Ackerman's Tea shop [FINALE ALTERNATIVO 2]
Il ragazzo biondiccio, girando all'interno dell'ospedale alla ricerca di una bimba dai capelli rossi, entrò in una stanza, convinto che la bambina che stava cercando fosse lì. Ma appena lo fece, si ricredette subito.
-Scusami, devo aver sbagliato stanza. Cercavo quella di un'altra bambina. Ha i capelli rossi e due grandi occhi verdi, l'hai vista?-
La piccola sul letto d'ospedale negò con la testa e senza dire nulla riprese a colorare il suo libro.
Il ragazzino stava per uscire, ma continuò a guardare la bimba e spostò lo sguardo sul gesso che le avvolgeva una gamba. -Come te la sei rotta?-
-Sono caduta dall'albero dell'orfanotrofio.-
-Sei orfana?-
La bambina questa volta annuì, ma continuò a colorare indisturbata, con lo stesso sguardo triste di prima.
Il biondo continuò a osservarla e, assicurandosi che non arrivasse nessun dottore, entrò nella stanza. -Come ti chiami?-
-[T/n].-
-Io sono Farlan. Farlan Church Smith. Ti aiuterò ad uscire da qui.-
Solo in quel momento la piccola si girò a guardare il ragazzino, confusa ma allo stesso tempo curiosa.
Se la madre di Levi non fosse mai morta.
[T/n]'s pov
Era un bellissimo sabato di fine novembre. I rami degli alberi già spogli di tutte le loro foglie si muovevano con una leggera brezza pomeridiana, che faceva svolazzare anche le foglie secche cadute a terra e le insegne dei locali di Trost. Banchi di nuvole si inseguivano nel cielo, coprendo di tanto in tanto il Sole che era già a due terzi del suo percorso.
Sapevo come avrei voluto passare quel bellissimo pomeriggio, che già era proiettato nella mia mente: un'uscita insieme alle mie amiche, in giro per negozi, poi una tappa al bar, a bere qualcosa e chiacchierare (per lo più sparlare dei compagni di scuola). Sì, sarebbe stata proprio una bella giornata, se solo Erwin ed Hanji non avessero avuto altri piani in serbo per me. I due erano infatti impegnati con una questione lavorativa parecchio importante e, per ironia del caso, la babysitter del loro figlio più piccolo era malata. E siccome Farlan quel pomeriggio era di turno all'ospedale ed Isabel era all'Università, io ero risultata l'unica disponibile per prendermi cura di mio fratellino di soli tre anni.
Sbuffai nella mia sciarpa, seguendo Stuart e standogli appena dietro, così da non perderlo di vista. Ogni volta che in una vetrina di un negozio intravedevo qualcosa che mi piaceva dovevo fare i salti mortali per fermare il bambino e convincerlo ad entrare, ma l'aveva sempre vinta lui. Era molto testardo, se non viziato, e se si imponeva di non fare qualcosa non la faceva e basta.
Perciò, dopo aver passato l'ennesimo negozio a malincuore, continuavo a seguire mio fratello, quando il cellulare mi squillò e vedendo che era una mia amica risposi.
-[T/n] mi serve aiuto!-
-Ora sono occupata in realtà, quindi se non riguarda la scuola-
-Il ragazzo di cui ti avevo parlato ieri mi ha scritto su instagram.-
Arrestai il mio passo e, immediatamente, risposi quasi urlando. -Ommioddio cosa ti ha scritto?!-
Credo di essermi distratta per una ventina di secondi, poco meno, ma bastarono quelli per farmi perdere di vista Stuart. Fu quando misi gli occhi su un paio di stivali in una vetrina, dando consigli alla mia amica, che mi tornò in mente mio fratello minore.
Mi voltai come una furia da una parte all'altra del marciapiede, con la paura che potesse aver attraversato la strada, ma per mia fortuna subito dopo lo vidi a qualche metro da me, sempre sul marciapiede, che con le sue maledette manine stava spingendo una porta per entrare da qualche parte.
-Scusa ma ti devo lasciare ti richiamo appena posso ciao.- Dissi tutto d'un fiato e chiusi la chiamata senza darle nemmeno il tempo di rispondere, infine con una piccola corsa raggiunsi Stuart quando però era già all'interno del negozio.
Lessi solo di sfuggita l'insegna con su scritto "Ackerman's Tea Shop", perchè mi catapultai dentro come una pazza, con un leggero fiatone, e presi in braccio mio fratello.
-Ti avevo detto di non allontanarti!- Iniziai a rimproverarlo e avrei continuato per un altro po' appena uscita, se qualcuno non mi avesse interrotto.
-Posso aiutarla?-
Di colpo alzai gli occhi. Un ragazzo mi stava fissando, confuso, fermo a metà di una scala posta nel lato sinistro della stanza. Era molto bello, pensai guardando il suo viso per un breve momento, e ciò contribuì ad accrescere il mio disagio, già presente per il fatto di essermi presentata in quel modo: le guance arrossate, i capelli presumibilmente un po' in disordine e la sciarpa fuori posto, con un'estremità che per poco non toccava il pavimento.
-Si sente bene?-
Credo lo stessi fissando da un po' troppo, senza spiccicare parola, perché lentamente scese gli ultimi scalini e mi si avvicinò, fermandosi a un paio di passi da me.
-S-sì, mi scusi. Mio... Mio fratellino è entrato qua e... Insomma- l'ho perso di vista per un momento ed è entrato qui da solo, voglio dire... Non volevo disturbare.- Balbettavo cercando di costruire un discorso sensato, mentre mettevo giù Stuart e cercavo di darmi una sistemata veloce.
-Oh. Capisco.- Il ragazzo si portò le mani in tasca posando gli occhi sul bimbo, ed io ne approfittai per continuare a guardarlo. Portava un paio di jeans blu scuro, stivaletti neri e una camicia bianca. Aveva lasciato sbottonati solo due bottoni sul colletto e teneva le maniche arrotolate fino ai gomiti, lasciando intravedere il suo colorito pallido.
I miei occhi si spostarono poco dopo a osservare il negozio, che capii vendeva tè e tisane. Le pareti erano di un color panna e il pavimento in legno scuro. Sulla parete a destra, dietro il lungo bancone con la cassa, varie teiere e altri oggetti, c'erano delle mensole piene di barattoli di latta verde, sui quali erano attaccate delle etichette con su scritto il contenuto, tutte erbe provenienti dall'Asia Orientale o dall'Africa. A sinistra dell'entrata invece, proprio di fronte alla scala che portava al piano di sopra e da dove era arrivato il ragazzo, c'erano dei piccoli tavoli rotondi neri, che rendevano il negozio anche una sorta di bar, in quel pomeriggio però vuoto.
Proprio mentre stavo guardando i quadri alle pareti, mi accorsi di una sottile musica jazz che riempiva il locale, donandogli un'aria molto più vintage e autunnale di quanto già ne avesse.
Vidi che il ragazzo stava seguendo con gli occhi ciò che osservavo, quando ruppe il silenzio. -Posso offrirle qualcosa?-
Stavo per rifiutare: dovevano essere le 16 passate e non vedevo l'ora di tornare a casa, aspettare che qualcuno arrivasse e potermi liberare di mio fratello. Non che non gli volessi bene, ma badare a lui era un'impresa.
Tuttavia qualcosa mi fermò e le parole mi morirono in gola. Alle mie narici arrivò un leggero profumo, che mi accorsi permeava l'intera stanza. Non era forte, ma delicato e dolce, con una certa nota speziata che fece rilassare i miei muscoli, prima ancora molto tesi.
-Forse il tempo per una tazza di tè o... qualunque cosa ci sia in quei barattoli, ce l'ho.- Feci una leggera risata per mandar via l'imbarazzo.
-Posso farle vedere cosa c'è e sentire i vari odori delle erbe se vuole.-
Passarono una decina di minuti. Avevo optato per un infuso dell'Africa e mi ero seduta ad un tavolo ad aspettare, cercando di tenere a bada Stuart dal toccare tutto ciò che vedeva.
Non capivo cosa, ma quel piccolo negozio/bar mi trasmetteva una strana sensazione di quiete e felicità, come se fossi in un altro pianeta, alienata dal mondo reale.
Il corvino tornò con l'infuso, che aveva un colorito di un rosso borgogna acceso e un odore che mi fece innamorare, talmente si avvicinava ai miei gusti.
Aspettai un momento che si raffreddasse, soffiandoci sopra, e ne bevvi un sorso. Immediatamente sentii espandersi nel mio corpo un piacevole calore e i miei nervi si rilassarono totalmente.
Finalmente Stuart si era seduto, forse anche lui tranquillizzato dall'ambiente circostante, e i miei occhi si posarono sul bancone, dietro al quale il corvino stava pulendo e dov'era posato un libro. Cercai di leggerne il titolo per curiosità: ero sempre stata una di quelle persone che nelle foto sui social delle persone che si laureano, "zoommano" sul certificato per vedere in cosa si sono laureate. Chiusi perciò gli occhi in due fessure, e il corvino a quanto pare se ne accorse, perchè rivolse lo sguardo prima su di me e poi sul libro. -Oi, stai cercando di capire che libro è?-
Sobbalzai e, pensando di averlo turbato per l'essermi impicciata in qualcosa di suo, accampai qualche scusa, ma di tutta risposta il ragazzo mi guardò apatico, prese il libro, venne da me e me lo posò davanti.
Leggermente a disagio, riuscii a leggere il titolo: I Demoni, di Fedor Dostoevskij.
-Leggi sempre libri così... Grandi?- Chiesi facendo una leggera risata, in modo da sdrammatizzare un po', osservando la mole del libro.
-Mi piacciono i romanzi russi corposi. Questo è già il terzo che leggo di Dostoevskij, ma a dir la verità preferisco Tolstoj.-
Lo guardai come se stesse parlando in una lingua totalmente diversa dalla mia e parve notarlo, siccome prese posto a sedere davanti a me e sospirò. -Tu non sembri una che legge molto invece.-
Mi accorsi solo in quel momento che avevamo iniziato a darci del tu, e per un momento mi sentii arrossire. In fondo lui sembrava più grande di me, superava di certo i vent'anni nonostante i lineamenti molto delicati e giovanili. D'altro canto io avevo solo diciotto anni.
-Lo ammetto non sono una gran lettrice. Mi sono sempre limitata solo ad alcuni classici inglesi dell'Ottocento, come Jane Austen o le sorelle Brontë. E ovviamente Harry Potter.- Sorrisi, continuando di tanto in tanto a sorseggiare la mia bevanda. -Preferisco spendere il mio tempo libero ad uscire con le amiche. Ora penserai che io sia la classica diciottenne che fa solo shopping coi soldi del padre e spettegola in giro, probabilmente.-
-Non c'è nulla di male nel divertirsi uscendo con le proprie amiche. Non è questo a renderti uguale alla massa.- Osservò, poggiando il gomito sul tavolo e il mento sul palmo della mano. -Anche io dal tuo punto di vista potrei essere un normale ventiquattrenne. Lavoro, esco con i miei colleghi universitari e leggo quando trovo del tempo libero.-
"Cavolo ha ventiquattro anni... Eppure li porta benissimo." Mi trovai a pensare.
La conversazione prese velocemente una piega piacevole e continuammo a parlare finché non finii il mio infuso e per un altro po'. Arivammo a raccontarci delle nostre rispettive vite, ed io gli parlai della mia infanzia. Di solito non mi metto a parlarne con tanta facilità, ma con quel ragazzo mi sentivo talmente a mio agio, inaspettatamente, che non sentivo al contrario l'istinto e la necessità di nascondermi.
-Ho vissuto in un orfanotrofio fino a sei anni. Un giorno decisi di salire sull'enorme quercia del giardino e a quanto pare non feci abbastanza attenzione, perché caddi. Non ero riuscita ad arrivare troppo in alto per fortuna, quindi finii solo con una gamba rotta. Per farla breve, all'ospedale incontrai un certo Erwin Smith, sai il CEO delle imprese "Smith & Zoe", hai presente? Ecco insomma, mi adottò e vissi con lui e gli altri suoi due figli adottivi. Quattro anni fa si è sposato ed ora come vedi sto badando al suo unico figlio biologico.- Guardai il piccolo Stuart di appena tre anni, dai capelli bruni della madre e gli occhi azzurri del padre, assorto in chissà quali pensieri mentre osservava il foglio dov'erano segnate tutte le tipologie di tè e tisane.
Per tutto il tempo il corvino sembrò ascoltarmi interessato, e continuava a fare domande.
-Tu invece? Dove sei cresciuto?-
-Se non ti dispiace, non mi va di parlarne.-
Mi sentii improvvisamente in imbarazzo, come se mi fossi esposta troppo o avessi parlato troppo di me, ma subito il ragazzo fermò le mie preoccupazioni. -Scusami ma trovo difficile parlare della mia infanzia, non è che non te la voglio raccontare.-
-Ma certo non ti preoccupare, lo capisco!- Misi le mani avanti e in quel momento, dal piano di sopra, scese una signora. Aveva un paio di jeans chiari e una camicia verde scuro, con sopra un cardigan color crema. Guardandole il viso, notai parecchie somiglianze con il ragazzo. Avevano infatti gli stessi capelli corvini e gli stessi occhi grigi. E ovviamente, anche lei era molto bella. Capii subito quindi che si trattasse della madre, di cui lui mi aveva parlato raccontando che la aiutava col negozio.
-Pensavo avessi già chiuso.-
Entrambi ci accorgemmo solo in quel momento che il sole stava calando ed erano le 17 passate.
-Non mi sono accorto dell'ora, scusami.-
La madre stava per dire qualcosa, ma quando notò la mia presenza parve rassenenarsi. -Non pensavo fossi in compagnia.-
-È solo... una cliente.- Il ragazzo scambiò una veloce occhiata con me, prima di alzarsi. -E siccome il negozio era vuoto ci siamo messi a chiacchierare.- Continuò con voce pacata e bassa.
-Ma no, non ti preoccupare. È solo che uscita da camera mia ho sentito delle voci e sono venuta a controllare.- La signora mi rivolse un sorriso, che mi sembrò un po' troppo felice per essere rivolto ad una semplice cliente. -Spero che quello che hai bevuto da noi ti sia piaciuto.-
Le risposi di sì, che mi era piaciuto molto e che di sicuro sarei tornata. Dopo ciò tirai fuori il portafogli dalla mia borsa per pagare e ne approfittai per comprare qualcosa per Farlan.
Alla cassa, subito dopo aver pagato, il corvino mi fece segno di aspettare e salì al piano di sopra, per tornare poco dopo con due libri che mi porse. Uno, lessi, era Delitto e Castigo di Dostoevskij, mentre l'altro Anna Karenina di Tolstoj.
-Dovresti leggere di più. Te li presto, così poi quando tornerai mi dirai quale hai preferito.-
Lo guardai, prima di abbassare lo sguardo sui libri per leggerne le rispettive trame.
-Delitto e Castigo sembra interessante, inizierò da questo.- Sorrisi, ritirando i libri in borsa e facendo attenzione che non si piegassero, tornando dopo a guardare il ragazzo. -Grazie mille...- Mi fermai. Mi resi conto solo in quel momento che non ci eravamo nemmeno presentati, nonostante avessimo avuto una lunga conversazione.
-Levi.- Mi precedette. -Mi chiamo Levi.-
-[T/n].-
Presi per mano Stuart, che nel mentre aveva piegato e si era messo in tasca quel foglio pieno di scritte che nemmeno riusciva a leggere, e aprii la porta a vetri per uscire.
-Torna presto a trovarci, cara!- Mi sorrise la donna, con uno sguardo dolce e gentile.
Le sorrisi a mia volta, abbassando di poco il capo, e uscii dal locale.
Si stava facendo velocemente buio e dovevo sbrigarmi a tornare a casa, ma ancor prima di poter fare un passo il mio cellulare nella tasca del cappotto iniziò a squillare e, tentando di tenere fermo mio fratello, lo presi per rispondere.
-Stuart sta fermo un momento! Pronto?-
-Vedo che non ti da pace quella piccola peste, eh?-
-Chris, hey!- Sorrisi sentendo la voce dall'altro capo del telefono. Christopher era un ragazzo che avevo conosciuto un paio di settimane prima, durante un'uscita con delle mie amiche e con cui mi stavo sentendo. Capivo di piacergli, ed io non potevo certo dirmi indifferente.
-Allora? Domani vieni a casa mia come ci eravamo detti stamattina?-
Stavo per rispondere che ci sarei stata, ma il destino volle che i miei occhi si posassero un'ultima volta dentro il negozio e guardai Levi, dietro al bancone che contava i soldi. Anche lui alzò gli occhi e incrociò lo sguardo con il mio. Non seppi per quanto rimanemmo a guardarci, ma in quel lasso di tempo sentii una stretta al cuore che mai avevo provato prima, che quasi mi fece rimanere senza fiato.
-[T/n]? Ci sei ancora?-
-Sì... Ci sono.- Risposi, senza però staccare nemmeno per un momento gli occhi da Levi, cosa che nemmeno lui fece. Ignoravo addirittura Stuart che con forza tentava di liberare la sua mano dalla mia, mentre si lamentava. Tutto di me era rivolto in quel semplice contatto visivo, come se la realtà circostante fosse scomparsa all'improvviso e fossimo rimasti solo noi due.
-Allora domani sera ci sarai?-
Per puro caso, Levi dall'altra parte di quella porta a vetri mi rivolse un sorriso. Era appena visibile, talmente piccolo e appena accennato, ma non riuscii a pensare ad altro che quello e ai suoi occhi incatenati nei miei.
Tutto ciò che potei fare fu sorridere a mia volta, col cuore stracolmo di un nuovo sentimento che non ero ancora riuscita ad identificare, ma che mi faceva provare una gioia immensa.
Presi finalmente fiato per rispondere a Christopher, senza smettere di sorridere a Levi, ancora ipnotizzata dal suo sguardo.
-In verità... Domani ho un impegno.-
[Spazio Me]
Come sempre mi scuso se ci sono periodi in cui scompaio per mesi, ma ne è valsa la pena dal mio punto di vista scrivere solo in quei brevi momenti di ispirazione, tra "un'ansia e l'altra". Infatti mi ritengo molto soddisfatta di questo finale alternativo.♡
*Levi la porta via*
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