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xvi.






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16. ❲ 𝚂𝙿𝙴𝚁𝙰𝙽𝚉𝙰 ❳



Il decimo pacchetto di fazzoletti di quella serata finì.
Ero rannicchiata sul mio letto ancora con l'abito bianco da parecchio tempo ormai, sperando che quell'inferno di giornata finisse in fretta.

Susannah aveva di nuovo il cancro.

L'unica frase che mi rimbombava nel cervello da quando l'avevano annunciato in quella sala da ballo. Non riuscivo a pensare ad altro.

Nonostante la conoscessi da pochi mesi mi ero così affezionata che pensare che avessi passato tempo con lei senza accorgermi che stesse male, mi faceva infuriare con me stessa.

Mi alzai dal letto aprendo il cestino dell' immondizia e gettai all'interno tutti i fazzoletti usati.

Uscii fuori dalla stanza ed era tutto buio, tutte le camere chiuse. Probabilmente tutti nelle medesime mie condizioni.
Scesi in cucina e la trovai mentre beveva un bicchiere d'acqua.

"Mi dispiace un sacco Susannah, per tutta l'estate sono stata una stupida a non capire cosa c'era che non andava" diedi voce ai miei pensieri.

"Era quello che volevo, passare serenamente l'ultima estate insieme a tutti voi" mi abbracciò.

"Ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto per me, per avermi fatta sentire accolta e non un peso. Grazie" la ringraziai stringendola a me.

"Sono io che ringrazio te, hai reso quest'ultima estate indimenticabile" potei sentirla sorridere.

"Farai la chemio?" chiesi speranzosa staccandomi dall'abbraccio lentamente.

"Penso di sì" le tornarono gli occhi lucidi.

"Funzionerà. Faremo in modo che funzioni" annuii
"Useremo qualche stregoneria, qualche incantesimo, qualunque cosa" continuai cercando di non piangere nuovamente.

"Pensavo non ti affidassi alla magia. Solo cose certe" mi scimmiottò facendomi ridacchiare.

"Ogni tanto è necessario" continuai a sorridere, mi asciugò le lacrime.

"Basta disperarsi" mi rassicurò con lo sguardo
"Se smetti di piangere, giuro che realizzerò un secondo ritratto solo a te" alzò e abbassò le sopracciglia.

"Davvero?"

"Ovvio, ma basta piangere. Davvero" mi accarezzò la spalla scoperta.

"Sfida accettata" passai una mano davanti la faccia e tirai un sorriso.

"Hey che si dice da queste parti?" Laurel entrò in cucina.

"Si dice che questo vestito sta diventando insopportabile" mi lamentai
"A dopo" mi congedai lasciandole sole.

Salii nuovamente al piano superiore, passai davanti la stanza di Conrad:
era chiusa, ancora.

Non osavo pensare come si sentisse, tenere un peso del genere e non poterlo dire a nessuno. In quel momento cominciai a comprendere un po' i suoi comportamenti di quell'estate.

Tornai in camera e mi cambiai con dei vestiti più comodi: pantaloncino della tuta e felpa dato il freschetto di quella sera.

Passai qualche minuto ad osservare le foto scattate in quei mesi, potevo già sentire la nostalgia.

"Forza ragazzi venite qui, si mangia!" sentii Laurel gridare dal piano di sotto.

All'alba ero da sola ad ascoltare musica in spiaggia, seduta sul famigerato telo con i pappagalli che mangiavano gelato. Quel telo maledetto, ciò che aveva scaturito uno dei primi litigi fra me e Conrad.

Sussultai quando qualcuno si sedette al mio fianco. Mi girai ed osservai la figura vestita elegante.

"Non posso credere che abbia detto di sì" disse Conrad sorridendo. Si riferiva al fatto che sua madre avesse accettato di fare la chemio.

"Sei stato tu, sei riuscito a convincerla" tolsi le cuffie dalle orecchie mettendole nella loro custodia e poi poggiandole sull' asciugamano.

"Non io, Jer. È stato lui"

"Dobbiamo solo sperare che vada tutto bene" sospirai chiudendo gli occhi.

"Lo sai come si dice: chi di speranza vive, disperato muore" fece una circonduzione col collo.

"Invece no, non importa quanto in fondo sarà seppellita, mi devi promettere, Conrad, che mai rinuncerai alla speranza. La gente ne ha bisogno" mi aveva osservata per tutto il tempo, lo avevo notato con la coda dell'occhio.
Me ne accorgevo sempre quando mi guardava, anche se come in quel caso avevo lo sguardo rivolto verso il mare.

"Te lo prometto" sussurrò. Io annuii freneticamente.

Calò il silenzio; gli unici suoni che si udivano erano i nostri respiri e le onde che si infrangevano a riva.

"Eleanore" mi chiamò il ragazzo.

"Mh?"

"Scusami se ho fatto lo stronzo tutta l'estate" la voce gli uscì come un sussurro.

"Hai sopportato tutto questo da solo, ti capisco un pochino. Sai che potevi parlarmene, te l'ho detto un milione di volte" lo guardai.

"Ci avevo provato un paio di volte..." abbassò il capo.

"Ma giustamente non ti fidavi abbastanza" provai ad essere comprensiva e tornai a guardare il mare.

"Non è questo, è che provavo così tanto ad odiarti che non potevo abbassare la guardia" confessò.

"Questa cosa davvero non la capisco" emisi una risata nervosa.

"Perché te ne andrai e finirà tutto questo. Non potevo permettermi di innamorarmi di una persona che si sarebbe dimenticata di me" mi voltai verso di lui incrociando immediatamente i suoi occhi celesti.
Avevo capito bene? Innamorarsi?

"Non mi dimenticherei mai di te, Conrad" ammisi alternando lo sguardo dagli occhi alle sue labbra.

"Sono stato egoista, non volevo affezionarmi a te perché poi una volta andata via, quello che sarebbe stato male sarei stato io. Volevo evitarlo ma non ci sono riuscito, anzi adesso manca poco e tornerai in quel buco d'Inghilterra e mi pento così tanto di averti allontanata da me" rimasi sbalordita nel sentire quelle parole.

"Possiamo goderci al meglio questi ultimi giorni, ma in ogni caso non pensare che quando me ne tornerò in quel buco" mimai virgolette ridendo
"Non ti penserò più, anzi il contrario"

"Prima che tu te ne vada, voglio dirti che non ti ho mai odiata" mi accarezzò delicatamente una guancia con l'indice, come se avesse paura che fossi fatta di vetro e che potessi rompermi da un momento all'altro.

"Lo so, nessuno riesce ad odiarmi" sorrisi pavoneggiandomi.
"Stessa cosa vale per me, comunque" mi avvicinai cautamente al suo viso.
Abbassò lo sguardo sulle mie labbra. Quando ci trovammo ad un centimetro di distanza, Conrad la annullò unendo le nostre labbra, proprio come aveva fatto quella sera in piscina.

Quando ci staccammo restammo con le fronti unite, stavamo sorridendo entrambi come due sciocchi. Tutto quel tempo perso ad essere cane e gatto, e per cosa?

Mi staccai da lui giusto per poi porgergli una cuffietta, la indossò e così feci anche io; poggiai la testa sulla sua spalla e azionai la playlist. Mi accarezzò i capelli ed io mi lasciai cullare chiudendo gli occhi.

« Mind over matter
I'm in tatters thinking 'bout her

Taste my disaster
It's heavy on my tongue

All the lights aglow
Tokyo snows
Go to watch the show
Curtain's closed

I'm watching you this time

And if the world don't break
I'll be shaking it
'Cause I'm a young man after all

And when the seasons change
Will you stand by me?
'Cause I'm a young man built to fall »

Mi tolse la cuffia dall'orecchio improvvisamente. Lo guardai con uno sguardo omicida.

"Che cavolo fai?" lo rimproverai. Odiavo quando mi interrompevano mentre ascoltavo le canzoni.

"Devo darti prima una cosa" disse frugando in una delle tasche interne della giacca.

"Volevo dartela prima del ballo ma non c'è stata opportunità, quindi te la do adesso" mi porse un piccolo sacchetto luccicante.

Lo guardai indugiando, poi presi l'oggetto e lo aprii:
al suo interno vi era il ciondolo che vidi nella vetrina del negozio il giorno del compleanno di Belly. Quello in argento con il punto luce in smeraldo a forma di mezza luna.

"Non ci credo, come sapevi che mi piaceva?" sorrisi smagliante osservando quella meraviglia.

"Li ho visti gli occhietti innamorati mentre guardavi il ciondolo, stesso quel giorno l'ho comprato" posai lo sguardo su di lui, che mi osservava con un lieve sorriso.

"Ecco perché sei arrivato in ritardo alla cena del compleanno di Belly" risi facendo ridere anche lui.

"Permetti?" intese il voler aiutarmi ad indossarlo. Annuii.

Ci alzammo e lui si mise alle mie spalle; io alzai i capelli per permettergli di agganciare la chiusura della catenina.

"Ti ringrazio molto" mi girai verso di lui, dando le spalle al mare.

"Hai gli occhi belli come l'oceano, te l'ho mai detto?" inclinò il capo.

"No, eri troppo impegnato a comportarti come un troglodita lunatico" alzai gli occhi al cielo mordendomi il labbro inferiore.

"Te la sei legata al dito questa cosa, eh?" mi diede una leggera spintarella.

"Per forza" scrollai le spalle.

"Tregua?" mi fece l'occhiolino e mi offrì la sua mano.

"Mh fammici pensare" mi finsi pensierosa rigirandomi la mezza luna tra le dita
"Ci sto" afferrai la mano stringendola.



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🌙
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ci vediamo al prossimo!

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