๐๐๐ฉ๐ข๐ญ๐จ๐ฅ๐จ ๐๐๐๐. ๐๐ฉ๐๐ซ๐๐ง๐ณ๐ ๐ ๐ฆ๐ข๐ฌ๐๐ซ๐ข๐
Ormai erano trascorse diverse ore da quando Ferdinand, alle prime luci dell'alba, aveva svegliato il fratello minore allo scopo di rispettare il piano e partire alla volta della fortezza di Galbrรฆth per guadagnare un po' di tempo e aumentare, anche se solo di poco, le probabilitร di trovare Angor ancora vivo.
Avevano attraversato le ben poco clementi brughiere ancora ammantate di candida e gelida neve solo per poi inoltrarsi nei fitti boschi per i quali, volenti o nolenti, erano stati costretti a passare pur di giungere alla destinazione che si erano prefissati. Benchรฉ avessero giร messo in conto che la traversata non sarebbe stata un'allegra scampagnata, non si erano aspettati di incappare in un'intensa nevicata che li aveva rallentati e spinti a fare diverse soste sia per riprendere le forze che per recuperare la volontร di camminare. Al contrario dei due principi di Alerath, per nulla abituati a un clima cosรฌ impietoso, Grim aveva dimostrato invece di esser abbastanza in grado di resistere alla morsa del gelo, anche se egli stesso non poteva far altro che arrancare negli alti strati immacolati di neve che ricoprivano il terreno della gola boscosa e impervia nella quale s'erano addentrati.
Avevano trovato un solo cavallo nella scuderia di Palazzo dei Gigli, ovvero quello di sir Reisbach: uno splendido esemplare di stallone del Sud dalla corporatura possente e al tempo stesso agile che vantava un manto grigio piombo e lucido al pari di pregiata seta. La sua chioma argentata sventolava al ritmo del vento mentre con le zampe falciava e spazzava via la neve.
Si era stabilito di salire sulla sua groppa solamente in caso di estrema stanchezza e necessitร per evitare di farlo stancare piรน del dovuto, ma di quel passo, senza cibo nรฉ acqua, sarebbe stato il freddo a uccidere la povera bestia che giร stava dando i primi segni di insofferenza. Per quanto l'animale, nato e pasciuto a Krygan, fosse avvezzo a quel genere di situazioni, nessun essere vivente poteva reggere a lungo lo sforzo di un viaggio simile privo di energie.
Tristan aveva invitato il fratello maggiore a prendere in prestito degli abiti di Angor e non si era sorpreso piรน di tanto nel vedere che i vestiti del suo amato andassero a pennello a Ferdinand. La loro corporatura non era poi cosรฌ differente e neppure in quanto ad altezza si differenziavano molto. Quel che invece aveva lasciato un po' di sasso il minore dei due principi di Alerath era stato, al risveglio, vedere che non fosse rimasto quasi nulla della folta e lunga chioma di suo fratello; Ferdinand, in risposta alle sue domande scioccate, si era stretto nelle spalle e aveva spiegato di aver tagliato tre quarti dei suoi splendidi capelli color oro zecchino per questioni di comoditร . Ora come ora, dunque, a malapena raggiungevano metร del collo, anche se la parte frontale risultava leggermente piรน lunga visto che non era stato un lavoro certosino e che il primogenito di Gatria aveva fatto uso di un paio di forbici che era stato Grim, su sua richiesta, a fornirgli.
Appariva decisamente diverso e ben lontano dai canoni di bellezza di Alerath. Laggiรน erano poche le occasioni che spingevano una persona a tagliarsi i capelli in modo cosรฌ drastico: talvolta si trattava di un atto simbolico e di rinuncia o, ancora, per un voto fatto a Laertha o ad altre divinitร in cambio di un miracolo; spesso, comunque, era una punizione riservata a coloro che avevano disobbedito ai genitori o che si erano macchiati di una grave colpa. I capelli lunghi erano un segno di prestigio e, se e quando particolarmente curati, di benessere economico e di nobiltร , dunque privarsene non era qualcosa che si faceva a cuor leggero come invece accadeva altrove.
Fra i tanti motivi, tuttavia, ne andava citato uno, forse il piรน probabile nel caso di Ferdinand: un grande e doloroso lutto. Tagliarsi i capelli significava, in tal senso, rinunciare a una parte di sรฉ importante e simbolica per rispetto nei confronti di colui o colei che se n'era andato per sempre, specie se si trattava di uno sposo o una sposa. La diceva lunga, quindi, quanto intenso fosse stato il rapporto fra Ferdinand ed Edogar, nonchรฉ quanto doloroso fosse stato per il primo scoprire finalmente la veritร dietro alla sparizione del nobiluomo.
Tristan avrebbe voluto chiedergli se lo avesse fatto per Edogar, ma preferiva non farlo e limitarsi a rimuginare su congetture d'ogni tipo. Odiava vedere lo sguardo di suo fratello spegnersi e ricolmarsi di dolore e sofferenza ogni qual volta si chiamava in causa l'amico d'infanzia di Angor. Meno se ne parlava e meglio era, purtroppo quella era l'amara veritร .
ยซTristan, non restare indietro.ยป
Si riscosse udendo la voce del fratello riportarlo al presente. Sbattendo le palpebre, il ragazzo si sforzรฒ di procedere nella neve e di raggiungere Ferdinand e Grim che lo aspettavano, il secondo che reggeva in mano le redini del cavallo.
ยซDi questo passo non raggiungeremo mai la fortezzaยป ammise stancamente il piรน giovane dei principi, stringendosi nel mantello imbottito. Il freddo era insopportabile, ma si sforzava di ricordare il motivo per cui si trovava lร fuori per scacciare lo sconforto e la stanchezza. ยซร impossibile proseguire con questo tempo, Ferdya.ยป
ยซPurtroppo non possiamo fermarci di nuovoยป replicรฒ Ferdinand costernato. Era ovvio che soffrisse gli effetti del gelo in maggior misura rispetto al fratello minore, ma lo era anche che non volesse in alcun modo darlo a vedere piรน di tanto; ciononostante le sue labbra, solitamente di un colore salutare, presentavano un colore smorto quanto il resto del viso e il suo corpo era scosso di continuo da tremiti.
ยซAllora sali a cavalloยป lo apostrofรฒ Tristan, velatamente preoccupato per la sua salute. Ricordava ancora bene cos'era accaduto quando lui, per giunta consapevolmente, si era ammalato di freddo. Erano stati giorni tremendi e non voleva che Ferdinand ripetesse la sua esperienza. ยซSe non altro non corri il rischio di affaticarti.ยป
ยซFiniscila, sto benissimo.ยป Ferdinand mosse una mano per scacciare la questione ed estrasse da sotto il proprio mantello un quadrato di pergamena che, dispiegato, mostrava una fedele mappa di Krygan e dei suoi territori. ยซCi troviamo qui, almeno credo: nella Valle... Silente. Qui e lร l'inchiostro รจ sbavato, accidenti. Non si legge bene.ยป
ยซIl nome non mi piace affatto.ยป
Grim, come a voler dar ragione a Tristan, annuรฌ con una certa convinzione a sua volta.
ยซBeh, ormai siamo quiยป tagliรฒ corto Ferdinand mentre provava a consultare la bussola che si era portato dietro da Alerath e tramite la quale era riuscito a raggiungere Krygan nuotando. ยซPurtroppo questo percorso รจ il piรน breve in assoluto per arrivare alla fortezza di Galbrรฆth, come mi ha spiegato Reghnar, ma il punto รจ che, scorciatoia o meno, con un tempo del genere, rischiamo di impiegarci piรน tempo del previsto. Forse troppo.ยป
Tristan rabbrividรฌ e ciรฒ non fu affatto dovuto al gelo. ยซAngor non resisterร ancora a lungoยป disse con un filo di voce. ยซOgni secondo per lui potrebbe essere l'ultimo, ormai. S-Sta... lui... l-lui...ยป
No, si rifiutava di dire apertamente quelle orrende parole. Rifiutava di considerare anche solo lontanamente l'ipotesi che per Angor fosse ormai finita. Non poteva essere. Doveva pur esserci un briciolo di speranza all'orizzonte, uno spiraglio di luce nelle tenebre.
Levรฒ lo sguardo davanti a sรฉ, lรฌ dove la foresta innevata pareva infittirsi ancor di piรน come un mare di alberi e cespugli.
Fu allora che lo assalรฌ un tremendo senso di colpa che lo condusse a prendere una decisione tanto drastica quanto, per certi versi, giusta e sacrosanta. ยซAndrรฒ da soloยป sentenziรฒ diretto, guardando il fratello. ยซNon posso chiederti di rischiare la tua vita piรน di quanto tu non abbia giร fatto venendo in mio aiuto fin qui a Krygan, Ferdinand. So bene che รจ pericoloso, ma...ยป
ยซNon se ne parla, Tristan!ยป lo interruppe il fratello maggiore, stizzito. ยซAndare laggiรน da solo! E poi cosa, sentiamo?ยป
ยซNon lo so, mi verrร in mente qualche idea.ยป
ยซSciocchezze! Ascolta, lo so che sei in ansia per Angor, ma...ยป
ยซNon รจ solo questo.ยป Tristan esitรฒ. ยซHo pensato alla possibilitร peggiore di tutte, Ferdinand. Ci ho pensato e vorrei che almeno tu riuscissi a tornare a casa per dire alla mamma tutto quanto e avvertirla, metterla in guardia da Caliban. Almeno uno dei noi sarร ancora vivo e potrร raccontare la veritร , far sรฌ che questa faccenda non venga dimenticata. Ho iniziato questo percorso da solo e da solo devo terminarlo, Ferdya. Sento che รจ cosรฌ che deve andare.ยป
ยซTristan, ti prego, non...ยป
Il minore dei principi, perรฒ, abbracciรฒ con forza il maggiore. ยซGrazie per il tuo aiutoยป sussurrรฒ. ยซSei una persona migliore di quanto tu stesso pensi e nessuno riuscirร mai a persuadermi del contrario.ยป Sapeva che Ferdinand voleva proteggerlo, ma piรน rifletteva sulla triste e amara sorte del fratello e piรน realizzava di dover essere lui a proteggerlo. Ferdinand meritava di essere tutelato dopo esser stato la vittima collaterale dei piani non solo di re Caliban, ma della stessa Gatria. Dopo aver dovuto tollerare di vivere all'interno di un matrimonio infelice e privo di amore, dopo aver perso per sempre la sola persona che avesse mai amato, meritava che qualcuno si prendesse la briga di difenderlo da un enorme pericolo ormai incombente. Ferdinand si era giร esposto a sufficienza e non era tenuto a rischiare oltre la propria incolumitร . ยซPer una volta sii egoista, Ferdyaยป aggiunse Tristan, scostandosi e guardandolo. ยซSii egoista e non temere di esserlo. Sono io a chiedertelo.ยป Gli sottrasse dalle mani tremanti la mappa e poi, cercando di procedere il piรน in fretta che poteva nella neve e di seminare Ferdinand e Grim che tentavano di raggiungerlo, di farlo tornare sui suoi passi, svanรฌ fra gli alberi con la speranza che i due si arrendessero e decidessero di far ritorno a cavallo a Palazzo dei Gigli.
Poco ma sicuro, la neve sarebbe stata una sua alleata provvedendo a cancellare le tracce del suo passaggio.
La notte era sopraggiunta non molto tempo dopo che Tristan si era separato dal resto del gruppo, ma ciononostante il ragazzo aveva continuato a camminare, ad arrancare nella neve, finchรฉ le tenebre non erano calate completamente, impedendogli di proseguire il cammino con sicurezza. Il rischio di girare in tondo, di solcare sentieri giร battuti, era ancor piรน alto quando il sole si congedava dal cielo e le ombre della notte provvedevano a ingannare lo sguardo.
Eccolo lรฌ, dunque, rannicchiato a ridosso di un grosso albero secolare e dagli spogli, scheletrici rami. Tremava da capo a piedi per il freddo e lo stomaco gli doleva per via della lancinante fame. Avrebbe tanto voluto poter godere delle fiamme ristoratrici di un fuoco da campo, ma non avendo la benchรฉ minima esperienza in materia e non essendosi mai ritrovato a sostare all'addiaccio, purtroppo doveva accontentarsi della protezione misera del mantello e della speranza di non addormentarsi. Farlo lo avrebbe probabilmente condotto a perire nel sonno a causa del freddo, dunque era importante che restasse vigile fino al mattino.
Eppure quegli alberi contorti e spogliati delle foglie avevano assunto, con il calare delle tenebre, un aspetto poco rassicurante e persino spettrale, tanto che persino lui che non aveva avuto paura di fronteggiare dei fantasmi cominciava a trovare quelle piante terrificanti, complice anche il vento che non cessava di ululare e di risuonare nella Valle Silenziosa come il lamento di uno spettro iracondo.
La notte deformava ogni cosa e tramutava persino il dettaglio piรน insignificante in qualcosa di terribile degno di una storia dell'orrore raccontata al lume di candela.
Aveva paura, ma il pensiero di Angor rinchiuso nella fortezza di Galbrรฆth e alla mercรฉ di chissร quali tremendi aguzzini gli era sufficiente a portare pazienza e ad attendere l'arrivo del giorno con la speranza di riuscire a salvare quell'uomo in tempo dal tragico destino che di minuto in minuto si avvicinava al principe di Krygan come una belva acquattata nell'erba alta, pronta a balzargli addosso e a divorarlo.
Uno scricchiolio ridestรฒ il giovane Tristan dalla fumosa coltre di pensieri nella quale egli si era addentrato e lo spinse a sollevare di scatto il capo per guardarsi in giro e capire da dove fosse provenuto il rumore. Invano, tuttavia, vagรฒ con gli occhi color ametista e velati di stanchezza nell'oscuritร che lo circondava. Riusciva a scorgere solamente le sagome degli alberi e degli arbusti, nient'altro.
Altri scricchiolii. Parevano avvicinarsi sempre di piรน.
Tristan si fece forza e si rimise in piedi, poi alla cieca si tastรฒ i fianchi e con dita tremanti di freddo e di paura trasse fuori dal fodero la spada, sollevandone la lama davanti a sรฉ mentre pregava la misericordiosa Laertha che si trattasse di qualche animale innocuo e non di una bestia feroce resa folle dalla fame e dal gelo.
Aguzzรฒ l'udito e attraverso il suono del vento captรฒ quelli che gli parvero essere passi non di un animale, bensรฌ di un essere a due zampe: un altro essere umano, anzi piรน di uno.
Lentamente si allontanรฒ dal tronco dell'albero, lo aggirรฒ e si sporse per tentare di distinguere qualcosa, qualunque cosa, attraverso la spessa coltre di tenebre che ricambiava il suo teso e nervoso sguardo. ยซC-Chi รจ lร ?ยป balbettรฒ, dandosi dello stupido un secondo piรน tardi. In certi frangenti domande come quella che aveva appena pronunciato si rivelavano essere sempre o quasi inutili o controproducenti. Naturalmente non ottenne nulla in risposta.
Si volse di scattรฒ e rafforzรฒ la stretta sull'elsa della spada mentre la puntava verso la cosa o la persona che si era appena mossa fra i cespugli proprio alle sue spalle.
ยซFatti avanti!ยป sbottรฒ il ragazzo, ormai nel panico e allo stremo della sopportazione. Stanco per il viaggio, nonchรฉ per il fatto di non aver quasi mai toccato cibo nei giorni precedenti per via della prostrazione causata dalla cattura di Angor, era consapevole di non esser in grado di difendersi un granchรฉ nรฉ con un'arma nรฉ con la magia, specialmente quest'ultima.
Quando stava per cedere al richiamo della codardia e optare per una fuga disperata, tuttavia, si bloccรฒ vedendo emergere dal buio quella che dapprima gli parve una creatura curiosa e inconsueta, solo per poi rivelarsi ciรฒ che era realmente: non un bizzarro connubio fra animale e umano, bensรฌ una donna a cavallo di una cerva dal candido manto che rifulgeva nella notte come se ad avvolgerla fosse stata un dolce bagliore di luce stellare. Era, anche, un esemplare di dimensioni decisamente atipiche e superiori alla media. Tristan, nel trovarsi ad ammirare quel magnifico essere silvano, ebbe l'impressione di aver giร visto qualcosa di simile prima di allora e un attimo piรน tardi, in effetti, gli sovvenne il chiaro e amaro ricordo della testa di un magnifico cervo maschio dalle nodose corna appesa nella sala in cui per giorni aveva condiviso i pasti con il principe di Krygan.
Quelle riflessioni vennero scansate in un battibaleno nell'attimo in cui il giovane Pyranel trovรฒ il coraggio di passare in rassegna l'altera e maestosa donna che, all'amazzone, sedeva in groppa all'immacolata cerva: i suoi lunghi capelli neri come l'inchiostro volteggiavano nell'aria e il resto di essi era raccolto dietro alla nuca per far sรฌ che non le andassero sugli occhi; la pelle era dello stesso colore della neve e gli occhi, invece, smeraldini e imperscrutabili come la volontร degli dรจi. Gli abiti che indossava suggerivano un'alta levatura sociale, ma al tempo stesso non sembravano conformi alla moda di Krygan: la donna, infatti, non indossava un vestito, bensรฌ abiti che da quelle parti erano gli uomini a presentare; ciononostante in essi v'era qualcosa di differente, qualcosa di selvaggio e primordiale, di antico e magniloquente. Ancestrale, ecco come poteva esser definita nell'insieme la visione di fronte a Tristan.
Chiunque fosse quella misteriosa donna, non era umana. Non lo era e ciรฒ gli fu del tutto chiaro non appena notรฒ le sue orecchie proporzionate e a punta. Conosceva la magia proprio come lui e proprio come lui era piรน di quanto desse a vedere.
La donna smontรฒ dalla propria cavalcatura che era sprovvista di sella, di morso e di briglie. La cerva appariva in sintonia con lei, tanto da essere mansueta e docile come un qualsiasi equino ben addestrato. Quella strana signora dei boschi dall'aria rigida e regale era alta e slanciata, longilinea e leggiadra. Difficile da dimenticare, in poche parole, e con un che di vagamente familiare. Avanzรฒ con solenne sicurezza, ma lentamente, verso il ragazzo, e si fermรฒ davanti a lui solo quando ormai solamente trenta centimetri li separavano. ยซRinfodera la tua arma, principe di Alerathยป disse, la voce armoniosa e profonda con un che di graffiante, il tono serio e imperioso, seppur non pomposo. Sembrava, in poche parole, di sentir parlare una regina la cui regalitร andava oltre una corona sul capo e nobili origini. Una vera regina.
Tristan, il quale aveva imparato a proprie spese a non fidarsi delle apparenze e a tener sempre alta la guardia, non obbedรฌ. ยซPerdonatemi, ma non so chi siete e non conosco le vostre intenzioni, perciรฒ preferisco rimanere armatoยป ribattรฉ, pur rivolgendosi a lei con educazione.
Lei guardรฒ la spada che le era puntata addosso e poi, con un semplice gesto del braccio che fendette con lentezza l'aria, ridusse l'arma in polvere color dell'ebano e scintillante. ยซDomando scusa per i miei modi, ma il tempo รจ tiranno e per una nostra conoscenza in comune ne resta assai poco.ยป
ยซChiedo scusa?ยป biascicรฒ Tristan, sbalordito nel ritrovarsi privo di difese di fronte a una persona che aveva appena polverizzato la sua spada come se nulla fosse. ยซD-Di che parlate? Chi...ยป
La donna si avvicinรฒ di piรน e le sue labbra sottili e ben disegnate si piegarono in un impercettibile sorriso. ยซEppure ero certa d'esser stata resa largamente famosa dalle impietose parole di re Caliban e quelle cariche d'amarezza di suo figlio, il principe Angor.ยป
La veritร piombรฒ addosso a Tristan come un fulmine. Il giovane Pyranel spalancรฒ la bocca. ยซS-Siete... v-voi... voi siete...ยป
Com'era possibile che la sua interlocutrice fosse Feodora in persona, la stessa fata che aveva maledetto Angor e che, a detta di Reisbach, aveva contribuito molti anni addietro alla nascita del primogenito di Caliban e Cordelia? Perchรฉ, poi, Feodora avrebbe dovuto immischiarsi in quella faccenda?
Che lui, Tristan, avesse avuto ragione sin dall'inizio nel dire che forse, quella fata, avesse in realtร voluto solamente impartire una lezione, un insegnamento di vita e di umiltร , ad Angor, e non semplicemente condannarlo a morte? Era per tale motivo che aveva scelto di farsi avanti?
Lasciรฒ cadere l'elsa priva di lama e dunque inservibile, poi, deglutendo, chiese: ยซPerchรฉ proprio ora? Perchรฉ qui? Perchรฉ mostrarvi proprio a me?ยป
Avrebbe voluto aggiungere, anche, perchรฉ Feodora piuttosto non avesse deciso di apparire in qualche maniera nel luogo dove Angor era rinchiuso per aiutarlo o, nel peggiore dei casi, porre fine a quello strazio per sempre.
Feodora battรฉ le palpebre ornate di lunghe e scure ciglia arcuate. ยซSe pensavi che dopo aver avuto a che fare con Angor mi fossi lasciata ogni cosa alle spalle, ti sbagliavi. Ho vegliato su di lui per anni, ho controllato ogni singolo giorno l'andamento della sua vita e assistito al suo lento cambiamento. Sai che fra me e lui v'รจ un legame ancor piรน radicato di una semplice maledizione, Tristan, e sai che ho tutte le ragioni del mondo per volere che Angor sopravviva. Potrai credere che io sia stata incosciente e crudele a impartirgli la dura lezione che lo ha condotto a un'esistenza solitaria e costellata di dolore e amarezza, di sofferenza fisica e non solo, ma quel che ho fatto era a fin di bene.ยป
Tristan strinse le labbra. Da un lato era tentato di dar ragione a Feodora, di pensare che Angor un po' se la fosse andata a cercare e che avesse solamente ricevuto quel che un principe viziato e dispotico qualsiasi si sarebbe meritato, ma dall'altro ripensava alla giovane, precoce etร di Angor all'epoca e di come egli fosse stato sรฌ e no abbandonato a se stesso, autorizzato da Caliban in persona a fare quel che voleva mentre questi, invece, massacrava i soldati e i civili di Alerath senza pietร . ยซEra solo un ragazzinoยป mormorรฒ infine, tirando piano su col naso, gli occhi velati di lacrime roventi. ยซUn ragazzino al quale altri hanno concesso un potere immenso che avrebbe dato alla testa a uomini ben piรน maturi di lui. Un ragazzino cresciuto da un padre che lo ha sin da subito ritenuto responsabile della morte della moglie e che ora desidera toglierlo di mezzo come se fosse uno scarto, qualcosa privo di valore alcuno. Dov'รจ la giustizia, la lezione, in tutto ciรฒ?ยป Non avrebbe voluto suonare cosรฌ accusatorio e velatamente aggressivo, furioso, ma sentiva di esser giunto ormai al limite. ยซDov'eravate mentre trucidavano tutte le persone innocenti che si trovavano a Palazzo dei Gigli e conducevano Angor in quel posto orribile, dritto al macello? ร prossimo alla morte e non riuscirรฒ mai a salvarlo, questa รจ la veritร , e tutto perchรฉ ero semplicemente furibondo con lui per essersi ciecamente fidato di Reisbach!ยป
Feodora non parve indisporsi per l'atteggiamento del ragazzo. Se era arrabbiata, non lo diede a vedere.
ยซS-Se solo... se solo ve la foste presa con Caliban, con il vero responsabile di ogni cosa, a quest'ora la vita di tutti noi sarebbe diversa!ยป aggiunse il giovane Pyranel. ยซAngor รจ sangue del vostro sangue, ma ciรฒ non vi ha impedito di condannarlo a un orrendo destino! L'ho visto soffrire giorno dopo giorno, nel corpo e nello spirito, per via della vostra maledizione! Non se lo meritava, non importa quanto crudele e viziato potesse esser stato anni fa! Avreste potuto salvarlo in altre maniere! Insegnargli a essere gentile, ad amare il prossimo, e invece lo avete condannato a morte!ยป
Paradossale e fuori dall'ordinario che si stesse sfogando proprio con Feodora, fra tanti altri coinvolti in quella faccenda. Paradossale e tragico.
ยซE ora affatturate anche me per avervi mancato di rispetto e avervi urlato addosso! Fate pure, non mi interessa! Cosรฌ almeno morirรฒ insieme a lui e saremo in pace entrambi! Fate questo o trasferite su di me la maledizione! Liberate Angor e concedetegli di vivere! L-Lui non merita di terminare i suoi giorni cosรฌ! ร una persona buona e gentile e non ha piรน importanza chi sia stato un tempo! Ha imparato la lezione, perciรฒ... basta! Per favore, basta!ยป
Si sentiva un bambino impotente e bizzoso a piangere apertamente di fronte a Feodora, alla potente fata che aveva dato inizio alla storia di Angor e, per certi versi, anche alla sua. Alla loro storia.
Era umiliante e degradante esser quasi sul punto di crollare in ginocchio di fronte a lei, maย non era riuscito a frenarsi nรฉ era capace di far altro, se non accettare che probabilmente sarebbe uscito sconfitto da quella lotta contro il tempo.
Feodora, di nuovo, non si scompose e si volse, fece un cenno alla cerva e quest'ultima, adagio, mosse le snelle e agili zampe sulla neve, avvicinandosi a loro. La fata tornรฒ a guardare Tristan. ยซSei infreddolito, spossato e addolorato. Sali e vieni con me, Tristan.ยป
Lui, tuttavia, come un bambino capriccioso e testardo scosse la testa e rimase dov'era. ยซN-No. D-Devo andare alla fortezza, d-devo salvare Angor prima che...ยป
ยซMonta in sella a Sylka e taciยป lo interruppe con durezza Feodora, prendendolo sรฌ e no di peso e facendolo salire in groppa alla cerva. Con un agile balzo la fata raggiunse il principe di Alerath che scivolรฒ indietro per farle spazio. ยซPerchรฉ devo venire con voi? Cosa volete fare?ยป
La regina delle Fate con la coda dell'occhio ricambiรฒ il suo sguardo. ยซSe รจ un aiuto di cui necessiti, allora un aiuto รจ quel che ti offrirรฒ. Bada bene, perรฒ: sarร semplice per te raggiungere la fortezza di Galbrรฆth e trovare Angor, ma sarร assai meno facile, poi, uscire da lรฌ indenne.ยป
Sin da quando imparavano a camminare i fanciulli di Krygan, come la prole di tanti altri popoli, venivano incoraggiati a comportarsi bene e a non fare i capricci, a non mancare mai di rispetto ai genitori e a chi era piรน anziano di loro. Degne di nota erano senza dubbio le tanto chiacchierate e vagamente minacciose strutture chiamate Sanatori o, ancora, Case di Cura o, per gli intellettuali e coloro che godevano di un'istruzione superiore, Infirmarii.
Nessun rimprovero funzionava come il semplice citare quei luoghi: โNon fare le bizze o andiamo dritti dritti al Sanatorio piรน vicino e poi sรฌ che saranno dolori!" minacciavano le madri dei discoli piรน impenitenti e i padri quando proprio non ne potevano piรน delle prodezze dei propri pargoli, ottenendo sempre la reazione sperata, ovvero di spaventare i monelli e renderli piรน ubbidienti.
Malgrado ciรฒ, anche gli adulti temevano quei luoghi e ne avevano ben donde, visto che godevano di una pessima fama tutt'altro che immeritata. Chi vi entrava, d'altronde, quasi mai poi ne usciva. Una delle chiacchiere che sin dalla loro costruzione circolava era che nelle Case di Cura venissero a volte ospitati i figli o i parenti persino di membri della societร nobili e influenti; quando i giovanotti in questione iniziavano a comportarsi in modo bizzarro, per non dire folle oppure oltre ogni capacitร di comprensione e accettazione, si narrava che i genitori decidessero di spedirli proprio in uno di quei posti tanto malfamati e tremendi.
La veritร , tuttavia, era che fra quelle mura spesso venissero recluse persone scomode o le cui necessitร nessuno voleva accollarsi; persone fragili e inferme fisicamente o nella mente; persone che, secondo il modo di pensare degli uomini di Krygan convinti che qualunque fragilitร o qualsiasi difetto di nascita fossero un inutile e doloroso peso in primo luogo per chi ne era affetto, non potevano avere una vita normale e dovessero trascorrere l'esistenza relegate in un posto in grado di tenerli al sicuro e sottoposti alle migliori cure.
I malpensanti, invece, nel profondo del loro disincantato cuore erano certi che le famiglie dei disgraziati reclusi in quegli edifici volessero solamente sbarazzarsi di un familiare che avrebbe altrimenti causato loro vergogna e dato fin troppi, scomodi grattacapi. Molto meglio sbarazzarsene. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore e soprattutto dalla coscienza, dalla consapevolezza di aver condannato in realtร delle povere anime a un destino peggiore della morte.
Angor Valdemar, da fanciullo, aveva ignorato l'esistenza di suddetti luoghi. Nessuno lo aveva mai minacciato di portarlo in un Infirmario se avesse osato continuare a fare i capricci o a comportarsi da piccolo tiranno qual era stato durante la fanciullezza. Fino ai quindici anni era stato viziato e riverito e sempre aveva ignorato le suppliche della defunta zia Titania che lo aveva implorato di cambiare atteggiamento e di essere meno dispotico. Una volta si era fatta chiaramente sfuggire di nutrire la speranza che un giorno lui potesse diventare un uomo assai migliore di suo padre, il re di Krygan.
All'epoca Angor non aveva compreso suddetta frase e aveva liquidato il tutto pensando che sua zia stesse solamente sproloquiando, ma col senno di poi, dopo essere stato allontanato dalla capitale del regno per via delle orrende sembianze assunte in seguito al maleficio di Feodora, un po' alla volta aveva iniziato a capire molto di piรน il messaggio che la povera Titania aveva tentato in ogni maniera di trasmettergli prima di spirare.
Se solo avesse inteso tutto prima, molto prima, forse tante cose sarebbero andate diversamente; forse avrebbe incrociato un destino differente e a quell'ora si sarebbe trovato a casa, insieme al resto della famiglia, principe reggente e futuro re di Krygan una volta che suo padre fosse passato a miglior vita.
Certo, sarebbe stato bello, ma in tal maniera mai avrebbe conosciuto la veritร . Mai avrebbe saputo della crudeltร insita nel cuore dell'uomo che aveva chiamato sin dalla nascita โpadre" e che gli aveva voltato le spalle nel momento del massimo bisogno, relegandolo in un palazzo immerso nei boschi pur di impedire a chiunque di venire a conoscenza della maledizione, della Bestia di Caliban.
Se dieci anni prima non avesse fatto indispettire Feodora, tra l'altro, mai avrebbe poi potuto conoscere Tristan Pyranel.
Anche se le cose avevano ormai preso palesemente una brutta piega, anche se oramai sembrava tutto finito e il fondo era stato toccato, Angor mai e poi mai avrebbe desiderato una sorte diversa da quella che gli era stata imposta dal Fato. Mai avrebbe rinnegato quei dieci anni di solitudine e di abbandono, non quando in fondo a tale buio e solitario tunnel aveva infine scorto una calda e rassicurante luce, una speranza incarnata da un ragazzo meraviglioso e senza paura come Tristan.
Rinnegare Tristan sarebbe stato come sputare sull'amore che Angor sapeva di provare per il principe di Alerath, e non voleva macchiarsi di una simile eresia. Per lui quell'amore era sacro, era prezioso, ormai era tutto ciรฒ al quale poteva aggrapparsi pur di non sprofondare nell'oblio e nella disperazione piรน totali.
Erano trascorse delle ore da quando, dopo un viaggio lungo e angosciante, lo avevano fatto scendere a forza fuori dalla carrozza, trascinato dentro quelle mura e infine spinto senza troppe cerimonie all'interno di quella che era piรน l'angusta cella di una segreta che una stanza riservata a un essere umano.
Odiava i luoghi troppo ristretti, quelli che parevano comprimere chi vi si trovava dentro fino a farlo soffocare al pari di sarcofagi, ma era ben consapevole di non poter far nulla di concreto per fuggire da lรฌ.
Il buio era pressochรฉ totale, eccezion fatta per il pallido e vago riverbero della luna che filtrava tra le sbarre della finestrella ad arco posta in alto, oltre la portata di chiunque avesse voluto semplicemente provare a scappare attraverso di essa. Se anche Angor si fosse preso la briga di tentare di passarvi attraverso, la feritoia sarebbe comunque risultata troppo piccola per la sua mole da adulto. Non c'era nulla da fare, se non fissare con tristezza lo spettrale e rarefatto fascio di luce lunare e rammaricarsi della prigionia.
Il giovane Valdemar inspirรฒ piano e nelle sue narici, ancora una volta, si intrufolรฒ il pessimo odore che aleggiava lร dentro: c'era aria di muffa e di umiditร , faceva freddo e benchรฉ l'inverno avesse iniziato a sfumare e a tramutarsi nel principio di una tenue primavera, al calare delle tenebre l'escursione termica era considerevole, tanto che le temperature scendevano fino a tornare a livelli pienamente invernali e rigidi. La cosa peggiore era che sicuramente tutte le altre celle presentassero la medesima impossibilitร di sfuggire al gelo e trovare un minimo di conforto a causa di quelle dannate finestre. A nessuno, d'altronde, importava realmente del benessere degli ospiti di un Infirmario. La fortezza di Galbrรฆth, in fin dei conti, era un posto talmente antico da esser stato eretto quando ancora a Krygan l'usanza di porre del vetro alle finestre era poco conosciuta e messa in pratica e, da allora, di cambiamenti strutturali non ne aveva affrontati molti.
Angor si era lamentato spesso delle condizioni in cui aveva dovuto per anni vivere, ma si era reso conto di non aver mai davvero sofferto in vita propria fino a quando, a un certo punto, aveva visto entrare nella sua cella due individui con il viso coperto da maschere dai tratti solo vagamente umani, anonimi e neutri; con le buone e ancor di piรน con le cattive lo avevano privato degli abiti senza troppe cerimonie e l'avevano forzato a indossare una veste logora e biancastra dal sentore strano, come se fosse stata sottratta a qualcosa non piรน in vita, magari a un altro prigioniero morto che non ne aveva piรน bisogno alcuno.
Si era tuttavia impegnato a impedire a quella gente di trovare sotto i suoi vecchi vestiti il ciondolo che Tristan gli aveva donato. Per tutto il tempo lo aveva stretto nel pugno, sperando che quei due decidessero di non insistere nรฉ di portargli via l'unico ricordo tangibile che ancora conservasse della persona che amava. Era andata bene, per fortuna, e appena li aveva visti andarsene aveva indossato di nuovo il cimelio, curandosi di celarlo sotto la misera e maleodorante veste.
Il freddo penetrava attraverso la rozza e ben poco protettiva stoffa. Intorpidiva i suoi muscoli e si era pian piano insinuata fin nelle sue ossa durante la permanenza lร dentro. Tremava per i morsi del gelo che penetrava dalla finestrella e fino ad allora non era servito a nulla stringersi in un angolo e raggomitolarsi nella speranza di conservare il piรน possibile il poco di calore corporeo che gli restava. Lo sentiva un po' alla volta scemare e sbiadire e, oltre a ciรฒ, avvertiva qualcos'altro alitargli sul collo e sapeva purtroppo molto bene che cos'era. Ne riconosceva il bieco e amaro richiamo. Lo aveva avvertito per quasi dieci lunghi anni, sempre piรน forte e ricorrente, e negli ultimi tempi era diventato una presenza costante. Un'ombra perennemente appostata negli angoli o alle sue spalle allo scopo di ricordargli che la fine era prossima.
Non aveva bisogno di trovarsi davanti a quella rosa dai petali blu, di fronte a quella dannata foriera di morte e sventura, per capire che ormai il tempo stava per scadere, che la sua vita stava per subire una brusca interruzione.
Era davvero finita. Cercava di non pensarci, di credere che forse qualcuno lo avrebbe salvato e riportato da Tristan, ma poi ecco che tornava a riflettere sulle azioni che lo avevano condotto a tale misera sorte e si rendeva conto di meritare, forse, tutto quanto. Lo meritava soprattutto per non aver voluto dar retta a Tristan ed essersi fidato di Reisbach fino alla fine, cosรฌ come per aver creduto che suo padre, in fondo al cuore, lo amasse almeno un po'.
Non era cosรฌ. Reisbach, prima che la carrozza partisse, gli aveva detto che quelli erano gli ordini del re, che era stato Caliban a volere che lui venisse rinchiuso nell'Infirmario. Aveva anche aggiunto che nel frattempo si sarebbe occupato personalmente di Tristan e Angor si era sentito morire a quelle parole, invano aveva cercato di ribellarsi al crudele destino, di scappare dalla carrozza e fare qualcosa. Debole com'era diventato non aveva potuto opporre resistenza a lungo ed era stato in pochi attimi sopraffatto.
Ora, dunque, non sapeva neppure cosa ne fosse stato di Tristan e temeva per la sua incolumitร , pur ripetendosi che quel ragazzo fosse astuto e capace di cavarsela. Reisbach era una belva, era stato in guerra e sapeva come rendere la vita di chiunque maledetta e Tristan, dopotutto, aveva solamente diciotto anni. Troppo giovane per sopraffare un uomo di grossa stazza e abituato a uccidere come Gilyas Reisbach.
No, lui... lui sta bene. Sta bene.
Chissร cosa era stato detto a Pyranel per giustificare la sua assenza improvvisa. Angor, da un lato, sperava che non gli avessero detto la veritร . Sperava che Tristan avesse infine deciso di fuggire, di tornare ad Alerath in qualche maniera, di nuovo fra le braccia della propria famiglia e al sicuro. Gli importava solo di questo, che Tristan fosse sopravvissuto e che fosse ormai lontano dal pericolo.
Represse l'ennesimo brivido e soffocรฒ con una mano tremante e quasi del tutto priva di sensibilitร un colpo di tosse che sentรฌ vibrare di rimando nel petto, fra le costole, come quando si colpiva la tesa superficie di un tamburo.
Con la coda dell'occhio vide uno degli spioncini, quello in basso, aprirsi di scatto e accogliere il veloce e incurante passaggio di un piatto di ferro sul quale v'era un piccolo tozzo di pane dall'aria rafferma e immangiabile; accanto ad esso una piccola ciotola che ospitava una non molto generosa dose d'acqua.
La cavitร nella pesante porta metallica si chiuse e dei passi riecheggiarono nel corridoio, sempre piรน lontani.
Angor non si mosse e rimase dov'era. Non aveva in ogni caso fame e comunque aveva paura che se avesse abbandonato l'attuale posizione poi il freddo sarebbe riuscito a penetrare nelle sue ossa con maggiore facilitร . No, era meglio restare lรฌ ad attendere che tutto, in un modo o nell'altro, avesse fine.
Un anno fa non avrebbe battuto ciglio alla prospettiva di morire, ma ora aveva paura. Dopo aver assaporato il lato piรน dolce e speziato della vita era restio a sostituirlo con quello ben piรน amaro ed aspro della sua nemesi. Aveva ritrovato la voglia di vivere grazie a Tristan e proprio quando forse le cose sarebbero potute cambiare e migliorare, ecco che la realtร aveva deciso di porre fine all'ingenuo e flebile sogno, di ricordargli che lui non fosse mai stato destinato alla felicitร , a un finale lieto e imbevuto di speranza.
Gli era sufficiente guardarsi attorno e soffermarsi sulle incisioni rozze e sbiadite lasciate dai precedenti ospiti della cella per capire che non sarebbe mai uscito da lรฌ vivo, forse neppure da morto. Le rune, tracciate in un modo che lasciava quasi intendere che fossero state usate le unghie delle tante anime perse lรฌ rinchiuse, parlavano di disperazione, a volte erano cupi e tristi deliri, ed erano ovunque. Dovunque Angor si voltasse quelle parole incise nelle pareti di pietra lo circondavano, gli ricordavano qual era la sorte di coloro che varcavano la soglia di un Infirmario.
โNessuna speranza" diceva una di esse, quasi leggendogli nel cuore.
Mi chiedo cosa avrร detto mio padre a Prospero e ad Hermia, pensรฒ. Che avesse riferito loro che era finalmente morto, che le sue sofferenze avessero conosciuto la fine dopo dieci lunghi anni? Era probabile. Sicuramente li aveva indotti a credere in una menzogna ben confezionata e atta a giustificare tutto quanto.
Avrei voluto rivederli. Vorrei poter parlare un'ultima volta almeno con Prospero, avvertirlo sul conto di nostro padre, dirgli di non fidarsi di lui.
Temeva per le sorti dei suoi fratelli. Cosa avrebbe impedito a Caliban di trattarli come aveva trattato lui? Davvero potevano esser considerati al sicuro? Per non parlare, poi, della giovane sposa di Prospero e del loro figlioletto non ancora nato. Ognuno di loro era carne da macello, sacrificabile agli occhi del re, ecco la cruda realtร . Lui ne era la prova concreta: finchรฉ era stato il giovane e promettente baluardo del futuro del regno, della concentrazione di un potere per secoli amministrato con rigore e a volte con dure e sanguinose repressioni nei riguardi dei pochi che avevano cercato di contrastare l'egemonia per mare e per terra dei Valdemar, era andato tutto bene e Caliban gli aveva permesso di fare tutto quel che gli era passato per la mente; in seguito al maleficio di Feodora, tuttavia, il re, pur sapendo di star spedendo in sottinteso esilio il principale erede al trono, non aveva esitato un istante a relegarlo fra quattro mura, troppo impensierito da ciรฒ che la gente avrebbe potuto sussurrare alle spalle dell'intera famiglia nel cui grembo dimorava un mostro.
Forse, perรฒ, non era mai stato quello il vero problema. Non l'unico, almeno. Angor, infatti, iniziava a credere che da un po' di tempo le mire di suo padre fossero ben altre e nulla avessero a che vedere con la vergogna o l'imbarazzo di un figlio reso mostruoso da una maledizione. Sin da subito aveva compreso, senza troppi problemi, cosa avesse spinto il monarca a sradicare la giovane Rosa di Vehelar dalla propria calda e soleggiata dimora per travasarla a Palazzo dei Gigli. Non per far compagnia a lui o aiutarlo a infrangere il sortilegio, visto che a Krygan l'opinione in merito a una relazione fra due uomini o donne che andasse oltre l'amicizia era molto ferrea e intollerante. Magari all'inizio Caliban aveva davvero cercato di aiutarlo, ma sin da prima qualcosa era giร cambiato, Angor lo aveva percepito l'ultima volta che aveva ricevuto una visita da parte del padre.
L'arrivo di Tristan era corrisposto alla messa in atto di una mossa politica e strategica; il ragazzo altro non si era rivelato fin da subito che un semplice ostaggio, una merce di scambio nel caso la situazione con Alerath fosse di nuovo precipitata; un possibile bastone cui percuotere ad arte i sovrani sconfitti, se fosse mai passato loro per la testa di non rispettare gli accordi post-bellici o di ribellarsi.
Poco tempo dopo, ecco che il padre di Tristan, Revarn, si era di colpo ammalato; successivamente Tristan non aveva piรน ricevuto notizie da casa e i suoi contatti con la famiglia si erano bruscamente interrotti. Infine c'era stata la sparizione inspiegabile e ingiustificata dell'ambasciatore Hume e di Adriana sotto lo sguardo solitamente vigile e da falco di sir Reisbach, rivelatosi leale e fedele a Caliban e a nessun altro, tanto da aver obbedito senza troppi problemi quando il re gli aveva ordinato di far rinchiudere lui, Angor, in quel posto dimenticato dagli dรจi e dagli uomini.
Forse per tutto il tempo Reisbach aveva tenuto il sovrano aggiornato costantemente sulla situazione a Palazzo dei Gigli e ciรฒ spiegava quell'amaro finale, il motivo di un ordine cosรฌ crudele e improvviso, ma non fino in fondo. Qualcosa era cambiato, era stato tutto troppo repentino e veloce e piรน il principe ormai in rovina rifletteva e piรน si convinceva che la scomparsa del signor Hume e di Adriana avesse a che vedere, almeno in parte, con motivazioni ben piรน profonde e serie di una relazione tanto clandestina quanto proibita.
Si odiava immensamente per non aver dato ascolto a Tristan, al suo istinto che mai in quei mesi si era rivelato errato. Tristan aveva capito tutto, non si era lasciato traviare dalle apparenze e aveva provato in ogni maniera a metterlo in guardia, ad aprirgli gli occhi, ma lui non aveva voluto star a sentire le sue ragioni. Non aveva voluto guardare in faccia la possibile veritร , si era intestardito nel ritenere Reisbach un cavaliere di Krygan ligio all'onore e a principi vecchi di secoli. Gli uomini potevano fallire e i giuramenti si potevano infrangere, era questo che aveva detto Tristan e il tempo gli aveva dato ragione, facendosi beffe delle convinzioni di un povero stupido che non aveva saputo guardare oltre le nebbie del vago senso di familiaritร e persino di affetto nei riguardi di Gilyas Reisbach. Angor avrebbe pagato caro il prezzo della propria ingenuitร , ne era consapevole, e il suo solo e unico rimpianto era di non aver mai potuto porre rimedio al diverbio con Pyranel. Stupidamente si era detto che avrebbero avuto modo di parlare e di appianare tutto il giorno seguente, ma quell'alba non era mai arrivata, non come avrebbe dovuto fare.
Si era chiesto, tuttavia, come mai Tristan non fosse accorso sentendolo gridare e lottare pur di impedire ai soldati di trascinarlo fuori dal castello. Quello sรฌ che gli era apparso strano e per niente nell'indole di quel ragazzo. Di ipotesi ne aveva tante e la piรน ottimista sosteneva che egli avesse avuto paura e fosse andato a nascondersi da qualche parte; quella meno rosea, invece, nonostante lui si ostinasse a convincersi che Pyranel stesse bene, lo tormentava con orrende e intollerabili visioni di Tristan che era in realtร stato trucidato nel sonno, senza avere la possibilitร di capire in tempo cosa stesse accadendo o perchรฉ. Da un lato Angor voleva credere con tutto il cuore che la persona alla quale teneva ormai sopra a ogni cosa fosse in salute e al sicuro, ma qualcosa continuava a non tornare, c'era una nota stonata in quella triste sinfonia. Era mai possibile che uno come Tristan, cosรฌ tenace e ben poco avvezzo alla paviditร , non si fosse neppure precipitato nelle sue stanze al sentire tutto quel baccano? Palazzo dei Gigli era un edificio grande, certo, ma sempre immerso nel silenzio, fin troppo perchรฉ un pandemonio come quello verificatosi qualche giorno prima passasse inosservato.
C'era qualcosa che semplicemente non collimava con il quadro generale. Un dettaglio che gli sfuggiva.
Se anche Tristan non si fosse trovato nei paraggi nรฉ nella propria camera, allora dov'era andato nel cuore della notte? Dove si era trattenuto fino al punto da non trovarsi a letto di primo mattino? Era solito non dormire mai fino a tardi, certo, ma non si era mai neppure svegliato cosรฌ presto e, in ogni caso, la domanda principale rimaneva priva di risposta.
Angor frugรฒ nella propria mente e cercรฒ di ricordare se avesse udito, nel bel mezzo della notte, qualcuno passare per il corridoio sul quale si affacciavano i suoi appartamenti. Non gli pareva di aver sentito nulla oltre alla consueta quiete del palazzo infranta solo da qualche scricchiolio qui e lร . Niente di anomalo e inusuale.
Non si era aspettato di condividere anche quella notte il letto con Tristan per via della tensione sorta fra di loro dopo la discussione riguardo a Reisbach e anche se piรน di una volta, mentre cercava di prender sonno, si era detto di recarsi da Pyranel per parlargli e risolvere subito lo screzio, poi aveva sempre decretato che sarebbe stato meglio lasciar sbollire gli animi di entrambi e sperare che il mattino recasse con sรฉ piรน miti consigli. Si era dunque addormentato e poi, qualche ora piรน tardi, poco dopo l'aurora, ecco che si era ridestato di colpo quando aveva udito l'eco lontano di una sorta di soffocato tafferuglio provenire dai piani inferiori; era scattato in piedi, chiedendosi cosa diamine stesse succedendo, ma quando si era diretto alle porte per uscire aveva scoperto che erano state chiuse a chiave dall'esterno e forse per via della debolezza dovuta alla maledizione, forse per qualche altro motivo, neppure usando la magia era riuscito a scappare da lร dentro; quando quegli strani e inquietanti rumori erano cessati, ecco che poi aveva sentito i passi di diverse persone procedere alla svelta lungo le rampe di scale e poi per il corridoio finchรฉ, alla fine, Reisbach e i suoi uomini non avevano fatto irruzione nella sua camera da letto.
Anche se faceva male riportare alla mente quegli attimi terribili, Angor lo stesso si sforzรฒ di richiamare alla memoria quanti piรน dettagli possibili che aveva registrato in quel lasso di tempo e sentรฌ il sangue quasi gelare nelle vene non appena rimembrรฒ di aver notato tracce di sangue sulle armature dei sottoposti del capitano Reisbach e persino sugli abiti di quest'ultimo. Qualcuno era morto e questo spiegava la confusione della quale era stato indirettamente testimone. Chi era stato ucciso, perรฒ? Tristan? Aveva opposto resistenza finchรฉ, alla fine, non era stato sconfitto dalla disparitร numerica?
Eppure Reisbach aveva fatto intendere, in qualche maniera, che non fosse stato Pyranel a subire le fatali attenzioni delle spade dei soldati. Gli aveva fatto capire che Tristan fosse in qualche maniera sopravvissuto e questo, dunque, significava che forse il ragazzo era ancora vivo, ma anche un'altra cosa, purtroppo, e solo allora Angor capรฌ cosa dovesse essere successo durante quel caos. Capรฌ che probabilmente i soldati, su ordine di Reisbach, avevano trucidato senza pietร i domestici, dal primo all'ultimo, senza risparmiare neppure il piccolo Magnus.
Li avevano uccisi tutti quanti a sangue freddo. Persone innocenti erano morte solo e soltanto per colpa sua. Come poteva essere altrimenti, dopotutto? Era lui il responsabile di quel disastro. Non si era accorto in tempo dell'ambiguitร di Reisbach e aveva dato per scontate fin troppe cose, dettagli che forse avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi e scongiurare la mattanza. Aveva le mani sporche di sangue, ecco qual era la veritร , e per quel poco che poteva saperne... forse quel sangue apparteneva anche a Tristan, non solo ad Achilles, a Magnus, Hume, Adriana e gli altri. Forse era vano illudersi e forse ormai Tristan non era che un involucro freddo e svuotato del soffio vitale che giaceva magari tra lenzuola imbrattate di rosso.
Non riusciva a immaginare scenari meno strazianti e dolorosi di quello. Dopo quasi dieci anni di solitudine e di fuga dal mondo intero aveva imparato ad essere realista, a osservare ciรฒ che vedeva per com'era e non come lui avrebbe voluto che fosse. Certo, grazie a Tristan aveva riscoperto il dolce sapore della speranza, della possibilitร di un avvenire, ma ecco cosa aveva comportato ricominciare a sperare: era tornato al punto di partenza, piรน solo che mai, ormai stanco di tirare avanti, specialmente con la certezza totale o quasi di aver causato la morte di tante persone a lui care, una delle quali molto speciale, insostituibile.
Iniziava a credere che in fin dei conti fosse quella la reale punizione di Feodora, ovvero il realizzare, solo all'ultimo, che alla maledizione non vi fosse scampo alcuno. Magari lo aveva ingannato dicendogli che esisteva una soluzione, una via da percorrere, e lui e Tristan c'erano cascati in pieno.
Quella prospettiva, stranamente, non lo faceva sentire in collera con Feodora, se non per un motivo: per non averlo ucciso subito, anzichรฉ averlo condannato a quella lenta e sempre piรน dolorosa agonia. Quante persone avevano dovuto soffrire e trovare un'indegna fine per colpa del sadismo di una fata indispettita dalle scellerate azioni di un re tiranno e di un crudele, sciocco e viziato principe? Cos'altro sarebbe dovuto succedere prima che quella tragedia avrebbe trovato una conclusione?
Ora che era sรฌ e no sicuro che Palazzo dei Gigli appartenesse oramai soltanto ai defunti, di aver perso quel poco che gli era rimasto da perdere, quella silenziosa voragine che anno dopo anno si era aperta nell'animo di Angor faceva piรน male che mai, tanto da risultare intollerabile. Era un vuoto orrendo e vorace, lo divorava da dentro e lo dilaniava un po' alla volta. Forse giorni prima avrebbe pianto, ma i suoi occhi erano asciutti, erano stanchi di versare lacrime.
Davvero aveva senso continuare ad attendere? Era chiaro che se non fosse stata la maledizione a ucciderlo, suo padre avrebbe di certo ordinato la sua esecuzione per aver infranto le leggi di Krygan.
Caliban lo vedeva come un mostro da abbattere, un'erbaccia da sradicare dal proprio giardino e non avrebbe sentito ragioni nรฉ avuto pietร di un figlio che chiaramente aveva scelto di ripudiare e disconoscere. L'aveva fatto chiudere in quell'orrendo posto per far sรฌ che il maleficio si compisse e che lui spirasse senza che neppure una goccia di sangue reale, considerato intoccabile e inviolabile, almeno sulla carta, venisse versata.
Eppure Tristan, malgrado tutto, era quasi riuscito a salvare e a far redimere il mostro che re Caliban voleva veder sparire dal mondo per sempre. Tristan non si era fermato alle apparenze, aveva scavato e aveva riportato in superficie la persona che Angor mai aveva pensato di poter diventare.
Da ragazzo non si era reso conto sul serio della propria cattiveria, di essere tanto viziato quanto incurante del benessere altrui e solo dopo che Feodora era intervenuta, solo dopo aver guardato letteralmente allo specchio l'individuo ripugnante che era stato per anni, aveva saputo discernere la crudeltร dalla misericordia e l'amore dall'odio. Da semplice blocco informe di marmo si era eroso fino ad assumere un aspetto diverso e questo non solo grazie a Tristan, ma anche all'esilio, alla vita trascorsa accanto a persone che un tempo aveva ritenuto inferiori a lui e immeritevoli di attenzioni e benevolenza.
Per quanto tragico che fosse, quel che lo stava uccidendo lo aveva comunque salvato. Aveva salvato il suo essere interiore, la sua anima, il suo spirito. Magari il reale intento di Feodora era stato sin dal principio di purificarlo, di strapparlo a una maledizione ben piรน subdola e fatale, ovvero la miscela di indifferenza ed egoismo che lo aveva reso odioso agli occhi altrui. Non odiava Feodora, bensรฌ le era grato. Anche se soffriva e aveva sofferto, alla fine le cose erano andate meglio del previsto. Il mostro, almeno quello dentro il suo cuore, se n'era andato per sempre e ormai in Angor non rimaneva altro che un uomo desideroso di conquistarsi la libertร in un modo diverso dal consueto, per quanto estremo e definitivo.
I suoi occhi color zaffiro spenti, simili a pietre preziose coperte da uno strato di polvere che sottraeva loro ogni possibilitร di scintillare, nel vagare con fare perso e sconfitto per la cella si posarono su qualcosa che prima non avevano notato. Qualcosa che fu capace di dargli quel po' di forza d'animo che serviva ad alzarsi e a barcollare fin verso l'angolo in questione e a inginocchiarsi. Gli diede il coraggio, la determinazione disperata di fare una scelta, quella cheย lo aveva solamente sfiorato dieci anni prima e che lui mai aveva avuto il fegato di portare a compimento. Una scelta che avrebbe risolto tanti problemi e avrebbe permesso a Tristan di sopravvivere e a non essere costretto a recarsi a Krygan per volere di Caliban.
La sua integritร morale era stata ripristinata, era vero, ma da egoista qual era si era del tutto dimenticato che essa fosse sbocciata in lui a discapito del prossimo. Coloro che erano stati massacrati a Palazzo dei Gigli erano andati incontro alla fine a causa sua, perchรฉ dieci anni prima avevano ricevuto l'ordine di servirlo e sorvegliarlo, di aver a che fare con un mostro che all'inizio si era rivelato intrattabile e lamentoso. La lealtร di Achilles, di tutti loro, di Hume e Adriana, era stata ripagata con la spada. Tristan, invece, si era offerto di prendere il posto della sorella con la chiara intenzione di tenerla lontana dai tranelli politici di Caliban, ritrovandosi infine invischiato in una faccenda colma di intrighi e menzogne.
E a cosa aveva portato, alla fine, tutta quella sofferenza? Tutto ciรฒ si era verificato a causa di errori che era stato lui a commettere. Era salvo nello spirito, ma in cambio di questo aveva perso quel poco di importante che gli era rimasto, quel che con forza e con disperazione aveva tentato fino alla fine di tener stretto a sรฉ.
So che disapproveresti cosa sto per fare, se ora fossi qui, ma so anche che se non fosse stato per me... se solo avessi deciso sin da subito di porre fine a tutto nell'unica maniera possibile... tu ora saresti stato ancora con la tua famiglia, a casa, al sicuro.
Afferrรฒ l'irregolare e lunga pietra, quella che forse era stata usata in passato per tracciare le incisioni sulle pareti. Aveva i bordi frastagliati e le estremitร erano piuttosto appuntite. Forse non sarebbe stato indolore, ma non gliene importava un bel niente.
Non faceva che pensare e ripensare al povero Hume, ad Adriana, ad Achilles, al piccolo Magnus che mai avrebbe avuto la possibilitร di crescere e vivere, e ancora a Tristan. Il suo adorato e perduto Tristan. Che diritto aveva di respirare ancora dopo aver causato cosรฌ tanto dolore?
Preferiva non soffermarsi sulla reazione che avrebbero avuto i sovrani di Alerath venendo a sapere che il loro figlio piรน giovane, chissร in che modo, fosse venuto a mancare. Si vergognava giร abbastanza di aver causato tutti quei problemi, di aver messo in pericolo Tristan tanto da condurlo alla stessa fine di Dorabella, di chiunque fosse entrato in contatto con lui e quella dannata maledizione.
Era ora di finirla, di affrontare la realtร e la volontร degli dรจi che non sarebbe stata clemente. Secondo i dettami di Krygan gli dรจi storcevano il naso quando qualcuno si permetteva di andare contro i loro disegni e di uscire di scena prima che fossero loro a deciderlo. Non c'era nulla dopo la morte per coloro che cedevano a quello che era un autentico peccato mortale e imperdonabile. Era un crimine e veniva punito con l'eterno oblio, con la cancellazione del proprio nome e la condanna a esser per sempre dimenticati.
Il principe di Krygan tornรฒ a sedersi sul pavimento e continuรฒ a fissare la pietra che stringeva fra le pallide e lunghe dita. Non aveva paura degli dรจi e delle loro punizioni. Era la vita che ormai temeva, non la morte. La amava, eppure adesso ne era terrorizzato, anche. Per quanto fosse stato responsabile dei propri guai, la vita non gli aveva comunque dato altro che dolore e solitudine per dieci anni. Dieci anni di vane speranze, di abbandono, di timore e pena negli occhi dei servitori, di visite mediche dall'esito sempre meno roseo. Dieci anni sprecati a credere nell'amore che suo padre non aveva mai provato nei suoi riguardi; aveva creduto con tutto se stesso alla fiaba che un giorno sarebbe tornato a casa e avrebbe riabbracciato i suoi fratelli, solo per venir poi smentito dai fatti.
Gli dรจi potevano pure riprendersi quell'esistenza che gli avevano concesso. Non sapeva piรน cosa farsene e ogni volta che pensava a Tristan era come ricevere una pugnalata al cuore. Che egli fosse vivo o che fosse invece riuscito a sfuggire alla mattanza, ciรฒ non cambiava comunque l'epilogo di quella faccenda e Angor si rifiutava di spirare e di farlo potendo solamente tenersi aggrappato al ricordo di Tristan.
Ne aveva abbastanza e non avrebbe dato a suo padre la soddisfazione di vederlo salire su un patibolo e penzolare da una corda, pagare per aver osato amare davvero, amare in un modo che a Krygan non era compreso nรฉ accettato. Non sarebbe morto a quella maniera nรฉ avrebbe atteso che ad ucciderlo fossero stati il gelo e la maledizione. Sarebbe stato come dar ragione a Caliban e a chi la pensava come lui, rinnegare tutto e ridurre i sentimenti per Tristan a un crimine, a un peccato che si scontava con la morte o con il carcere a vita.
Quell'amore era sacro, era prezioso e proprio come si era soliti fare con un antico e inestimabile cimelio, Angor lo avrebbe portato con sรฉ nella tomba, com'era giusto che fosse e come sempre avevano fatto i suoi antenati. Lo avrebbe tenuto lontano dall'odio e dall'ignoranza, dal parere di chi pensava di saperla lunga e invece non sapeva un bel niente, di chi non faceva che giudicare e sputare aride sentenze.
Preferiva andarsene in quel modo, in silenzio e in sordina, lontano da occhi indiscreti e colmi di disprezzo o, peggio ancora, di esser gettato in una fossa comune quando magari era ancora moribondo e in grado di respirare, di soffocare sotto la nuda e fredda terra mentre veniva tumulato vivo assieme ai resti di altri poveri disgraziati ormai senza nome.
No, non avrebbe atteso il capestro o che la maledizione risalisse fino al suo cuore per farlo avvizzire completamente. Sarebbe stato lui a decidere della propria sorte, male o bene che fosse. Credeva che almeno tale libertร gli fosse concessa, visto che era stato spogliato ormai di tutto il resto.
Serrรฒ l'altra mano sul ciondolo che Tristan gli aveva donato e si portรฒ alle labbra il ninnolo, posandovi un unico bacio e sperando che ad attenderlo non vi fosse l'oblio, bensรฌ un mondo migliore, un posto dove la pace regnava sovrana, lร dove forse si sarebbe riunito alla Rosa di Vehelar che con crudeltร era stata recisa anzitempo.
Se invece Tristan era ancora vivo, magari un giorno molto lontano, chissร quando, si sarebbero ritrovati e riabbracciati.
Fece scivolare nuovamente la collana sotto la veste e poi, ignorando il dolore totalmente fisico causato dal passaggio dell'irregolare e tagliente pietra dentro le sue carni, fece ciรฒ che si era prefissato di fare: serrando le palpebre e soffocando le grida come meglio potรฉ, mentre si ripeteva di avere coraggio e di fare un ultimo sforzo, spinse ancor piรน in profonditร l'arma di fortuna. Tremante, con la gola invasa dal ferroso e dolciastro sapore del proprio sangue, serrรฒ le labbra ed estrasse la pietra aguzza dalla ferita come avrebbe fatto con una scheggia conficcata in un dito. Rapido e deciso.
Lasciรฒ cadere la pietra insanguinata e abbandonรฒ di nuovo la schiena contro la parete, incurante della macchia scarlatta che si espandeva sulla veste, del sangue che sgorgava e abbandonava le sue membra assieme alla vita di attimo in attimo. Era fatta, c'era riuscito. Magari non si era ferito in modo irrimediabile, tanto da compromettere la propria sopravvivenza, ma la maledizione e le sue pessime condizioni di salute avrebbero fatto il lavoro sporco in poco tempo.
Addio, Tristan. Ti amerรฒ nella morte come ti ho amato quando ero in vita.
Quello fu il suo ultimo pensiero razionale prima che la sua coscienza venisse ridotta a uno sposalizio di silenzio e dense tenebre.
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