𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐕𝐈𝐈𝐈. 𝐔𝐧𝐚 𝐭𝐫𝐚𝐛𝐚𝐥𝐥𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐨𝐥𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
https://youtu.be/2YxoqOcDHco
Blake Syders non era di certo un sensitivo né un profeta, eppure, non appena vide Rivagni varcare la soglia di casa sua con in viso un'espressione che avrebbe messo chiunque in allarme, riuscì a prevedere con vivida abbondanza di dettagli cosa sarebbe accaduto di lì a pochi istanti.
Deglutì a fatica e attese, contando i secondi.
Uno... due... tre...
«Dimmi che scherzavi quando mi hai chiamato con quel dannato olocoso. Dimmi che non è vero, che non hai mandato tutto a puttane e che volevi solo farmi il peggior scherzo di sempre.» Era chiaramente furioso e di certo pretendeva una risposta affermativa, che si trattasse sul serio di una burla, magari un errore. Si chiuse la porta alle spalle con un tonfo. «Ho un urgente bisogno di sentirtelo dire, Syders!»
Accidenti, pensò Blake, inquieto. Stavolta mi prende a calci da qui fino all'altro capo del mondo, lo sento.
Lo avrebbe capito benissimo se Diego avesse scelto di prenderlo a pugni. Diamine, se lo meritava e sapeva da solo di aver complicato a entrambi l'esistenza, di aver messo tutti e due in un gran pasticcio.
Con ‟olocoso" Rivagni si riferiva all'olofono, il congegno che veniva consegnato a ciascun Assassino per comunicare a distanza. In apparenza sembrava un orologio da taschino, ma in realtà appena lo si apriva compariva una luminosa e trasparente tastiera; a quel punto era sufficiente digitare nome e cognome di chi si voleva contattare e a meno che l'altra persona non fosse sprovvista di tale oggetto, la chiamata sarebbe andata a buon fine e sarebbe apparso un fedele modello olografico e in miniatura del ricevente. Semplice, ma efficace. Una delle tante invenzioni che la Confraternita e i ceti privilegiati avevano abbracciato quando, alcuni anni prima, la tecnomanzia aveva attirato la loro attenzione ed era stata sfruttata per ottenere risultati migliori in diversi campi. Per quel poco che i comuni Assassini e i cittadini meno abbienti potevano saperne, però, la tecnomanzia era qualcosa al di fuori della loro portata e materia riservata a pochi eletti. Era già tanto se alcuni fra di loro erano a conoscenza del termine.
Comunque fosse, non era stato bello per Syders aver a che fare con un Diego che un po' alla volta gli era sembrato sempre più sconvolto e incredulo. Persino da innocua miniatura quell'uomo metteva i brividi, il che era il colmo.
Si fece coraggio e guardò di sottecchi il collega, scuotendo la testa. «N-No. È tutto vero, Diego.» Vide un altro lampo di spaventosa irritazione dardeggiare negli occhi grigi e taglienti dell'amico. Sollevò le mani e gli fece cenno di stare calmo, ma servì a ben poco; quell'uomo era un vulcano pronto a eruttare una colata incandescente di insulti, una pioggia di lapilli fatti di ramanzine e forse autentiche maledizioni. Blake attese l'esplosione, ma all'ultimo Diego parve finalmente ricordare che erano le quattro del mattino e a pochi passi da lì, proprio oltre le due porte poste l'una di fronte all'altra, c'erano Rowan e Morgan che stavano dormendo. Non poteva né prenderlo a calci come ovviamente avrebbe voluto fare né mettersi a urlargli addosso come una Banshee ogni genere d'improperio noto all'umanità.
Con un paio di falcate gli si avvicinò. «Hai una fortuna sfacciata, Blakeson Syders» sibilò a bassa voce. «Dov'è il moccioso? Parla!»
Blake si trattenne per un soffio dal guardare il collega con un misto di incredulità e ilarità. Diego aveva appena definito ‟moccioso" uno che aveva soltanto sette anni in meno di lui. Sette anni di differenza non erano poi così tanti. «È in salotto.»
Diego fece un respiro profondo. «Come diamine sei riuscito a passare il confine con uno schiavo che proveniva dalla casa di Berthan? Gente del genere è perfettamente riconoscibile e in più tutti gli schiavi vengono marchiati dal padrone di casa.»
Syders si accigliò. «Uhm... anche loro vengono marchiati?»
«Maledizione, Blake! Ma non sai proprio niente?»
«Shh!»
Rivagni si prese un paio di secondi per placarsi, poi: «Sì, anche loro subiscono la marchiatura. È praticamente una regola fissa».
«Senti, non lo sapevo e le guardie non hanno fatto storie. Ho fatto cambiare d'abito il marmocchio per cercare di farlo sembrare una persona qualsiasi. Credici o meno, ma ha funzionato.»
Diego si fregò la fronte. «Accidenti, hai rischiato grosso» sospirò. «Non mi basterebbero due ore per elencarti quante cose sarebbero potute andare male. Come ti è venuto in mente? Cos'è successo, di preciso? Ti avevo detto di seguire il piano alla lettera, di fare attenzione!»
Syders roteò gli occhi, un po' spazientito. «Beh, diciamo che a volte le cose non vanno secondo i piani, d'accordo? E non è che io sia più di tanto favorito dalla fortuna! Il ragazzino si è messo in mezzo e ho dovuto raccogliere in fretta e furia i cocci del casino che ha scatenato!»
«Che vuol dire che si è messo in mezzo?»
Blake si avvicinò e a voce molto bassa rispose: «Gli ha ficcato un coltello nella gola, ecco cos'ha fatto. Il vecchio aveva bevuto il vino, era stato avvelenato, era pronto per la fossa e poi l'idiota è saltato fuori dal nulla. Mi sarebbe stato sufficiente intrattenere quello schifoso un altro po' e sarebbe andato tutto liscio come l'olio. Non è stata colpa mia, chiaro?»
Rivagni serrò le palpebre. «Cazzo, Blake! Stai nascondendo un criminale dalla legge, te ne rendi conto?»
«Lo so.»
«Non potevi ammazzarlo e basta?»
«Te lo ripeto, Diego: ci ho provato.»
L'Assassino più giovane squadrò con attenzione l'amico. «Ci hai provato, ma non ce l'hai fatta. Dico bene?» Scosse la testa. «Ti sei rincretinito? Non sai più svolgere il tuo lavoro? Hai istinti suicidi?»
«Oh, andiamo! Mi ha fatto pena!»
«Un corno! Sei un Assassino, Blake! È il tuo lavoro far fuori la gente! Ne abbiamo già discusso e ora te ne esci con questa stronzata?»
«Non lo so cosa mi è preso, Diego! Era lì, aspettava che lo uccidessi e ho tentato di farlo, ma ero bloccato. Non ce la facevo. In fin dei conti cosa ha fatto di sbagliato? Berthan era una persona orribile e si è meritato quella fine. Senza volerlo il marmocchio mi ha tolto un gran bell'impiccio.»
Diego restrinse lo sguardo. «Non è che sei stato proprio tu a dirgli di uccidere Berthan pur di non...»
«Certo che no! So essere professionale, se voglio, sai?»
Rivagni sbatté le ciglia con fare civettuolo. «Oh, capisco. Hai pensato bene di risparmiargli la vita perché eri in debito con lui, dunque? Questa nobiltà d'animo ti fa onore, Blake, è davvero lodevole, ma c'è un problema...» Agguantò per gli abiti il collega e lo scosse. «Al Direttore e alla legge non frega un bel niente della tua cavalleria da strapazzo!» Lo lasciò andare e fece un bel respiro. «Ora vado da lui e ci faccio una bella chiacchierata. Sistemo tutto quanto prima che qualcuno possa scoprirci.»
«Diego, è già abbastanza sottosopra. È spaventato a morte e non ha ancora ben capito in che guaio gigantesco si è messo, credimi. Non ti dirà nulla più di quanto io non ti abbia già riferito» lo rimbeccò Blake, tentando di farlo ragionare. Non aveva fatto tutta quella fatica perché poi Diego piombasse in casa sua e iniziasse a spadroneggiare e a maltrattare quel ragazzino nel suo salotto.
L'altro Assassino, tuttavia, rifilò all'amico una penetrante e gelida occhiata. «Non voglio parlarci. Non mi importa cos'ha da dire. Deve sparire dalla circolazione e nessuno dovrà mai venire a risapere di quant'è successo da Berthan. Il marmocchio deve morire, Blake, e non sarai tu a impedirmi di ucciderlo.»
«Ma andiamo! Non è necessario! Non parlerà!» insisté Blake. «È a posto, fidati.»
Diego non lo colse di sorpresa quando lo agguantò di nuovo e stavolta gli forzò la schiena contro il muro. «Insomma, che diavolo ti prende?» ringhiò, guardandolo come se non lo riconoscesse più, come se davanti a lui vi fosse un perfetto estraneo. «Cos'è questa storia? Adesso fai il difensore delle cause perse nel tuo tempo libero? Stai scherzando col fuoco!»
Blake non reagì. Sapeva che farlo sarebbe stato controproducente e non gli andava di litigare sul serio con Diego, di arrivare addirittura alle mani. Non con lui. Aprì e richiuse la bocca per ben due volte. La verità era che non aveva una valida spiegazione per giustificare cosa lo avesse davvero spinto a risparmiare Lysander. Non sapeva cosa lo stesse spingendo anche in quel momento a prendere le parti del ragazzo.
Compassione? Forse, poteva essere. Era noto per avere il cuore più tenero rispetto a tanti altri suoi compagni.
Per un attimo diresse lo sguardo verso le semplici porte scorrevoli che davano accesso al piccolo salotto. Oltre di esse c'era lo schiavo che avrebbe dovuto uccidere ore fa e che invece era ancora vivo, latitante e persino suo ospite.
Accidenti... iniziava ad aver ben chiaro il mente il quadro generale della vicenda e, in effetti, era un gran bel casino. Non sarebbe atterrato in piedi, non stavolta. Si era reso complice di un crimine e avrebbe pagato caro il prezzo della sua mancanza di spina dorsale.
«Allora?» incalzò Rivagni, inducendolo a tornare al presente.
Syders scosse la testa. «N-Non lo so. Non so cosa dirti, Diego. Mi dispiace.» Parlò con voce talmente flebile che persino Diego, per una volta, si ritrovò disarmato e si limitò a lasciarlo andare. «Bene, questo sì che spiega e risolve tutto» ribatté rauco e sardonico.
«Ho pensato a un modo per giustificarmi almeno con il Direttore, però.»
«Ah, davvero?» commentò Diego sarcastico. «E sentiamo, genio, quale sarebbe il tuo piano? Nascondere tutto come hai fatto con Lorayne? Hai visto com'è finita! Non saranno di nuovo clementi e Rowan e Morgan sono condannati probabilmente a pagare per i tuoi errori! Ora vai lì e lo ammazzi oppure lo farò io e credimi, Blake, non sarà un bello spettacolo, perché al momento sono davvero incazzato con tutti e due! Sì, anche con te, hai capito benissimo!»
Sicuramente erano molte le ragioni dietro alla rabbia di Rivagni: in primo luogo, Blake lo aveva chiamato alle quattro meno un quarto di mattina, proprio quando, per una volta, aveva finito di lavorare in anticipo e aveva potuto passare un po' di tempo con la compagna e i figli. In secondo luogo, era coinvolto fino al collo in quella faccenda; era stato lui a convincere i loro superiori ad affidare a Blake quel lavoro e se ci andava di mezzo Syders, Diego lo avrebbe presto seguito a ruota. Agli occhi dell'Organizzazione era a suo modo responsabile dell'inconveniente e anche in quel preciso istante stava infrangendo le regole, visto che non aveva ancora notificato l'accaduto al Direttore e stava, sotto sotto, assecondando l'atteggiamento sedizioso del collega.
Come minimo si sarebbero presto beccati tante di quelle frustate da ritrovarsi con la schiena scarnificata in uno schiocco di dita. Nella peggiore delle ipotesi possibili, invece, Blake sarebbe stato riempito di accuse molto gravi e giustiziato senza pietà, mentre Diego avrebbe sofferto di severe ripercussioni come, ad esempio, tornare un giorno a casa e ritrovarsi con la famiglia intera sterminata per ordine dei piani alti.
Rivagni aveva ragione e quel che era peggio, era che la morte di Berthan sarebbe sembrata tutto fuorché accidentale o naturale; presto tutti avrebbero saputo che era stato assassinato e gli occhi di molti avrebbero puntato sui suoi principali nemici e oppositori, tra i quali spiccava il Cancelliere Rymas, ovvero il mandante dell'omicidio.
Diego Rivagni non aveva paura per se stesso, ma per coloro che ogni giorno attendevano con ansia il suo ritorno a casa, coloro che forse Blake aveva appena condannato. Oltre a sentirsi un idiota, Syders iniziava a sentirsi un bel po' in colpa. Formulare un piano di fuga per salvare la testa a tutti e due o ad almeno uno dei due era il minimo che potesse cercare di fare.
Indicò le porte scorrevoli. «Il ragazzo ha dei potenziali per diventare un Assassino. Ha sgozzato Berthan come un maiale e senza starci troppo a pensare. Parlerò con il Direttore e gli dirò che mi prenderò personalmente la briga di istruirlo. Quando saprà badare a se stesso e sarà ufficialmente uno di noi, me lo toglierò di torno e nessuno saprà mai un bel niente di questa storia. Se qualcuno avrà di che sparlare o lamentarsi, diremo che è un mio allievo e che si trova sotto la mia responsabilità.»
Sì, era questo il fantomatico piano e sapeva che faceva acqua da tutte le parti, ma non era mai stato uno stratega e non aveva avuto chissà quanto tempo per studiare i dettagli o analizzare i pro e i contro di una pazzia del genere. Era già tanto che fosse riuscito a pensare a qualcosa, in verità.
Diego lo squadrò, poi cominciò a ridere tra sé con fare fintamente spensierato, solo per tornare infine serio. Molto serio.
Ecco, ora sì che mi fa paura, pensò turbato Blake.
«Dimmi che è uno scherzo e che ti sei rimbecillito, Syders. Dimmelo e potrei persino dimenticare di aver udito negli ultimi due minuti la più colossale cretinata che mai sia stata inventata a memoria d'uomo!»
Dal suo tono di voce era ovvio che non avrebbe accettato una risposta negativa, che si aspettasse di sentire che davvero Blake si fosse rincitrullito e che non avesse la più pallida idea di cosa aveva probabilmente causato. Se avesse risposto di no, probabilmente le avrebbe prese di santa ragione. Era la volta buona, i segni c'erano tutti.
Blake sospirò e si premette due dita sugli occhi, poi: «Diego, ascoltami... non lo so perché mi sono fermato a un passo dal farlo fuori. Forse...»
«Non provare a dire una seconda volta che hai avuto pietà di lui, perché ti rifaccio sul serio i connotati! Non esiste la pietà nel nostro vocabolario, Syders! Non siamo tenuti a provarla per nessuno! Ricordi?»
«Restiamo pur sempre umani!» esclamò Syders, perdendo infine la pazienza. «È da mostri pretendere che non ci fermiamo mai a pensare a quel che stiamo facendo, a chi stiamo permettendo di vivere e a chi invece stiamo impedendo di andare avanti! Non lo capisci, Diego?»
«Per la società non siamo umani, siamo macchine per uccidere che obbediscono senza fare tante storie! Non mi sembra la volta giusta per metterci a filosofare su questa roba, non con uno schiavo fuggiasco e omicida che si nasconde nel tuo dannato soggiorno! Lo sai che cosa rischi, Blake? Potrebbero ammazzarti per questo!»
«E chi ti dice che sia giusto così? Dimmelo! Chi ti ha detto che le cose debbano andare in questo modo? Lo dice quel bastardo del Cancelliere, corrotto come pochi altri? So bene che cosa sto rischiando, ma non ho potuto fare diversamente!»
Diego si guardò attorno inquieto, poi si avvicinò al collega e gli tappò la bocca. «Non dire queste fesserie ad alta voce, stupido! Nessuno mi dice un bel niente! So benissimo che non è giusto, ma quando torno a casa e vedo la mia famiglia dormire sonni tranquilli, me ne fotto se qualcun altro quella notte sta piangendo perché gli ho ammazzato il paparino o chicchessia! Chi se ne frega! Io penso solo a Fiammetta, ai miei figli, e tu dovresti pensare a Rowan e a Morgan, invece di farti cogliere da accessi di compassione a casaccio! Hai messo tua sorella e tuo figlio in grave pericolo! Lo capisci, Blake?»
«Non la pensavi così quando ti ho mostrato il cadavere di Lorayne. Sembravi parecchio scosso anche tu, sai?» lo provocò l'altro.
Rivagni strinse le labbra e per alcuni istanti rifuggì lo sguardo dell'amico. «Allora, scusa se sarò schietto, avresti dovuto ripensare anche a lei qualche ora fa. Magari ti avrebbe ricordato che a volte ci sono priorità che vanno oltre persino la moralità, quella che tu non dovresti affatto contemplare.»
«Vaffanculo, Diego. Te lo dico col cuore.» Ciò che Rivagni aveva appena detto aveva fatto male, davvero male. Avrebbe potuto risparmiarsi una simile carognata, ma quando mai Diego Rivagni si era risparmiato qualcosa? Blake avrebbe dovuto farci il callo un bel po' di tempo addietro, ma a volte ancora si stupiva dell'esagerata sincerità e crudeltà del suo migliore amico. Non aveva mai saputo distinguere la differenza, quando si trattava di quell'uomo.
Diego, tuttavia, fece qualcosa di diverso e borbottò una mezza scusa. Lui, come tutti gli Assassini in generale, non era abituato a chiedere il perdono altrui. Erano avvezzi solo a ferire gli altri, a ucciderli e forse, senza rendersene conto, di tanto in tanto cercavano di uccidersi a vicenda persino tramite le semplici parole. Erano come lupi assetati di sangue chiusi in una gabbia molto stretta e rimasti senza cibo per troppo tempo: alla fine, branco o meno, la fame prendeva il sopravvento e loro si scagliavano l'uno contro l'altro, scordavano di essere dalla stessa parte e diventavano avversari.
Fra Diego e Blake era sempre stato così: a volte erano amici e si spalleggiavano, altre volte invece si scornavano e litigavano. Avevano discusso in modi molto peggiori di quello di poco fa.
«La realtà è questa, Blake. Pensavo che dopo tanti anni ormai tu l'avessi accettata. Chi non si adegua va a finire male, lo sai meglio di me.»
Blake sapeva che aveva ragione e per tale motivo non trovò nulla con cui rispondere per le rime all'amico. Aveva ragione su tutta la linea e la cosa non faceva che dargli doppiamente sui nervi. Tacque e si abbandonò contro il muro, passandosi le mani sul viso.
Che disastro...
Rivagni fece per dirigersi verso il salotto. Blake lo raggiunse e lo fermò. «Diego...»
«Fatti da parte. Non costringermi a dimenticare la nostra amicizia, Blake Syders. Abbiamo stiracchiato la faccenda fin troppo, non ti pare?» Con quelle poche parole fu in grado di far gelare l'altro sul posto. Questa Blake davvero non se l'era aspettata e fu solo capace di fare un cenno di assenso e di seguirlo in rigoroso, teso silenzio. Il ragazzo era lì, seduto sul vecchio divano, con addosso gli stessi vestiti con i quali aveva seguito fuori dalla casa di Berthan l'Assassino che gli aveva risparmiato la vita. Fu proprio scorgendo questi ultimi che qualcosa parve non tornare neppure a Diego.
«Da quando in qua a uno schiavo è concesso possedere abiti del genere?» rifletté a bassa voce, rivolgendosi al collega. «Ti ha seguito con addosso quelli?»
«Sono gli unici diversi dalla divisa da schiavo che avesse a disposizione. In origine aveva anche dell'altro addosso, ma ha pensato bene di camuffarsi meglio liberandosene.»
«Cos'altro aveva con sé?»
«Uhm... una piccola borsa e un affare che ha chiamato ‟diario".»
Diego restrinse lo sguardo, gli occhi grigi che scrutavano torvi e diretti il viso androgino e un po' sparuto dello schiavo. «Qual è il suo nome?» domandò di nuovo a Blake, il quale dovette un po' frugare nella memoria prima di rimembrare il nome del ragazzo: Lysander.
«Lysander, eh? Che nome grazioso e bizzarro per uno schiavetto qualsiasi» decretò serio Rivagni. «E inoltre è ben tenuto. Nessun padrone è fino a tal punto accurato nel prendersi cura di qualcosa che per lui non è niente di più che un animaletto, un sollazzo. Trattato bene e per giunta istruito. O alla Cittadella sta dilagando una sorta di demenza fulminante o il marmocchio nasconde qualcosa. Non si è mai visto uno schiavo saper leggere e scrivere né tantomeno possedere persino degli abiti di buona fattura e del tutto personali. Guardagli le mani, Blake: non hanno lavorato neppure un giorno, non presentano né calli né piaghe, niente di niente.»
«È ciò che ho pensato anch'io» affermò Syders. «Non la racconta giusta.»
In un primo momento ebbe l'impulso di impedire a Diego di avvicinarsi, ma subito lo represse e osservò immobile il ragazzino ritrarsi. Rivagni non lo metteva a suo agio né pianificava di farlo nell'immediato futuro. Non si poteva comunque dar torto allo schiavo: il Fosco, come Diego veniva soprannominato da alcuni per via dei suoi capelli e della sua aria cupa, faceva paura alla maggior parte della gente. Altri lo chiamavano l'Arciere e non serviva spiegarne la ragione, vista la sua impeccabile bravura con i dardi.
«Tu, schiavo, alzati in piedi» ordinò perentorio l'Arciere, beccandosi subito un colpo di gomito fra le costole da parte di Syders. «Non c'è bisogno che lo tratti così» provò a farlo ragionare quest'ultimo, stringendogli un braccio.
Diego lo squadrò come se di lì a poco gli avrebbe torto il collo. «Perdonami» sibilò tagliente. «Non sono andato a scuola di buone maniere e di cavalleria come te.»
«Andiamo, Diego! Prova per una sola volta a metterti nei panni altrui!»
«Già i miei mi vanno abbastanza stretti, figuriamoci quelli di un perfetto sconosciuto!» Diego si liberò dalla stretta dell'amico e si rivolse di nuovo a Lysander. «Forza, obbedisci.»
Gli occhi grandi e spalancati del giovane fecero la spola da Rivagni a Syders. Blake allora si fece avanti e si mise proprio di fianco al collega, rivolgendo allo schiavo un cenno di incoraggiamento. Lysander, allora, pian piano si alzò e non osò muoversi quando Diego, con gesti decisi e tutt'altro che delicati, prese a esaminarlo, concentrandosi sulle sue braccia che osservò con attenzione dopo avergli sollevato le maniche. Insoddisfatto piantò i gelidi occhi da felino sul ragazzo. «Dov'è il marchio? Rispondi.»
«I-Il marchio?» pigolò l'interpellato. «I-Io non...»
«Il Marchio della Schiavitù. Tutti gli schiavi ce l'hanno e nessuno è mai uguale all'altro! Ogni nobile e persona abbiente di Versya ha un simbolo araldico che poi fa imprimere a fuoco sulla pelle dei propri schiavi, perciò te lo chiedo di nuovo: dov'è il marchio di Berthan?» Era ovvio che fosse convinto che Lysander gli stesse mentendo appositamente.
«I-Io non ce l'ho» squittì lo schiavo. «Lo giuro!»
«Oh, certo, come no!»
«Ma insomma, Diego!» intervenne Blake, teso. «Non gli converrebbe mentire proprio a degli Assassini!»
«Assassini che lo stanno nascondendo! Avremmo dovuto denunciarlo da un bel pezzo e invece eccolo qui, ancora incolume! Non ha ragioni valide per aver paura di noi, men che meno dell'uomo che gli ha risparmiato la vita!» Diego stava perdendo la calma, lui che di rado si scomponeva e mostrava apertamente agitato. La situazione era grave, certo, ma...
Syders deglutì e poi afferrò l'amico. «Usciamo un secondo, dai.» Guardò Lysander. «E tu non muoverti da qui o sarò io ad arrabbiarmi, stavolta» lo avvertì, sperando di esser sembrato abbastanza minaccioso. Fece uscire Rivagni e poi si chiuse dietro le porte del soggiorno. «Adesso», gli disse lentamente, «ti calmi e fai un bel respiro».
«Non sono in vena di fare un bel respiro! Stiamo vendendo cara la pelle, Blake, e quel piccolo bastardo non si degna neppure di rispondere con sincerità a una semplice domanda!»
«Invece ha risposto e ha detto che non è stato marchiato. Ti ripeto che non gli porterebbe alcun beneficio mentire a noi, specialmente se consideriamo che lo stiamo aiutando. E poi dubito sarebbe stato capace di nascondere in qualche maniera il marchio.»
A quelle parole Diego dovette mordersi la lingua pur di non urlargli in faccia che non tutti erano come lui, che non tutti sapevano ripagare una cortesia, una buona azione. Al mondo esistevano anche le canaglie che si approfittavano dell'aiuto che veniva loro dato. Sapeva come sarebbe andata a finire: quello lì se la sarebbe data a gambe, in un modo o nell'altro, e sarebbero stati lui e Blake a finire sul patibolo al suo posto. «Siamo nei casini fino al collo» disse infine, rauco. «E il mandante dell'omicidio di Berthan non sarà felice di sapere che la morte di quel porco schifoso sia avvenuta tutt'altro che in sordina. Cazzo, quello ci fa scuoiare vivi.»
«Oppure c'è ancora una flebile speranza. Possibile che tu debba sempre vedere tutto nero, Diego? Sul serio, come fai a campare con tutto questo fatalismo che hai addosso?» Blake incrociò le braccia e lo squadrò. «Ascolta... mi dispiace aver bruciato la possibilità che sei stato proprio tu a concedermi. È vero, ho combinato un casino, quindi... se qualcosa da qui in avanti dovesse andare storto, mi assumerò la responsabilità di tutto quanto e spergiurerò che tu non c'entri assolutamente niente. Se c'è qualcuno che merita di pagare per l'errore madornale di qualche ora fa, quello sono io, Diego. Tu non hai colpe, sei pulito, l'Organizzazione ti considera fin troppo prezioso per pensare di liberarsi di te. Tu e Fiamma siete al sicuro.»
Diego rise tra sé amaramente. «E Rowan? Morgan? Loro invece saranno al sicuro, se tu dovessi andare a fondo? Se tu avessi pensato anche a loro mentre tenevi la lama di quel dannato coltello sulla gola di quello schiavetto, a quest'ora lo avresti scannato come un animale già cento volte di seguito. La famiglia dovrebbe venire prima di tutto il resto, specialmente quando si parla di sconosciuti, di una persona alla quale non devi un bel niente, a parte i guai in cui adesso ti trovi.» Odiava continuare a battere il martello sempre sulla stessa dolorosa incudine, ma non tollerava che Blake trattasse quel marmocchio con gentilezza, che addirittura lo rassicurasse e difendesse da lui, dalla sua ben giustificata rabbia. «Davvero ai tuoi occhi la tua stessa vita vale così poco? Talmente credi di non significare un bel niente per nessuno da arrivare a voler crepare per il bene di una persona che neppure conosci? Di un insulso schiavo?»
«Magari non è davvero tale» tagliò corto Syders, iniziando ad averne abbastanza di quella conversazione e del modo in cui Diego si stava accanendo sul ragazzo e sì, anche sul suo modo di essere un capofamiglia. Lo disturbava un po' anche quel continuo sottolineare che gli schiavi non valessero niente. Come se gli Assassini, in generale, non fossero a loro volta tali. «E mi farebbe piacere se la smettessi di dire che non penso a mio figlio e a mia sorella. Io penso a loro ogni dannato giorno, Diego. È per loro che ho scelto di non mollare e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.»
«È proprio perché lo so che non riesco a capire il tuo punto di vista» lo rimbeccò a tono Rivagni. «Insomma, che ti importa di quel marmocchio? Lo conosci solamente da qualche ora e sei già diventato il suo difensore?»
«Non sono il difensore di un bel niente e di nessuno, Diego, va bene? Credo solo che dovremmo dargli una possibilità. Esiste una scappatoia per tutti e tre, anche per lui. Se diventerà come noi, almeno sopravviverà.»
«Quello lì non durerà neppure un giorno, ammesso e non concesso che l'Organizzazione scegliesse di prenderlo come recluta. Lo hai guardato bene? Basta una piccola spinta per mandarlo gambe all'aria e tu vorresti tirar fuori da una causa persa come quella un Assassino? Perché non vai nelle viscere della terra e non cerchi di convincere Veryak a diventare la tua puttanella, già che ci sei? Scommetto che avresti molto più successo, fidati!»
Syders sospirò. «Anche noi eravamo delle cause perse, Diego, e ora guardaci.»
«Appunto: guardaci, Blake. Sei il primo a odiare la vita che conduci.»
«E tu sei il primo a dire che essere un Assassino è sempre meglio che fare la fame là fuori o marcire in una fossa.»
«E tu saresti disposto a convivere con questo fardello, sapendo che sei stato tu a condannarlo all'esistenza da Assassino? Ti conosco fin troppo bene, Blake, e lascia che te lo dica: non lo tollereresti. Non sei quel tipo di persona.»
Blake non rispose subito. Trasferì lo sguardo altrove, il cuore in gola. «Pensavo lo stesso prima che uno dei Maestri mi obbligasse a tagliare la gola a un'altra recluta come me, eppure eccomi qui. Non voglio altro sangue innocente sulle mie mani.»
Diego sbuffò. «Innocente? Ha ficcato un coltello nella gola di un uomo! Morgan e Rowan sono innocenti, non di certo lui!»
«Io avrei fatto la stessa cosa al suo posto.»
«Dubito che però un altro Assassino avrebbe poi mostrato pietà per te» commentò sarcastico Rivagni. «Si è intromesso, ti ha sottratto il lavoro. Se l'è andata a cercare.»
«Certo, perché noi invece siamo dei santi, giusto? Quante persone abbiamo ucciso da quando siamo usciti dalla Scuola? Io ho perso il conto di tutte le vite che ho spezzato in tredici anni di servizio.»
«Dannazione, Blake! Stiamo parlando della vita di un maledetto schiavo! Alla Cittadella quelli come lui non vengono neppure considerati esseri umani!»
«Ma lui è questo! È un essere umano! Va bene?» tuonò Blake, davvero furioso.
«Anche gli altri erano esseri umani!» sbottò Rivagni. «Tutti quelli che hai ammazzato erano persone, ma ora marciscono nella terra! Ti rendi conto di cosa dici?!» Prese a camminare avanti e indietro per il corridoio, infine si fermò e assottigliò lo sguardo. «Ora capisco. Ti ricorda Thea, non è così? Cos'è, una specie di espiazione verso l'aiuto che non sei riuscito a dare a lei? Vuoi salvare quel marmocchio perché non hai potuto salvare Thea, dimmi?»
Gli occhi dell'altro Assassino si rabbuiarono. «Thea non ha nulla a che fare con questa storia. Lasciamo riposare in pace i morti.»
«Io invece dico che c'entra eccome, e ti dico esattamente ciò che ti dissi all'epoca: non potevi fare niente per lei. Era una debole e sappiamo che fine fanno i deboli, quelli non abbastanza forti da superare l'addestramento. Quello schiavo è esattamente come lei e tu ti stai comportando proprio come facesti con Thea. Provavi ad aiutarla, a darle sempre dei suggerimenti per migliorare pur di non accettare che era già condannata. Lei non ce l'ha fatta e non ce la farà neanche quello schiavo, Blake, e a quel punto dovrò essere io a ricordarti per l'ennesima volta che salvare le persone non fa parte delle tue mansioni. Chi è debole viene lasciato indietro, questa è la legge.»
Blake sorrise sardonico. «La legge degli uomini di Versya, forse. Non di certo la mia. Vengo da un posto dove le persone fragili hanno il diritto di vivere e migliorare tanto quanto ce l'hanno quelle forti. Lì non è un crimine essere deboli e niente mi impedirà di continuare a pensarla così.» Incrociò le braccia. «Adesso torniamo di là e cerchiamo di risolvere la questione alla maniera delle persone civili. O così o continuerò da solo, Diego, almeno non dovrai subire alcuna ripercussione nel caso tutto andasse a rotoli. Sarai libero di distanziarti dalla faccenda.»
«Pensi sul serio che ti pianterei in asso?»
«Lo hai detto tu, no? Chi è debole va lasciato indietro. Magari anch'io rientro nella categoria.»
Diego cercò di mordersi la lingua, ma lo fece un secondo troppo tardi. «Dannazione. Poche ore e quello lì ti ha già fottuto il cervello ben bene, non è vero?» esalò incredulo e risentito.
«Non so di che parli e francamente, da essere umano, mi offende che tu non riesca a capire il mio punto di vista» tagliò corto Syders, un'insolita durezza nella voce. «Non fa niente, comunque. Allora, cosa scegli di fare? Sei con me o te ne tiri fuori?»
Rivagni contrasse la mascella e occhieggiò ancora una volta ciò che si trovava oltre le porte scorrevoli con un misto di rancore e sdegno. Non poteva vedere il ragazzo, ma sapeva che era lì e tanto gli bastava. Tornò a squadrare il collega. «Non lo faccio per lui, sia ben chiaro. Lo faccio per te.» Era evidente che Blake si fosse semplicemente intestardito e avesse bisogno di avere qualcuno accanto che fosse in grado di osservare l'insieme con imparziale obiettività. Per quel che lo riguardava non riteneva innocente qualcuno che era stato capace di uccidere, giovane o meno che fosse. Chi sapeva trafiggere la gola di un uomo con un coltello sapeva fare anche ben altro e non aveva bisogno di nulla, se non di un'eventuale preparazione e della giusta opportunità. Lysander non gli garbava a pelle, era una sorta di viscerale sensazione, e lui sapeva, sentiva fin nelle ossa che presto o tardi quello schiavo avrebbe messo in guai seri il suo migliore amico, e se era così non poteva lavarsene le mani. A Blake teneva. Di Lysander non gli importava niente, ma Blake era la sua famiglia. Non doveva far altro che aspettare che si accorgesse anche lui di quanto quel ragazzo rappresentasse solamente una marea di problemi per entrambi. Doveva solo aspettare, tutto qui. Le cose si sarebbero sistemate da sole, era logico e matematico.
La pazienza era la virtù dei forti, d'altronde.
Non aggiunse altro e tornò nel soggiorno con il collega. Ancora una volta provò quella sensazione ardente e feroce all'altezza dello stomaco non appena ebbe di nuovo a portata d'occhio il ragazzo. Non mi inganni con quella tua aria smarrita e innocente. Non dobbiamo fare altro che concederti un dito e tu subito provvederai a prenderti tutto il resto. Era più forte di lui, era qualcosa che travolgeva i confini della sua fredda e rigida impostazione mentale, quella che mai si lasciava sviare dalle emozioni del momento.
All'inizio aveva provato una cosa molto simile anche con Lorayne, ma poi gli era passata. Nel caso di Lysander c'era qualcosa di diverso e ben peggiore in ballo. Checché ne dicesse Blake sul concedere una possibilità a tutti e sul provare pietà, lo schiavo aveva in ogni caso un ascendente su di lui. C'era già qualcosa nell'aria che comprometteva la situazione, qualcosa che stava dando terreno fertile a un precedente e se Blake con il Direttore si fosse mostrato agguerrito come aveva fatto poco fa con lui, Diego, nel peggiore dei casi l'uomo che dirigeva la Scuola di Versya avrebbe anche potuto trarre conclusioni spiacevoli ed errate.
Per quanto poteva saperne il Direttore Perisyan, Blake avrebbe anche potuto benissimo aver conosciuto Lysander nei giorni precedenti all'assassinio di Berthan, durante i sopralluoghi soliti e atti a voler studiare bene il bersaglio. Lysander avrebbe potuto anche aver in qualche maniera preso accordi con Syders o averlo messo in una posizione di ricatto: lasciarlo vivere malgrado quel che aveva fatto o visto oppure ucciderlo, certo, ma render ancora più evidente che non fosse stato in grado di portare a termine il compito che gli avevano affidato, tanto da aver prima ucciso nella maniera sbagliata Berthan e poi aver dovuto eliminare il testimone diretto della sua inadempienza nel patetico tentativo di rimediare. Detto così poteva suonare assurdo e mal congegnato come possibile piano, ma quando si trattava di un Assassino tutt'altro che di buona ed estesa fama come Blake, nulla veniva escluso e tutto, persino l'azione più stupida e contraddittoria, era preso in considerazione.
Se tutto quanto lo si sommava ai precedenti di Syders, alla storia di Lorayne, ecco che la situazione peggiorava.
Diego credeva a ciò che l'amico gli aveva raccontato ed escludeva che Lysander lo avesse in un certo senso convinto a risparmiarlo e a portarlo via con sé, tuttavia il Direttore avrebbe potuto vedere ogni cosa sotto una luce diversa e ritenere responsabile di tutto solamente l'Assassino in questione. Blake aveva già ceduto una volta ai sentimentalismi, al suo lato umano, e nulla gli impediva di rifarlo e infrangere di nuovo le regole, almeno secondo gente come Perisyan. In passato aveva già morso la mano che lo nutriva, era questo ciò che Perisyan avrebbe pensato in primo luogo di tutto quanto.
«Ho dei sospetti» sussurrò Rivagni al collega.
«Quali sospetti?»
«Te lo dirò solo dopo che mi avrà risposto.» Facendo una gran violenza su se stesso, Diego si avvicinò e sedette accanto allo schiavo che fremette, guardandolo con un certo terrore. «Come ti chiami, ragazzo? Intendo il tuo nome completo» gli chiese l'Assassino. Blake gli lanciò un'occhiata vacua udendolo parlare in una lingua che lui non poteva capire. Aveva un suono duro e aspro, non proprio piacevole a primo acchito.
Ma come diavolo parla?
Si convinse a rimandare le spiegazioni a dopo, non volendo interrompere Diego perché quell'uomo detestava venire interrotto.
Lysander, intanto, squadrava l'Arciere con fare incerto e sorpreso. Non si fidava dell'uomo, ma al tempo stesso era ovvio che avesse catturato la sua attenzione. «Parli la mia lingua?» domandò a sua volta nel medesimo linguaggio. «Come fai a conoscerla?»
«Qui le domande le faccio io.» Diego lo squadrò in maniera glaciale. Ripeté la domanda di prima calcando sulle parole e il giovane schiavo fu abbastanza furbo da non tirare oltre la corda. «I-Il mio cognome è Berrywhite. Mi chiamo Lysander Berrywhite.»
«E allora perché parli il tedesco? Il tuo cognome non sembra nello stile di Iseria.» Qualcosa non tornava a Diego. «È da laggiù che vieni?»
Il ragazzo scosse la testa. «Oh, no. Io sono nato qui a Versya. Era mia madre a parlare tedesco e a venire da lì. Mi hanno abituato a parlare in un più di una lingua da quando ero bambino.»
Rivagni annuì lentamente. «Capisco. Sei davvero un aristocratico, dunque.»
«Suppongo di sì.»
«Che ne è stato dei tuoi genitori, dunque?»
Era mai possibile che un ragazzo di origini nobili fosse poi finito per diventare uno degli schiavi del piacere di Berthan?
Lysander si torturò le mani. «Mia madre morì anni fa, quando ero ancora piccolo.»
«E tuo padre?»
«Lui è ancora vivo.»
«E allora come mai eri in quella casa? Sei stato... non lo so, rapito e rivenduto a Berthan in cambio di qualcosa? C'era di mezzo qualche intrigo? Tuo padre è molto conosciuto, qui, è una figura di rilievo. Avrebbe potuto benissimo pagare un riscatto per riaverti indietro.» L'Assassino roteò gli occhi vedendo il ragazzo abbassare la testa pur di tentare di celare le labbra che gli tremavano e gli occhi lucidi. «Oh, andiamo! Niente piagnistei, per piacere, e spiegati!»
Berrywhite si dondolò piano sul posto. «Mio padre ha solo colto l'occasione per sbarazzarsi di me. Nessun rapimento né niente del genere. È stato tutto regolare e concordato fra lui e Berthan. Riguardo alle mie origini... so che anche lui è per metà iseriano, mentre mia madre lo era del tutto.»
«Perché tuo padre avrebbe fatto una cosa del genere? È un membro rispettabile dei piani alti della società. Sei il suo unico figlio, a quanto ne so, e non aveva motivo di liberarsi di te. Che gli piaccia o meno, resti il suo solo e unico erede.»
Lysander esitò. Diego, capendo la solfa, sbuffò tra sé e si accostò. Lo schiavo, allora, gli sussurrò qualcosa all'orecchio, come a non voler farsi sentire o se si vergognasse di dirlo ad alta voce, pur sapendo che Blake non poteva comprendere la loro discussione.
L'espressione sul viso di Rivagni mutò, si incupì ancora di più. L'uomo fece un lento cenno. «Capisco...» Si tirò su. «Beh, questo spiega decisamente un bel po' di cose.»
Blake cominciava a sentirsi davvero un idiota. Era come se lo avessero tagliato fuori dalla discussione e la cosa non gli piaceva affatto. Sbuffò. «Allora? Volete dire anche a me cosa succede?»
«Zitto un po', Syders.»
«Ho diritto anche io di sapere!»
Syders udì gli altri due parlare a bassa voce, di nuovo in quella lingua strana, poi Diego, col suo solito tatto spiccio, gli ordinò di andarsene e lasciarli da soli.
«Scusami?» protestò Blake scandalizzato. «Non vado da nessuna parte e voi ora tornate a parlare la lingua dei comuni mortali!»
Diego lo fulminò con un'occhiata eloquente e autoritaria. «Esci.» Sollevò la mano e con pochi gesti lo fece voltare contro la sua volontà e andare fuori dal salotto, tutto senza neppure sfiorarlo. Le porte alle spalle di Blake si chiusero con un tonfo.
Odio quando usa i poteri con me. Sono il suo migliore amico, non il primo tizio che ha incrociato per strada stamattina! Blake imprecò tra sé e rimase dov'era. Ma sì, forse è meglio che lo ammazzi! Che mi importa di quel ragazzino? Che lo uccida pure! In fin dei conti lui ci aveva provato a sistemare tutto, ma d'altra parte sapeva di star rischiando la pelle e forse era come al solito troppo stupido per rendersi conto che a volte era meglio gettare le armi e guardare altrove.
Restò lì fuori per diversi minuti, ma dopo un po' non resisté oltre e posò l'orecchio contro una delle ante; alcuni secondi più tardi, però, quella scivolò di lato facendogli fare un bel capitombolo per terra. Sollevò lo sguardo e incrociò il viso sottosopra di Diego che lo squadrava. Rivagni inarcò un sopracciglio. «Che ci fai lì a terra?» chiese, tornando a parlare nella loro solita lingua, un insieme di quelle precedenti ai conflitti. Tutti la conoscevano, ma nella Cittadella e nei ceti sociali più abbienti erano state mantenute le antiche tradizioni. Un modo come tanti altri per rendere ancora più palese la differenza fra i ricchi e i poveracci.
«Conto le assi del pavimento, guarda un po'!» ribatté alterato Syders, rimettendosi in piedi. «Ce ne hai messo di tempo per ammazzarlo.»
«Non l'ho ucciso.»
«Come non l'hai ucciso?»
Diego mosse una mano per scacciare la questione. «Tu e lui venite con me, adesso. Forza.»
«Un attimo!» Il collega lo fermò per un braccio. Odiava quando bisognava cavar le cose di bocca con le tenaglie a quell'uomo. «Che è successo lì dentro? Che ti ha detto?»
L'Arciere lo guardò, serio come al solito. Quand'era sul punto di replicare con una delle sue risposte sarcastiche e taglienti, tuttavia, parve ripensarci. «Niente. Dovevamo fare una chiacchierata da soli. Andiamo.» Vedendo che l'amico non era convinto, però, aggiunse: «Senti, fidati di me, va bene? Sistemeremo tutto, Blake. Nessuno dovrà rimetterci la pelle. Troverò una soluzione». Con gli occhi pareva davvero implorarlo di riporre in lui un po' di fiducia, malgrado avesse già messo in chiaro come la pensava sul conto di Lysander. Blake deglutì e si rese conto che poteva fidarsi di Diego. Quando mai non lo aveva fatto? Quando aveva avuto ragione di dubitare delle sue intenzioni? «D'accordo, Diego. A te il timone, allora» rispose rauco. «Grazie, comunque. Scusa per prima. Non volevo dire sul serio quel che ho detto.»
Con la coda dell'occhio vide il ragazzo uscire dal salotto e guardarli per alcuni istanti. Sembrava scosso, ma neanche lui pareva intenzionato a spiegare alcunché su quanto era avvenuto là dentro con Diego, almeno per il momento.
Blake tornò a concentrarsi sull'amico, il quale replicò: «Piantala di scusarti e di ringraziarmi. È come se sotto sotto volessi dire che sei in debito con me e fra amici i debiti non esistono, Blake. Te l'ho detto: lo faccio per te, non per il ragazzo. Evidentemente la sua causa conta molto ai tuoi occhi e... malgrado io non riesca a capire la tua visione, ciò non significa che la rifiuti a prescindere. Parliamo col Direttore, gli spieghiamo la situazione per filo e per segno e cerchiamo di uscire interi dal suo ufficio».
«E il ragazzo?»
«La sua sorte, d'ora in avanti, non è più nelle nostre mani. Sarà la legge degli Assassini a decidere.» Vedendo che Blake era già pronto a sciorinare un'altra delle sue polemiche, Rivagni gli fece cenno di aspettare. «Ciò non vuol dire che non possiamo ammorbidire un po' Perisyan. Lascia parlare me con lui. Senza offesa, amico, ma quell'uomo ti detesta e considera qualunque cosa esca dalla tua bocca una semplice cretinata. Io gli piaccio, sono la sua gallina dalle uova d'oro. Se sarò io a parlare, vedrai che ascolterà.» Gli strinse una spalla. «Intanto esco. Tu cerca di convincere il marmocchio a seguirci senza fare troppe storie.» Non aggiunse altro e uscì dall'appartamento.
Blake respirò profondamente, poi sollevò lo sguardo e incontrò quello di Lysander. «Andiamo dal Direttore della Scuola di Versya» gli riferì l'Assassino. Io e Diego abbiamo in mente un piano, ma tu dovrai collaborare ed evitare di creare problemi. D'accordo?»
Il giovane schiavo fuggitivo si massaggiò un braccio. «Perché non mi consegnate ai soldati e basta?» mormorò. «Sono un problema per entrambi, è evidente.»
«Non proprio.» Blake si infilò la casacca e se l'abbottonò. «Non so come sia messo Diego in fatto di problemi personali, ragazzo, ma credimi quando ti dico che i miei vanno ben oltre ciò che hai combinato tu stanotte. Sono un problema che cammina, in effetti, quindi non sentirti troppo in colpa.» Non sapeva ancora che razza di storia avesse Lysander alle spalle, ma era evidente che fosse nato in una famiglia di ceto alto e che poi fosse accaduto qualcosa che lo aveva condotto infine tra le grinfie di Berthan. «Non sei una causa persa come credi. Come una volta un uomo saggio mi disse: finché sei vivo puoi sempre rialzarti e rimetterti in pari con gli altri per non rimanere indietro. Dalla polvere ti risollevi, Lysander. È quando ti trovi in una fossa che dovresti iniziare a preoccuparti sul serio. Tu sei forse in una fossa?»
Il ragazzo esitò, poi scosse la testa.
«Visto? C'è ancora speranza» concluse Blake con una stretta di spalle. Gli disse di aspettarlo lì e quando tornò gli posò tra le mani un soprabito di riserva, uno dei suoi cambi di vestiti che indossava quando non doveva lavorare. «Meglio che morire assiderati.»
Lysander indossò l'indumento e suo malgrado si ritrovò a sorridere di sfuggita. «Non so se sia io a essere mingherlino o tu a essere un gigante» disse scherzoso. Era abituato alle maniche un po' ingombranti; la cultura in cui era cresciuta sua madre prevedeva l'uso di abiti e soprabiti dalle maniche larghe e lunghe che davano un tocco raffinato a chi li indossava, ma c'era una gran differenza fra quello e portare un indumento chiaramente di una misura troppo grande.
Si sentiva più minuscolo e inerme che mai a confronto dell'Assassino che l'aveva risparmiato.
«Non ti piacciono molto i colori, vero?» buttò lì mentre lo seguiva fuori dall'appartamento e giù per la prima rampa di scale.
Blake lo squadrò. «Francamente non ci ho mai riflettuto. Per me un colore vale l'altro» replicò laconico.
Il ragazzo spalancò gli occhi dorati. «Ma andiamo! Non puoi dire sul serio! Insomma, ogni colore ha le sue particolarità e non ne esiste neppure uno che sia simile all'altro. Dovrai pur avere qualche preferenza, no? Tutti ce l'hanno.»
«Beh, io no.»
«Davvero?»
«Davvero davvero.» Blake quasi iniziava a pentirsi di averlo salvato. «E non mi stare appiccicato, su! Non hai mica cinque anni!» aggiunse, cercando di allontanarlo un po' da sé. Preferiva di gran lunga quando la gente rispettava la sua sfera personale e le distanze nel senso fisico del termine. Odiava che gli si stesse col fiato sul collo.
«Scusa» biascicò Lysander. «È che... sono molto nervoso e quando accade inizio a parlare a raffica per distrarmi.»
«Onestamente non ricordo nemmeno di cosa stavamo parlando un minuto fa.»
«Ti ho chiesto quale colore preferisci.»
«E io t'ho detto che non ho preferenze.»
«Ma è come non avere preferenze nel cibo che si mangia.»
«Infatti non ne ho.» Blake sbuffò. «Senti, ragazzino...»
«Lysander.»
«Non so come fosse la tua vita prima di Berthan e tutto il resto, ma quella di noi della Città Bassa è fatta di stenti, di fame e sacrifici. Qui nessuno può permettersi di avere preferenze in quanto a cibo o vestiti. È già tanto possedere almeno una delle due cose.»
«Ma come si può vivere così? Questo... questo, anzi, non è neppure vivere!» Il ragazzo non riusciva a capire. Perché c'erano persone che vivevano nell'agio, con cibo e ogni bene a disposizione, e altre invece non avevano niente? Aveva sempre pensato che la situazione fosse uguale per tutti, era questo che gli era sempre stato detto, eppure avrebbe dovuto capire sin da quando avevano passato il confine fra le due parti di Versya che qualcosa non andava, che una disparità abissale esistesse eccome. Blake, d'altronde, non aveva una casa spaziosa né lussuosa ed era per giunta un Assassino, perciò di fortuna non doveva averne avuta granché. «Quindi è così che vivete nella Città Bassa?»
«Chi nasce da queste parti si augura solo di non vivere più del dovuto» lo rimbeccò Blake, cupo e rassegnato. «O di non nascere affatto.»
«Ma è orribile!» squittì Lysander.
«Orribile e reale. Bella fregatura, nevvero?»
Il fuggiasco scosse la testa, profondamente turbato nel constatare quanto in realtà le persone come lui che venivano dalla Cittadella fossero ignoranti e rese cieche dall'agiatezza fino al punto da non vedere la sofferenza del resto della popolazione. «Tutto questo prosegue indisturbato e per giunta sotto il naso dei nobili e dei potenti» mormorò. «Come può il Cancelliere permettere che vi sia una simile disparità nel popolo da lui governato?»
Blake fece una smorfia. «Parliamo dello stesso uomo che consente a quelli come me di esistere? È lui a dire che un omicidio è giustificato, se commesso da un Assassino su richiesta di qualcuno. Anche questa è un'ingiustizia, ragazzo, eppure è così che va il mondo.» Lysander parlava del Cancelliere come faceva uno che fino a poco tempo prima era sempre stato convinto che quell'uomo operasse nel giusto, solo per poi aver dovuto sbattere la faccia contro la dura superficie della verità. «Immagino che alla Cittadella tutti non facciano che dire sempre quanto buono e generoso sia il Cancelliere» aggiunse.
Il ragazzo esitò. «N-Non proprio, ma... non si può neanche dire che parlino male di lui.»
«Ovvio che no, altrimenti finiscono ammazzati o dietro alle sbarre.»
«Lo stesso credo che il discorso su voi Assassini, per esempio, sia molto più complicato di quanto dia a vedere. In fin dei conti è una casta che esiste da tanto tempo e non penso sia così facile scoraggiare ciò che oramai è una sorta di vera istituzione.»
Syders si accigliò e neppure si accorse che Diego li aveva visti uscire dal palazzo e stava andando loro incontro. «Ho come la sensazione che tu stia provando a giustificare l'operato del Cancelliere.»
Il giovane schiavo diresse lo sguardo altrove. «Le mie sono solamente delle ipotesi» ribatté. «Non metto in dubbio, però, che la società odierna presenti enormi problemi.»
«Enormi problemi, eh?» Senza volerlo Blake usò un'inflessione della voce in cui lo scherno appariva evidente. «Mi sembra riduttivo descrivere Versya così, specialmente di fronte a uno che è stato venduto dai propri genitori alla Scuola degli Assassini in cambio di denaro.» Troppo tardi si accorse di aver parlato appena un filo più di quanto avrebbe in realtà voluto, ma ormai era andata. Ad ogni buon conto, ignorò lo sguardo scioccato che il ragazzo gli rivolse.
«Vuoi... vuoi davvero dire che la tua famiglia ti ha venduto agli Assassini?»
Syders ringraziò il provvidenziale intervento dell'ultimo minuto di Diego che, giunto davanti a loro, li squadrò a turno e disse: «Muoviamoci. Ho già avvisato del nostro arrivo il Direttore e ci aspetta nel suo ufficio. Meglio non farlo attendere».
Blake annuì e si mostrò deciso anche se in fondo al cuore iniziava a dubitare delle proprie azioni delle ultime ore e della proposta decisamente audace che lui e Rivagni intendevano fare ai loro superiori. Le probabilità di riuscita erano ridotte all'osso, inutile credere il contrario. «Gli hai spiegato la situazione?» domandò rauco all'amico.
Diego alzò gli occhi al cielo. «Ti sei forse ammattito? Glielo diremo quando saremo lì. È solamente al corrente di un paio di cose.»
«Ovvero?»
«Gli ho detto che il tuo incarico non è andato del tutto secondo i piani, ma che in ogni caso Berthan è stato ammazzato come da programma.»
«Questo è poco ma sicuro» commentò tetro Blake, passandosi due dita sugli occhi e tornando a ripetersi che il disastro fosse oramai dietro l'angolo. «Posso solo immaginare la sua reazione.»
«Non è stata delle migliori e ho la netta sensazione che potrebbe rincorrerci per l'ufficio con un attizzatoio in mano, nella migliore delle ipotesi.»
«Mi sembra giusto.» Syders fece un bel respiro. «Beh, andiamo.» Guardò Lysander e notò che il suo incarnato color del piombo, sotto la giallognola luce di un lampione vicino, appariva smorto e quasi lattiginoso, come se fosse impallidito. Aveva l'aria di uno che di lì a poco avrebbe rimesso pure l'anima sull'antico selciato. L'Assassino fece per dirgli qualcosa, qualunque cosa pur di farlo riprendere da quella sorta di crisi di panico, ma Diego lo batté sul tempo e apostrofò il ragazzo con parole tutt'altro che lusinghiere: «Che non ti salti in testa di svenire, marmocchio. Né io né Blake abbiamo intenzione di portarti in braccio. Forza, cammina». Si accostò e gli assestò una decisa spinta tra le scapole. «E non provare a dartela a gambe, altrimenti...»
«Credo possa bastare come avvertimento, Diego» tagliò corto Blake, intromettendosi. «Sa già che si trova in guai seri e ha già chiarito di voler affrontarne le conseguenze. Che abbia paura è normale, in fin dei conti.»
«Non quanta dovrebbe averne» ribatté gelido Rivagni, avviandosi per primo.
Lysander lanciò un'occhiata interrogativa a Syders. Non si era aspettato che lo avrebbe difeso proprio di fronte a un collega che sembrava conoscere molto bene ed essergli amico. La colpa era tutta sua, d'altra parte, e Blake per primo sembrava a tratti piuttosto infastidito dalla sua presenza e ciò che essa rappresentava, ovvero una marea di problemi. «Ha ragione lui» disse debolmente. «Ha ragione a trattarmi così. Sono stato uno stupido a intromettermi nel tuo lavoro e...»
«Quel che è fatto non si può cancellare e a ben poco serve rimuginarci sopra» lo interruppe l'uomo. «E in tutta franchezza torno a dire che mi hai fatto un favore. L'idea di fare sesso con quel vecchio maiale di Berthan non mi entusiasmava. Si meritava eccome quella fine, credimi. Ne ha combinate di tutti i colori.» Non aggiunse altro e seguì Diego. Il giovane schiavo, dunque, trotterellò al suo fianco e cercò di tenere il loro svelto passo, chiedendosi come avrebbero fatto a recarsi fino alla Scuola degli Assassini e cosa ne sarebbe stato di lui, a quel punto dei fatti.
L'unica cosa di cui era quasi certo, era che non sarebbe morto, almeno non per mano di Blake e del suo amico, Diego.
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