaloncini del pigiama, dato che sotto il piumone dormivo con una maglietta di Hockey molto grande e vecchia.
Corsi fuori dalla stanza, i miei pugnali accorsero tra le mie dita e mi preparai al mostro.
Non mi trovai davanti un mostro. Ma mio padre.
Era in soffitta e stava lanciando delle cose dalla scalinata, proprio davanti alla mia stanza.
Oh dei.
Vidi il busto di Teti. Mia nonna.
Era lì che avevo nascosto tutte le cose che gli riguardavano, sul nostro mondo e avevo usato la magia per tenere chiusa la porta. Aveva a fatto a pezzi il legno.

<<Papà?>>

Butto giù un quadro, riguardava la distruzione di Troia ed ora la tela antica era squarciata.
Stava distruggendo tutto.

<<No, papà! Che stai facendo?!>>

Scese dalla scala, con uno scatolone in spalla e mi ignorò, fu allora che sentì uno strano odore, era forte, disgustoso. Alcol. 
Guardai mio padre barcollare mentre gettava in salotto la scatola.

<<Resta qui>>

<<No, hai bisogno di me>> gracchiò Cassian.

<<No, questo...sarebbe troppo averti lì per lui. Resta qui>> 

Corsi già dalle scale, confusa e agitata. Mio padre non beveva mai ed era vestito come se fosse appena tornato a casa.
In soggiorno c'era il caos, così tante cose che avevo volutamente dimenticato, pezzi della mia infanzia, della vita che avevo lasciato andare per lui.
Lui calpestò una maschera nera, per poco non strillai quando la riconobbi, veniva da New Orleans.
Quando si voltò per tornare su, notai che era pallido, i suoi capelli sempre ordinati erano scompigliati e non si era fatto la barba. 

<<Avresti dovuto sbarazzartene, invece hai preferito usare la Foschia per ingannarmi.>> disse.

Non aveva mai usato quel tono con me. <<Io non...non ti ho ingannato e non volevo sbarazzarmi di niente, sono le nostre cose, sono i nostri ricordi>> 

<<No. Sono le mie cose. Sono i miei ricordi>> 

Non era lucido, non voleva essere cattivo, eppure il suo sguardo era...era come se non riuscisse a guardarmi. <<Papà, perché non vai a riposarti e ci pensiamo domani?>>

<<È già domani>> rise, una risata amara. <<Non l'hai notato? Otto anni. Otto anni di domani che ho perso!>>

All'improvviso diede un calcio ad una statua, riconobbi il volto di Urano prima che si schiantasse a terra. Balzai indietro.
Non ero indietreggiata di fronte a Cerbero, di fronte ai mostri peggiori del Tartaro, neanche di fronte ad un Titano. Ma in quel momento mi sentì una bambina fragile e sola.

<<Papà, non sei in te adesso e ..>>

<<No, invece. Sono esattamente in me e me ne accorgo solo ora. Otto anni a vivere sentendomi perso, a disagio, sempre e comunque. A volte ho pensato di essere pazzo>> continuò a ridere.

<<Io non sapevo che...papà, non lo sapevo>> mormorai, massaggiandomi il petto. <<Mi dispiace>>

Mi guardò come se avessi bestemmiato <<Non è vero. Non ti dispiace. Lo rifaresti e di certo questa è colpa mia>>

<<Cosa?>>

<<Sei egoista. Ti ho cresciuta io così, ti ho insegnato a pensare solo a te>> sbiascicò. <<Solo che non pensavo arrivassi fino a questo punto>>

Non era vero ma sentirmelo dire fu una pugnalata. <<Di che stai parlando?>>

<< Ti ho vista, Samira. Ti ho vista su quella montagna del cazzo, ti ho visto con...con Atlante>> boccheggiò. <<Ho sentito e visto e capito...tu sei...io non ti ho mai detto di diventare questo>>

Da quando ero tornata non avevamo mai aperto il discorso. Aveva dormito per diversi giorni e al risveglio era stato distante, silenzioso, gli avevo dato spazio ma ora avrei preferito il silenzio che tutte quelle grida.

<<Tutto quello che ho fatto è stato per te>> gemetti. <<Come fai a non vederlo? L'ho fatto per proteggerti>>

<<Hai solo protetto te stessa>> 

È questo che credeva?
Cercai aria, mandando via il groppo in gola e gli occhi lucidi. Non volevo piangere, non volevo supplicare, volevo solo che capisse tutto ciò che avevo dovuto sopportare. 

<<Non ho mai protetto me stessa. Se l'avessi fatto, non sarei rimasta qui, avrei scelto me, ma io ho scelto te>> 

<<No, tu hai scelto di mentirmi! Guarda questo>> indicò i nostri ricordi <<Tutta una vita cancellata. Avresti potuto dirmelo, potevi affrontare la verità. È questo che ti ho insegnato ma tu hai scelto di mentire, manipolare e vittimizzarti. Non dare la colpa a me per i tuoi sbagli>>

Era divertente, era ciò che avevo detto a Luke. 
Era così divertente che il dolore mi corrose il cuore, il calore scese lungo tutto il mio corpo, incendiandomi di qualcosa che mai avevo riversato su mio padre.
Noi non litigavamo mai. 
E anche se avevo fatto cose discutibili, anche se avevo sbagliato, io quello non me lo meritavo.
Non dopo quel Solstizio.
Avevo visto troppo.
La verità uscì dalla mia bocca prima che potessi trattenerla.

<<Tu mi hai lasciata sola!>> strillai. 

Ero così arrabbiata e per la prima volta, da tanto tempo, capì finalmente con chi fossi arrabbiata.
Non con Luke, con Crono, nemmeno con mia madre o gli dei.
Ero arrabbiata con mio padre e lo avevo negato a me stessa perché mi vergognavo.
La sua risposta fu afferrare una bottiglia mezza vuota e fare un sorso.

<<Ho sacrificato la mia infanzia per te. Ho sacrificato chi sarei potuta essere, tutto perché credevo che lo avresti capito! Che avresti fatto lo stesso, perché mi avevi cresciuta per essere forte. Sono stata forte! Non egoista, ma forte. Ho protetto te, ho protetto tutti da quello che ho fatto, dai miei poteri e non mi sono lamentata!>> urlai <<"Se nascondi il tuo cuore, nessuno potrà spezzarlo." Me lo hai ripetuto tu, milioni di volte, questo lo ricordi?>> 

Mi fissò, sbattendo gli occhi ed eccola lì ma opportunità di lasciare andare tutto il tormento ed ero stanca. Troppo per sopportare quel suo sguardo. <<Cosa?>>

<<Avevo sei anni, sei anni e ho dovuto prendermi cura di te! Ho dovuto lottare contro dei mostri, da sola, nascondere le mie ferite, la mia paura, entrando in questa casa per essere la perfetta, dolce figlia che volevi. Ho dovuto riempire questa casa di rune per proteggerti e mai, mai, te ne ho fatto una colpa.>>

<<Non te l'ho chiesto io!>> gridò.

<<No, ma l'ho fatto comunque! Ho affrontato gli Inferi per anni. Mi sono nascosta da me stessa, mi sono rinchiusa così tanto che ho iniziato ad essere terrorizzata dall'essere amata da qualcun altro! Ho retto questo peso da sola per otto anni e sì forse l'ho fatto per punirmi. Ma non ho mai meritato tutto il resto. Sono stata tradita, umiliata, abbandonata...>>

Si tirò indietro i capelli, barcollando<<Piantala!>> 

<<No. Ora mi ascolterai. Vuoi la verità? Affrontarla anche tu. Lo sai che quando avevo sette anni ho conosciuta una Furia? Electo, abbiamo lottato e mi ha fatto sbattere la testa così forte che ho ancora la cicatrice>>mi tirai sui capelli per mostrargliela. Poi alzai la maglia, facendogli vedere la pancia. <<Questa me la sono fatta a nove anni, un grifone mi ha quasi squarciato lo stomaco. A dieci anni mi sono rotta due costole a causa di un basilisco che mi ha stritolata...>>

<<Smettila!>>

<<E chi credi che mi abbia salvata? Tu? No. Ho fatto tutto da sola. Sono sopravvissuta e mi rifiuto di diventare la cattiva per questo! Di dover chiedere scusa a te per come ho scelto di sopravvivere. Tu non c'eri, non c'è stato nessuno a prendersi cura di me!>> urlai in lacrime. <<Tu sei arrabbiato con te stesso e ora te la prendi con me. Perché mi guardi e non vedi la bambina che ti eri convinto che fossi. Be', ecco una novità per te, quella bambina è morta tanto tempo fa. Ha fermato il suo cuore per te>>

<<Lo hai fatto tu! Tu! Non capisci? Potevi fare tutto diversamente ma hai scelto tu di agire, di nascondermi ogni cosa!>>

<<Credi che lo volessi? Credi che non abbia supplicato mia madre di riportarti da me? Ho aspettato che tu aprissi gli occhi, ho aspettato che tornassi, per anni. Tutto il dolore, tutte le bugie, tutte le lacrime, le ferite, perché tu non hai voluto vedere>>

<<Io?!>>

<<Credi che a sei anni fossi così potente da poter nascondere tutto questo? Tutto il mondo greco?! Lo hai detto anche tu! Avevi la possibilità di vedere, di svegliarti ma hai preferito fare finta di niente!>> gli puntai il dito contro. 

<<Non è vero!>> sbraitò colpendo altre scatole<<E io mi rifiuto di ringraziarti per quello che hai fatto!>>

Una pugnalata avrebbe fatto meno male, mi pulì le guance e solo muovere le braccia fece saltare le luci. L'alba all'esterno illuminò abbastanza la stanza.

<<Cosa volevi che facessi? Che ti lasciassi morire?!>>

<<SI!>> tuonò. <<Sarei morto essendo ciò che ero, che sono. Un semidio, un eroe, un figlio del mare. Tu mi hai strappato ciò che sono!>>

Dentro di me qualcosa si stava rompendo in mille pezzi, avevo il fiato corto e la nausea. 
Il potere era lì, dietro la porta ed era furioso. Tradimento, tradimento, continuava a ripetere.

<<Sei anche mio padre, non conta niente? Non conta che avessi bisogno di te?! Ero una bambina in mondo pieno di mostri.  Eri tu che dovevi proteggermi!>> mi si spezzò la voce. <<Eri tu a dovermi credere e difendere. Ma l'ho fatto io, ti ho ripagato perché credevo di dovertelo. Mi hai dato un tetto, dei vestiti e del cibo ma il resto? Cosa ti ha reso davvero mio padre negli ultimi anni?>>

<<Ah! Come se io...>>

<<Rispondimi! Perché sono io la cattiva quando tento solo di fare del mio meglio?!>> gridai.

<<Giusto, facciamo finta di niente? Vuoi che ti perdoni e ti dica che sei stata coraggiosa?>> domandò. <<Forza, Sammy, dimmi cosa vuoi che dica!>>

<<Vorrei che mi dicessi che mi vuoi bene!>>singhiozzai<< Nonostante tutto, perché sono tua figlia>> 

Lui non parlò. Bevve ancora e ancora.
Le mie lacrime scesero e i vetri tremarono con forza. Ma no, al Tartaro lui e al Tartaro Luke, mia madre e tutto il resto. Feci un passo in avanti, calpestando il mio passato.

<<Mi hai trasformata in un fantasma, papà. Ho smesso di sognare, di volere una vita, di voler crescere perché ero già cresciuta abbastanza. Ogni volta che ti guardavo mi sentivo sbagliata, una completa delusione, un mostro e credo che tu lo abbia visto. Solo che non ti è importato. Quello che hai visto su quella montagna, quello che sono diventata è stato per quello che mi è successo. Tu, tu mi sei successo! >>

<<No, sei tu che sei successa a me! Credi che ti volessi?!>>

Indietreggiai fino a toccare la parete dietro di me, mi sorresse.
Non lo aveva detto sul serio, vero? Iniziò a colpire altre cose a terra, finivano ovunque e io ero paralizzata. Non riuscivo a muovermi.
Ero stata io a fargli quello. 
 " Credi che ti volessi?!"
Mi tappai le orecchie, un ronzio familiare iniziò a farsi strada nella mia testa e io sapevo che la porta era aperta, senza alcun lucchetto e quella cosa, quel potere voleva insorgere.
TRADIMENTO, TRADIMENTO.
Non riuscivo a respirare, stava succedendo di nuovo.

<<No, zitto>> supplicai. <<Basta, basta>> 

Non mi aveva mai voluta, non mi aveva mai voluta, non mi aveva mai voluta, non mi aveva mai voluta. 
Tentai di ricordare le parole di Chirone, per chiudere la porta ma non le ricordavo più.
Non ne potevo più.
Ad un tratto la bottiglia di vetro finì di fianco alla mia testa. L'aveva lanciata contro di me?

<<Tu non sei mia figlia!>> urlò.

Non ce la feci più.
Gridai.
Gridai così forte che il mio potere esplose dentro di me, ruggendo furioso e i miei occhi si illuminarono. Lo sapevo perché mio padre, per lo spavento, cadde all'indietro e io seppi che stavo per rilasciare un'onda di magia potente.
Le finestre esplosero, c'era vetro ovunque e un vento scuro, forte, colpì la stanza come un uragano. 

<<Samira, no!>> sentì Cassian chiamarmi.

Mi strinsi la testa, cercando di combattere la rabbia ma era così tanta, la trattenevo da troppo tempo e mi stava uccidendo. Il mio potere voleva difendermi e voleva solo distruggere tutto quello che mi aveva fatto male e non potevo fermarlo. 
Fu istintivo, lo feci e basta.
Tra le scatole c'erano anche vecchie armi di bronzo, ne individuai una familiare, da cerimoniale e che veniva usato per i sacrifici negli incantesimi di Ecate.
Lo richiamai a me e un attimo dopo tirai un urlo, perché la mente può registrare solo un dolore alla volta e in quel momento la lama si trovava dentro la mia coscia.
Il vento di placò e il bruciore divenne insopportabile, mentre abbassavo gli occhi sul sangue che scorreva sulla mia pelle. 
Sangue. Sangue ovunque e poi solo il buio.

☽ ♆ ☾ 

Luce. Ora c'era decisamente troppa luce.
Sbattei gli occhi, pensando di essermi appena svegliata, avevo fatto dei sogni strani.
Ma la luce non veniva semplicemente da qualche parte, era sopra di me.
Si attenuò fino a svelare una carnagione abbronzata, dei capelli biondi e due occhi caldissimi.

<<A-Apollo? Sei qui?>> 

Mi teneva sulle sue gambe, ma le mani erano sulla mia coscia.
Lui sorrise<<Il sole torna sempre, ricordi?>>

<<Che cos'è successo?>> 

Non ero nella mia stanza, ero in salotto e c'era solo il caos. Scatole, oggetti antichi, sedie, persino il tavolo, era tutto sparso in giro, come se ci fosse stato un uragano.

<<Mio padre! Lui...l'ho ferito? Io...>>

Tentai di alzarmi ma non me lo permise. Mi tenne giù, continuando a tenermi la coscia. 

<<No, in realtà quello che hai fatto a te stessa ha evitato che il tuo potere lo prendesse di mira. Lo hai salvato, ma hai fatto del male a te stessa>> rispose. 

<<Non che sia una novità>> gracchiò Cassian, appollaiato sul busto scheggiato di Giasone.

Apollo ridacchiò prima di lasciarmi andare, mi sedetti e controllai il mio aspetto. I miei vestiti erano un tantino messi male, c'era del sangue secco sui miei pantaloncini. 
Sangue.
Mi allungai sulla mia pelle, osservando nell'ombra della mia mano una lunga cicatrice dorata.

<<Mi hai guarita>>

<<Certo, mia Freccia. Ma a causa del pugnale di Ecate non potrò far sparire del tutto la cicatrice. Il sole la nasconderà ma l'oscurità...>>

<<Va bene così>> lo fermai. <<Grazie, perché sei qui?>>

<<Stava sorgendo il sole quando ti ho sentita. Ho visto il pugnale.>> si alzò. <<Non farlo mai più, Samira. Mai più. Hai perso molto sangue>>

<<Sto bene>>

Mi tirai su ma il bruciare dentro le ossa restò, mi faceva un po' male ma non era niente in confronto a cosa sarebbe successo senza Apollo. <<Ti prego, non scomodarti a mentire con me>>

<<Mmmh.>> sbuffai. <<Lui dov'è?>>

<<L'ho messo a nanna. Il signor Preston è migliore di così, ma se ci fosse una prossima volta non avrò problemi a farlo bruciare...>>

<<Apollo!>> esclamai.

Alzò le mani, ma l'espressione seria restò e non mi fece arrabbiare. Capivo. Era un dio, era possessivo e togliere la vita per lui non era un problema. 
Guardai verso le scale e mi resi conto, per la prima volta, che non avrei potuto più cancellare la verità. Le mie illusioni non avrebbero più potuto evitare le conseguenze delle mie scelte.
La mia vita era proprio come quella stanza distrutta.

<<Non posso più andare avanti così>> mormorai. <<Sono troppo stanca.>>

<<Allora smettila di lottare>>

Mi girai. Apollo era davanti al camino, come la prima volta che l'avevo incontrato. <<Dovrei smettere?>>

<<È chiaro che due parti di te hanno sempre combattuto. Samira Preston, figlia di Dylan Preston, una ragazza segretamente spaventata, irreale, la preda, fredda e dura, così disperata, la carceriera di sé stessa...>>

<<Carceriera?>> mi venne quasi da ridere. 

<<Sì, di Samira Arrow. L'altra parte di te, la vera te, la parte forte. Reale, viva, l'arciere, così brillante e piena di calore. La leggenda.>>

<<Dimentichi anche figlia di Ecate>>

Scosse i capelli <<No. Samira Arrow non è figlia di nessuno, non è di nessuno. È solo di sé stessa e non ha paura>>

Pensai a Zoe, aveva detto qualcosa di simile.
Mi girai di nuovo verso le scale e non solo capì di volerle più percorrerle. Ma seppi che ero arrivati in fondo al mio abisso.

<<Dillo>> esordì dietro di me.

<<Non voglio più stare qui>>

Fu come togliersi un altro peso, forse stare sotto il cielo, scegliere la maledizione del Titano, era stata la cosa migliore che mi fosse capitata.
Non avevo più niente che mi tenesse incatenata lì.
Era ora di lasciare la presa.

<<Andiamo>>

Cassian sfrecciò col mio solito zaino, sempre pronto, fuori dalle finestre rotte e io ispirai, facendo un passo verso ciò di cui avevo realmente bisogno.
Non so che ore fossero ma il sole si era alzato di parecchio e Apollo aveva un lavoro a cui tornare, quindi lo seguì sul suo carro.

<<Ti farei guidare ma...>>

<<Ti prego, no>>

Lui scoppiò in una risata melodiosa e io mi sedetti, non mi voltai neanche una volta verso la casa in cui ero cresciuta, perché alla fine era stata più una prigione.
Mio padre non aveva più bisogno di me. 
Partimmo rapidamente verso il cielo, mi aggrappai a qualsiasi cosa e chiusi gli occhi.
Il vento mi strappò via le lacrime, mi pulì dalla sensazione di essere sola al mondo ma il dolore restò, così come la rabbia.
Che cosa avrei fatto adesso? 

<<So dove portarti>> disse Apollo.

Non contai il tempo, non guardai giù e cercai di restare sveglia, ero davvero esausta. 
Ma riconobbi l'Empire State Building, l'Olimpo e poi scendemmo, non verso il New Jersey come credevo ma verso la periferia di New York.

<<Mi stai portando da Percy>>

Ci fermammo di botto sopra il tetto del suo palazzo, Cassian cadde tra i miei piedi per la botta e imprecò come un marinaio.

<<E poi?>> domandai. 

Scrollò le spalle <<E poi scegli. Sei libera, Freccia. Puoi andare dove vuoi, puoi colpire il bersaglio che scegli.>>

La notte in cui scappai dal Campo Mezzosangue, quando mi trovò, mi disse la stessa cosa. Che potevo scegliere, scelsi il suo Marchio, perché avevo bisogno di un amico.
Scesi dal carro, incerta e presi il mio zaino.

<<Grazie>> risposi, toccandomi il Marchio che brillava.

Lui si chinò e diede un bacio fra le sopracciglia <<Va, ciò ci di cui hai bisogno ti sta aspettando.>>

<<Okay>>

<<Freccia!>> mi chiamò, mi voltai.<<Ricorda che anche il sole è da solo, ma continua a brillare.>>

Percy.
Nel momento in cui lui brillò e sparì, mi misi a correre, un po' zoppicando e scesi nel condominio, lasciando fuori Cassian. 
Il mondo fuori era super chiassoso, la città di era decisamente svegliata e quando bussai alla porta, cercai di pensare a cosa dire. 
Percy sarebbe stato contento di vedermi? E come poteva? Ero conciata come una pazza! 
Oh dei, era stata una cattiva idea.
E poi la porta si aprì ma non apparve il mio migliore amico, ma sua madre.

<<Sam!>> mi sorrise. <<Ma che bella sorpresa! Sei...oh cavolo, Samira, stai bene?>>

<<Ah..ehm, cercavo Percy>> mi schiarì la voce.

<<Oh, Percy è al primo giorno di scuola dopo le vacanze>> rispose ma era a disagio mentre mi guardava. 

Porco Crono.
Anch'io avevo il primo giorno di scuola! Ma ormai non aveva più importanza, giusto? 
Non sarei tornata a Washington.

<<Io...sì, avrei dovuto chiamare>> ridacchiai, ma stavo sudando freddo <<Che stupida>>

<<Samira, cosa ti è successo?>>

Sbattei gli occhi guardandola, mi stava fissando interamente. 
Poi fece un passo in avanti e quando mi toccò una spalla, mi irrigidì ma capivo che voleva che entrassi, era imbarazzante restare sul pianerottolo. Così la seguì dentro l'appartamento caldo.

<<Sei ferita?>> mi domandò portandomi al divano.<<Dei mostri ti hanno attaccata?!>>

<<No>>

<<C'è del sangue sui tuoi vestiti!>> esclamò seria.

<<Sono stata io>>

I suoi occhi scattarono su di me e restammo in silenzio.
Non mi sedetti mentre lei si accasciava e mi guardava, mi sentivo come una bambina e non provavo quella sensazione da...da tanto tempo.
E le cose iniziarono a realizzarsi nella mia testa.
Avevo perso mio padre.

 <<Che cosa hai fatto a te stessa?>>

Un singhiozzo mi spezzò in due e scoppiai in lacrime.
Mi ero trattenuta per così tanto tempo, per anni, forse da secoli e ora non era il mio potere che voleva uscire ma quella bambina di sei anni terrorizzata. 
Sally balzò in piedi e fece l'ultima cosa che mi aspettavo: mi abbracciò.

<<Respira.>> mi disse tra i capelli <<Che cos'è successo, tesoro mio? Parlane con me>>

<<Lui mi odia>> singhiozzai stringendola forte <<Mio padre mi odia>>

<<Oh, Sam, no>>

Ma era vero.
Mi staccai rapidamente, troppo e cercai una via di uscita, un modo per nascondermi.
Avevo insegnato a me stessa che quel tipo di crollo era da deboli e io non potevo essere debole.
Mi lasciò riprendere fiato, quando riuscì a girarmi la vidi piangere con me, per me.

<<Oh scusami, è solo che...il tuo dolore mi tocca nel profondo>> sospirò. <<Che ne dici se ci sediamo e ne parliamo con calma?>> 

<<Perché?>>

<<Perché ho i tuoi biscotti preferiti.>>

<<Cosa?>>

Mi sorrise e corse rapidamente in cucina, lasciandomi confusa mentre portava un pacchetto dalla dispensa. Riconobbi subito gli Oreo.

<<Tu adori questi biscotti, conosco la tua passione per il caffè. Percy ne ha comprati una scorta per l'estate prossima qualche giorno fa>>

Erano i biscotti che mi ricordavano mio padre, che lui mi aveva fatto assaggiare.
Forse sarei risultata maleducata ma non riuscì neanche a guardarli.

<<Non li voglio, non più>>

Lei annuì subito dolcemente. <<Va bene, che cosa ti andrebbe?  Posso farti i pancake di Percy>>

<<Perché?>>

<<Fanno stare meglio Percy e una mamma certe cose le sa>>

<<Non sei mia madre>>

Non lo dissi in modo offensivo. Era solo un'affermazione.
I suoi occhi si inumidirono di nuovo, però. <<Mi dispiace>>

<<Di cosa?>>

<<Mi dispiace che tu non sappia proprio come sia avere una madre>>

Deglutì. Forse aveva ragione, non capivo perché non avevo mai avuto nessuna figura materna. Avevo visto dei bambini a scuola abbracciare dalle madri ma...ma per me era sembrata una cosa strana.

<<Di certo non dispiace a lei>> risposi sedendomi, la gamba faceva male<<Perché ci sono solo io? Nessun altro figlio di Ecate è arrivato al campo o...be', se c'è non è stato riconosciuto. Perché ci sono soltanto io?>>

Non so da dove mi uscì quel pensiero, però...sembrava essere lì da sempre.

<<Vorresti dei fratelli?>> chiese.

<<Forse no>>mormorai<<Non vorrei che altri provassero questo per lei>>

<<O?>> 

Abbassai gli occhi <<O che lei amasse altri figli e me no>>

<<Non devi chiederti se ti vuole bene, è tua madre...>>

<<Non me lo chiedo.>> 

Mi prese una mano tra le sue<<No, Sam. No, tua madre ti ama. Gli dei amano in modo diverso, questo l'ho capito con Poseidone, ma non significa che non possano amare...>>

<<Allora dov'è questo amore?! Io non sento nulla. C'è qualche prova che devo superare? Perché mi tiene così lontana? Che cos'ho fatto?>>

<<Oh, Cucciola>>

Sally non resistette e si alzò per abbracciarmi. Appoggiai la testa alla sua pancia e la sua presa questa volta fu molto più forte, come se volesse impedirmi di lasciarla.
Non potei fare altro che arrendermi ai singhiozzi. Ero così stanca, non mi ero mai sentita così vuota, sola e a pezzi.
Ma capì anche, nel suo dolce abbraccio, che Apollo mi aveva portato lì proprio per Sally.
Perché io...perché forse avevo bisogno di una madre.

<<Sai cosa credo sia più folle di tutto questo? Tu sei così brillante, così forte, amabile e riescono a vederlo tutti ma tu no.>> disse <<Percy mi ha raccontato qualcosa su San Francisco e...su tuo padre>>

<<Abbiamo litigato>>

<<L'ho capito e non devi parlarmene se non vuoi. Mi è chiaro che se sei venuta da Percy è perché hai dovuto fare una scelta difficile.>> 

<<Me ne sono andata.>> dissi ad alta voce, lo rese più reale. <<Non potevo più restare. Questa volta stavo per...Ho quasi perso il controllo>>

Così le raccontai tutto. 
Lei si sedette e continuò ad accarezzarmi i capelli, le mie spalle si rilassarono e lasciare andare il resto del peso fece meno male. 
Ero vulnerabile, come mai prima d'ora.
Ogni tanto pianse silenziosamente, si alzò per prendere qualcosa mangiare ma la sentì singhiozzare, sussurrare il nome di Poseidone. Una parte di me non capiva perché soffrisse per il mio passato, ma più parlavo, più mi guardava e più credevo che fosse una cosa da mamma.
Alle fine ero esausta, gli avevo raccontato ogni cosa della mia vita, persino di Luke e del mio sogno. 
Avevo ceduto a mangiare, a mostrarle la mia nuova cicatrice e a cambiarmi. Avevo troppo sangue addosso. 
Non so dire, ancora oggi, perché mi diede dei suoi vecchi leggins stretti e poi una felpa blu di  Percy. Avrebbe potuto darmi qualcosa di suo ma il profumo marino di Jackson mi calmò del tutto, mi fece crollare dalla stanchezza.

<<Cucciola?>>

Sally mi scosse appena. Oh dì immortalis, mi ero addormentata sul letto di Percy!

 <<Argo ti sta aspettando giù>>

A quanto pare il piano era quello. Andare al Campo Mezzosangue, era il solo posto sicuro per me e forse era ciò di cui avevo bisogno per scoprire chi cavolo fosse Samira Arrow.

<<Okay, grazie>> 

C'era tanto blu, una cartina enorme sopra la scrivania e c'erano segnati i posti in cui eravamo stati durante le imprese con degli oggetti attaccati. 

<<Cherofobia>>

<<È un trattamento per capelli?>> mi girai.

<<Quella è la cheratina, Sam!>>ridacchiò.<<La cherofobia è la paura di essere felici>>

Mi uscì una risata nasala<<Nah, non ha nulla a che fare con me>>

<<Io credo di sì>>

<<Ma è assurdo!>>

<<Lo so! Tu meriti di essere felice!>>

<<No invece!>>

Mi zittì all'improvviso, con una mano sulle mie labbra traditrici.
Si avvicinò e si inginocchiò davanti a me, ebbi la sensazione che l'avesse fatto mille volte per suo figlio.

<<Tu non sei tua madre, non sei tuo padre. Non sei i tuoi amici, o chi scegli a cui dare il tuo cuore. Tu sei te stessa, sei nata per brillare come una super nova, come tutte le dannate stelle. Tu sei il tuo Cosmo, il tuo mondo, il tuo centro, che gli altri lo vadano o meno. Ciò che conta è che sia tu a vedere la luce che c'è in te>>

<<E se ci fossero più tenebre?>>

<<Mi sorprende che tu me lo chieda>>ammise <<Non dovresti forse sapere che l'oscurità non è un nemico? Brillare non significa allontanare le tenebre, significa trovare il coraggio per attraversarle, per convincerci. Io non credo che il buio sia il male, credo semplicemente che sia parte di noi>>

Quelle parole significarono tutto per me. Annuì, commossa e tornai a guardare la stanza, tutto richiamava il mare e...me?

<<Lo hai notato adesso, vero?>> mi domandò.

C'erano foto mie, stupide foto che ci eravamo mandati io, Annabeth e Percy durante l'anno precedente.
C'era il bicchiere sopra il mio nome, che avevamo preso durante l'ultima impresa.
Perché l'ultima volta che mi aveva invitata non c'era niente appeso? 

<<Percy può respirare sott'acqua>> mi disse Sally. <<Ma quando è fuori, sei tu il suo ossigeno>>

Oh dei.
Se avesse saputo quello che mi era successo sapevo cosa avrebbe fatto. Sarebbe venuto con me, avrebbe rinunciato alla vita mortale e felice che aveva a New York. 

<<Potresti non dirgli niente di questo? Non dirgli che sono stata qui?>> chiesi, tirandomi giù la felpa.

Sembrava contrariata ma dopo aver incontrato i miei occhi, in qualche modo, parve capire.

<<Certo>> mormorò poi.

Mi accompagnò alla porta, Argo probabilmente iniziava a stufarsi di aspettare. 
Ero grata a Sally Jackson, più di chiunque altro, perché mi aveva fatta sentire compresa, amata. Erano cose che non avevo mai sperimentato con una figura materna.

<<Percy mi ha detto che hai conosciuto un uomo>> le dissi, sul pianerottolo.

<<Sì, si chiama Paul>> arrossì.

<<Ti rende felice?>> 

Inclinò il viso e seppi già la risposta, brillava. <<Sì, mi rende molto felice. È un brav'uomo ed è un nuovo inizio>>

<<Mi piacciono i nuovi inizi>>

Sally sorrise e mi abbracciò, sentì un legame forte che ci univa e poi la lasciai andare.
Ad ogni passo sentivo qualcosa di davvero nuovo dentro di me: silenzio.
Il caos si era diradato.
Feci un lungo respiro e trovai Argo ad attendermi in auto, non servì alcuna parola, neanche con Cassian che stranamente si appollaiò sulle mie gambe.
Il Campo Mezzosangue sarebbe stata la mia casa e mi andava bene così, perché era il solo posto in cui avrei potuto essere Samira Arrow.
La cosa buffa?
Per prima cosa andai alla cabina 10.
Le pareti erano rosa, le finestre avevano telai bianchi e tendine di pizzo celesti e verdi pastello in tono, con le lenzuola e i cuscini di piume dei letti.
La parte dei ragazzi era ben divisa da quella delle ragazze da una tenda.
C'erano file di letti e ai piedi di ognuno c'era un bauletto con scritto il nome del proprietario.
Ma solo uno mi interesso, perché non era vuoto.

<<Non credevo che avrei vissuto abbastanza per vederti entrare di nuovo in questa cabina>>

Silena era seduta davanti ad uno specchio, mi fissava mentre si faceva le trecce. <<Neppure io>>

<<C'è qualcosa che non va?>>

<<No>> mi strinsi nella felpa di Percy<<In realtà sempre quasi...giusto>>

Si alzò <<Oh dei, inizi a spaventarmi>> 

<<Ho incontrato tua madre. È stata...inquietante, invadente ma ha  detto qualcosa su come venire qui quando sarei stata pronta per essere me stessa>>

<<E lo sei?>>

<<Credo di sì. Ho scelto me>>

<<Quindi eccoti qui>> sorrise. <<Hai bisogno di aiuto, Samira?>>

Mi irrigidì, odiavo ammetterlo, preferivo fare tutto da me e lei lo sapeva, perciò me lo chiedeva esplicitamente.

<<Sì, ho bisogno di aiuto>>

Mi fece sedere dov'era lei, lo specchio brillò quando mi ci specchiai.
Afrodite stava guardando.
Ero terribile, ero il riflesso del mio dolore.
Ma non volevo più essere così. 

<<Sai cosa vuoi?>> mi chiese aprendo degli sportelli pieni di prodotti di bellezza. <<Hai scelto?>>

Apollo lo sapeva, piccolo furfante. 
Mi aveva toccato le ciocche tempo fa e mi aveva sorriso dicendo che sarei stata magnifica.
Allungai una mano verso una tinta per capelli e lei sgranò gli occhi, tutta sorridente. <<Oh mamma! Sul serio?!>>

<<Ho scelto>>

Silena fu amorevole, divertente e con la musica di Taylor Swift mi aiutò. 
Non pensai a Crono, né a mio padre o a Luke, a Ecate, a Percy, ad Annabeth.
Alle questioni aperte.
Perché c'era una sola questione adesso che dovevo affrontare: ero io. Al Tartaro tutto il resto.
E quando la figlia della dea dell'amore e della bellezza ebbe finito, per la prima volta in vita mia, mi guardai allo specchio e vidi ciò che ero.
Senza maschere. Senza illusioni.
Le sorrisi, perché Samira Arrow mi piaceva.

<<Sei pronta>>

Mi voltai, Chirone era sulla soglia della cabina e mi stava guardando.
La sua non era una domanda, ma nei suoi occhi c'era un fiume di emozioni, dall'ansia alla meraviglia, dall'eccitazione alla paura. 

<<Sì, sono pronta>>

ANGOLO AUTRICE

Non voglio dilungarmi, è stato già un capitolo lungo. Ma ne sono dannatamente fiera, di ogni parole ed emozione. Ho pianto per la maggior parte del capitolo onestamente, scriverlo è stato liberatorio.
E per chiunque capisca cosa Sam abbia passato, sappi che va bene piangere e di certo va bene sentirsi un po' vulnerabile ogni tanto. Se hai bisogno di me, scrivimi. 
Commentate e seguitemi via social, perché da ora la storia si farà MOOOOOLTO interessante. Inizia la parte romance ma scopriremo una nuova Sam, che ho imparato ad amare. 
Non smettete di lottare per voi stessi, semidei. Un abbraccio.

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