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3.

Mi schiarisco la voce per poi sedermi. Prendo la mia agenda e la penna e le sistemo sul tavolino. Lui è ancora in piedi, nell'angolo della stanza. Continua a fissarmi senza mai distogliere lo sguardo dal mio viso. È come se mi stesse leggendo dentro. Ogni mio pensiero è esposto alla sua vista e questo mi fa sentire debole.

-Come mai sei qui?- chiedo, cercando di mantenere lo sguardo alto. Piega la testa di lato, come per vedermi meglio.

Questo suo comportamento mi mette a disagio e detesto ciò.

Non risponde subito, anzi, prima si stende nel letto con le braccia sotto la testa, come se fosse sul suo divano di casa.

-Per passare il resto della mia vita qui dentro.- risponde, con ancora il suo sguardo penetrante su di me.

-E perché dovresti passare il resto della tua vita qui?- insisto.

-Pensano che debba essere punito per ciò che dicono io abbia fatto.

-E che cos'è che hai fatto?- la curiosità mi sta mangiando viva.

-Dicono che abbia ucciso molte persone e bruciato una famiglia.- spiega, indifferente.

-E non provi rimorso o dolore per ciò che hai fatto?

-"Solo le persone mediocri impiegano anni a liberarsi di un'emozione. Un uomo che è padrone di se stesso sa porre fine a un dolore con la stessa facilità con cui inventa un piacere".- la sua risposta mi lascia di stucco.

Non so più cosa dire o cosa fare. Le sue parole sono così difficili da comprendere e solo una persona acculturata riesce a far contorcere la mente di una persona con una frase.

So di aver già sentito questa frase da qualche parte, ma i miei neuroni non sembrano voler collaborare.

-Tu credi davvero che io abbia fatto del male a qualcuno?- continua.

-Io credo che tu sia qui per una buona ragione. Non ammetti di aver ucciso quelle persone..?- domando insospettita.

-Io non ammetto. Io dico solo la verità, poi sta a te credermi o no.- rimango imbambolata, un'altra volta. Non ho mai avuto un dialogo così intenso con un paziente.

E soprattutto così normale. C'è qualcosa in lui che non mi convince.

-Nessuno si trova qui per nessuna ragione, non credi?

-Io credo che le persone sono ingiuste con le persone giuste.- e un'altra volta mi intrappola nelle sue parole. Ma come fa? Questo è davvero frustrante. Sembra che i ruoli si siano invertiti: lui è lo psicologo ed io la paziente.

Guardo la mia agenda e noto che non ho scritto ancora niente.

Solo il suo nome.

Non ho mai distolto gli occhi da lui, e la cosa strana è che non me ne sono neanche accorta. Ciò non mi è mai successo in tutti i miei anni psichiatra, ma non riesco a non rimanere impressionata dal suo comportamento civile e normale.

-Parlami di te, Bella.-dice, sorridendo. Questo mi ha presa alla sprovvista. Perchè mai gli interesserebbe qualcosa di me?

-Sei tu che devi raccontarmi di te, non io.- ribatto, ridendo.

-Allora io ti dico qualcosa di me e tu mi dici qualcosa di te,accetti?- non ho idea di cosa rispondere. Non voglio svelargli troppe cose su di me, ma se voglio sapere di più su di lui sono costretta a farlo.

-Accetto.- annuisco, e mi è sembrato di vedere il suo sorriso allargarsi.

-Prima le donne.- dice, indicandomi con la mano.

-Okay. Quanti anni hai?

-25. Scommetto che anche tu ne hai 25.- dice, con ancora il suo sorrisetto beffardo sul viso.

-Indovinato. Cosa te lo ha fatto pensare?- domando.

-Ho sparato ad indovinare. Tutta fortuna.- risponde, ora guardando il soffitto.

-Perché sei qui?- chiedo un'altra volta, fissandolo bene negli occhi. Capisco subito quando una persona mente.

Basta solo analizzare bene i suoi movimenti e soprattutto gli occhi: se evita il tuo sguardo, significa che mente; al contrario, se ricambia lo sguardo, sta dicendo la verità.

Almeno che non sia una persona brava a fingere.

-Non ti arrendi, eh?- domanda a sua volta.

-Mi arrenderò solo quando risponderai alla mia domanda.- dico con fermezza.

-Se non sbaglio ti ho già dato una risposta chiara e tonda del perché sono qui. Io non ho ucciso nessuno, Bella.- dice, fissandomi a sua volta. Il suo sguardo trasmette fermezza,sincerità e ...rabbia.

-E tu?- mi chiede.

-Per lavorare, mi sembra ovvio.- dico, ridendo. Ma lui non si unisce a me. Al contrario è serio.

-So che c'è un motivo per cui lavori qui.- la serietà nelle sue parole mi lascia di stucco. Sì, c'è un motivo, ma perché mai dovrei rivelarlo ad un paziente?

-Se non me lo vuoi dire, capisco. Un giorno me lo confiderai se vorrai.- mi aspettavo che insistesse, invece si è rivelato il contrario.

-Sembri molto sicuro di ciò.

-Perché so che lo farai.- dice, facendo un'altra volta quel sorriso da vincitore.

-Beh, penso che per oggi sia tutto. Ci vediamo domani James.- mi alzo, raccolgo la mia agenda e mi dirigo verso la porta.

All'improvviso mi prende la mano e mi attira a sé.

-Stai attenta, Bella. Questo posto non nasconde nulla di buono. Coloro che ti circondano possono rivelarsi i tuoi nemici.- sussurra al mio orecchio. Sento la pelle d'oca in tutto il corpo, e mi sembra quasi di tremare.

-C..Cosa te lo fa pensare?- chiedo, impaurita.

Fa un altro passo.

-Perché i miei istinti non sbagliano mai, piccola.- sussurra, per poi rimettersi nel letto nella stessa posizione di prima. Nessuno mi ha mai chiamato in quel modo, neanche Jason. Il suo timbro di voce è così caldo e roco che potrebbe farti ipnotizzarti solo parlandoti, e questo non va bene.

Affatto.

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