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8. I rischi del mestiere

Levi's pov
Il suono del campanello si percepì in tutta casa, arrivando anche alle orecchie di Levi, impegnato a lavorare nel suo ufficio.
Sentì chiaramente la voce di una donna insieme a quella di Pixis. L'ufficio era accanto alla porta d'entrata, quindi il corvino poté ascoltare tutta la conversazione.

-Sono Naomi Tanaka. Ho chiamato poco fa il signor. Ackerman per questioni lavorative.-

Levi sbuffò rumorosamente. Era già la seconda volta che la signorina Tanaka veniva a casa del corvino per, a detta sua, "problemi lavorativi".
Erwin gli aveva detto di prestarle attenzione, aiutandola se ne avesse avuto bisogno. Sarebbe mancato poco prima delle promozione anche di Tanaka e che quindi non fosse più inferiore rispetto a Levi.
Ma lui non la riteneva il grado della carica lavorativa. Soprattutto per il fatto che chiedesse sempre aiuto in qualsiasi cosa. Anche se aveva iniziato a pensare che fossero soltanto scuse per qualcosa a lui ignoto.

Pixis in quel momento aprì la porta dell'ufficio, facendone capolino con la testa.

-Falla entrare.- Levi non diede nemmeno il tempo al maggiordomo di dire una parola.

-Come vuole.- Chinò leggermente il capo, aprendo di più la porta per permettere alla giovane donna di entrare nella stanza.

Tanaka aspettò che il maggiordomo se ne andasse, prima di spiegare per filo e per segno il "problema lavorativo". -Signor. Ackerman, mi dispiace di disturbarla con i miei problemi.-

-Va al dunque.- Le mise fretta, non distogliendo gli occhi dal PC.

-Ecco, riguarda le offerte di benefits in linea con le strategie aziendali.-

Levi smise di guardare il computer, facendo cenno alla giovane donna di avvicinarsi per mostrargli quale fosse quella difficoltà.
Ella posò quindi la valigetta sulla sedia, aprendola e tirandone fuori vari fogli e documenti. A quel punto si avvicinò di più a Levi, mettendosi così al suo fianco e si piegò leggermente in avanti, mostrando l'evidente scollatura a V della camicetta bianca aderente. In qualche modo, sembrava che la donna stesse cercando di far notare al corvino il suo seno prorompente. Se quello era l'obbiettivo, ci riuscì perfettamente. Se non fosse per il fatto che a Levi, detto in parole povere e volgarmente, non fregasse un cazzo. Ed anche se notò la scollatura, tenne gli occhi ben fissi sui documenti, mettendosi un paio di occhiali per esaminarli più attentamente.
Dopo una buona mezz'ora di futili spiegazioni e chiarimenti su quel "problema", la giovane donna ritirò nuovamente i documenti nella piccola valigia.

-Posso farle una domanda?-

-Se proprio devi.- Le rispose freddo e distaccato Levi, ritornando con gli occhi al computer.

-A Sina, qua vicino, hanno aperto un nuovo ristorante. E mi stavo chiedendo se lei una di queste sere fosse libero... Per andare a mangiare qualcosa...- Le sue goti nel dirlo si tinsero di un lieve rosso scarlatto, che la giovane donna tentò di nascondere con i capelli biondo platino.

-Sono molto occupato in questo periodo, in verità.- Rivolse solo un piccolo sguardo a Naomi, guardandola nel suo grande occhio destro nero come la pece, dato che il sinistro era sempre coperto da un enorme ciuffo di capelli.

-Oh...- Abbassò lo sguardo Tanaka. -Vorrà dire che sarà per un'altra volta. Magari dopo Natale.-

-Vedrò come sarò messo con gli impegni.- Sì limitò a rispondere l'uomo.

Allora Naomi lo salutò ed uscì dall'ufficio.
In realtà, Levi non era molto impegnato. Poteva perfettamente lavorare da casa quando voleva e la sera non faceva niente, se non allenarsi fino ad un'ora prima di cenare e delle volte andare con una prostituta la tarda sera. In particolare vicino al periodo festivo aveva sempre meno lavoro.
Anche se, dopo una cena con Naomi Tanaka, avrebbe potuto approfittarne per portarla nella sua tanto amata ed odiata camera d'albergo. Ma lei non sembrava il tipo da fare certe cose. E in più, al corvino non interessava particolarmente da quel punto di vista. Forse per il fatto che fosse una sua collega di lavoro.

"Ci posso essere solo il sabato e la domenica notte."

A Levi venne in mente la frase della ragazza dai capelli [c/c]. Quando gli aveva detto che non poteva esserci durante la settimana perché andava a scuola, per poco non gli era venuto un colpo. Per un attimo aveva pensato fosse minorenne a quella frase, come la prima volta che la vide. E non c'era nemmeno bisogno di specificare per quale motivo si fosse preoccupato così tanto per quel possibile particolare.

A interrompere i suoi pensieri, fu il bussare alla porta della stanza.
Appena ebbe ricevuto il permesso di entrare, Pixis aprì la porta e sorrise. -È pronta la cena.-

Levi allora si alzò dalla sedia ed uscì anche lui dall'ufficio, pensando che dato che quella ragazza c'era solo il fine settimana, poteva approfittarne ancora per quella sera.

[T/n]'s pov
-[T/n]!-

Aprii gli occhi all'improvviso, vedendo davanti a me Eren e Mikasa che mi guardavano. -Cosa?-

-Ti eri addormentata da seduta.- Mi fece notare Mikasa.

Mi strofinai gli occhi con i palmi delle mani, ricordandomi che ero in camera mia seduta a gambe incrociate sul tappeto insieme ad Eren e Mikasa. -Scusatemi.-
Sbadigliai rumorosamente, non comprendomi nemmeno la bocca.

-Capisco che la matematica ti annoi, ma potresti essere più educata e coprirti la bocca mentre sbadigli davanti a qualcuno.- Disse Eren facendo una leggera risata.

-Tu non parlare che rutti senza ritegno e vergogna a tavola.-

Scoppiai a ridere alle parole di Mikasa, che però rimase impassibile. -E ricordati che a scuola quando ti addormenti russi così forte da interrompere la lezione.- Aggiunsi ancora ridendo.

-Quello non lo posso controllare! È colpa della posizione in cui dormo sul banco.- Mi diede una piccola spintonata il castano.

Sbadigliai una seconda volta, allungando le braccia sopra la testa per stiracchiarmi.

-Sei più stanca del solito oggi...-

-Può darsi.- Risposi alla corvina.

-Il tuo nuovo lavoro ti stanca molto vero?-

Mi mancò un battito alla domanda di Eren, sentendomi all'istante in colpa. -Sì, dev'essere quello...-

-Spero che almeno ti paghino bene per stare tutta la notte sveglia in discoteca il fine settimana.-

-Mh...- Non guardai il ragazzo negli occhi.

-A dir la verità, a noi non piace molto che tu stia tutta la notte là. È pieno di ubriaconi, drogati, pervertiti e puttane.-

Il mio battito cardiaco accelerava secondo dopo secondo. -Non vi preoccupate, Mikasa. Non mi succederà niente...- Continuai a guardare fisso il tappeto. -Ora riprendiamo a fare i compiti.- Cercai di cambiare discorso e ripresi la penna per finire i problemi di matematica.

Non toccammo più l'argomento per tutto il resto del tempo, facendomi tranquillizzare anche se poco.
Prima o poi sarebbero venuti a sapere di cosa veramente facessi il fine settimana. Ma per quel momento, cercavo di non pensarci troppo, altrimenti si sarebbe notato che qualcosa in me fosse diverso. E a quel punto non sarei più riuscita a reggere la bugia a lungo.

Quella sera.
Guardai Petra, sdraiata a letto sotto almeno tre coperte. -Hai la febbre?-

Petra guardò il termometro prima di rispondermi. -Sì. 39.2-

-Quindi devi restare a letto ed io devo andare da sola alla via...-

-Quando si fa questo lavoro si rischia di ammalarsi, a volte. Mi dispiace...-

-Non importa. Tu cerca di riposarti.- Le posai sul comodino affianco al letto il bicchiere d'acqua con una bustina di tachipirina.

-Aspetta.- Mi fermò Petra prima che uscissi.

Prese la borsa affianco al letto e, frugandoci un po' dentro, tirò fuori un paio di chiavi.

-Ma poi tu rimani senza chiavi.-

-No, ho un paio di chiavi in più del mio appartamento e della porta principale del palazzo per sicurezza. Prendi queste, così puoi venire nel mio appartamento quando vuoi.- Mi sorrise e allungò il braccio per darmele.

-Va bene, grazie.- Presi le chiavi ricambiando il suo sorriso.
La salutai ed uscii dal monolocale.

Scesi le scale ed uscii infine dal palazzo, coprendomi bene con il cappotto di pelle che mi aveva imprestato Petra.
Mi sentivo a disagio a camminare da sola per la strada, di notte e vestita in modo così provocante. Per di più, anche se ero con Petra, mi sentivo costantemente osservata e seguita. Proprio come quella notte, ma più del solito.
Mi fermai all'improvviso, guardandomi indietro. Non vidi nessuno, se non la strada che avevo appena percorso. Sospirai sollevata, ricominciando a camminare a passo svelto.
Superai il piccolo vicolo come quando ero con Petra, guardando sempre avanti.
"Sono quasi arrivata." Pensai un attimo prima che girassi l'angolo per la via 13. Dato che non ero la sola ragazza in quella via, mi sentivo più tranquilla.
Tuttavia, invece che continuare a camminare mi fermai una seconda volta. Ma non di mia volontá.
Una mano proveniente dalle mie spalle mi tappò la bocca, mentre un'altra mi avvolse i fianchi, bloccandomi le braccia e così qualsiasi loro movimento. Nonostante ciò, tentai di divincolarmi e di liberarmi, dimenando il bacino e tirando calci. Ma la persona alle mie spalle, di sicuro un uomo a giudicare dalla forza, non mollava la presa.

Mi ritrovai in pochi attimi contro al muro con dietro di me il mio aggressore. -Sta zitta. Se urli ti accoltello.-

Mi mostrò un coltello a serramanico e me lo puntò dietro la schiena. Tremavo, avevo paura. Non riuscivo nemmeno più a respirare.

-È da quando ti ho vista la prima volta da queste parti che ho pensato che fossi una preda facile. Però eri sempre con quell'altra ragazza o non c'eri proprio. Ma sta sera vedo che finalmente sei sola.- Sussurrò avvicinandosi al mio orecchio. -Ora tu non fiatare. Ti farò esattamente quello che ho fatto ad altre puttane.-

Mille pensieri iniziarono a girarmi per la testa. Cosa intendeva con "esattamente quello che ho fatto ad altre puttane"? Le derubava? Le violentava? O peggio ancora le uccideva...

Cercavo di liberarmi muovendo le gambe, ma non facevo altro che far strisciare le ginocchia contro al muro e provocarmi bruciore alla pelle.

Mi prese la borsa, buttando tutto quello che c'era al suo interno a terra, tenendomi ancora il coltello puntato sulla schiena. Mi ricordai dello spray al peperoncino che mi aveva dato Petra da mettere in borsa, però non sarei mai riuscita prenderlo da terra e ad usarlo. Se avessi fatto anche solo un movimento, quel coltello sarebbe finito dritto dritto tra le mie ossa.
Lo spray che vedevo sull'asfalto era vicino, ma allo stesso tempo così lontano da me...
Mentre ancora lo guardavo e quell'uomo mi parlava, vidi il marciapiede illuminarsi sempre di più.
Così il mio assalitore diminuì la vicinanza del coltello dalla mia pelle e guardò la strada.
In un secondo non sentì più nè la punta del coltello, nè il fiato sul collo dell'uomo, che si stava allontanando di corsa da me.
Le mie gambe diedero forfait e crollai a terra, sbattendo le ginocchia. Ma non ebbi tempo di preoccuparmi del dolore. Ripresi a respirare a pieni polmoni e in modo irregolare.
La luce che vedevo sull'asfalto del marciapiede non proseguiva più, essendosi fermata la fonte che la emanava.

-Ma che diavolo è successo?-

Ancora una volta riconobbi in un istante la voce di Levi alle mie spalle, che mi faceva ombra. Alzai lentamente lo sguardo e mi girai verso di lui, fissandolo ancora troppo spaventata e disorientata per dire qualcosa. Non riuscivo a vedere chiaramente la sua espressione in controluce, ma capivo che mi stesse fissando, molto probabilmente confuso.

-Stai bene?- Si abbassò piegando le ginocchia. -Ho visto uno scappare via.-

Parve vedere solo in un secondo momento la borsa e tutto il suo interno a terra. Rivolse ancora lo sguardo verso di me, rendendosi forse conto della situazione da cui mi aveva tirata fuori ed iniziò a raccogliere tutto dal marciapiede, rimettendolo poi in borsa. Appena ebbe finito si rialzò e mi porse la mano. -Alzati e sali in auto, forza.-

Mi stupii dai suo gesto. Specialmente dal tono di voce con cui mi stava parlando. Era diverso rispetto alle volte prima, più comprensivo.

Esitai qualche attimo, prima di afferrargli la mano e stringerla forte per alzarmi a fatica, strisciando leggermente le ginocchia nell'asfalto. Salimmo in auto e partimmo. Durante il tragitto il mio respiro tornò regolare e mi misi la testa fra le mani. Provai a trattenere le lacrime, ma comunque un singhiozzo mi scosse l'intero corpo e una lacrima solitaria cadde sulla gamba, scivolando poi sul sedile.

-Siamo arrivati.-
La voce di Levi mi costrinse ad alzare la testa e scesi dalla macchina, asciugandomi gli occhi con i palmi delle mani mentre entravamo nell'hotel e salivano le scale.

Il corvino aprì la porta e mi fece entrare per prima. Io buttai la borsa sul comodino e mi sedetti sul letto, coprendomi di nuovo il volto.
Avrei dovuto immaginare che iniziare questo lavoro avrebbe comportato tali rischi. Uno tra tutti, quello di essere derubata e violentata. Peggio ancora uccisa.

Mi sentivo costantemente gli occhi di Levi addosso ed ebbi la forza di alzare lo sguardo, trovandolo appoggiato alla porta con le braccia incrociate che, appunto, mi guardava.
Tirai su col naso, cercando di riprendermi.

-Ce la fai a spiegarmi che stava succedendo prima che arrivassi?-

Ancora quel tono comprensivo...

Allungai il braccio verso la mia borsa e tirai fuori un pacchetto di fazzoletti. Ne presi uno e mi asciugai gli occhi, soffiandomi poi il naso. -Uno stava tentando di violentarmi, tutto qui.-

-Tutto qui?- Chiese sarcastico, avvicinandosi a me. -Un pazzo ha provato a stuprarti, non è una cosa da poco.- Disse serio.

Non risposi, rimanendo in silenzio.

-Se non fossi arrivato io, non te la saresti cavata così.-

-Non farmici pensare! Non...farmici pensare...- La mia voce piano piano si affievolì.

Levi sospirò e si allontanò togliendosi la giacca e le scarpe.
Si avvicinò poi di nuovo a me, piegandosi. Alzai gli occhi dalle mie cosce, vedendo che non mi stava fissando il volto, bensì le gambe. Più precisamente le ginocchia. Avvicinò la mano, toccandomi con un dito il ginocchio destro. A quel tocco, sussultai leggermente. Sentivo un piccolo bruciore alla pelle se la toccava.

-Non ti sei nemmeno accorta che ti sei sbucciata le ginocchia.-

Le guardai anche io, notando la pelle sbucciata. -Devo essermelo fatto in quel momento...-
In effetti, non solo avevo trascinato le ginocchia sul muro, ma quando ero crollata a terra avevano sbattuto sul marciapiede, strisciandole ancora leggermente mentre mi alzavo. Ma ero ancora troppo scombussolata per sentire del dolore.

-Aspettami qui.-

Levi si rialzò, andando verso il bagno. Dopo nemmeno un minuto uscì con una piccola bacinella con dentro dei pezzi di cotone, del disinfettante e dello scotch medico, che posò sul letto affianco a me.

-Faccio io.- Dissi guardandolo.

-Hai le mani sporche. Tu sta ferma.-

Si chinò di nuovo davanti a me, bagnò un pezzo di cotone con il disinfettante e lo avvicinò al ginocchio per tamponarlo.
Al primo tocco, sussultai di nuovo, ritraendo il ginocchio istintivamente.

-Ti ho appena detto di stare ferma.-

-Brucia.-

Mi guardò corruciando le sopracciglia e ricominciò a tamponare le piccole ferite.

-Senti, dopo aver... Dopo averlo fatto... Posso rimare qua se non ti crea disturbo?- Chiesi dopo un po', continuando a guardare la sua mano che mi tamponava le ginocchia.

-Intenti dopo aver fatto sesso?- Domandò con un certo umorismo nel tono. -Credevi che avremmo scopato dopo quel che è successo?-

-Eh?-

Mi tamponò un'ultima volta il ginocchio sinistro, mettendomi anche lì una garza che attaccò con dello scotch medico strappato con i denti. -Non sono così insensibile e menefreghista.-

Subito dopo si alzò e riportò tutto in bagno.
Io invece rimasi ancora seduta sul letto a guardare le ginocchia ricoperte con le garze.
Quando uscí dal bagno, il corvino andò verso la sua giacca appesa al porta mantelli, tirando fuori un accendino ed una scatola di sigarette,tutto da una tasca.

-Allora?- Mi richiamò vedendomi ancora ferma nella posizione di prima. -Preferisci venire pagata per essere fottuta o venire pagata per dormire?-

Veramente mi avrebbe pagata comunque? Lasciandomi dormire?

Questo non è lo stesso uomo con cui sono andata a letto la prima volta...

-Dormi un po'.- Aggiunse, andando verso la finestra per aprirla leggermente e sedersi sulla poltroncina lì vicino.

A quel punto, decisi di togliermi gli stivaletti e di sdraiarmi a letto sotto le coperte, girandomi dalla parte opposta del corvino.
Non capivo il motivo di tutta quella gentilezza da parte sua nei miei confronti. Forse l'avevo giudicato male.

"Non sono così insensibile e menefreghista"... La prima volta che ti incontrai, avrei messo una mano sul fuoco e avrei scommesso per l'opposto...

*Spazio Me*
NELLO SCORSO CAPITOLO MI SONO DIMENTICATA DI RINGRAZIARVI PER AVER RAGGIUNTO (E SUPERATO O.O) LE 10 MILA VISUAL. GRAZIE DI CUORE A TUTTE!❤

*Levi la porta via*

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