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39. Sogno

Non me la sentii di entrare in farmacia e chiedere io stessa il test di gravidanza, con tutte le voci che fino a poco tempo fa giravano su di me, così entrò Mikasa per me. Andammo poi a casa degli Jaeger, approfittando del fatto che Carla e Grisha erano al lavoro.

-Tu no.- Fece fredda Mikasa, non nascondendo però la sua agitazione, nel bloccare Eren alla porta del bagno. -Rimani fuori con Armin.-

La corvina fu l'unica ad entrare con me nel bagno per aiutarmi, non sapendo minimamente cosa fare non avendo mai fatto un test di gravidanza.

Dopo aver fatto tutto e aver usato un contenitore, aspettammo pochi secondi, che per me parvero infiniti, finché non apparve il risultato.
Appena lo guardai, feci cadere il test a terra e anche io caddi sulle ginocchia

-Hey! Che è successo?!-

Senza il tempo di dir nulla, Eren spalancò la porta, seguito da Armin, e mi vennero incontro.

-Non dirmelo...- Continuò il bruno, mentre Mikasa tentava di alzarmi e farmi sedere sul water.

Ripresi a respirare a pieni polmoni e guardai Eren. -È negativo.-

Vidi Eren crollare a terra in un attimo, prendendo anche lui respiri profondi. Armin invece sospirò sollevato, portandosi una mano al cuore.

-È veramente negativo allora?-

-Sì Armin, ho controllato anche io.- Rispose Mikasa al mio posto, vedendomi ancora scossa.

Il test era negativo. Non ero incinta. Ma sentivo di averla scampata per un pelo. Se fosse stato positivo, non avrei saputo cosa fare. Come l'avrei detto non solo a mia madre, ma anche a Levi? Avrei dovuto abortire? O passare nove mesi di gravidanza e diventare madre appena diciannovenne?

Le ipotesi che iniziarono a occupare i miei pensieri mi fecero scoppiare in lacrime ed Armin mi venne incontro.

-Sappi che è comunque morto, anche se quel test risulta negativo.- Disse Mikasa con tono gelido, mentre mio fratello mi stringeva per tranquillizzarmi.

-Che hai intenzione di fare, Mikasa? Non dovremmo più pensarci ora.-

-Non possiamo invece far finta di nulla. Quel pezzo di merda deve sapere che ha fatto prendere un bello spavento a tutti noi. In particolare a [T/n].- Continuò Eren.

-E cosa vorreste fare?-

-Semplice. Andare da lui e pestarlo di botte per fargli capire di stare più attento d'ora in poi e mettere tre preservativi alla volta.-

-Mikasa, Eren, smettetela.- Mi asciugai il viso con un fazzoletto. -Andrò io da lui. Da sola.-

-Ha ragione [T/n]. Questa è una faccenda che riguarda loro. Immischiandovi finireste solo col peggiorare la situazione probabilmente.- Mi diede ragione Armin, passandomi un altro fazzoletto.

Seguì un lungo silenzio, spezzato da Eren. -Almeno, permettici di accompagnarti fino a casa sua.-

Mikasa annuì alle parole del fratello. -Non ti lasciamo andar da sola. Devi ancora riprenderti dal brutto spavento.-

Mi alzai e andai verso la porta, senza dir nulla.

Sì, forse avevo bisogno di un appoggio morale durante il viaggio. Anche per riordinare le idee e poter così fare un discorso sensato a Levi.

-Appena arriviamo ve ne dovrete andare.- Risposi a bassa voce.

Uscimmo tutti dalla casa degli Jaeger. Armin sarebbe tornato a casa, mentre io sarei andata a Karaness con Eren e Mikasa. E non sapevo se avere più paura di quella che sarebbe stata la conversazione con Levi o di cosa avrebbero fatto i miei due amici appena l'avrebbero visto. Senza contare il fatto che i problemi con Levi erano rimasti in sospeso.

Prendemmo il bus e appena arrivati a Karaness feci strada ai due.

-Non mi dire che è quella villa...-

-Sì, è quella.- Feci ad Eren, che borbottò tra sé e sé credendo non lo potessi sentire.

-'Sto riccone di merda...-

Fermai improvvisamente il passo e tirai un calcio all'indietro per colpire la gamba del ragazzo, che gemette dal dolore.

-Se non la smetti la prossima volta mirerò da un'altra parte.-

Lui non disse più nulla e riprendemmo a camminare, finché vicino alla casa di Levi non sentimmo delle voci.

-Ma certo che siamo in contatto! Poco fa l'ho pure vista, se non ci credi ho dei messaggi.-

Mi bloccai appena riconobbi la voce di Naomi e il cuore, improvvisamente, mi saltò in gola.

-Che succede?-

-Sh!- Zittii Mikasa. Mi piegai poi in avanti per non farmi vedere e, a passo leggero, mi appostai dietro un cespuglio lì vicino.

Vidi Naomi davanti alla porta d'entrata della casa di Levi e, a parlarle, c'era proprio lui che stava guardando un cellulare, probabilmente quello della donna.
Eren e Mikasa mi raggiunsero dietro al cespuglio ed entrambi, osservando la scena, assottigliarono lo sguardo.

-È con un'altra do- Tappai immediatamente la bocca di Eren, alla mia destra, prima di farci scoprire a causa sua.

-Hai intenzione di non far nulla davanti all'evidenza?- Mi sussurrò la corvina, lei alla mia sinistra, mentre guardavo Levi e Naomi parlare.

Ero confusa nel vederla a casa di Levi, in particolar modo dopo averla vista nemmeno un'ora fa. E lentamente una strana sensazione iniziò a prender possesso del mio corpo. Era forse rabbia? Delusione? O sconforto?
Non sapevo rispondermi. Sapevo solo di avere un peso enorme sullo stomaco.

-Ora vado io ad ammazzarlo.- Sibilò di nuovo Mikasa, ma ancor prima di potersi alzare le afferrai il polso per tenerla ferma e assottigliai lo sguardo per concentrarmi meglio su cosa si stavano dicendo i due.

Non sarei scappata come la prima volta, senza spiegazioni. Sarei rimasta ad ascoltare fino alla fine e, in tal modo, tutti i miei dubbi su che relazione c'era tra Levi e Naomi sarebbero spariti.

Levi's pov. Poco prima.
-Levi, puoi venire un momento?-
Il bambino fece come gli disse la madre e andò da lei, vicino alla porta del retro del bordello.
-Ti ricordi che fino ad adesso, quando la mamma lavorava, tu stavi insieme al padrone, a quel signore lì?- Si inginocchiò davanti a lui.
Il piccolo si girò dove la mamma stava indicando, osservando l'uomo in sovrappeso dietro al bancone che, concentrato, faceva vedere delle fotografie ad un uomo di mezz'età davanti a lui.
Levi ritornò a guardare la madre e annuì con un piccolo movimento del capo.
-Siccome lì non ci puoi più stare, devi stare nel retro del locale. Quando la mamma lavora, tu devi stare qua, capito amore mio?- Continuò con tono gentile la donna dai lunghi capelli corvini, aprendo una porta che dava ad una vicolo stretto e malmesso, dove due donne lì vicino stavano fumando.
-Perché non posso stare mai con te quando lavori? Giuro che non ti disturbo, te lo prometto!-
La madre sospirò rattristata, guardando il figlio con i suoi occhi grigi che, in parte, Levi aveva ereditato. In più però, lui aveva delle sfumature azzurre che erano più o meno evidenti in base alla luce.
-Purtroppo non puoi starci. La mamma ha bisogno di stare da sola con il cliente... Ma il resto del tempo possiamo restare insieme, okay?-
-Sì mamma.-
-Bravo tesoro mio.- Gli sorrise la donna, passandogli una mano sul volto pallido. -Sei proprio bello, sai? Come un angelo.-
Levi notò che gli occhi della madre iniziarono a farsi lucidi, mentre questa spostava la mano sui suoi capelli. -È da molto che non ti taglio i capelli, stanno iniziando a diventare lunghi...-
-Olympia!-
La giovane donna sobbalzò e si alzò, portando Levi nel retro.
-Tu stai qui, la mamma tra poco ritorna.-
-Va bene...-
La madre chiuse così la porta e Levi rimase a guardarsi un attimo intorno, prima di sedersi a terra appoggiato al muro.
-Quello non è il figlio di Olympia?-
Levi alzò lo sguardo sulla donna che aveva parlato, seduta su una sedia a gambe accavallate.
Era abituato a sentir chiamare la mamma con quel nome, ormai, anche se non ne capiva il motivo.
-Sì, è quel moccioso.- Rispose la donna al suo fianco, con la schiena appoggiata al muro.
Il piccolo bambino le osservava, quasi meravigliato dalla grazia con cui tenevano tra le dita affusolate quelle marlboro e le portavano alle labbra rosse e carnose per ispirarne il fumo. Quello sguardo vitreo e quasi annoiato della donna in piedi aveva un qualcosa di affascinante agli occhi di Levi, che ingenuo non sapeva cosa significava l'aggettivo con cui l'aveva chiamato.
-Sbaglio o non ha nemmeno cinque anni? Quanto ha intenzione di tenerlo, prima di abbandonarlo davanti a qualche orfanotrofio?-
Levi si strinse le ginocchia al petto, iniziando a sentire la pelle d'oca sulla pelle a causa dell'aria serale, nonostante la felpa di seconda mano che gli aveva dato la madre.
-Chi lo sa. Guardalo poi, quanto è gracile e pelle ossa... Mi fa quasi pena, fossi stata in Kuchel avrei abortito subito.-
-Almeno gli avresti risparmiato tutta questa merda.- Se la rise la compagna sulla sedia, buttando fuori dalle labbra tutto il fumo della sigaretta che, poco a poco, si stava consumando.
-Hey, moccioso!- Lo chiamò l'altra, portando anche la scarpa con il tacco sul muro e sollevando così di poco la pelliccia grigia. -Inizia a far freddo, dovresti entrare.-
Levi non disse nulla e rimase fermo a guardare quella che, seduta sulla sedia, passava la sigaretta sul muro affianco alla coscia della compagna, lasciando una striscia nera proprio in quel punto.
-Se proprio non vuoi stare dentro, almeno vatti a prendere una giacca più pesante. Poi torna qui, magari parliamo un po'.-
La donna al suo fianco si strinse nella sua pelliccia rosa, nasconendo un sorriso divertito e Levi, dopo averci pensato qualche secondo, prese in considerazione l'idea di entrare un attimo.
"Devo solo prendere una giaccia.." Pensò ingenuamente, per poi venire avvolto dal calore del locale appena entrato.
Superò qualche donna, che ammiccante conversava con qualche uomo e arrivò infine davanti alla porta della stanza della madre. Indeciso se entrare o meno, allungò il braccino in aria e afferrò saldamente la maniglia nella sua piccola mano.
"Farò una cosa veloce." Pensò ancora, aprendo lentamente la porta.
Sentì prima dei sospiri maschili che non riconobbe, per poi sentire quelli che, senza ombra di dubbio, erano della madre.
A porta socchiusa, sbirciò all'interno della stanza e strabuzzò subito dopo gli occhi, incredulo.
"[T/n]...?"

Levi spalancò gli occhi, soffocando un urlo. Rimase per un paio di minuti buoni a guardare il soffitto della sua camera, con il cuore che ancora batteva all'impazzata nel suo petto. Poi lentamente si mise seduto sul materasso e si portò una mano alla fronte.
Era ormai da qualche mese che non faceva più quel sogno, che si concludeva sempre quando vedeva la madre fare sesso con un suo cliente, esattamente com'era successo quella volta di vent'anni fa. Tuttavia quel sogno non coincideva con la realtà. Era finito diversamente.
Infatti, al posto della madre aveva visto [T/n]... La sua [T/n]. E la scena era esattamente come quella che aveva visto a casa sua, dalla finestra. Ma al contrario non c'era Christopher, bensì Adrien.
Aveva sognato [T/n] e Adrien fare sesso, stretti l'un l'altra che si guardavano profondamente negli occhi.

Levi si strofinò i capelli e cercò di allontanare dalla testa quell'immagine frustrante.
Era da due notti che non chiudeva occhio, così aveva provato a farsi una dormita prima di pranzo.

Idea di merda... Pensò, per poi riflettere sugli ultimi giorni.
Non aveva più parlato con [T/n] e questo gli faceva male. Però non poteva dire di non aver seguito il suo consiglio e aver riflettuto a lungo su se stesso.

La paura di perderla e vederla scappare tra le braccia di qualcun altro, magari suo coetaneo, gli aveva dato alla testa e fatto agire d'impulso, non facendo altro però che allontanarla da lui in questo modo. Era proprio così che la stava perdendo e, se fosse successo, non se lo sarebbe mai perdonato. Perché l'amava più di qualsiasi altra cosa e avrebbe fatto qualunque cosa per lei, per vederla felice e averla accanto per il resto della sua vita.
Dalla volta in cui si era svegliato affianco a [T/n], dopo la loro prima vera notte d'amore, non poteva fare a meno di chiedersi se era quel momento quello che tutti chiamavano "felicità". Aprire gli occhi la mattina e trovare accanto a sé la stessa persona con cui si è fatto l'amore quella notte. Vederla distante da sé solo di qualche centimetro. Sentire quella scossa di piacere nello starle così vicino.
Levi fino a quel momento non era mai riuscito a provare un emozione simile, o capire quei discorsi sull'amore che sentiva un po' ovunque, e credeva di poterne fare a meno. Ma dopo aver vissuto tutte quelle emozioni, aver provato quelle labbra sulle sue, aver sentito il suo respiro sul collo e aver finalmente compreso tutto, ne era diventato dipendente. Quel sentimento indissolubile, che lo faceva sentire così vivo, era la sua felicità più grande. La sua unica fonte di gioia. Voleva trovare tutte le mattine [T/n] dormire affianco a lui, nel suo stesso letto, sotto le sue stesse coperte. Parlare con lei tutti i giorni, o rimanere semplicemente in silenzio a guardarla. Avvolgerle le braccia attorno ai fianchi e sentire le sue attorno al suo collo. Rimanere al suo fianco per tutta la vita ed essere la sua ragione di vivere, così come lo era lei per lui. Sempre.

-Always...- Aveva sussurrato quella mattina senza rendersene conto, per poi accarezzare la guancia della ragazza col pollice.

Levi si guardò quella stessa mano e la strinse in un pugno. Non poteva permettersi di perderla, per nulla al mondo. Non avrebbe fatto lo stesso errore di Pixis, abbandonandola. Non di nuovo.

Velocemente prese il cellulare e se lo mise in tasca, deciso ad andare a casa di [T/n] per farsi perdonare, ma in quel momento il campanello suonò e il corvino scese le scale, trovando già Pixis ad aprire.

-Che ci fai qui, Naomi?- Scese l'ultimo gradino Levi e fece cenno al maggiordomo di andare.

-Sono venuta per parlare con te. Riguarda [T/n].-

Nonostante l'iniziale intenzione di Levi di mandarla via, si decise ad ascoltarla. -Perché, tu e lei vi parlate?-

-Certo. Andiamo molto d'accordo, sai?-

Naomi stava per mettere piede in casa, tuttavia Kuchel le si posizionò davanti per soffiarle.

-A quanto pare non sono la benvenuta per il tuo gatto.- Fece un sorriso, visibilmente forzato e infastidito.

-Parliamo fuori.- Si limitò a dire il corvino, prendendosi la giacca e infilanfosi le scarpe.

Non si fidava di quella donna, nè tantomeno delle sue parole. Ma dovette ricredersi, quando gli mostrò le chat dal suo cellulare. Era senza ombra di dubbio [T/n].

C'era però qualcosa che ancora non gli quadrava e che rendeva la donna dai capelli blu fin troppo sospetta. E lui era deciso ad andare a fondo della questione.

*Spazio Me*
...Sarebbe stato troppo banale se il risultato del test fosse stato positivo, no?

*Levi la porta via*

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