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Non appena Blake guardò in basso, vide Morgan restituirgli un'occhiata serena e assonnata. Sottobraccio il bambino stringeva il coniglio bianco di pezza che era stata Rowan a creare abilmente per il suo quinto compleanno. Lo teneva sempre con sé, a volte persino quando mangiava.
Morgan ritrasse la minuscola mano e al solo scopo di tornare a succhiarsi il pollice. Blake non era ancora riuscito a togliergli quel piccolo vizio, purtroppo, e dal canto proprio non aveva il coraggio di imporsi a sufficienza.
Il piccolo aveva i capelli arruffati e tale dettaglio fece sorridere l'uomo senza una ragione precisa.
Non era così strano che si fosse svegliato. Accadeva spesso e di solito Morgan sgusciava sempre sotto le coperte accanto al padre e si rimetteva subito a dormire, almeno quando non trovava il letto vuoto e Blake assente per via del lavoro. In quelle circostanze all'uomo capitava di ripensare al figlioletto che, ancora una volta, si sarebbe forse alzato convinto di trovarlo a casa, pronto a stringerlo a sé nel sonno e a tenerlo al caldo, nonché al sicuro, e si sentiva un padre degenere. Avrebbe voluto così tanto poter essere più presente nella vita di suo figlio, dargli tutto l'affetto e la vicinanza di cui necessitava, ma spesso chi e cosa era non glielo permetteva, lo spingeva lontano come la risacca che imperterrita pareva fare di tutto pur di non consentirgli di raggiungere la riva di una spiaggia. Non poteva essere il genitore che Morgan avrebbe meritato e per tale ragione si odiava a morte. Odiava se stesso e quell'intollerabile senso di impotenza che mai lo abbandonava.

Accarezzò il capo al bambino. «Ehi, scricciolo, dove te ne vai in giro a quest'ora?» gli chiese con dolcezza, appena un attimo prima di sfiorargli con fare scherzoso e affettuoso la punta del naso all'insù.

«Papà, sto meglio, vedi?» ribatté soddisfatto e speranzoso Morgan, mangiandosi in parte le parole per via della bocca occupata. Negli ultimi giorni aveva ricominciato ad alzarsi dal letto e a gironzolare per casa come di consueto, ma poi Blake lo convinceva a tornare subito sotto le coperte per evitare un'eventuale ricaduta. Era proprio quando si abbassava la guardia che malattie subdole come quella del bambino fiutavano la giusta occasione per sferrare il decisivo e mortale attacco. Poteva ben immaginare quanto fosse radicata in suo figlio la speranza che lui lo portasse di nuovo in giro per la foresta per giocare nella neve o avvistare qualche cervo, ma era ancora troppo presto e non aveva alcuna intenzione di perdere Morgan per pura, vergognosa e paterna incompetenza. Gli faceva male al cuore scorgere negli occhi di quel povero bambino l'ombra della delusione, così come dell'insofferenza. Lo capiva, eccome se lo capiva, ma era per il suo bene e un giorno lontano Morgan, guardando al passato, sarebbe stato grato che quel guastafeste di suo padre si fosse mostrato severo nelle dovute circostanze.

Si sporse, lo prese con amorevole delicatezza in braccio e se lo sistemò sulle ginocchia. Non che a cinque anni si fosse propriamente dei giganti, ma Morgan a volte gli sembrava più minuto e gracile di altri bambini della medesima età e ciò non faceva che aggiungersi alla lunga lista di preoccupazioni che Blake portava sulle spalle da mattina a sera. Gli scostò con cura i capelli dalla fronte. «Dobbiamo aspettare un altro po', Morgan. So che non ti piace stare sempre in casa, ma devi avere pazienza. Stai meglio, ma non abbastanza.»

Il piccolo Syders gonfiò le guance e sbuffò prima di mugolare con fare seccato e puntare gli occhi blu su Berrywhite. Dire che malgrado l'espressione risultasse adorabile sarebbe stato sì e no superfluo. «Lys?» pigolò, come se lo stesse implorando di intercedere a suo favore con il capofamiglia. Quest'ultimo si trattenne per miracolo dallo spalancare la bocca. Da quando, si domandò stizzito, Morgan chiedeva a quel marmocchio dalle orecchie a punta di metter becco in certe questioni? Fino a prova contraria era lui suo padre, non di certo Lysander!
Che mi venga un colpo, pensò. Non immaginavo che i miei ragazzi si fossero affezionati a questo qua fino a tal punto!
Scoccò un'occhiata gravida di oscure promesse al giovane Mezzelfo. In silenzio lo avvertì di non fare scherzi e di non osare remargli contro.

Lysander, dal canto proprio, non aveva di sicuro bisogno di incoraggiamenti per capire da solo che Morgan non fosse ancora del tutto stabile e necessitasse di un altro po' di tempo per tornare in salute a pieni voti. In ogni caso, si trattenne dallo sgusciare sotto il tavolo pur di sfuggire allo sguardo mortifero dell'Assassino. Diamine, in determinate circostanze neppure Blake scherzava quando egli sceglieva di mostrarsi volutamente minaccioso. Quasi quasi era peggio di Diego ed era tutto dire.
Deglutì a vuoto e sollevò le mani sia in segno di pace sia per tentare di tirarsi fuori dalla questione nella maniera meno indolore ed evidente possibile. Lungi da lui contraddire Syders in faccende di famiglia. «Tuo padre ha ragione, Morgan: potrai uscire solo quando starai benissimo.»

Morgan, deluso, si agitò nella stretta paterna e incrociò le braccia con fare goffo e tutt'altro che credibile. «Uffa, però!» Prenderlo sul serio quando era alterato risultava difficile e per Blake era sì e no impossibile. L'uomo, soffocando una risata, gli posò un bacio sulla fronte. «Visto? Te lo ha detto anche lui che è ancora troppo presto.» Il piccolo si limitò a mugugnare altre proteste e a lanciare sguardi nostalgici e avidi al mondo immerso nella notte che per fin troppo tempo era costretto a osservare dietro a una finestra.
Era proprio come Lorayne, rifletté Blake: quando si impuntava non c'era mai stato verso di farle cambiare idea.
Una donna combattiva e dal forte carattere, la madre di Morgan, e Syders aveva perso il conto delle volte in cui l'aveva sorpresa a bisticciare con Diego per un motivo o per l'altro. In un'occasione l'aveva udita dargli chiaramente dello stronzo e della ‟piccola canaglia" appositamente per indispettirlo, appigliandosi alla loro differenza di età, per quanto non così grande. Diego, permaloso com'era sin dalla tenera età, aveva sempre abboccato all'esca e, in un modo o nell'altro, sempre era uscito sconfitto e a capo chino dagli scontri con Lorayne. Una delle poche persone che avevano potuto fregiarsi di averla avuta vinta più volte contro uno degli uomini del pianeta più desiderosi di avere l'ultima parola in ogni frangente.

Blake, dal canto proprio, non poteva dire di non aver subito, talvolta, strigliate epocali da parte della defunta compagna. Con lei aveva litigato, di tanto in tanto, come accadeva a tutte le coppie, e in tali circostanze Lorayne era sempre andata a cercare un minimo di supporto proprio in Diego, sfogandosi con lui o addirittura scegliendolo in qualità di alleato. L'Arciere non aveva mai negato la propria disponibilità alla donna e di questo Blake gliene era sempre stato grato.
Nonostante tutto Diego aveva voluto bene a Lorayne e la scomparsa di quest'ultima lo aveva segnato con evidenza nel profondo. Affetto a parte, Rivagni era una persona abitudinaria, possedeva delle proprie tabelle di marcia da rispettare, dei rituali personali da seguire alla perfezione e forse anche per tale motivo l'improvviso arrivo di Lysander nella vita di tutti loro era per lui difficile da tollerare e da digerire. Quel ragazzo, nell'equilibrato e piccolo universo di Diego che mal tollerava chi infrangeva i suoi schemi, era sul serio un autentico elemento di disturbo. Un granello di polvere sopra una lente di solito ben lucidata e priva di imperfezioni.

Forse ad aver attraversato una tempesta vera e propria fino ad allora era stato in primo luogo il Fosco. Ne aveva risentito più di chiunque altro.

Chi invece aveva preso bene, fin troppo in maniera positiva, la comparsa di Berrywhite, erano Rowan e Morgan, con non poco incredulo disappunto di Blake che avrebbe tutto sommato tollerato la cosa, se solo non fosse partito con tutta l'intenzione di non coinvolgere nella sfera della loro famiglia un ragazzo che con sé portava tanti, tanti guai.
Chi voleva prendere in giro, però? Persino lui, Blake, iniziava sotto sotto ad affezionarsi un po' a quel pasticcione, nemmeno avesse sin da subito scelto di adottarlo. Era il colmo, era incredibile e assurdo, persino sbagliato, per certi versi, ma quando si aveva il cuore tenero e si era pressoché incapaci di dire sul serio "no" quello era il prezzo da pagare.

Si alzò con ancora il figlioletto stretto fra le braccia. «E ora, signorino, torni a dormire» gli disse, facendo per uscire dalla cucina al fine di riportare il piccolo nella cameretta. Morgan picchiettò sulla sua spalla con il minuscolo indice, azione che indusse l'Assassino a fermarsi. «Papà?»

«Cosa?»

Il bambino si accostò e sussurrò timidamente: «Puoi dire a Lys di leggere una storia?»

Blake, per l'ennesima volta, rimase di sale a tale richiesta. Gli era chiaro che il ragazzo avesse cercato di ovviare il più possibile alla sua assenza prendendosi cura di Rowan e Morgan, ma fino a tal punto...!
Ormai lo vedevano come una presenza stabile e degna di fiducia ed erano comunque soliti affezionarsi facilmente al prossimo.
Nel bene e nel male, Lysander aveva avuto un forte impatto sull'esistenza di tutti loro, compresa quella di Blake, e poco importava quanto l'Assassino tentasse disperatamente di atteggiarsi da duro e di mantenere le distanze. Berrywhite le aveva scardinate da un bel pezzo, quella era la verità.

Privo del coraggio di dire di no proprio al suo bambino, fra tanti altri, si arrese e annuì appena. «E va bene, ma poi ti rimetti subito a dormire. Promesso?»

Morgan, raggiante, annuì e gli avvolse le braccia attorno al collo con maggiore convinzione e a mo' di abbraccio. «Promesso, sì» cinguettò.

Una cosa al capofamiglia era purtroppo chiara: per suo figlio doveva esser stata una piacevole scoperta che Lysander, a differenza sua, sapesse leggere alla perfezione e, forse, anche con la giusta intonazione. Probabilmente era pure più informato di Blake sulle tipiche storie che si era soliti narrare agli infanti. Syders, purtroppo, con una madre sempre troppo stanca per badare a certe sottigliezze e un padre che piuttosto avrebbe scritto sulla sua pelle una storia dell'orrore a suon di cinghiate o ceffoni, non aveva mai avuto l'occasione adatta per chiedere ai genitori di raccontargli qualche vecchia leggenda o storia per facilitargli il sonno. Era già tanto che la signora Syders lo avesse messo a dormire fino a quando lui più o meno non aveva raggiunto l'età del settimo autunno; da allora fino al tredicesimo, quello fatidico, aveva dovuto spesso badare a se stesso e imparare anche a dare una mano, di tanto in tanto, a sua madre con le faccende di casa o i lavori più pesanti. Le poche volte in cui suo padre aveva richiesto la sua collaborazione, quasi sempre erano andate a finire con lui che si era beccato uno schiaffo o un urlaccio per aver sbagliato qualcosa o esser stato un imbranato, anche se in realtà quella tendenza a essere maldestro era stata dovuta solo alla paura nei riguardi di quell'uomo. Paura non solo di eventuali punizioni o rimproveri, ma di deluderlo, di non essere un figlio di tutto rispetto.

A volte si era domandato se lui, proprio come era capitato a Morgan, non fosse stato un arrivo accidentale e tutt'altro che desiderato da parte del cupo e intransigente signor Syders. Di tanto in tanto tale pensiero lo aveva sfiorato, specialmente ricordando la poca e pessima considerazione dell'uomo nei suoi riguardi. Lo aveva trattato quasi sempre come qualcuno che per cause di forza maggiore era stato costretto ad avere fra i piedi ed era allora che tornava a domandarsi se non fosse stato ceduto all'Organizzazione al fine di togliere un gran bel peso dalle spalle di un individuo che magari, anni prima, si era ritrovato a dover fare il padre pur senza sentirsi pronto a un simile passo o senza averlo voluto.
Succedeva spesso che una coppia di fidanzati finisse per sposarsi a forza dopo aver combinato un bel pasticcio e forse era quella la triste storia dietro ai genitori di Blake. Avrebbe spiegato tante, tantissime cose.

Mentre rimboccava le coperte con cura al figlioletto, dopo che avevano fatto ritorno nella stanza del piccolo, Blake ripensò a tutto questo e a molto altro ancora, come ad esempio all'ultima sera che aveva trascorso nella casa dei propri genitori. Avrebbe dovuto intuire sin da subito, si disse, che qualcosa non andasse. Avrebbe dovuto intuirlo non appena sua madre e suo padre erano passati in camera sua per augurargli entrambi un buon riposo. Lì per lì gli aveva riscaldato il cuore ricevere tutte quelle premure, in particolar modo, da suo padre che mai era stato tanto affettuoso e presente. Col senno di poi si era chiesto spesso se quell'uomo, in qualche maniera, avesse voluto dirgli addio in tal maniera oppure indorargli la pillola, esattamente come era solito fare lui stesso quando riservava al prossimo una fine veloce e pressoché indolore, se poteva. Trattato alla stregua di un animale vicino alla macellazione: qualche carezza, parole sussurrate e capaci di infondere serenità e, infine, il sibilo di una mannaia prima del nero assoluto.
Si chiedeva se fare così non fosse in realtà una maniera più gentile e subdola di rifilare agli altri una bella dose di crudeltà allo stato puro. C'era sul serio qualcosa di compassionevole e benevolo nel far credere a una persona o a un animale che fosse al sicuro quando invece, a onor del vero, si trovava in un pericolo mortale e sulla soglia dell'oblio?

Trattenendo un sospiro accarezzò il capo a Morgan e gli rivolse uno sguardo colmo di amore paterno, certo, ma pur sempre velato di preoccupazione. Le condizioni in cui Tristano versava lo avevano fatto sprofondare di nuovo nell'apprensione e benché suo figlio si stesse pian piano riprendendo, una parte di lui non voleva saperne di abbassare la guardia, di credere che il peggio fosse passato. Cantar vittoria troppo presto non era mai una saggia azione, soprattutto quando si trattava della salute e ci voleva poco, davvero poco, perché una malattia troncasse di netto una vita fragile come quella di un bambino alla stessa maniera in cui la falce scivolava fatalmente sul grano per pareggiarne le bionde spighe. Talmente poco da indurre un genitore a restare vigile e all'erta fino alla fine della folle corsa atta a seminare il pericolo.

«Papà?» Morgan, vedendolo così silenzioso, ebbe la buona pensata di sottrarlo ai pensieri richiamando la sua attenzione. Blake si chinò appena un po' in avanti. «Dimmi, scricciolo» lo incoraggiò con affetto.

Il bambino, stropicciando i lembi delle coperte con le dita, mormorò un "ti voglio bene" spontaneo e innocente come solo le parole di un infante sarebbero potute suonare. Tanto giunsero pure e oneste alle orecchie del padre che quest'ultimo non poté far a meno di avvertire una stretta al cuore riecheggiante di tenerezza e affetto per il suo ometto.
Gli sorrise come solo con lui riusciva a fare. Come se non avesse avuto alcun pensiero o problema a rabbuiare i suoi giorni e le sue notti; come se ogni affanno fosse improvvisamente sparito; come se non fossero vissuti in un mondo dove tenebre e paura regnavano sovrane e lui non avesse convissuto con il terrore di lasciar un giorno andare Morgan e Rowan per lasciare che vi si avventurassero.
Se solo i sorrisi avessero potuto scacciare tutto il male...!
Se fosse stato così, forse in quel preciso istante non si sarebbero trovati a far parte di una società così crudele e malsana. Magari le cose sarebbero andate molto diversamente. A volte gli piaceva pensarlo, giusto per farsi un altro po' del male e illudersi che vi fosse uno spiraglio di luce alla fine di quell'infinito pozzo di miseria.

«Anche io, Morgan. Non scordarlo mai» rispose, altrettanto sincero e amorevole. Gli scompigliò dolcemente i capelli e si rimise in piedi. «Vado a dire a Lysander di venire da te, allora» aggiunse.
Avrebbe mentito a se stesso se avesse sostenuto di non provare un minimo di paterna e innata gelosia, ma era abbastanza dotato di raziocinio da capire al volo quando le circostanze richiedevano che un padre mettesse da parte sentimenti del genere per il bene della propria prole. Morgan e Rowan si trovavano bene con Lysander, lo aveva visto all'inizio e continuava a vederlo un giorno dopo l'altro. Forse era per via della giovane età del Mezzelfo che rendeva quest'ultimo pressoché ancora un ragazzino, per certi versi, o forse era la naturale affabilità di Berrywhite verso quei due scriccioli a giocare un ruolo fondamentale nella faccenda, ma era indubbio che fra quei tre si fosse instaurato un rapporto sì e no fraterno. Era proprio questo, tuttavia, a rendere Blake inquieto. Pensava al futuro, a quando Lysander se ne sarebbe andato per la propria strada e si chiedeva come l'avrebbero presa, a quel punto, i ragazzi. Rowan avrebbe capito, ormai era abbastanza grande per farlo, ma cosa dire di Morgan? Aveva solo cinque anni e un concetto del genere era troppo complicato per un bambino. Come si faceva a spiegare a uno della sua età che a volte non sempre le persone cui si voleva bene sarebbero rimaste sempre lì dove le si poteva sempre raggiungere e vedere? Morgan non conosceva il significato della parola addio, eppure un giorno non lontano avrebbe dovuto per forza fare i conti con il suo amaro sapore.

Un po' come quando, tempo addietro, aveva chiesto a Blake se sarebbero rimasti insieme sempre e per sempre. Blake gli aveva risposto che sì, così sarebbe stato, ma chi poteva sapere cosa sarebbe accaduto un domani, lontano o vicino che fosse? Nessuno era eterno e prima o poi anche i genitori venivano a mancare, specialmente quando recavano sulla pelle il marchio della Confraternita, ma Morgan era troppo giovane per capirlo e Syders, dal canto proprio, aveva troppa paura di affrontare un argomento come la morte con lui. In generale trovava insensato celare quella verità ai bambini. Non erano stupidi e con un po' di pazienza si potevano far intendere loro tante cose in teoria complesse ed era in ogni caso meglio prepararli in anticipo a eventuali ritorni di fiamma, a realtà quotidiane che non sempre potevano esser aggirate.

Morgan, ad esempio, più che esser attualmente consapevole della morte di Lorayne avvenuta anni prima, sapeva solo che la donna in questione fosse andata molto, molto lontano, in un luogo dal quale nessuno era mai tornato e impossibile da raggiungere tramite qualche mezzo di trasporto o via da percorrere. Non si tornava mai da laggiù, gli aveva spiegato con pazienza Blake, solo per poi ammutolire e cambiare discorso quando il figlioletto aveva chiesto come si chiamasse il luogo dove si era recata Lorayne. Miscredente com'era non aveva avuto la forza d'animo necessaria a indurre proprio suo figlio, fra tanti altri, a confidare in un fantomatico posto in cui i morti si riunivano per stare in compagnia e persino sedere accanto agli dei, quando non venivano condannati da Veryak a esser divorati dai suoi fedeli e mostruosi draghi per fronteggiare la fine primordiale. Se si era degni, si continuava a vivere, in un certo senso, anche quando tutto pareva esser terminato, ma se anche ciò fosse stato vero, Blake dubitava che a uno come lui sarebbe stato concesso di affrontare con successo il crudele scrutinio di Veryak. Dritto filato tra le fauci di una di quelle canaglie alate, come accadeva a tutti i malvagi.
In teoria si narrava che gli Assassini, legati a quella divinità che patrocinava il loro operato e la Confraternita, non appena morivano divenivano parte di una sorta di personale esercito di Veryak e continuassero a combattere, a uccidere e a spargere sangue persino nell'Altra Vita, ma per uno come Blake una tale prospettiva risultava altrettanto tremenda e crudele.

Lungi da lui rimanere uno schiavo, una bestia ammaestrata, anche dopo essersi congedato dal mondo dei viventi.

Non era la morte in sé per sé a spaventarlo, ma il non sapere cosa sarebbe venuto dopo di essa. Quello sì che era snervante, ma suddetto dubbio, di certo, avrebbe avuto vita ancora per pochi anni. Dieci, al massimo quindici, se fosse piaciuto alla sorte e avesse dimostrato, passati i quarant'anni, di saper ancora fare a fette il prossimo senza sforzo alcuno. Solo pochi si salvavano da quella che tanti soprannominavano "epurazione", ovvero ciò che l'Organizzazione faceva per togliere di mezzo gli Assassini ormai troppo vecchi e stanchi per continuare a servire il prossimo a regola d'arte. Quei pochi eletti talvolta divenivano dei Maestri, altre arrivavano a guadagnarsi finalmente uno stralcio di libertà e potevano persino arrogarsi il lusso di ritirarsi; in altre occasioni, invece, venivano spediti in Scuole degli Assassini fuori da Versya e laggiù elevati a Direttori o Sovrintendenti. Si trattava, però, di casi rari e bisognava fare un bel po' di gavetta, nonché dimostrare di essere guerrieri eccezionali, per ambire a simili privilegi e il mondo avrebbe avuto tutto il tempo di iniziare a girare al contrario prima che Blake avesse avuto l'occasione di togliersi di dosso la nomea di Assassino mediocre che sempre lo aveva seguito.

Cosa dire, poi, di cosa sarebbe potuto accadere se fosse esplosa una guerra in pieno stile e la Confraternita fosse dovuta scendere in campo per fare piazza pulita dei nemici? In tal caso gli Assassini erano i primi a venire richiamati alle armi. Era successo una volta, tanto tempo addietro, e nulla escludeva che sarebbe accaduto ancora. Erano i soldati perfetti, quelli che nessuno avrebbe pianto o dei quali neppure un'anima avrebbe reclamato le spoglie. A nessuno importava che un Assassino, dieci, cento o mille, morissero in battaglia. Erano nati per quello, per portare con loro la morte e accoglierla fra le braccia come un'amante, una compagna di vita tanto silenziosa quanto invisibile, seppur sempre presente.

Quando si era verificata una delle prime ribellioni appena dopo la nascita del fresco Governo di Versaria, proprio le prime generazioni in assoluto di Assassini erano state sguinzagliate col preciso ordine di ripulire il disastro e sedare la sommossa, anche a costo di soffocarla nel sangue e nelle grida strazianti di persone che erano state trucidate senza alcuna pietà.
Blake non osava immaginare cosa sarebbero stati capaci di fare gli attuali membri della Confraternita, se radunati tutti assieme in un unico blocco di guerrieri difficili da abbattere e da fronteggiare. Erano molti di più, incattiviti oltre ogni limite e la dura disciplina impartita dai Maestri li aveva resi ciechi e sordi alla sofferenza del prossimo. Un massacro di catastrofiche proporzioni, ecco cosa sarebbe accaduto.

Nulla era certo nella vita di un Assassino e un giorno o l'altro Blake avrebbe dovuto spiegare tale concetto a suo figlio, volente o nolente.
Uscì dalla cameretta e fece ritorno in cucina da Lysander. Ebbe qualche secondo di esitazione prima di riferirgli la richiesta di Morgan. Il ragazzo sorrise, annuì e subito si recò dal piccolo Syders per raccontargli una storia.
Blake, un paio di minuti più tardi, cedette alla tentazione che gli era appena sopraggiunta e solo quando si trovò di fronte alla porta socchiusa della stanza del figlioletto si fermò e si appoggiò con una spalla alla parete lì accanto, le braccia incrociate e le orecchie tese all'ascolto dello scambio di battute che stava avvenendo fra Morgan e Lysander: il primo aveva appena chiesto al giovane Mezzelfo di narrargli la sua storia preferita, ovvero ‟Il tenace soldatino di stagno" di un certo Andersen. Probabilmente si trattava di uno scrittore conosciuto dall'alta società di cui Berrywhite, fino a prova contraria, sempre avrebbe fatto parte in qualche maniera.

Lysander accettò, ma solo dopo essersi fatto promettere dal bambino che poi si sarebbe rimesso subito a dormire. Iniziò a raccontare la fiaba e Blake, nel frattempo, ancora una volta agì colto da una sorta di istinto: senza fare rumore spinse la porta per aprirla un altro po' e poter dunque sbirciare all'interno della cameretta. Morgan, preso com'era dalla storia, neppure fece caso a lui e l'Assassino ebbe dunque modo di notare che l'apprendista stava raccontando la fiaba a memoria, secondo ciò che meglio ricordava. Non se la cavava male, bisognava ammetterlo, e per un secondo l'uomo fu tentato di farsi sfuggire un lieve sorriso, ma ebbe ben presto un tuffo al cuore nell'udire che il fantomatico soldatino di stagno fosse stato creato con un difetto, ovvero la mancanza di una delle gambe.
«Come il mio papà!» esclamò prontamente Morgan.

A volte, pensò Syders, la vita sapeva essere crudele e beffarda in egual misura.
Tornò a osservare la scena e vide Lysander accennare un debole sorriso e accarezzare al piccolo il capo con una naturale dolcezza che solo con la sua avrebbe potuto rivaleggiare. Di nuovo l'uomo si ritrovò a barcamenarsi su un'altalena di gelosia nei riguardi del figlioletto e un senso di tenerezza impossibile da reprimere.
Con la gola secca continuò ad ascoltare il racconto popolato di troll malvagi, barchette di carta, castelli di carta e ballerine dagli abiti scintillanti finché, a un certo punto, Berrywhite si fermò per creare una pausa ad effetto prima di chiedere a Morgan: «Finale bello o finale triste?»
Il bambino esitò. «Bello» replicò subito dopo con aria birichina. Ovvio, si disse Blake, che avesse preferito il lieto fine. Quale infante, dopotutto, avrebbe voluto sentire il finale brutto, quello nel quale tutti morivano e non v'era alcun vincitore? Poco importava che la vita fosse spesso e volentieri una fiaba in cui le cose iniziavano male e finivano ancora peggio. Il finale brutto era compreso nel pacchetto e pochi al mondo potevano permettersi il lusso di un lieto fine.

Tenne gli occhi bassi mentre Lysander terminava dunque la fiaba narrando di come il soldatino di stagno fosse inizialmente precipitato dritto dentro una stufa accesa e poi, appena prima di venire consumato dalle fiamme e sciogliersi, era stato recuperato dal bambino che aveva avuto un ripensamento e cambiato idea circa il disfarsene. Anche la ballerina era stata salvata in tempo dal fuoco grazie al provvidenziale intervento del padre del ragazzino.

«Da quel momento in poi, il soldatino visse per sempre felice e contento con la sua amata ballerina e ogni notte, al rintocco della mezzanotte, si racconta che i due siano soliti dar vita a una danza d'amore che dura fino al mattino, fino a quando l'alba di nuovo torna a baciare la finestra di quella cameretta.»

Blake sentì il cuore sciogliersi come neve al sole nello scorgere il tenero sorriso sulle labbra del figlioletto. Era straordinario come una semplice storia fosse in grado di restituire a un animo innocente la speranza nel futuro e nel domani, nell'amore in generale. «Come si chiamava il bambino, Lys?» chiese poi Morgan al ragazzo, il quale terminò di rimboccargli con cura le coperte e gli posò addosso i grandi occhi dorati. Con sincero e innato affetto rispose: «Si chiamava Morgan e suo padre, invece, Blake» gli sussurrò dolcemente, come se fosse un segreto fra di loro.

«Proprio come me e papà?» domandò ancora il piccolo, la bocca spalancata per lo stupore.

Blake roteò gli occhi e sbuffò, ben attento a non farsi sentire mentre sgusciava via per evitare di venire sorpreso dai due. Non era infastidito, comunque. La risposta di Lysander, benché scontata, prevedibile e un po' da furbacchione, gli aveva strappato un mezzo sorriso.
A passo felpato si recò in soggiorno e si lasciò cadere sul divano, passandosi una mano sul volto come al solito segnato da una stanchezza i cui confini oltrepassavano il piano puramente fisico e si addentravano nella selva della mente e, forse, dell'animo stesso.
Sapeva che avrebbe fatto meglio a dormire prima di recarsi al fatidico appuntamento col Cancelliere, ma proprio non gli andava di chiuder occhio, anche se al momento era disteso sul divano. I pensieri erano troppi e lo era anche il timore di ricevere altre visite sgradite dai buon vecchi incubi. E comunque, si disse, aveva oziato abbastanza per i propri gusti e di quel passo se ne sarebbe infischiato di ogni possibile conseguenza e sarebbe tornato al lavoro, che Perisyan e Diego lo volessero o no. Alla malora, aveva bisogno di rendersi utile, di sentirsi tale, e non sarebbero di certo stati loro a ostacolarlo.
A proposito di Diego, si chiedeva se almeno lui avesse avuto il buonsenso di riposare o se invece si trovasse, in quel preciso momento, al capezzale del figlio malato per vegliare su quest'ultimo e sperare intanto che un miracolo avvenisse.

Vide Lysander entrare nel soggiorno con aria pensierosa e assorta la quale, tuttavia, mutò in fretta non appena il ragazzo si accorse di lui. Per un attimo a Blake parve di intravedere una debole sfumatura più scura e colorita sul viso di Berrywhite, ma forse, si disse l'Assassino, era soltanto colpa della fioca luce o di uno scherzo orchestrato dalla penombra che regnava nell'ambiente.
No, constatò quasi un attimo più tardi. Era autentico e velato imbarazzo quello del giovane Mezzelfo. Eppure, rifletté, non stava facendo assolutamente nulla di compromettente o di strano.

Decise di lasciar perdere e gli domandò: «Si è messo a dormire?»
Non aveva idea se Lysander si fosse accorto della sua presenza accanto alla cameretta o meno, specie se si tenevano in considerazione i suoi sensi da Elfo pressoché infallibili, ma di certo non si sognava di indagare.

Il ragazzo abbozzò un sorriso. «Si è messo giù appena ho finito di raccontare la storia» replicò con semplicità. Dal suo atteggiamento Syders capì subito che voleva sedersi. Controvoglia, l'uomo si tirò su e scivolò di lato per fargli spazio, non senza masticare una poco garbata imprecazione. Berrywhite sorrise sotto i baffi e si accomodò.
«Sembri di buon umore» lo apostrofò l'Assassino, inarcando un sopracciglio. A volte faticava sul serio a capire quel marmocchio e il modo in cui egli ragionava, e non aiutava di certo ricordare che Lysander, come tutti, fosse capace di celare all'occorrenza i propri reali stati d'animo.

Il Mezzelfo si strinse nelle spalle. «Sai com'è, meglio approfittare dei momenti in cui non sei intrattabile e scontroso!»

Blake alzò gli occhi al cielo. «Ma sentilo!» borbottò stizzito.

«Dico davvero!» insisté Lysander, scherzoso. «A volte è difficile sopportarti, credimi!»

«Guardati di più allo specchio, allora, lattante.»

«Non sono un lattante.»

«Poco ci manca.»

«Solo perché ho dodici anni in meno di te. Questo non vuol dire essere un lattante» lo rimbeccò Berrywhite con aria fin troppo saccente e provocatoria. «Sei solo più vecchio di me e ragioni come tale, niente di più.»

«Magari evita di calcare sul termine "vecchio", se non ti è d'eccessivo impiccio.»

«Beh...»

Blake si volse a fissare a mo' di avvertimento il ragazzo. «Ho trentun anni, non cento, marmocchio.»

«Guardalo come gonfia le penne! E meno male che non te ne importava niente!»

Syders restrinse appena di poco lo sguardo con aria scaltra. «Cosa c'era in quella fiala, dunque? Sei ancora deciso a portarti il segreto nella tomba?» chiese, quasi a voler riguadagnare il controllo sulla conversazione.

Lysander ammutolì e incrociò le braccia. «Te l'ho detto: è un semplice rimedio per il mal di testa.»

«E io ho già detto che non ti credo.»

Il ragazzo contrasse la mascella, ben attento a non incrociare lo sguardo dell'uomo. Sembrava nel bel mezzo di una lotta interiore ed era difficile stabilire se la stesse vincendo o perdendo. Un paio di minuti più tardi respirò profondamente e disse: «Te lo spiegherò con calma, ma non adesso. Quando... quando sarò pronto a parlarne, d'accordo?» concesse infine. «Credimi, non è perché non mi fidi o sia geloso di chissà quale segreto, solo... non si tratta di una chiacchierata leggera né semplice da affrontare. Ho bisogno di tempo, tutto qui.»
In fin dei conti Blake aveva ampiamente dimostrato di non essere un bacchettone di prim'ordine sin da quando aveva accettato senza mezzi termini la sua natura per metà elfica e pur trattandosi di situazioni differenti, quell'uomo pareva un tipo dalla mentalità aperta, tanto da far credere a Lysander che forse, a onor del vero, non fosse poi così difficile parlare con onestà di quella faccenda. «Sappi solo che non è nulla di negativo o possibilmente pericoloso. È... una questione sopra le righe e tutt'altro che comune. Una che dubito tutti sarebbero disposti ad accettare.»

Blake lo scrutò e cercò di dedurre la verità dietro alla coltre di criptiche parole che aveva appena udito, ma proprio non ce la faceva a carpirla. «Non per vantarmi, ragazzino, ma ormai con te sono abituato alle rivelazioni scioccanti. Se mi sono messo più o meno il cuore in pace di fronte alla tua parentela con Rymas, non vedo cosa potrebbe esserci di peggio o di più difficile da digerire di una cosa del genere!»
Avrebbe solo voluto che Lysander avesse sputato il rospo e posto fine a tutto quel mistero, ma se doveva avere pazienza, allora così avrebbe fatto.

Berrywhite sbuffò una debole risata. «Sì, beh... non ho altri parenti famosi da rivelare, se può farti sentire meglio.» Fece una pausa. «Grazie. Sai... per non avermi obbligato a parlare ad ogni costo. Non tutti sono disposti a rispettare i limiti che gli vengono posti di fronte, quindi... grazie, Blake.»

«Senti senti da chi viene la predica!» fece Blake, tra il serio e il faceto. «Tu invece salti a piè pari qualsivoglia recinto, specie quando si tratta del sottoscritto.»

«Solo se non c'è una ragione valida dietro alla loro esistenza.»

«Te la rigiri, eh?»

«Lo hai appena fatto anche tu.»

«Vero anche questo.»

Lys piegò di sbieco le labbra e non replicò. A volte non era semplice per lui tener fede al ricordo di Tobias e ai sentimenti per quest'ultimo quando Blake era nei paraggi. Quell'Assassino era il tipo di uomo che era meglio non guardare, con quell'aria vagamente da ragazzaccio che lo avvolgeva, ma alla fine si finiva per guardarlo comunque perché non farlo sarebbe stato in egual misura un peccato imperdonabile. Ora che era lì, accanto a lui, ad appena una decina di centimetri di distanza, era più difficile che mai non osservarlo con attenzione e sentirsi rapiti da ogni singolo dettaglio che lo contraddistingueva. Il fatto che, a differenza del solito, avesse sistemato i lunghi capelli bruni a quel modo, con due sottili trecce laterali sistemate dietro alle orecchie e ornate di fermagli di metallo, contribuiva a far dannare il ragazzo che poteva osservare il suo viso senza nulla che lo celasse allo sguardo. Solo dai tempi del Sanatorio in poi, tra l'altro, Berrywhite aveva avuto la possibilità di sapere come fossero gli occhi di Syders in tutto il loro naturale e ceruleo splendore. Una cosa che infatti aveva notato era che molti Assassini, quasi tutti, fossero soliti pitturare di nero gli occhi e quando si era arrischiato a chiedere a Diego delucidazioni circa tale curiosa pratica, Rivagni aveva replicato, laconico, che lo facessero allo scopo di riparare la vista dal sole, specialmente nella stagione estiva. Oltre a ciò, era al tempo stesso un'usanza risalente agli albori della nascita della Confraternita: all'epoca, infatti, spesso i guerrieri in generale dipingevano di nero gli occhi, talvolta persino le orbite e oltre, sia per schermarli dalla luce del giorno che per rendere le proprie sembianze più intimidatorie e ferine. Da allora in poi, dunque, la tradizione era perdurata fino al presente.

Che le cose stessero così o meno, ciò non toglieva che nel caso di Blake quella sorta di trucco rituale desse vita a un curioso e paradossale effetto: da un lato i suoi occhi azzurri risaltavano con prepotenza e apparivano più penetranti del consueto e ciò gli conferiva un'aria, effettivamente, sinistra e oscura, ma dall'altro gli era sembrato sin da subito ammaliante e magnetico.
Senza la pittura nera a oscurare le sue palpebre, ecco che invece si scorgeva il vero Blake, quello dal viso da uomo perbene e tutt'altro che di spirito ombroso. Blake era soltanto affetto da una profonda tristezza che solo alla presenza di Morgan e Rowan si attenuava, questo Lysander lo aveva capito da un pezzo e se ne dispiaceva profondamente. Proprio per questo cercava in ogni maniera di non essergli d'impiccio, di non infastidirlo più di tanto e di rispettare i paletti che con chiarezza aveva piazzato attorno a sé a mo' di protezione dal mondo esterno. A volte non serviva una prigione di pietra per rendere qualcuno un recluso. Talvolta era sufficiente chiudersi in se stessi per divenire, poco a poco e al tempo stesso, la fortezza e il condannato intrappolatovi dentro.

Il giovane Mezzelfo non conosceva granché del mondo, anzi niente o quasi, ma poteva affermare comunque con certezza di aver visto di rado qualcosa di più bello, e al contempo triste, dell'uomo che al momento gli sedeva accanto.

«Lysander?»

Venne sottratto ai propri pensieri proprio da Blake che aveva appena richiamato la sua attenzione e lo squadrava con aria velatamente infastidita. Doveva averlo fatto di nuovo. Ancora una volta si era allontanato con la mente per spaziare nei pensieri e non era mai carino farlo quando si era in compagnia. Il ragazzo sbatté le palpebre. «Uh? Cosa?»

Blake lo occhieggiò ancora una volta, poi ripeté: «Quando tra qualche ora saremo da Rymas, a mio parere dovresti accennare casualmente alla faccenda di Tobias. Se c'è qualcuno che può darti una mano, quello è il Cancelliere in persona e nessun altro. Tiene a te, perciò sfrutta la situazione di nuovo a tuo vantaggio e per uno scopo tutto sommato nobile».

Berrywhite deglutì. Da un lato Syders aveva ragione e, anzi, era lui che avrebbe dovuto pensarci in primo luogo, ma dall'altro non era sicuro di avanzare un azzardo come quello con Rymas. «Non saprei. Insomma...»

«Lysander, credimi: o così o non rivedrai mai più Tobias. È un'occasione che forse non ti si ripresenterà e non puoi aspettare oltre. Più lo fai e meno probabilità avrai di ritrovare quel ragazzo, e lo sai meglio di me. Dammi retta e batti il ferro finché è caldo.»
Il motivo per cui l'Assassino stava facendo così tanta pressione sull'argomento era piuttosto semplice e prevedibile: quel ragazzo aveva la concreta possibilità di risolvere la questione di Tobias appoggiandosi all'aiuto di una persona molto potente e con a disposizione una marea di metodi e di contatti attraverso i quali rintracciare il giovane schiavo. Non cogliere un'occasione del genere, pessima fama del Cancelliere o meno, sarebbe stato da sciocchi. Lysander poteva ancora permettersi il lusso di tener viva la speranza di rivedere la persona che amava e non poteva tirarsi indietro proprio quando aveva a una spanna dalle mani la soluzione al problema che più lo angustiava.
Se teneva così tanto a Tobias da rivolerlo con sé a qualsiasi costo, persino richiedendo i servigi di un Negromante, allora perché mai avrebbe dovuto storcere il naso di fronte a un'opzione meno radicale e rischiosa?

Berrywhite, tuttavia, lo occhieggiò con fare incerto mentre si torceva le mani. «E se alla fine scoprissi che Tobias è morto? E se fosse troppo tardi per lui? Che cosa farei, allora? A cosa potrei mai aggrapparmi o a chi?»

Syders rifletté sulla risposta da dare al quesito del Mezzelfo e, nel rimuginare, sperò con tutto il cuore che il ragazzo non si mettesse a piangere. Non tanto per una questione di disagio o di fastidio, ma perché gli sembrava sempre di far versare lacrime a sua sorella o a Morgan, la stessa identica e detestabile sensazione. Si era sentito uno schifo quando aveva snocciolato all'apprendista, quasi due mesi prima, cosa potesse esser accaduto a Tobias in seguito alla cacciata dalla dimora di Alvar e non ci teneva a ripetere l'esperienza.

Sospirò profondamente. «Purtroppo devi mettere in conto ogni possibilità, dalla migliore alla peggiore. Se anche Tobias non ce l'avesse fatta e fino ad ora tu ti fossi aggrappato al ricordo di un fantasma, vorrà dire che andrai avanti lo stesso. Insomma, parli con uno che pur non essendosi mai sposato, lo stesso in fin dei conti si considera un autentico vedovo. È ciò che sono, fino a prova contraria, e per quanto sia stato tremendo, per quanto abbia fatto male e continui a far male, sono ancora qui. La parte peggiore e migliore dell'essere vivi, degli uomini, è questa: proseguire lo stesso, anche dopo aver perso una persona amata, anche quando tutto ciò che si conosceva è stato tramutato in cenere. È la vita, Lysander, e dove c'è quella bisogna fare anche i conti con la morte. Non ci puoi fare niente, se non stringere i denti e tornare a camminare.»
Sapeva di aver appena replicato alla domanda del giovane Berrywhite con una risposta tutt'altro che incoraggiante e facile da digerire, ma indorare la pillola, ormai ne era più che consapevole, serviva a ben poco. Invece di aiutare a tollerare la crudezza della realtà ne accentuava gli aspetti più spigolosi e spiacevoli, e da che ne sapeva mai il miele era stato adoperato a guisa di medicina.

Si umettò le labbra e si accomodò meglio, voltandosi per guardare davvero in faccia il ragazzo. Odiava parlare con qualcuno e non poter averne a portata d'occhio lo sguardo. Mai dovevano esserci barriere di sorta fra due interlocutori, almeno quando era la verità a esser dibattuta.

«Stammi a sentire, Lysander: non si può rimanere sempre nel proprio recinto, al sicuro e al caldo, protetti sia dal bene che dal male del mondo. Prima o poi giunge un momento, nella vita di una persona, in cui bisogna per forza saltare lo steccato come dei forsennati, senza voltarsi indietro, ed esplorare l'orizzonte che spesso appare spaventoso. Ciò che non si conosce spaventa, lo capisco, ma allora quale potrebbe essere l'alternativa? Rimanere al punto di partenza e nell'ignoranza? No, Lys. Non conviene. È l'esistenza stessa a prendere i pigri e i codardi per un orecchio al solo scopo di sbatterli fuori dal nido e a dire loro di trovare la propria strada una buona volta.»
Fece una pausa per assicurarsi che Lysander lo stesse davvero ascoltando e così pareva. Aveva la sua attenzione e ciò significava che non stava scappando dalla verità dei fatti.
«Il mondo va conosciuto, con tutti gli orrori, i problemi e le meraviglie che ne conseguono. La perdita e la morte ne fanno parte e non si possono evitare sempre e in ogni caso. A volte arrivano proprio quando meno le aspettiamo. Quel che voglio dire, è... d'accordo, c'è un margine di possibilità più o meno consistente che Tobias possa non essere più in vita o trovarsi nei pasticci fino al collo, ma è solo una delle strade che formano il bivio al quale ti trovi adesso. Non è una via maestra, mai la vita è fatta di un unico sentiero. Perché restare con nel cuore un dubbio del genere, invece di correre il rischio solo per scoprire, invece, che Tobias è ancora vivo e non aspetta altro che riunirsi a te?»

Lo vedeva che non era sino in fondo convinto e allora decise di calcare appena appena un altro po' la mano: «Non potrai evitare per sempre certe cose né aggirare le tue peggiori paure, le tue insicurezze. Tu ne hai tante, Lys, e se non ti deciderai a domarle una volta per tutte, saranno loro a domare te con tanto di frustino, cavezza e sella, e allora sarà troppo tardi per tornare sui tuoi passi. Devi affrontare ciò che ti terrorizza ed è da uomo a uomo che ti sto parlando, non nelle vesti di un Assassino: prendi quella sgualdrina da quattro soldi chiamata paura e insegnale a stare al suo posto.»

Da uomo a uomo, certo, ma gli occhi di Berrywhite erano quelli grandi e incerti di un bambino, e non era solo per via della sua natura in parte elfica. Guardava Blake come se gli avesse appena rivelato il più grande segreto dell'esistenza umana, ma in realtà l'uomo voleva solo fargli capire che spesso bisognasse buttarsi nella mischia e basta, senza star troppo a pensarci o a filosofare.

«Pensi che io non abbia provato paura quando la mia compagna venne da me e disse che era rimasta incinta? Ero spaventato, paralizzato dalla paura per motivi sia ovvi che personali. Avevo paura ed è stata lei a rassicurarmi, a dirmi che avremmo affrontato insieme tutto, specialmente le conseguenze delle nostre azioni. Quando diventai un Assassino in via ufficiale, fidati che il mio ultimo desiderio fosse quello di metter su famiglia o di innamorarmi, eppure sono successe entrambe le cose e sai che c'è? Per quanto poi abbia sofferto, per quanto ora quella donna che amavo mi manchi, non mi sono mai pentito di essermi fidato di lei e di aver deciso di rischiare. Ne è valsa la pena.»

Parlare del passato faceva male, era come riaprire ferite perennemente in via di guarigione con un coltello arroventato, ma tenerlo sepolto e ignorarlo era inutile e, forse, paradossalmente ancor più nocivo. Avrebbe fatto male in ogni caso, sempre e comunque, lontano o vicino che fosse. Era inevitabile, ecco ciò che stava cercando di far capire a quel ragazzo. Bisognava per forza farci i conti, spesso un giorno alla volta.

«La peggior cosa che si possa fare è accontentarsi e non desiderare mai qualcosa in più, qualcosa di meglio di ciò che ci viene messo di fronte. Magari Tobias è ancora vivo o magari è morto e hai sperato invano di riaverlo con te, ma la verità va sempre guardata in faccia, Lysander. Sempre, a qualsiasi costo, perché viviamo in un mondo di menzogne e di ombre e non abbiamo bisogno di mentire anche a noi stessi. Non dobbiamo, anzi. Imponi a te stesso sempre la verità, anche se fa male ed è dolorosa da accettare. Chi vive di falsità è già morto in partenza, credimi.»

Lysander si mordicchiò il labbro inferiore e volse altrove i grandi occhi dorati. Era chiaro che stesse ponderando, dentro di sé, la decisione da prendere. Non appena parve averla presa, disse: «Va bene. Porrò la questione all'attenzione di mio zio, ma... tu dovrai essere presente. O così o rimarrò muto come un pesce.»

L'Assassino squadrò perplesso e scioccato l'apprendista. «Uh? Io? E cosa c'entro, scusa?» chiese.

«P-Per favore, Blake. Non me la sento di stare lì, tutto solo, a parlargli di una cosa del genere. Non so come potrebbe prenderla e non posso appollaiarmi senza criterio sulla certezza che...»

Blake agitò le mani, avendo già colto l'antifona. «Sì, sì, ho capito!» tagliò corto. A quanto pareva il ragazzo non voleva affrontare Rymas senza qualcuno che gli rimanesse vicino e in tutta franchezza non se la sentiva di dargli torto o di giustificare la cosa come semplice e fanciullesco timore. Rymas sarà pure stato suo zio, ma rimaneva comunque il Cancelliere. Uno spauracchio niente male. «Bene. Vado a darmi una rinfrescata e a cambiarmi. Di sonno ne ho ben poco e non voglio rischiare di arrivare tardi all'appuntamento con quello là.» Si alzò e Lysander fece lo stesso prima di richiamare la sua attenzione e indurlo a voltarsi. Non appena l'Assassino lo ebbe fatto, rimase di stucco e fermo come uno stoccafisso quando le braccia del ragazzo gli si avvolsero attorno a mo' di abbraccio.

Sconvolto e affatto a proprio agio di fronte a tale contatto fisico non richiesto né necessario, fu lesto a ricacciare indietro una mezza imprecazione mentre Berrywhite, ignaro del suo stupore, continuava a stringerlo come se fosse stato il suo pupazzo preferito. Ora sì che aveva toccato il fondo dell'imbarazzo e della decenza in qualità di Assassino. Abbracciato come un animale di pezza!

«Che diamine stai facendo?» chiese lentamente, rigido come un manico di scopa.

Lysander ebbe la buona creanza di scostarsi. Si strinse nelle spalle e ribatté, con un sorriso smagliante: «Niente, mi andava solo di farlo!»
Lo superò, talmente allegro da far venire a Blake i nervi. L'uomo, stralunato, lo seguì con lo sguardo. «Ehi, aspetta un momento! Fermo lì! Oi!»

«Prima vado io a cambiarmi! Tranquillo, ci metterò poco!» cinguettò in risposta Berrywhite prima di trotterellare via.

«Cosa? Ma...», Blake rinunciò a protestare nell'attimo in cui udì la porta del bagno chiudersi.
Sprofondò a sedere sul divano mentre borbottava come una pentola. «Ma tu guarda questo! Mi ha fregato!» sibilò, scoccando un'occhiata truce al punto dove aveva visto uscire dal soggiorno quel marmocchio.
Macché uscire e uscire! Quel piccolo lestofante se n'era andato sì e no saltellando come una lepre. «È il colmo!»

Decise di accendersi una sigaretta mentre aspettava di farsi un bagno caldo e togliersi di dosso gli abiti civili per tornare a indossare la divisa da Assassino. Non aveva intenzione di presentarsi al cospetto di Rymas in vesti di uomo comune per tanti motivi, uno dei quali era semplice e forse stupido: lo avrebbe fatto sentire più al sicuro e meno esposto rifugiarsi in una divisa ben distinguibile e, in ogni caso, era con il Blake Assassino che il Cancelliere intendeva parlare, non con l'uomo in sé per sé.
Guardò di sbieco l'ingresso del soggiorno. Erano trascorsi pochi minuti, ma si domandò comunque quanto ci volesse a Berrywhite a darsi una lavata e a vestirsi.
Forse, pensò, era già uscito dal bagno e non lo aveva sentito.

Alla malora, si disse. Sarebbe andato a controllare. Giusto per confidare un po' nella fortuna.

Appena ebbe spento quel che rimaneva della sigaretta si alzò e camminò per il corridoio fino a giungere alla porta corretta. Vedendola chiusa, si arrischiò a bussare. «Allora, hai finito?» chiese, attento a non parlare a voce troppo alta per non svegliare la sorella e il figlio.
Perché, poi, doveva esserci tutta quella riservatezza ogni volta che si ripresentava una situazione del genere? Sarà forse stato per i cinque anni trascorsi alla Scuola, ma personalmente non era tipo da farsi tutti quei problemi inutili quando si trattava di faccende simili. Insomma, erano entrambi maschi, no? Cosa c'era da nascondere o di cui vergognarsi? Il corpo umano era il corpo umano, santa pazienza!

Dall'altro capo della stanza Lysander replicò dicendo di esserci quasi. L'uomo, scocciato, sbuffò tra sé come un mantice prima di arrendersi e tornare nel soggiorno. Si sarebbe volentieri arrischiato ad ammazzare il tempo, almeno, con una qualsiasi faccenda quotidiana, ma non ci teneva a farsi berciare addosso da quell'insopportabile Mezzelfo una sequela bella lunga di rimproveri atti a ricordargli che non doveva affaticarsi e altro ciarpame simile.
Tollerava decisamente poco il non poter muoversi come gli pareva in casa propria e in tutta franchezza smaniava per far ritorno alla propria occupazione di Assassino. Se non altro si sarebbe preso una pausa da tutti coloro che continuavano a trattarlo a mo' di moribondo. Lo sapeva da solo di aver sfiorato la fine per un soffio e di averci per giunta rimesso un arto, perciò non v'era motivo che il prossimo si affannasse ogni singolo secondo a ricordarglielo.

Ripensare a ciò, a come fosse uscito da quella faccenda privato di una gamba, mutilato per sempre, lo indusse a rievocare la storia narrata da Berrywhite a Morgan e a domandarsi se alla fine della propria storia avrebbe trovato ad attenderlo il finale buono oppure, invece, quello originale e assai più macabro e triste. Considerando le premesse attuali, puntava tutto sulla seconda opzione e quel bastardo del suo vecchio, dovunque egli fosse andato a finire dopo la dipartita, si sarebbe fatto una grassa risata nel vedere le proprie parole diventare realtà.
Suo padre gli aveva ripetuto fino alla nausea che quel suo carattere da riottoso indisciplinato lo avrebbe portato, con molta probabilità, a penzolare da una forca e forse... forse il tempo gli avrebbe dato prima o poi ragione. Non poteva andar a finire diversamente quando ci si immischiava, anche solo per un secondo, nelle faccende dei pezzi grossi, soprattutto quando si trattava del Cancelliere e dei suoi parenti. Lysander era tale e lo sarebbe rimasto a prescindere da tutto, e già questo semplice dettaglio prometteva una tempesta d'immani proporzioni.

Si riscosse dai pensieri udendo un piccolo colpo di tosse. Sollevò gli occhi cerulei e incrociò quelli dorati di Berrywhite solo per una manciata d'istanti prima di rifuggirne lo sguardo. Non voleva che quel ragazzino, in qualche astruso modo, scorgesse sul suo volto le inquiete tracce lasciate da elucubrazioni altrettanto cupe e ansiose.
Non avrebbe avuto senso renderlo parte dei suoi timori, si disse Syders. Era molto meglio far finta di niente e continuare fin dove la sorte gli avesse consentito di proseguire il cammino e quanto al resto... forse non aveva senso preoccuparsi del futuro. Nessuno poteva prevederlo né impedirgli di compiersi, quali che sarebbero stati gli eventi capaci di determinarlo.

Per il momento bisognava concentrarsi sulla questione di Tobias e sull'offrire, soprattutto, una dimora migliore a Morgan e Rowan. Il dopo lo si sarebbe visto vivendo, decretò a mente Blake, alzandosi e sbrigandosi a raggiungere il bagno per prepararsi.