6. Uno sgradevole incontro
Aprii lentamente gli occhi e fui costretta a richiuderli subito per il lampadario fastidiosamente acceso, e mi ci volle un momento per abituarmici pienamente. A causa del sonno in un primo istante non capii dove mi trovassi e solo dopo, osservando l'ambiente circostante, mi ricordai della notte passata.
Facendo leva sui gomiti mi tirai sù a sedere e mi poggiai sul muro alle mie spalle per stiracchiarmi, sollevando le braccia in aria in un profondo sbadiglio. Con una mano mi strofinai successivamente un occhio, mentre con l'altra mi chinai leggermente per afferrare la borsa da terra e tirarne fuori il cellulare; lo schermo segnava le sei e quarantadue di mattina, per questo la luce proveniente dall'esterno era ancora assente.
Mentre guardavo l'ora fu inevitabile che i miei occhi finissero anche sullo sfondo di blocco, che ritraeva una foto mia con Armin, Eren e Mikasa, al parco. Pensai ai tre e un opprimente peso al cuore mi tolse il respiro. Mi sentivo sporca, per qualche motivo in colpa nei loro confronti. Per questo dovetti ripetermi, come un mantra, la stessa frase che mi ripetevo da giorni.
"Lo faccio a fin di bene."
Riposi il cellulare in borsa e rimisi quest'ultima al suo posto, sospirando profondamente. In quel momento la porta del bagno di fronte a me si aprì e ne uscì Petra scalza, con solo un asciugamani avvolto attorno al corpo.
-Ti sei svegliata finalmente.- Mi sorrise gentile. -Dovresti farti una doccia anche tu.- Si avvicinò all'armadio, tirando fuori dai cassettoni in basso della biancheria intima.
-Mi lavo a casa mia, non voglio darti altro disturbo...- La rassicurai con titubanza.
-Ma che disturbo? Vai pure in bagno, io ho finito. Intanto preparo la colazione.-
Le sorrisi per ringraziarla e con lentezza mi alzai, presi della biancheria nuova, gli abiti della sera prima e in seguito mi chiusi in bagno. Appena chiusi la porta mi fermai davanti allo specchio e mi osservai attentamente: i miei capelli erano scompigliati, quel poco di trucco che indossavo era sbavato ed ora aveva formato delle sottili mezzelune sotto i miei occhi, infine i miei abiti erano tutti spiegazzati. Sospirai con tono sommesso e in seguito mi spogliai per entrare in doccia. Mi sfregai con forza tutto il corpo, da cima a fondo, quasi nel tentativo di pulirmi dalla sporcizia che mi sentivo dentro, e appena finii mi avvolsi anch'io un asciugamani. Mi rivestii e misi a lavare la biancheria che avevo utilizzato quella notte, avvertendo un profondo disgusto al pensiero che Reiner l'avesse toccata e buttata su una sedia ai piedi del letto.
Quando uscii dal bagno trovai Petra seduta al tavolo da pranzo, che stringeva tra le mani una tazza di caffè fumante.
-Non sapevo se farti il caffè o il tè, quindi ho preparato entrambi. Nel tegamino c'è l'acqua bollente e lì ci sono le varie bustine di tè con aromi diversi, mentre nella caffettiera il caffè ancora caldo.- Mi disse con una velocità impressionante, quasi fosse felice di avere un vero ospite in casa e non un semplice cliente.
-Va benissimo il tè, grazie...- Sorrisi a fior di labbra e mi versai l'acqua bollente in una tazza, scegliendo poi il tè più di mio gusto.
-Allora? Com'è andata con Reiner?- Mi chiese quando mi sedetti di fronte a lei, girando il suo caffè per berne un sorso. -È stato gentile?-
La mia mente tornò alla notte trascorsa e aggrottai le sopracciglia turbata, scuotendo la testa subito dopo per allontanarne il ricordo. -Sì, abbastanza.-
-Menomale. Perché lui di solito non sa controllarsi e ci va troppo pesante.-
Annuii senza dir nulla e fissai la bevanda sotto i miei occhi, improvvisamente assorta.
-Il lato positivo di Reiner è che paga molto... E penso che l'abbia fatto anche con te.-
Annuii nuovamente, risvegliandomi da quell'insolito stato di trance, e presi la tazza per soffiare sul té e berne un piccolo sorso. -Comunque posso tornare a casa da sola adesso. Posso usare l'abbonamento che uso per andare e tornare da scuola, quindi non ti disturbare ad accompagnarmi.- La rassicurai pacata, bevendo poi un altro breve sorso.
Entrambe rimanemmo a lungo in silenzio per fare colazione, poi Petra socchiuse le labbra e alzò gli occhi per guardarmi.
-Solo... Sta ancora attenta. Non si sa mai.-
Le rivolsi un lieve sorriso. -Tranquilla. Sarò prudente.-
Levi's pov. 9:30 di quella mattina
Il corvino aprì lentamente gli occhi e li sbatté più volte, prima di riprendersi dal sonno. Era con la testa affondata tra le sue braccia conserte sulla scrivania, all'interno dell'ufficio di casa sua. Alzò il capo e davanti a sé vide lo schermo nero del suo monitor, insieme a dei fogli sparsi attorno a lui. La notte scorsa era tornato a casa sua, appena dopo aver passato del tempo con una prostituta, e si era chiuso nel suo ufficio per concludere un lavoro affidatogli da Erwin. A quanto pare, dopo alcune ore di incessante lavoro, si era chinato sulla scrivania e lentamente appisolato per un paio d'ore.
Sbuffò ancora stanco e si alzò indolenzito, facendo scrocchiare la schiena e le braccia, e si diresse verso il bagno con l'intenzione di darsi una veloce sciacquata, essendosi già lavato appena tornato a casa quella stessa notte. In seguito si fermò di fronte allo specchio e si osservò attentamente per qualche istante: qualche ciuffo dei suoi capelli corvini era in disordine, sotto gli occhi erano ben evidenti delle profonde occhiaie dovute alle poche ore di sonno e infine i suoi vestiti erano spiegazzati, provocandogli un profondo fastidio.
Levi si sciacquò prepotentemente la faccia nel vano tentativo di lavare via chissà cosa, forse i suoi pensieri, e uscì per andare verso la sua camera e cambiarsi. Successivamente tornò nel suo ufficio e prese il cellulare di lavoro, staccandolo dalla presa elettrica. Non perse tempo a guardarlo, tornò al piano di sopra e si sedette al tavolo da pranzo.
-Ben svegliato signore. Dormito bene?- Pixis lo accolse, comparendo dalla cucina, e gli si avvicinò con un cordiale sorriso.
-Come sempre. Tu invece?-
-Bene, grazie. Le preparo una tazza di tè?-
-Penso che stamattina prenderò del caffè.- Gli disse Levi con voce incolore, e quando Pixis si allontanò accese il cellulare, notando la notifica di una chiamata persa. Sospirò, prima di premere su quel numero per richiamare. Attese qualche secondo, finché non risposero.
-Buongiorno signor Ackerman.-
-Cosa volevi, Tanaka?- Andò al dunque.
-C'è qualcosa che non mi torna nel lavoro che mi ha affidato... Non ho capito bene qualcosa, forse.- Affermò insicura la donna. -Ma dovrei incontrarla, è un po' difficile da spiegare per telefono...-
Levi si passò una mano tra i capelli e si appoggiò sullo schienale della sedia, accavallando le gambe. -Ti scrivo per messaggio il mio indirizzo, così da potermi spiegare cosa non ti torna.- La informò, nonostante non gli andasse a genio l'idea di invitare una sottoposta a casa sua per una questione lavorativa. Ma quel giorno era sabato e lui aveva la giornata libera, perciò quello era l'unico modo per vedersi.
La signorina Tanaka sembrò spiazzata in un primo istante, per poi rispondere in un balbettio imbarazzato. -V-va bene! Perfetto! Sarò da lei il prima possibile allora.-
-A dopo.- Levi non aspettò una risposta dalla sottoposta e richiuse la chiamata.
Un paio di minuti dopo arrivò Pixis a servirgli il caffè e, non appena Levi lo ringraziò, Pixis portò le braccia dietro la schiena. -Devo preparare qualcosa anche per l'ospite?- Non si fece problemi a far intendere di aver sentito la conversazione.
-Non c'è bisogno. Vai pure.-
Il maggiordomo piegò leggermente il capo in avanti e si allontanò al piano di sotto, lasciando Levi da solo a pensare. A riflettere su cosa gli mancasse ancora per essere soddisfatto.
"Oggi mi prenderò la poltroncina girevole da mettere al posto di quella sedia nel mio ufficio." Prese poi la sua tazzina di caffè nel suo modo particolare.
[T/n]'s pov Lo stesso pomeriggio
Dopo aver bevuto l'ennesimo caffè, finii l'ultimo problema di matematica rimasto e mi appoggiai poi allo schienale della sedia, buttando la testa all'indietro sfinita.
Fissai il soffitto pensierosa e chiusi per qualche secondo gli occhi.
Prima che mia madre andasse al lavoro le avevo detto che mi davano lo stipendio ogni fine mese, e lei mi aveva ovviamente creduto. Mi sentivo tremendamente in colpa a mentire ai miei genitori ed ad Armin, ma non potevo fare altrimenti. Dal mio punto di vista stavo facendo la cosa giusta e in tal modo mio padre sarebbe stato salvo.
Riaprii gli occhi e fiatai silenziosamente. Mi rimisi composta sulla sedia, sistemai i libri e quaderni e spensi il cellulare, lasciando così stoppata a metà Blood Sweat and Tears.
Non avevo più molto sonno dopo aver bevuto tutte quelle quantità illegali di caffè solamente in un giorno, quindi decisi che per quella notte sarei tornata alla via 13 con Petra.
Quella sera
Mi ritrovai per la seconda volta alla via in compagnia di Petra e non passò molto tempo prima che, mentre controllavo l'ora dal mio cellulare, con la coda dell'occhio vidi un'altra auto imbucare la via dopo l'incrocio. Quando alzai lo sguardo mi parve di riconoscerla e la osservai avvicinarsi lentamente. Era una bellissima Lexus nera dai finestrini oscurati. Luccicava sotto la luce dei lampioni e mi diede l'impressione di essere nuova di zecca.
-[T/n], quella non è l'auto che ieri ha rischiato di investirti?-
Sussultai alle parole di Petra e finalmente capii dove l'avevo già vista. -Sì. È quello stronzo.-
Una parte di me sperava che, raggiunte me e Petra, l'autista ci avrebbe superate e avesse proseguito. L'altra invece nutriva una certa curiosità nel sapere chi era quello per poco non mi aveva investita la notte scorsa, e che aspetto aveva.
Quella Lexus accostò accanto ad una donna a qualche metro da noi, ma dopo nemmeno tre secondi ripartì, fino ad arrivare da noi.
-Provo ad andare io.- A passo sicuro, Petra si allontanò per andare verso l'auto e a quel punto l'autista abbassò il finestrino per parlarle.
Dopo qualche attimo tornò da me. -Dice che vuole "la [c/c]"- Mimò le virgolette con le dita.
Accumulai molta aria in petto, per poi ributtarla fuori lentamente.
La salutai e mi avvicinai all'auto nera di lusso, vedendo di sfuggita il volto di lato del uomo. In quei pochi metri che mi separavano da lui, mi immaginai tutti i suoi possibili volti. Nel peggiore dei casi, sarebbe stato un uomo di mezz'età che per avere un erezione aveva bisogno del viagra...
"Ti prego, fa che non sia così..."
Arrivata all'auto prima di salire volli osservare per un momento quell'uomo, che appena mi vide poggiare una mano sul finestrino abbassato alzò lo sguardo e si girò a guardarmi. La prima cosa che pensai fu che era davvero di bell'aspetto, oltre che sembrare parecchio giovane. Infatti non dimostrava nemmeno dieci anni in più rispetto a me, e mentalmente ringraziai il cielo. Il suo viso, caratterizzato da una pelle pallida che si intravedeva anche dalle sue mani strette sul volante, era a forma di diamante, con una mascella spigolosa e ben delineata, ma molto delicato nell'insieme. I capelli corvini erano acconciati in un taglio militare, dove alcuni ciuffi gli ricadevano morbidi sulla fronte ed invece erano rasati ai lati della testa, permettendomi di vedere anche il profilo del suo collo e delle scapole ben delineate. Ma ciò che attirò maggiormente la mia attenzione furono i suoi occhi. Erano sottili e allungati, perfettamente simmetrici e armonici. Potevano definirsi a mandorla, nonostante capii che quell'uomo non fosse asiatico come Mikasa. Il loro colore era di un grigio chiaro, tendente all'azzurro.
"Sembrano delle nebulose..." Mi trovai a pensare, incantata in quegli occhi talmente belli e... particolari.
-Hai intenzione di salire prima che sorga il sole?-
Ero così occupata a contemplare il suo aspetto che non mi resi conto di essere rimasta a lungo immobile e impacciata aprii la portiera per salire. La richiusi un attimo dopo e non ebbi nemmeno il tempo di allacciarmi la cintura di sicurezza che quell'uomo partí a tutta velocità, così gli rivolsi un'occhiata infastidita. Riuscii ad allacciarmi e mi sistemai la minigonna per coprirmi il più possibile le coscie. Il riscaldamento era acceso e notando la differenza di temperatura rispetto all'esterno, pensai che fosse acceso già da un po'.
"Questo arriva da una di quelle città da ricchi come Rose o addirittura Sina." In soggezione, mi girai verso di lui e cercai di interrompere quello straziante silenzio.
-Vuoi... vuoi che ti dica quanto prendo?- Nel tentativo di mantenere un tono sostenuto mi scappò un balbettio e mi maledii mentalmente.
-Non mi interessa.- La sua risposta fu veloce e schietta.
"Ma sa che deve pagarmi?" Mi girai verso la parte del mio finestrino e guardai fuori le strade buie, cercando di capire dove stavamo andando. Il viaggio però non durò molto e il mio cliente parcheggiò l'auto ai piedi di un motel, non molto lontano dalla via tredici. Spense il motore, si slacciò la cintura e scese, ed io seguii i suoi movimenti chiudendo poi la portiera.
Nel frattempo che raggiungemmo il palazzo ed entrammo, trattenni una risata di scherno nel notare che l'uomo con cui stavo per andare a letto era poco più alto di me. Ad occhio non raggiungeva nemmeno il metro e sessantacinque e coi tacchi che indossavo lo superavo di qualche centimetro.
Superammo la reception, dove il signore dietro al bancone non sollevò nemmeno lo sguardo dal libro che stava leggendo per guardarci; probabilmente non si era accorto di noi oppure il corvino veniva qui talmente spesso che gli faceva tenere la chiave di una stanza senza troppe storie.
Salimmo le scale e l'uomo aprì una porta al terzo piano, entrando per primo. Lo seguii subito dopo e mi disse di togliermi le scarpe, mentre lui faceva lo stesso e si levava anche la giaccia. In silenzio feci come voleva e ne approfittai per osservare la stanza da letto: era piccola e spoglia, con un letto matrimoniale affiancato da due comodini sulla parete di destra, la porta del bagno sulla parete opposta e, di fronte, una finestra e una poltrona posta in un angolo.
Quell'uomo buttò le chiavi sul comodino più vicino con un lancio e, senza guardarmi, chiese -Hai già fatto sesso con qualcuno prima di me?-
-Eh? No, nessuno.- Risposi, in un primo momento colta alla sprovvista da quella domanda.
Non aggiunse altro e andò ad aprire la finestra, così io lo interpretai come uno -Spogliati.-
A disagio mi feci scivolare la gonna ai piedi e la riposi al fondo del letto. Stavo per fare lo stesso con il mio top, ma il corvino mi fermò all'istante.
-Tieniti pure il top e il reggiseno. Non è necessario che tu li tolga.-
Spaesata, feci comunque come aveva detto, di nuovo, e mi sfilai solo più le mutande in pizzo. Mi sedetti sul materasso tenendo le coscie serrate e aspettai, percependo il mio cuore martellarmi con forza nel petto. Era solo la seconda volta che facevo sesso con qualcuno per farmi pagare e cercai di restare calma.
Mi raggiunse e si sganciò la cintura dei jeans -Girati.-
Mi ci vollero un paio di secondi per capire cosa volesse dire e, cercando di nascondere il mio viso rosso dall'imbarazzo, mi sistemai e mi posizionai a carponi sul lato sinistro del letto, poggiando gli avambracci sul cuscino.
Affondai la testa nel cuscino e per alcuni attimi non successe nulla. Sentii quell'uomo aprire una bustina di condom, poi di nuovo silenzio. Avrei voluto girarmi per capire perché ci mettesse tanto, ma non ne avevo nemmeno il coraggio. Solo dopo qualche altro secondo lo sentii prender posto alle mie spalle per afferrarmi i fianchi, facendomi percorrere un brivido lungo la spina dorsale per il freddo delle sue mani.
Durante il rapporto mi diede l'idea che si muovesse in maniera quasi meccanica, come se fosse un automa e stesse semplicemente ripetendo dei movimenti preimpostati. Se non fosse stata per quella sensazione, il rapporto in sé mi avrebbe appagata di più, ma appena il tutto finì mi sentii terribilmente insoddisfatta. Anzi, a dir la verità non sembrò appagare nemmeno lui e iniziai a chiedermi se fosse davvero venuto in quel preservativo.
-Vatti a lavare nel mio bagno se devi.- Mi disse poi, sembrando stranamente innervosito, quando si alzò e buttò il preservativo nella pattumiera ancor prima che potessi confermare i miei dubbi.
Lo ringraziai fiebilmente e quando mi girai per alzarmi dal letto sollevai subito la testa, paonazza per la vergogna, e febbrile presi tutte le mie cose e mi chiusi in bagno.
"Pensavo che la regola della L fosse solo una leggenda..."
Scossi violentemente il capo al pensiero e seguii il suo consiglio, dandomi una veloce lavata e ripensando al rapporto di poco prima. Mi chiesi perché avesse fatto sesso con me, se non ne era nemmeno stato appagato. Inoltre non mi aveva nemmeno dato l'idea che lo volesse davvero, inizialmente.
"Forse ci ha messo così tanto a prepararsi perché non gli si alzava..." Mi morsi il labbro per trattenere quel sorriso derisorio che mi stava spuntando sul viso, quando sentii dei colpi alla porta del bagno mentre mi vestivo.
-Oi, [c/c]! Hai finito sì o no?!- Sentii urlare dalla stanza accanto.
Mi sistemai i capelli e la gonna e uscii dal bagno. -Ho finito.- Risposi con stizza. -E comunque non mi chiamo [c/c]! Odio quando mi chiamano così.-
-Ah davvero?- Chiese con irritante noncuranza, tirando fuori dalla tasca del cappotto un pacchetto di sigarette. -E sentiamo, come dovrei chiamarti?-
Sotto certi aspetti avevo un carattere difficile, proprio come quello di Eren. Ero una testa calda ed erano parecchie le cose che mi innervosivano. E quell'uomo, insieme al suo menefreghismo, era tra quelle.
-[T/n]. E gradirei non mi chiamassi più [c/c].- Cercai di mantenere un apparente contegno nel parlare.
-Molto probabilmente non ci vedremo più. Sei una prostituta qualunque per me, come tutte le altre che mi sono portato a letto. Quindi perché dovrei chiamare per nome solo te?-
Esitai qualche istante, prima di rispondere a testa alta -Per rispetto.-
-Tch, rispetto...- Schioccò la lingua sul palato. Sembrò ripeterlo con l'unico intento di prendermi in giro e farmi passare per una stupida, mentre con disinteresse si accendeva una sigaretta tra le labbra. -I soldi sono sul comodino comunque. Prendili e vattene.-
Lo fissai con sdegno, ma strinsi i pugni ai miei fianchi e andai verso il comodino a prendere i soldi. Dopo averli riposti in borsa tornai a guardarlo e, con profondo fastidio, presi fiato.
-La via tredici è un po' lontana da qui. A camminare da sola per strada rischierei di essere violentata da qualcuno, non ti pare?-
Il corvino non disse nulla e si limitò a sbuffare. Dopo poco si allontanò dalla finestra, spense la sigaretta nel posacenere e mi raggiunse per indossare il cappotto. Ma prima che uscissimo dalla stanza, riuscii a buttare un occhio sul fondo del cestino.
"Come pensavo." Distolsi lo sguardo dal preservativo vuoto, e finalmente uscimmo dal motel.
Per l'intero tragitto nessuno dei due disse una sola parola. Fu in quel momento mi resi conto di avergli detto il mio nome e mi maledii mentalmente. Non era un gran problema, ma mi turbava parecchio il fatto che lui sapesse qualcosa di me ed io niente di lui, eccetto il fatto che fosse uno stronzo. Ma dopotutto, esattamente come aveva detto lui poc'anzi, molto probabimente non ci saremmo più rivisti dopo quella volta.
Non appena scesi dall'auto e chiusi la portiera il corvino ripartì immediatamente, facendo percorrere una corrente d'aria fredda alle mie spalle.
"Razza di stronzo..."
Petra era ancora nello stesso punto rispetto a quando me ne fui andata e così la raggiunsi.
-Com'è andata?- Mi domandò appena fummo una di fronte all'altra.
Stetti in silenzio per una manciata di secondi, prima di risponderle con noia. -É stato abbastanza sgradevole come incontro.-
Petra non parve molto sorpresa. -Capisco. Magari eri influenzata anche dal fatto che quello là ieri notte ti ha quasi messa sotto la sua auto.-
-Indipendentemente da quello, é stato spiacevole. Sia come rapporto, sia lui come persona. Spero di non doverci avere più nulla a che fare sinceramente.- Sospirai a braccia conserte e mi appoggiai bruscamente al palo della luce, dal quale mi allontanai subito dopo nel sentirlo oscillare un poco.
-Vuoi che ti riaccompagni a casa mia?- Mi chiese un momento dopo, con tono dispiaciuto.
Con titubanza ci pensai sù, finché non posai gli occhi sulla strada buia.
-...No. Resto.- Se volevo veramente essere utile alla mia famiglia, dovevo impegnarmi fino in fondo.
Tuttavia, per il resto della notte non feci altro che pensare agli occhi di quel corvino, che tanto mi avevano colpita per la loro profondità. Ed era peccato come quei bellissimi occhi appartenessero ad un uomo talmente odioso.
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