"Sono a casa" [FINALE ALTERNATIVO 1]
-[T/n], dobbiamo mettere i bagagli sul nastro.-
Petra mi si fermò davanti, indicandomi con lo sguardo il nastro trasportatore poco distante.
Dopo un attimo di esitazione mi alzai e la seguii, dove Nicole aveva già depositato le sue valigie.
Seguì a lei Petra, mentre io tentennai e rimasi dietro di loro a guardarle.
A quel punto, Petra mi guardò e prese una delle mie valigie.
-Pronta?-
Feci un respiro profondo e annuii. -Pronta.-
Posai allora l'altra mia valigia, convinta a partire.
Se fosti partita per la Nuova Zelanda.
5 anni dopo
Misi finalmente piede fuori dall'aeroporto e presi una boccata d'aria autunnale.
-Dio mio che caldo!-
-Non siamo più a Wellington, Petra.- Le risposi ridendo, vedendo la mia amica già affannata.
Raggiungemmo l'auto di Adrien (dopo averla cercata per una decina di minuti) e dopo il suo lungo abbraccio con Petra, sistemammo le valigie nel portabagagli e salimmo. Diedi l'indirizzo della casa di mia madre e Armin ad Adrien e partimmo.
Mentre i due davanti iniziavano già a battibeccare, io guardavo pensierosa fuori dal finestrino.
Dopo cinque lunghi anni io e Petra eravamo tornate dalla Nuova Zelanda. Lei con il desiderio di vedere Adrien ed io con il desiderio di vedere la mia famiglia e i miei amici. Ci eravamo sempre tenuti in contatto, ma la voglia di vederli di persona e poterli abbracciare era tanta. E dopo la mia partenza, parecchie cose erano cambiate. A iniziare dal trasferimento di mamma e Armin a Trost, Mikasa all'università ed Eren con un lavoro (da un paio d'anni era diventato più facile trovare lavoro, grazie al cielo). Inoltre, Armin era alla ricerca di un appartamento per andare a convivere con la sua fidanzata.
Ma anche io ero cambiata molto, a partire da una nuova acconciatura e un nuovo stile nel vestire.
Ero talmente assorta nei miei pensieri che mi resi conto di essere arrivata solo quando Adrien parcheggiò l'auto e mi chiese se era questa la casa.
Non dovetti nemmeno rispondergli, siccome una donna spalancò la porta e la riconobbi subito.
Scesi e le andai in contro, con le lacrime agli occhi. -Mamma...-
-Tesoro mio, come sono contenta di rivederti! Ma fatti un po' vedere!-
Mentre mia madre mi faceva fare delle veloci piroette su me stessa, Adrien tirava fuori la mia valigia dall'auto e, dopo avermela data, salutai lui e Petra prima che se ne andassero.
-23 anni... Sei cambiata molto, [T/n]!-
-Tu per niente, mamma.- Le risposi mentre entravamo in casa, tenendo la bocca chiusa per quanto riguardava qualche ciuffo di capelli bianchi, che mi ero sempre presa la precauzione di non farle notare in videochiamata.
Raggiunto il salotto, impegnata com'ero a guardarmi intorno e a notare, con non poca malinconia, la poltrona di papà in un angolo, mi spaventaii quando qualcuno mi venne ad abbracciare e, come se pesassi una piuma, mi sollevò in aria per farmi girare tra le sue braccia. Capii subito di chi si trattava.
-Così mi soffochi, Eren!- Risi mentre lo stringevo a mia volta.
-Cristo, non ti vedo da cinque anni!- Mi rispose prontamente, mettendomi a terra per permettere a entrambi di squadrare l'altro. E solo ora potevo notare l'effettiva lunghezza dei suoi capelli, ora lunghi fino alle spalle e che teneva legati alla bene meglio dietro la nuca.
Subito dopo, dalle scale scese Mikasa, che mi diede lo stesso trattamento di Eren. A differenza di quest'ultimo, lei si era tagliata i capelli ed ora erano molto più corti.
Ma quello che ero più curiosa di vedere, era Armin. E i miei desideri vennero subito saziati.
Mio fratello infatti spuntò dalla cucina e non potei fare a meno di ridere. La prima cosa che mi sorprese molto fu quanto era diventato alto. Ormai raggiungeva e quasi superava Mikasa. La seconda cosa che mi sorprese, anche se meno dato le videochiamate, fu la sua nuova acconciatura. Si era tagliato i capelli ed ora, oltre che sembrare più maturo, risaltava i suoi lineamenti.
-La pubertà ha finalmente bussato anche alla tua porta, allora!- Lo presi in giro, dandogli un pugno leggero sul petto.
-Lo stesso non si può dire di te, sorellina.- Mi portò una mano a scompigliarmi i capelli, facendo notare che io ero rimasta sotto il metro e sessanta.
Lo insultai scherzosamente, abbracciandolo, e successivamente iniziammo tutti a parlare, come se fossero passati secoli dal nostro ultimo incontro.
Arrivò così l'ora di cena e Armin mi informò che voleva farmi conoscere di persona la sua ragazza, Annie. Dalla sua descrizione sembrava molto taciturna e a tratti timida, ma una volta conosciuta si addolciva e si lasciava andare.
-Tu invece, [T/n]? Che racconti?- Mi fece mia madre dopo, facendo intendere a come fossi messa di relazioni.
Ero intenzionata a non parlarne e a fingere non ci fosse ancora nessuno, ma si aggiunsero anche le preghiere di mio fratello e dei nostri amici e mi trovai costretta a parlare.
-E va bene.- Sospirai, posando la forchetta. -Si chiama Zeke.-
-E quando aspettavi di dirci che hai il ragazzo anche tu?- Mamma fece la finta offesa.
-Non è il mio ragazzo. O almeno, non ancora.-
-Che intendi dire? E non fare la misteriosa.- Mikasa mi puntò la sua forchetta, minacciosa.
-Prima di tutto, spiegaci almeno chi è e come vi siete conosciuti.- Rise Eren, continuando a mangiare.
Dovetti rispondere a tutte le domande che mi fecero sul mio compagno d'università, inclusi la sua età e la sua famiglia. E mi fecero sputare fuori anche il nome di un mio collega di lavoro, per cui pensavo di essermi presa una piccola cotta nell'ultimo periodo, Colt.
Dopo la cena, fui finalmente libera da tutte le loro domande sulla mia vita sentimentale e, entrata in camera mia, notai dei messaggi da Petra di un'ora prima.
>Dal momento che staremo una sola settimana, prima di tornare a Wellington dovresti far visita a Levi.
Nel leggere quel nome, il mio cuore saltò un battito e riprese a pompare sangue più velocemente del normale.
Da quanto tempo non nominava lei, nè tantomeno io, Levi? Forse tre anni, se non quattro. Mi ero convinta del fatto che pensare a lui mi facesse solo male e, inoltre, riportava a galla troppi ricordi dolorosi. E questo Petra lo capì, perciò lentamente smise anche lei di parlarne. Io invece, dopo due mesi dalla partenza, sperando inconsciamente che mi mandasse un messaggio o mi chiamasse, decisi di bloccare il suo contatto.
Non che dopo la mia partenza non abbia più pensato a lui. Anzi, il primo anno ci pensavo giorno e notte e capitava spesso che mi lasciassi andare alle lacrime. Tuttavia, più passava il tempo e più mi convincevo del fatto che fosse meglio dimenticarmi di lui; che ormai faceva parte di un capitolo del mio passato ed era inutile rimuginarci sopra, senza andare avanti con la mia vita.
Dopo questo turbine improvviso di pensieri e ricordi, stavo per scrivere a Petra che non mi sembrava una buona idea e che tanto non significava più nulla per me. Ma avrei mentito di nuovo a me stessa facendo ciò.
>Credo che dopo tutto questo tempo, si sia dimenticato di me. E poi, non sono nemmeno sicura abiti ancora a Karaness.
La sua risposta non tardò ad arrivare.
>Se, come diceva sua sorella, avete passato parte dell'infanzia insieme in orfanotrofio, sono abbastanza certa che si ricordi ancora di te.
>Quanto all'indirizzo, tu prova ad andare. Altrimenti quando torneremo a Wellington e ti verrà in mente, ti pentirai di non averlo nemmeno salutato!
Rilessi più volte i suoi messaggi e, senza risponderle, spensi il cellulare. Mi buttai sul letto e portai l'avambraccio a coprirmi gli occhi, pensando se fosse il caso o meno di fare come diceva Petra.
Il mattino seguente
Non credevo l'avrei mai fatto. Non credevo mi sarei veramente ritrovata sulla stessa strada che percorsi quel giorno di cinque anni fa, quando ero scappata a casa di Levi a causa di Christopher e l'avevo trovato in compagnia di quella sua collega. Quella vista mi spezzò il cuore, ma ero comunque lì, davanti casa sua per la seconda volta, e ciò mi dava uno strano effetto.
Ma non portavo rancore o tristezza. Era passato molto da quella volta e, nonostante non negassi i sentimenti che provai per Levi e quello che soffrii, rammentavo a me stessa che era una storia vecchia, mentre percorrevo la strada che mi avrebbe portato davanti alla sua porta di casa.
Fu lì che iniziai ad agitarmi sul serio. Non tanto per la paura di non trovarlo più in quella casa, anzi, l'opposto. Non riuscivo ad immaginarmi la sua reazione nel vederlo, nè tantomeno la mia. Indubbiamente, lui ne sarebbe rimasto molto sorpreso.
Indugiai davanti quella dannata porta per circa un paio di minuti, prima di fare un respiro profondo e convincermi a bussare tre volte.
"No ma che sto facendo?"
Come potevo aver veramente bussato alla porta di Levi? Presentarmi davanti casa sua dopo cinque anni?
Mi maledii e come se non fosse abbastanza vidi, in quell'istante, il pulsante per suonare il campanello.
"No basta io me ne vado vaffanculo."
Feci per girare i tacchi, scappare via e far finta che non fosse successo nulla, ma il rumore delle chiavi che giravano nella serratura mi congelò sul posto.
"Perfetto. Ora sono fottuta."
Mentre la porta si apriva cercai di calmarmi e resistetti alla tentazione di nascondermi dietro a un cespuglio. E quando finalmente la porta si aprì e vidi il volto di Levi passare dall'annoiato all'attonito in un nano secondo, giurai che il mio cuore si fermò per una manciata di secondi.
-[T/n]...?-
Non riuscii ad aprire bocca. E vedevo che anche lui non sapeva cosa dirmi, talmente sembrava scosso dalla mia improvvisa visita.
"Ti prego, dì qualcosa, idiota!"
-He...Hey...-
Hey.
Non ero riuscita a dire altro che un misero "hey".
Volevo sprofondare e mi pentii amaramente della mia visita.
Dopo chissà quanto tempo passato a guardarci l'un l'altra, Levi aprì di più la porta per permettermi di entrare e così feci.
-Sei... Cambiata molto.- Osservò.
-Tu non sembri cambiato di una virgola.- Osservai io.
Di nuovo, il silenzio e il disagio impregnavano l'aria circostante.
"Non hai più 18 anni, ma 23." Ricordai a me stessa, pur di trovare il coraggio di parlare senza balbettare.
-Vedo che qua non è cambiato molto.-
-No. Ma Pixis è andato in pensione, l'anno scorso.-
-Oh.- Commentai, non sapendo se dire "mi dispiace" oppure "sono felice per lui".
-Ecco, senti io... Mi dispiace per l'improvvisata. Ma ho pensato fosse giusto da parte mia venirti a salutare. Insomma, dopo tutto quello che è successo...-
Senza volerlo riportai a galla vecchi ricordi e mi maledii mentalmente.
-Figurati, tanto non stavo facendo nulla di importante. Ad ogni modo quando... Quando sei tornata?-
-Ieri. Sono arrivata ieri con Petra, non so se te la ricordi.- Annuì ed il continuai. -Sto un po' da mia madre e mio fratello, ora a Trost, prima di tornare a Wellington.-
-Non rimani?-
Credo non volesse risultare così dispiaciuto dalla notizia, dal momento che aveva distolto lo sguardo e ora sembrava turbato. Io al contrario mi sentii sollevata, ma non ne capii subito il motivo.
-No... Riparto il prossimo sabato.-
Ancora silenzio, così decisi di interrompere quel momento tanto imbarazzante.
-È quasi ora di pranzo, quindi è meglio che io ti lasci.- Indicai l'uscita alle mie spalle e forzai un sorriso.
Ciò nonostante Levi mi sorprese con la sua proposta di andare a mangiare qualcosa fuori, se per me non era un problema. Allorché accettai il suo invito e, dopo aver aspettato che si preparasse, optammo per una semplice pizza.
Salimmo nella sua auto (la stessa di cinque anni fa) e mi portò ad una pizzeria di Trost, così che al ritorno sarei stata più vicino casa.
Ordinammo una sola pizza da dividerci siccome io avevo fatto colazione tardi e Levi non aveva molta fame a quanto pare e, nell'attesa, iniziammo a parlare, lasciando che in quel modo si sciogliesse la tensione, fino a dissiparsi quasi totalmente.
Levi mi disse che dopo la mia partenza suo padre adottivo si era sposato ed ora lui e sua moglie avevano una figlia di quattro anni. Isabel e Farlan invece avevano iniziato a frequentarsi e da tre anni erano fidanzati. Ebbi l'impressione che di lui non mi stesse raccontando molto, ma solo di cosa era successo intorno a lui, e si limitò a dire che aveva "variato la sua solita routine, ma nient'altro." Capii a ciò che si riferiva e, anche se ero tentata a chiedergli qualcosa su quella sua collega, ritenni che non era necessario e tenni a freno la lingua.
-Tu invece? Come hai passato questi ultimi anni in Nuova Zelanda?-
-Oh, beh... All'inizio è stata dura. Sai, nuovo stato, nuova lingua, nuova vita... Ci ho messo almeno cinque mesi solo a maneggiare l'inglese quanto bastava per chiacchierare con i miei colleghi al negozio in cui lavoravo.- Risi da sola, osservando Levi ascoltarmi con acceso interesse. -Dopo altri due mesi io, Petra e un'altra sua amica avevamo abbastanza soldi per uscire da Wellington e visitare qualche luogo. Non ci sono parole per spiegare la bellezza di certi luoghi! Come Milford Sound, oppure Hobbiton e...-
Più parlavo e più Levi mi dava attenzioni e sembrava sinceramente interessato a quello che gli raccontavo e questo non potè che rendermi contenta.
-Così sono riuscita a frequentare dei corsi serali per ottenere il diploma e adesso sono al mio primo anno di Università. Ho dato il primo esame e appena tornerò a Wellington mi preparerò per il secondo.-
Parlando, avevamo finito di mangiare e decidemmo che era il momento di andare a pagare. Stavo tirando fuori il portafogli, ma prontamente venni fermata dal corvino. -Faccio io.-
Non riuscii a dare i miei soldi al cassiere in tempo così, mentre Levi aspettava il resto, approfittai della sua distrazione per infilargli con la forza dieci euro nel portafogli e uscire di corsa dalla pizzeria.
-E non pensare nemmeno di ridarmeli eh!- Lo avvertii, sorridendogli.
-Mi ero offerto io di pagare.-
-Non ho più problemi economici, perciò non accetto più che qualcuno mi offra qualcosa.-
Ed era vero, non volevo più farmi offrire nemmeno da bere. E questo specialmente da lui. Levi era l'ultima persona a cui avrei più chiesto denaro.
Solo allora mi accorsi, guardandolo negli occhi, che il tempo passato con lui mi aveva fatto più piacere del previsto e lo stesso sembrava provare Levi. Ma allo stesso tempo, sapevo che riavvicinarmi a lui sarebbe stato rischioso.
-Oh, quasi dimenticavo.- Sussultai, sganciandomi la collana con l'angioletto che, ricordai a Levi porgendogliela, mi aveva regalato all'orfanotrofio.
-Isabel mi aveva raccontato tutto e trovavo giusto restituirti la collana e il carillon, quest'ultimo però lasciato a Wellington. Ma ci tengo a ridarti almeno questa, nonostante non pensassi di vederti per ridartela.-
Aspettai che la prendesse, ma non lo fece. -Tienila. In fondo te l'avevo regalata.-
-Ne... Ne sei sicuro?-
Annuì e la prese solo per rimettermela al collo. Non ci allontanammo subito l'uno dall'altra e restammo così per una manciata di secondi, con il suo viso a pochi centimetri dal mio.
Non mi resi conto, e probabilmente nemmeno lui, che lentamente ci stavamo avvicinando, tuttavia il mio cellulare in borsa iniziò a squillare e ciò mise fine a quel contatto.
Velocemente afferrai il cellulare e risposi, dopo aver letto chi era. -Zeke?-
Ci parlai per un minuto scarso, giusto per dirgli che stavo bene e che poteva dormire tranquillo, prima di riagganciare.
-Scusa, era un mio compagno di università con cui mi sto sentendo.-
-Nel senso che... Vi state frequentando?-
Posai il cellulare in borsa e mi resi conto delle parole che avevo usato, mordendomi il labbro. -Per adesso ci sto solo uscendo quindi... Non proprio.- Gli spiegai.
-E a te piace?-
Rimasi a guardarlo e sentii il mio cuore aumentare i suoi battiti secondo dopo secondo. -Non lo so... Alcuni suoi amici mi hanno riferito che a lui piaccio molto, a quanto pare, e allora... Sto vedendo se anche io provo qualcosa.-
Per qualche secondo Levi rimase in silenzio, sembrando sovrappensiero, per poi liquidare l'argomento. -Capisco.-
A quel punto, ripensando a cinque anni prima, trovai il coraggio di fargli quella domanda, che per tutto il tempo del nostro incontro mi girò in testa.
-Levi ascolta, prima che io partissi tua sorella mi aveva detto che tu, ecco... Eri innamorato di me. Ora, non voglio certo metterlo in dubbio, nonostante all'epoca non ne fossi convinta, volevo quindi chiederti... Hai smesso di provare quei sentimenti per me, vero?-
Non sapevo se speravo che negasse o affermasse i miei dubbi e l'attesa che mi rispondesse fu insopportabile.
-Rispetto a quando avevo 25 anni, sono un po' cambiato e ho deciso di non mentire più a me stesso. Perciò, la risposta alla tua domanda è no.-
Le sue parole mi lasciarono totalmente spiazzata e non riuscii a nasconderlo. Non capivo nemmeno se ne fossi felice. Ero oltremodo confusa. Possibile che, dopo cinque anni, convinto che non mi avrebbe mai più rivista, non avesse smesso di amarmi?
Senza dubbio ero diventata rossa come un peperone e Levi, probabilmente per rompere quel silenzio straziante, riprese.
-Ricordo però che Isabel, prima della tua partenza, mi aveva detto che anche tu mi amavi.-
-Sì... È così...- Mormorai. Sentivo il mio cuore che, a momenti, sarebbe potuto uscire dal petto.
-Allora perché non sei rimasta?-
Potevo chiaramente sentire il dispiacere nella sua voce, ed abbassai il capo per non doverlo guardare in quello stato. -E tu perché non mi hai fermata per farmi rimanere?-
-Ero venuto all'areoporto. -Rispose prontamente. -Ma non ho fatto in tempo.-
-Potevi chiamarmi!- Lo guardai, accorgendomi che non solo avevo alzato la voce, ma che i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime.
-Anche tu eri libera di farlo.- Replicò.
Restammo allora in silenzio. Continuai a sostenere il suo sguardo, fissandolo con le labbra tremanti nel tentativo di dire qualcosa, quando Levi distolse lo sguardo e lentamente iniziò a voltarsi.
-A quanto pare, abbiamo fatto di tutto per non capirci. È un peccato che sia andata a finire così. Ora scusa, ma è meglio che io vada.-
Dopo quelle parole si allontanò verso la sua auto e d'istinto protesi il braccio in avanti, ma il suo nome mi morì in gola.
Lo guardai mettere in moto e svoltare l'angolo, sentendo una lacrima scendermi lungo la guancia destra e soffermarsi sul mio labbro, prima che un'altra lacrima la facesse arrivare al mento e cadere a terra.
Mi sentii come se ci fossimo appena detti addio. Come se io in quel momento fossi Rossella e lui Rhett.
Ci erano voluti tre anni per impormi di non pensare più a Levi. Per impormi di non amarlo. E in nemmeno un paio d'ore era tornato tutto. Ogni parola, ogni sguardo, ogni ferita.
Tornai a casa e per i giorni seguenti continuai a pensare al mio incontro con Levi. Avevo ricominciato a provare qualcosa. Il mio cuore aveva ricominciato a palpitare per lui. Anzi, non aveva mai smesso. E nemmeno quello di Levi.
"Se ci siamo sempre amati, tra noi avrebbe potuto funzionare, giusto?"
Allo stesso tempo, c'erano gli avvenimenti di cinque anni fa a darmi un freno. I miei problemi economici e il cancro di mio padre che mi avevano portato a rivedere Levi, dopo anni, in quelle orribili circostanze. Il ritorno di Christopher e la collega di Levi, a quel punto, erano il male minore.
Saremmo veramente riusciti a cominciare una storia normale?
O forse saremmo invece dovuti andare avanti. Io avevo 23 anni e una vita universitaria in Nuova Zelanda insieme a qualcuno che avrebbe potuto prendere il posto di Levi nel mio cuore. Levi aveva quasi 30 anni, nel pieno della sua carriera lavorativa e di un solo grado più giù rispetto a suo padre adottivo, il suo capo.
Era ovvio che entrambi avevamo due vite nettamente diverse e avremmo fatto meglio a girare pagina.
Ma come sempre, se non ci fosse stata Petra al mio fianco, avrei continuato a fare scelte sbagliate.
Due giorni prima della nostra partenza, ci vedemmo e mi rimproverò sia per essere partita cinque anni prima in modo così avventato, sia per aver lasciato andare Levi un'altra volta.
E il giorno prima della partenza decisi di fare la prova del nove. Di giocarmi il tutto per tutto. Ero intenzionata a non lasciarlo più andare, ma allo stesso tempo volevo assicurarmi che lui facesse lo stesso.
Fu così che tornai a Karaness e nervosa suonai il campanello di Levi.
Appena mi aprì lo vidi ancora sorpreso di vedermi, seppur meno della scorsa volta.
-Posso entrare?- Indicai con lo sguardo l'interno e, senza dir nulla, mi fece segno di accomodarmi.
-Vuoi che ci sediamo?- Chiuse la porta, vedendomi ferma al suo fianco.
Negai subito con un breve cenno di mano. -No no, tranquillo. Sono solo venuta... Venuta a salutarti. Domani mattina riparto.-
Levi rimase in silenzio, ma lo vidi rabbuiarsi.
-E inoltre farti sapere una cosa.- Mi forzai a guardarlo negli occhi e continuai. -Ho passato i miei primi tre anni, se non di più, in Nuova Zelanda a cercare di dimenticarti. Di dimenticare quello che provavo per te. E credevo di esserci riuscita. Eppure... Mi è bastato rivederti, per capire che sono stata una stupida a pretendere di cancellarti dalla mia vita. E non posso imporre a me stessa di smettere di amarti. Così mi sono resa conto di non potermi innamorare di Zeke o di nessun altro, perché il mio cuore so che, nel profondo, apparterrà sempre a te.-
Seguì un breve silenzio, in cui Levi non smise per un solo istante di guardarmi, e decisi di continuare.
-D'altra parte, ripensando a tutto ciò che è successo, non sono convinta che tra noi possa funzionare. Insomma basti ricordare a come ci siamo rivisti cinque anni fa. Perciò penso che entrambi dovremmo andare avanti con le nostre rispettive vite...-
Ancora, non disse nulla ed io, con il cuore in gola, mi voltai.
-Allora... Addio, immagino.- Afferrai la maniglia, socchiusi la porta e nel momento in cui stavo per uscire, la voce risoluta di Levi mi fermò.
-Ma sei stupida?-
Senza che ebbi tempo di muovermi o fare altro, la porta davanti a me si richiuse rumorosamente e Levi mi afferrò le spalle, così da farmi voltare verso di lui, con la schiena contro la porta. L'attimo dopo fui colta alla sprovvista dalle sue labbra che velocemente si posarono sulle mie.
Troppo scombussolata, non mi accorsi di quanto restammo così, prima che lui si allontanasse di poco per sussurrarmi -Non ti lascio scappare di nuovo.-
Riprese a baciarmi, questa volta in maniera più dolce, portando una mano sulla mia guancia mentre l'altra rimase appoggiata alla porta.
Cominciai a ricambiare il bacio e portai le braccia a stringergli la vita, così da poter avvicinare i nostri corpi e lasciare che il bacio si facesse più profondo.
Ci allontanammo l'un l'altra poco dopo ed io non riuscii a trattenermi dal ridere.
-Perché diavolo stai ridendo adesso?-
Mi portai una mano a coprirmi gli occhi, smettendo lentamente di ridere. -Avevo paura non mi avresti fermata.-
Alzai lo sguardo su di lui e lo vidi ovviamente confuso, così gli spiegai. -Non avevo più intenzione di partire. Ho capito l'errore che feci quella volta, ma... Volevo essere sicura l'avessi capito anche tu.-
Gli sorrisi genuina e Levi, di tutta risposta, fece partire l'indice a colpirmi la fronte e, seppur non mi fece male, mi sorprese.
-Stupida. Se non ti avessi fermato, cosa avresti fatto?-
-Beh, in realtà ero abbastanza sicura mi avresti fermata, perché mi avevi detto che non avevi più intenzione di mentire a te stesso. Ma se così non fosse stato... Prima di tutto sarei tornata indietro per ricoprirti di insulti, e successivamente ti avrei rigato la macchina. -Risposi scherzosamente.
Lo vidi rilassarsi e sospirare. -Mi hai fatto prendere un colpo quando mi hai detto che mi amavi ancora ma saresti partita in ogni caso. Pensavo ti fossi fottuta il cervello...-
Risi e, senza dire altro, gli avvolsi le braccia attorno al collo e feci scontrare le nostre fronti, chiudendo gli occhi.
-Domattina sarò di ritorno a Wellington solo per riprendere tutte le cose lasciate là, presentare le dimissioni al lavoro e ritirarmi dall'Università. Inoltre dirò a Zeke che non se ne farà nulla.- Lo informai in un mormorio.
-Tornerai il prima possibile, vero?-
Aprii gli occhi e li incatenai ai suoi, guardandoci come mai avevamo fatto.
-Sì. Tornerò qua. Con te.-
Ero finalmente tornata a casa. E non volevo più allontanarmi da quelle braccia che dolcemente mi stringevano, facendomi sentire al sicuro.
*Spazio Me*
Ci tenevo solo a ringraziare coloro che hanno lasciato tutti quei bellissimi commenti di supporto nello scorso capitolo. Siete state gentilissime e spero che questo capitolo sia riuscito a ripagare tutta la vostra dolcezza ♡
*Levi la porta via*
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