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1627
Regno di Alerath
La guerra era volta al termine.
Dopo quasi vent'anni di conflitti, di sangue e sacrifici, finalmente era tutto finito.
Purtroppo non sarebbe stato il popolo di Alerath a gioire e a riscaldarsi il petto con la soddisfacente fiamma della vittoria. Alerath, infatti, aveva perso contro il regno di Krygan, contro l'esercito agguerrito e sanguinario di re Caliban.
La capitale, Vehelar, la cittΓ piΓΉ grande e resistente di tutte che mai aveva ceduto a un assedio nemico, era caduta dopo due lunghi mesi di lotta al di fuori delle alte mura. Quando Caliban aveva deciso di chiamare al fronte tutti i maghi e le streghe del proprio regno, non c'era stato scampo per Vehelar e i suoi abitanti: le mura erano state buttate letteralmente giΓΉ a suon di incantesimi e composti magici esplosivi. Il re aveva scelto di tenere da conto per il gran finale le sue armi piΓΉ potenti. Malgrado anche ad Alerath vi fosse la cultura e lo studio della magia, le gilde di incantatori presenti nel regno non si erano dimostrate sufficientemente numerose e consistenti per fronteggiare il massiccio esercito di fattucchieri di Krygan.
Quando poi i soldati avevano iniziato a far scempio della popolazione, specialmente di donne e bambini, la regina Gatria ne aveva avuto abbastanza: dopo aver a lungo conferito con suo marito, il principe consorte Revarn, e i loro tanti consiglieri, aveva scelto di arrendersi e dichiarare il regno di Alerath sconfitto.
Non era stata una decisione felice, ma comunque necessaria. Un regno Γ¨ costituito principalmente dal popolo che lo compone e quando Γ¨ quest'ultimo a essere in pericolo, sull'orlo dell'estinzione, vuol dire che va fatto un passo indietro. Era esattamente ciΓ² che i sovrani di Alerath avevano fatto, pronti ad affrontare tutte le conseguenze del caso.
Abbandonato il loro palazzo, erano andati incontro a testa alta al sovrano straniero e vincitore per annunciare la resa. La gente di Vehelar, stanca e spaventata com'era, aveva accolto sì e no con sollievo la decisione di Gatria e Revarn.
Nell'accampamento militare di re Caliban, dentro la tenda di quest'ultimo era stato firmato un documento ufficiale per rendere concreta la rinnovata pace fra i regni.
In seguito il sovrano di Krygan era stato ospitato a palazzo ove si erano tenuti giorni e giorni di festeggiamenti con banchetti e giochi d'ogni tipo, malgrado ormai le finanze e le scorte di Alerath fossero arrivate allo stremo. Era chiaro che firmando la resa, la regina Gatria avesse ammesso in modo sottinteso l'inferioritΓ del proprio popolo e dovuto accettare ciΓ² che tale veritΓ comportava.
Si era stabilito lo scambio mercantile fra Krygan e Alerath, ma quest'ultimo popolo avrebbe anche dovuto pagare ogni anno una quota di tributi in denaro e anche schiavi, quest'ultimi destinati a lavori pesanti β come ad esempio nelle miniere o per costruire palazzi, strade, monumenti e quant'altro β o ancora ai bordelli e cosΓ¬ via. La regina non aveva idea di dove andar a pescare soggetti adatti per tale tributo, ma sapeva che avrebbe dovuto in qualche maniera ingegnarsi, se voleva evitare lo scoppio di un'altra guerra. Re Caliban non era un uomo paziente, ormai era chiaro a tutti.
CiΓ² che i sovrani di Alerath mai avrebbero immaginato, tuttavia, era la richiesta che il re straniero avanzΓ² l'ultima sera di festeggiamenti prima del ritorno a Krygan. Dopo aver vuotato un calice d'oro zecchino fino ad attimi prima ricolmo di vino speziato e dolce dal lieve retrogusto di miele, Caliban si asciugΓ² le labbra passando su di esse il dorso della mano, poi i suoi occhi color zaffiro vagarono per la sala dei banchetti immersa nella musica e nel cicaleccio degli invitati.
TornΓ² infine a squadrare il principe consorte Revarn e poi la bella Gatria, colei che davvero deteneva il potere su Alerath. In quel regno, infatti, vigeva da sempre una societΓ matriarcale dov'erano le donne a godere di maggior importanza e a decidere su tutto, compreso il destino degli uomini all'interno della famiglia, dal marito allo schiavo.
Caliban in quei giorni si era sforzato parecchio pur di non ridere di una simile, assurda tradizione. Rabbrividiva al solo pensiero di consegnare il mondo intero, non solo un regno, in mano alle donne, a creature tanto fragili quanto di intelletto inferiore rispetto ai maschi.
C'era un valido motivo se fuori da Alerath erano gli uomini a comandare, ma per il momento uno sforzo andava fatto.
Gatria, ad ogni modo, era una donna molto bella: alta, slanciata, giunonica ed esotica, aveva lunghi capelli biondo cenere simili a setose onde e un incarnato molto scuro. La veste svolazzante e trasparente color del latte non lasciava intravedere nulla grazie alla sottoveste del medesimo colore che fasciava la figura della regina come un aderente guanto e ne enfatizzava le forme. Il tocco finale erano i bracciali d'oro sulle braccia e le sottili caviglie, e ancora le decorazioni fra i capelli, gli orecchini e la lunga collana di perle iridescenti.
I gioielli piΓΉ belli di tutti, tuttavia, erano gli occhi della sovrana: grandi, espressivi, arguti, a mandorla e del medesimo colore di splendenti ametiste.
Se solo Caliban avesse potuto, avrebbe fatto sua quella donna, volente o nolente, e le avrebbe finalmente insegnato a restare al posto che le spettava, ma era meglio comportarsi bene. Anche se...
Il re di nuovo si guardΓ² in giro, poi: Β«Bella Gatria, ho sentito dire che voi e vostro marito siete stati benedetti con la nascita di ben sette figli. Sette creature sane e forti. Ditemi: dove si trovano, al momento? In questi giorni non ho mai avuto modo di vederli. Qui non Γ¨ costume che tutta la famiglia reale faccia gli onori di casa e presenzi a incontri come questo?Β»
La regina sedeva su uno scranno d'oro impreziosito da filigrane floreali e lucidi opali incastonati a regola d'arte. Le sue lunghe dita affusolate e ornate di anelli si contrassero e serrarono appena sui braccioli del seggio. Accanto a lei Revarn, il suo adorato consorte, un uomo che sin da subito si era sempre mostrato molto piΓΉ mite e riservato di lei, restrinse gli occhi e li fece correre verso la moglie. Oltre a essere un tipo mansueto e pacato, era anche molto percettivo e lungimirante.
Β«Ha in mente qualcosa, glielo leggo in facciaΒ» disse sottovoce alla sua sposa.
Gatria lo guardΓ² di rimando, poi sollevΓ² il mento con aria di regale contegno e le sue labbra sottili e ben disegnate si storsero in modo impercettibile. Un attimo dopo, la donna si sforzΓ² di sorridere cordialmente. Β«Mio caro Caliban, avete colto nel segno: non Γ¨ costume che i figli della regina presenzino ai banchetti. Senza contare che eravamo fino a una settimana fa nemici, in piena guerra, e ho saggiamente scelto di tenere ben protetti e nascosti i miei sette rampolli. Spero non me ne vogliate!Β»
Tutto aveva un limite e non avrebbe permesso a Caliban di coinvolgere in alcun modo neanche uno dei suoi ragazzi in qualche losca e assurda faccenda sorta per puro capriccio.
Caliban, tuttavia, era un uomo altrettanto testardo. Sorrise di sbieco, gli occhi color zaffiro che scintillavano. Β«Gradirei incontrarli seduta stante. Γ consuetudine, a Krygan, che la famiglia reale sconfitta al completo rechi omaggio al vincitore. Dicono, tra l'altro, che vostra figlia sia una ragazza di rara bellezza, proprio come voi, mia regina. Se la memoria mi assiste, nacque un anno dopo l'inizio del conflitto ed Γ¨ ormai in etΓ da marito. ChissΓ , forse potremmo trovarle uno sposo!Β»
Revarn, che era particolarmente affezionato ai figli, specie all'unica femmina ed erede al trono di Alerath che lui e Gatria fossero stati in grado di concepire, fece per scattare in piedi, oltraggiato, e dirne quattro al re straniero. Gatria, perΓ², gli afferrΓ² con forza un braccio e lo fece restare dov'era; gli lanciΓ² uno sguardo a mo' di monito, mentre pensava a come rispondere.
Β«Mia figlia, secondo le leggi di Alerath, non Γ¨ ancora pronta per maritarsi. E comunque, caro Caliban, qui sono le donne a scegliere il loro sposo. Sono libere di respingerne cento, se lo credono giusto. Vi prego di rispettare le tradizioni del mio popolo. In cambio, vi concederΓ² comunque di conoscere i miei figli.Β»
Sapeva di non dover tirare troppo la corda e dover accontentare almeno in parte il sovrano di Krygan. Alerath non era nella giusta posizione per indugiare in troppe smorfie. Dovevano stringere i denti.
La regina dunque si alzΓ² in piedi e ordinΓ² a due delle due trenta guardie che presenziavano al banchetto di scortare i principi e la principessa reggente nella sala adiacente a quella dei banchetti.
Strinse una spalla al marito e lo guardΓ² in silenzio, gli implorΓ² di fidarsi di lei. Dopo avergli lasciato un bacio sulla guancia, disse a Caliban di seguirla e ordinΓ² intanto ai suonatori di continuare ad allietare gli ospiti con la musica.
La grande stanza vicino alla sala dei banchetti era una specie di salotto dalla pianta esagonale: pareti e pavimento di marmo scuro, proprio come nel resto del palazzo; sui muri v'erano affreschi finemente dipinti, così realistici nel rappresentare una lussuriosa oasi, fra una colonna e l'altra che sorreggevano il soffitto, da far desiderare di entrare assolutamente in un tale scenario.
Vi erano ancora tappeti, bassi e morbidi materassini sul pavimento lucido ornati di nappe dorate; al centro della stanza una grossa cavitΓ circolare ospitava una sorta di falΓ² sul quale, sorretta da un supporto di ferro scuro a quattro zampe, v'era una ciotola in cui fumigava della mirra; l'inebriante profumo pervadeva ogni angolo della sala e gli conferiva un'atmosfera mistica e rilassante.
V'erano poi statue d'ogni genere ricavate dall'oro o scolpite nel marmo. In un angolo, appollaiato su un cuscino arabescato, sonnecchiava un candido e regale pavone, fedele compagno e famiglio della regina.
Appena quest'ultima entrΓ² nella sala, il pavone si sollevΓ² dal giaciglio, sbattΓ© velocemente le ali, fece tremolare la coda come a voler renderla ancora piΓΉ vaporosa e presentabile, infine zampettΓ² adagio in direzione della donna. Lei, malgrado fosse in compagnia di Caliban, sorrise, si inginocchiΓ² e carezzΓ² il capo al pallido volatile, il quale chiuse gli occhi deliziato.
Caliban si trattenne dall'emettere un verso scocciato e schiarì la voce. «Quanto ci metteranno i vostri figli per presentarsi, se non sono indiscreto?» chiese diretto. «Gradirei tornare quanto prima al banchetto per finire di cenare e godermi la serata e i piaceri del vostro palazzo.»
La regina si rimise su e si voltΓ² per guardarlo. Β«Saranno qui a momenti, ve lo garantisco. Ora che siamo soli, Caliban, ditemi perchΓ© volete incontrarli. Non sono una sciocca. Parlate.Β»
La principessa reggente Petra era una fanciulla dallo sguardo fiero e ricordava molto nell'aspetto e negli atteggiamenti sua madre. Oltre al fratello minore, Tristan, ormai era la sola a essere ancora sveglia.
Tutti e due giacevano annoiati su dei morbidi materassini rossi impreziositi da nappe dorate, i capi adagiati su cuscini del medesimo colore.
Petra fissava il soffitto affrescato dell'anticamera dei propri appartamenti e, nel frattempo, accarezzava il soffice manto di un cucciolo di leone. Nel giardino reale una coppia di quei maestosi animali aveva da poco figliato e lei si era particolarmente affezionata a uno dei pargoli, così tanto che alla fine era stato chiaro a tutti che fosse diventato il suo famiglio.
Il piccolo leone sonnecchiava e faceva le fusa in braccio alla bella principessa dai capelli biondo cenere e gli occhi scuri come quelli del padre, dal quale aveva ripreso anche l'incarnato di qualche tonalitΓ piΓΉ chiaro. Tale caratteristica era condivisa anche dai suoi fratelli, specialmente da Tristan.
Lui era il piΓΉ piccolo di tutti, era nato per ultimo. Dicevano che la regina fosse quasi morta per darlo alla luce e purtroppo il loro fratello piΓΉ grande, Ferdinand, da odioso qual era, non aveva mancato a volte di ricordarlo al diretto interessato. Pareva aver preso di mira Tristan sin da quando quest'ultimo aveva iniziato a parlare, giocandogli tiri mancini e facendo il prepotente.
Tristan era un ragazzo la cui indole si ritrovava a essere sospesa fra la pacatezza paterna e l'ardore indomabile dei Pyranel, la famiglia di Gatria, ma non era mai riuscito a farsi valere con Ferdinand.
In compenso c'erano Petra e gli altri fratelli a difenderlo e a dire all'altro scimunito di smetterla di vessare il ragazzo.
Tristan era l'unico ad aver ereditato sul serio i candidi capelli di Revarn e il suo dorato incarnato; gli occhi, tuttavia, erano quelli di sua madre ed egualmente parevano due preziose ametiste.
Col passare degli anni si era fatto così bello e d'aspetto soave e seducente che alla fine tutti avevano iniziato a chiamarlo la Rosa di Vehelar. Aveva sembianze delicate, la medesima ossatura sottile della madre, le sue identiche mani affusolate e dalle dita sottili, perfette per suonare il liuto e l'arpa, e soffici, lunghi capelli del colore delle nuvole. A Tristan piaceva suonare e ancor di più intonare canzoni melodiose nei lunghi pomeriggi che tutti loro erano costretti da anni a trascorrere dentro le mura del palazzo.
In quel momento, perΓ², era alle prese anche lui nel deliziare un cucciolo dal manto giallo dorato e ornato di macchie scure. Passava la mano sulla schiena del leopardo, anch'esso frutto di una cucciolata nata nella riserva dei giardini dedicata agli animali ospitati dalla famiglia reale.
Tristan sembrava avere un talento naturale nel trattare con le bestie, piΓΉ di quanto sapesse fare con le persone. Non era raro, infatti, che persino con la famiglia se ne restasse in silenzio e in disparte, perso in chissΓ quali fantasticherie, o nell'immensa biblioteca a leggere e a nutrire l'anima con una bella dose di conoscenza.
Tristan era un sognatore e sua madre per tale ragione spesso si ritrovava a dover rimproverarlo, a dirgli che avrebbe dovuto cominciare a preoccuparsi della realtΓ , anzichΓ© dei sogni.
Petra inspirò il profumo di mirra che aleggiava nell'aria. «Non vedo l'ora che quell'uomo se ne vada» esordì, strappando al sonnacchioso dormiveglia il fratello. «Sta scialacquando tutte le provviste del regno. A lungo andare non rimarrà più niente da mangiare per noi e per la nostra gente.»
Non le era stato bene che sua madre avesse sventolato la bandiera bianca della resa, ma era lo stesso consapevole che non c'era stato altro da fare.
Tristan riaprì i grandi occhi a mandorla violetti e li puntò sulla sorella. «à orribile che abbia preteso un tributo di schiavi» disse a mezza voce. «Persino i prigionieri delle carceri non meritano un simile destino.»
Petra sbuffΓ². Β«A volte ti invidio, Triss.Β» Quand'erano fra di loro tendeva spesso a chiamarlo con quel nomignolo affettuoso.
Il ragazzo, che tra alcuni giorni avrebbe compiuto diciotto anni, si accigliΓ². Β«Tu mi invidi? PerchΓ©?Β»
Β«PerchΓ© non dovrai mai aver a che fare con Krygan e gli stupidi accordi presi con quella gente. Tu non dovrai diventare re di un popolo sconfitto e che ora si trova ai comandi di Caliban. Quasi sicuramente sarai libero di fare quel che ti pare e non dovrai sposarti e fare figli per forza, come invece toccherΓ a me.Β»
Β«Allora non farloΒ» replicΓ² Tristan, facendo spallucce. Β«Sarai tu la regina e sempre tu potrai scegliere come vivere e amministrare il regno.Β»
Petra roteΓ² gli occhi. Β«Ti sembra facile solo perchΓ© sei il piΓΉ piccolo e nostra madre non ti ha mai annoiato con quelle stupide chiacchiere su come essere una regina. Tu non puoi capire, Triss.Β»
Il ragazzo, allora, allungΓ² una mano, afferrΓ² un cuscino e lo lanciΓ² in faccia alla sorella per scherzo. Β«Proprio per questo sono un giudice imparziale!Β»
Petra lasciò andare Argyle, il cucciolo di leone, e raggiunto il fratello minore indisse con lui una lotta coi cuscini piena di risate e schiamazzi. Si diedero così alla pazza gioia che alla fine una delle sette porte che si affacciavano nell'anticamera si aprì; da essa comparve Oberon, uno dei loro fratelli. Mezzo assonnato e un bel po' scocciato, si stropicciò un occhio. «Si può sapere che diancine vi salta in mente a quest'ora?» biascicò, fissandoli a turno.
Per tutta risposta Tristan lanciΓ² in faccia anche a lui un cuscino, ridendosela di gusto.
Oberon, ripresosi dallo shock, restrinse lo sguardo e puntΓ² l'indice in direzione del diciassettenne. Β«Tu sei un fratellino morto.Β» Contagiato dall'ilaritΓ generale si buttΓ² nella mischia e iniziΓ² a guerreggiare a suon di cuscini coi fratelli.
Sapevano che se fosse arrivata la loro madre e li avesse beccati ancora alzati, poi si sarebbe infuriata, ma ne valeva la pena.
Alla fine si stancarono e ricaddero tutti e tre fra i cuscini sparsi.
Tristan avvolse un braccio attorno al collo di Petra e con l'altro strinse a sΓ© Oberon. Β«Vi adoro, ma lo sapete giΓ Β» disse, la voce affettuosa e scherzosa.
Oberon fece un bel respiro. Β«A volte vorrei fossimo solo noi tre, sapete? Saremmo il trio piΓΉ scintillante e famigerato di tutto il regno.Β»
Tristan fece spallucce. Β«Io vorrei solo che Ferdinand fosse un rospo.Β» Un attimo dopo scoppiarono a ridere come matti. Petra, poi, mollΓ² uno schiaffetto sul capo di ambedue i fratelli. Β«Su, non si dicono queste cose! Siete perfidi!Β»
Β«Finiscila tu! La pensi come noi!Β» replicΓ² Oberon con aria eloquente. Β«E non negare!Β»
Il piΓΉ giovane dei tre sospirΓ². Β«La guerra ci ha quasi ridotti sul lastrico e lui, perΓ², continua imperterrito a giocare d'azzardo e a bere come una spugna. Mi chiedo come faccia sua moglie a non voler annegarlo in un barile di vino.Β»
Β«Lo sopporta solo perchΓ© a sua volta ha un amanteΒ» si lasciΓ² sfuggire Oberon, che era a conoscenza di tutti i pettegolezzi non solo di corte, ma dell'intero regno.
Petra e Tristan non rimasero stupiti. «Lei sì che ha capito tutto!» commentò la futura regina, poi guardò con la coda dell'occhio il fratello minore. «Tu, invece, fino ad ora sei l'unico a non aver mai messo gli occhi addosso a qualcuno, uomo o donna che fosse. Inizio a pensare che condividi le inclinazioni menefreghiste di Fabian!»
Il principe le rifece il verso. «à solo che non ho incontrato nessuno, ancora. Tutto qui. E poi non è che ci sia chissà quanta scelta! Le persone sono sempre le stesse e non sono mai potuto uscire da qui.» Era nato due anni dopo lo scoppio della guerra e si poteva dire che era stato cresciuto più da suo padre che da sua madre. Lei era stata impegnata per tanti anni con il conflitto contro Krygan, sia in vesti di principessa ereditaria che in quelli di regina.
Petra si rigirΓ² e distese sulla pancia. Β«Be', ora Γ¨ tutto finito. Forse presto avrai l'occasione di viaggiare.Β»
Tristan non disse niente e si limitò a giocherellare con una ciocca dei lunghi e lisci capelli di Oberon. Erano di un biondo così chiaro da avvicinarsi di molto ai suoi. Molti dicevano che lui e Oberon un po' si somigliavano, seppur in maniera molto vaga. Erano pur sempre fratelli, dopotutto.
Il silenzio venne interrotto dal chiaro suono di qualcuno che bussava alle porte dell'anticamera.
Β«Avanti!Β» fece Petra, incerta. Sperava solo che non fosse la regina.
Entrarono due guardie tirate a lucido in vista del banchetto. Un uomo e una donna entrambi dall'aria seria e prestante.
Β«Perdonate il disturbo, padroncina, ma voi e i vostri fratelli siete pregati di presentarvi al cospetto di vostra madre e re Caliban.Β»
I tre si guardarono a bocca aperta. Oberon si tirΓ² su. Β«Per quale ragione? Γ oltremodo irregolare!Β» disse stizzito. Β«E poi avete visto che ore sono?Β»
Le guardie non risposero e si limitarono ad abbassare lo sguardo. In fin dei conti non era colpa loro.
I principi si alzarono e andarono a svegliare in fretta gli altri quattro fratelli. Non fu semplice tirarli giù dal letto e Ferdinand, in particolare, fu difficile da ridestare. Aveva bevuto così tanto che era stato il primo a capitolare.
ToccΓ² a Tristan svegliarlo e il ragazzo, vedendo che il fratello maggiore faceva non poche storie, alla fine si diresse al mobile dove stava una grande ciotola d'acqua alle rose, tornΓ² al letto e riversΓ² sul fratello l'acqua profumata che di solito serviva per lavare mani e viso.
A quel punto Ferdinand si svegliò eccome e lo fece biascicando e bestemmiando. Scosse il capo per scrollarsi di dosso l'acqua e fissò il minore con aria assassina. «Tu! Questa è la volta buona che ti torco quel collo striminzito! Aspetta che ti prenda!» Si alzò in modo sgraziato e finì per inciampare nelle coperte del basso letto.
Tristan inarcΓ² un sopracciglio e arretrΓ² di un passo, senza celare le labbra storte in una posa disgustata. Β«Renditi presentabile. Nostra madre richiede la nostra presenza. Non mi va che tu la faccia svergognare davanti a quel balordo di ValdemarΒ» disse secco.
Fece per lasciare la camera, ma si fermΓ² udendo l'altro bofonchiare: Β«Chi? Quello a cui quella matta ci ha consegnati tutti a braghe calate?Β»
Sentendolo insultare la loro stessa madre, nervoso com'era già da solo, Tristan perse le staffe e, tornato indietro, mollò un ceffone a Ferdinand. «Sei una bestia! Una canaglia! Non sai niente di niente e per fortuna non diventerai mai re! Solo gli dèi sanno cosa accadrebbe a questo regno, se tutto rimanesse in mano tua!»
Se ne andΓ² di corsa, le guance in fiamme e il cuore che batteva furiosamente per la rabbia. Non tollerava di sentir parlare male di sua madre.
Il lungo strascico della sua veste nera e luccicante frusciava sul pavimento di marmo scuro mentre faceva ritorno dagli altri fratelli giΓ pronti per raggiungere la regina. Era costume, ad Alerath, che i principi e le principesse non ancora maritati nΓ© entrati a far parte del mondo degli adulti indossassero solamente quel colore. Per quanto fosse tetro, la tradizione era ferrea e nessuno poteva permettersi di andare contro di essa. Tristan, personalmente, odiava il nero e non vedeva l'ora di compiere vent'anni per poter concedersi vesti di ogni tonalitΓ possibile e immaginabile.
Invidiava da morire Oberon, la cui veste era invece color porpora e alla luce brillava di tanto in tanto come cosparsa da minuscoli rubini.
Β«Che Γ¨ successo?Β» gli chiese Alastair, come al solito disponibile all'ascolto. Sotto sotto era il guardiano di tutti loro e spesso era lui a porre fine ai tanti bisticci. I suoi occhi violetti passarono in attenta rassegna le guance del fratello minore. Neppure l'incarnato dorato riusciva a celare il rossore indignato del ragazzo.
Tristan scosse la testa. Β«Ferdinand e le sue corbellerieΒ» borbottΓ², arricciando il naso all'insΓΉ. Β«Ha detto che nostra madre ci ha consegnati tutti a Caliban a braghe calate.Β»
Alastair sospirΓ² e gli strinse una spalla. Β«Su, su, Tristan! Sai che non bisogna dar retta a ciΓ² che dice! Parla a sproposito di continuo!Β»
«Sì, però...» Il minore sbuffò gonfiando le guance. «Niente.»
Tacquero tutti e due vedendo Ferdinand finalmente raggiungerli.
Nessuno osΓ² fiatare e seguirono in silenzio le guardie fino a esser scortati nella sala di ritrovo accanto a quella dei banchetti.
Furono annunciati e poterono dunque entrare. La regina li rimproverΓ² con un'occhiata e loro, molto controvoglia, si inginocchiarono e chinarono il capo in avanti, com'era consuetudine verso un ospite importante.
Re Caliban sorrise di sbieco e fece loro cenno di alzarsi.
«Ecco qui, finalmente, i frutti del roseto della bella Gatria» esordì, passandoli in rassegna uno a uno. Tristan e Petra si strinsero una mano. Erano gli unici a essere vestiti di nero e forse fu questo ad attirare l'attenzione del sovrano. Caliban si avvicinò e gli altri cinque giovani si fecero da parte, anche se Demetrius, il principe guerriero e belligerante, con piacere gli avrebbe mollato un calcio dritto sui denti.
Non gli piaceva lo sguardo rapace e malizioso di quel bifolco di Krygan.
Petra non osΓ² abbassare gli occhi, come invece fece il fratello.
Β«Voi dovete essere la principessa PetraΒ» disse Caliban. Β«O forse siete voi?Β» Con un ghigno apostrofΓ² il piΓΉ giovane dei sette principi. Β«Quel visino delicato fa sorgere non pochi dubbi!Β»
Β«Se anche fosse?Β» replicΓ² secca Petra, le palpebre socchiuse.
Tristan, per quanto bruciante di umiliazione nell'essersi fatto dare dell'effeminato, tacque. Lo fece quando vide persino sua madre non batter ciglio. Gli bruciavano gli occhi dalla frustrazione. Sapeva che non c'era nulla di male nell'essere effeminati, ma Caliban aveva parlato in modo così irrisorio da aver reso palese la propria differenza di pensiero. Il re afferrò alla principessa il viso e glielo fece voltare prima verso destra, poi verso sinistra, soppesandolo con attenzione.
Β«Tutto sommato siete carina, direi gradevoleΒ» disse fra sΓ©. Β«Potreste andar bene.Β»
Β«Per che cosa?Β» chiese lei, scostandosi.
Caliban di nuovo piegΓ² all'insΓΉ un angolo della bocca. Gli occhi color zaffiro scintillavano. Β«Come ben si saprΓ , ho tre figli. Il piΓΉ grande, purtroppo, Γ¨ gravemente malato e peggiora ogni giorno che passa. Pare che non supererΓ l'anno di vita. Per ragioni di sicurezza, sono stato costretto anni fa a a confinarlo in una delle mie residenze lontane dalla cittΓ , dalla malsana aria che circola nei centri abitati. Non Γ¨ contagioso, ma il male che lo affligge gli impedisce di uscire e lo forza a restare spesso a letto. Ci sono solo dei servitori e non ha nessuno a fargli compagnia. Pensavo che scegliere uno di voi per ovviare a tale problema sarebbe stato un ottimo modo per inaugurare un'alleanza che spero sarΓ basata sulla fiducia reciproca fra i nostri popoli.Β»
Petra non ce la fece a tacere: Β«Per chi mi avete presa? Non sono una comune dama da compagniaΒ».
Gatria raggiunse i due e si fermΓ² accanto alla figlia. Le strinse una spalla in una morsa ferrea e di rimprovero. Β«Perdonatela, Caliban. A volte Petra Γ¨ troppo impulsiva.Β»
La ragazza si costrinse a suonare più accomodante. «Dovrei restare lì per sempre?» chiese.
Caliban, soddisfatto, scosse il capo. Β«Come ho detto: mio figlio sta morendo. Entro un anno tornereste qui a palazzo da vostra madre.Β»
Β«Io perΓ² sono la principessa ereditaria. Ho bisogno di proseguire le lezioni per prepararmi all'incoronazioneΒ» insistΓ© Petra. Non voleva saperne di andarsene chissΓ dove a tenere la mano a un principe moribondo. Che le importava? Neanche lo conosceva!
Il re finse apertamente di non averla sentita e si rivolse alla regina. Β«Magari potremmo intanto accordarci su un'unione fra le nostre due famiglie. Un matrimonio, intendo.Β» IndugiΓ² su Tristan. Il ragazzo, accorgendosi che parlava di lui, sollevΓ² gli occhi con aria inebetita. Β«I-Io?Β» pigolΓ², indicandosi.
Gatria intervenne: Β«Tristan non ha raggiunto la maggiore etΓ e finchΓ© rimarrΓ poco piΓΉ che un bambino, la legge del mio popolo non gli permette di avere rapporti carnali nΓ© di prender moglieΒ».
Β«Davvero?Β» Caliban rise appena. Β«Dalle mie parti, invece, Γ¨ consuetudine maritarsi o prender moglie entro i vent'anni.Β»
Β«Qui non siamo a Krygan, CalibanΒ» lo rimbeccΓ² la regina, a denti stretti. Tristan le si avvicinΓ² come una scheggia e lei, come un elegante e protettivo cigno col proprio pulcino, gli cinse le spalle e lo strinse a sΓ©. In effetti Tristan sembrava davvero troppo giovane per avere una moglie o persino dei figli. Pareva un fanciullo e i suoi occhi erano quelli grandi e persi nelle fantasie di un bambino. Anche se aveva detto di non aver ancora trovato la persona giusta, non era mai stato ansioso di ritrovarsi fidanzato o persino sposato, o con uno stuolo di amanti. Gli importava di cose molto piΓΉ semplici e di attivitΓ solitarie come la lettura o l'esercitarsi con gli strumenti musicali.
Lo spaventava l'idea di ritrovarsi sposato con chissΓ quale donna proveniente da un regno lontano come Krygan. Dicevano che le donne, laggiΓΉ, avevano il cuore di ghiaccio, fredde come la terra che le aveva partorite. Non voleva sposare la figlia di Caliban, nossignore.
Β«Madre...Β» cominciΓ², ma Gatria gli sorrise con fare rassicurante. Β«Tranquillo. Rimarrai con me e con tuo padre per ancora qualche anno, non temere.Β»
Β«Prima o poi dovrΓ uscire dal nido, regina GatriaΒ» le fece eco Caliban. Β«Non potrete tenerlo sotto la vostra ala per sempre.Β»
Β«Lo so beneΒ» replicΓ² lei gelida. Β«Ripeto, perΓ², che Tristan Γ¨ troppo giovane. Come avete visto voi stesso, Γ¨ poco piΓΉ di un ragazzino. Ha ancora bisogno del calore della famiglia e soprattutto di suo padre e sua madre. Ho altri quattro figli, Caliban. Sono tutti sani, forti, di alto lignaggio e celibi. Se volete maritare la principessa Hermia con un uomo della famiglia Pyranel, potete scegliere uno di loro. Tristan Γ¨ fuori dalla vostra portata.Β» Mentre parlava, passΓ² fra i capelli del figlio piΓΉ giovane le dita ornate di anelli, come per dirgli che c'era lei a proteggerlo.
Era chiaro a tutti, compresi gli altri sei principi, che fosse particolarmente legata a Tristan per ragioni che andavano al di lΓ della morte scampata per miracolo alla nascita.
Caliban smise di sogghignare e annuì seccamente. «Ne riparleremo più avanti, dunque. Per quel che concerne il mio figlio maggiore? Siamo d'accordo, quindi, principessa Petra? Accettate il compito?»
Tristan in qualche maniera riuscì ad allungare un braccio e stringere quello della sorella. La guardò negli occhi e la supplicò di rifiutare l'offerta. Non gli piaceva lo sguardo del re, quel luccichio quasi sinistro e famelico che aveva nelle iridi azzurre. Qualcosa non gli tornava, stonava terribilmente. Aveva un brutto presentimento. Petra non era una semplice principessa e se le fosse successo qualcosa, non solo lui avrebbe perso la sua amica più cara, ma a quel punto, in mancanza di un'altra figlia femmina, il potere sarebbe spettato a Ferdinand. Tutti sapevano che non era adatto a governare e Tristan non voleva vedere tutti i sacrifici dei suoi genitori venir distrutti da suo fratello.
Petra evitò lo sguardo del fratello, però, e deglutì. «Così sia.»
Nessuno osò fiatare. Neanche uno dei fratelli della ragazza si offrì di prendere il suo posto per tutelare la sua incolumità .
Sono tutti pronti a venderla come bestiame, pensΓ² Tristan, sdegnato. Neppure Demetrius, il piΓΉ agguerrito e coraggioso, voleva saperne di fare quel sacrificio. Che razza di fratelli maggiori siete se nel momento del bisogno battete in ritirata con la coda fra le gambe?
Gatria pareva sul punto di piangere per la frustrazione. Vedere sua madre sull'orlo delle lacrime fece scattare qualcosa nel suo figlio piΓΉ giovane, il quale lasciΓ² le braccia materne e fece indietreggiare la sorella, come a voler proteggerla. Β«Petra Γ¨ l'erede al trono di Alerath. Non puΓ² in alcun modo abbandonare questo palazzo.Β»
La regina si irrigidì. «Tristan, smettila subito e torna qui. Non ti immischiare.»
Caliban, invece, pareva quasi divertito. Era come se Tristan, ai suoi occhi, fosse un minuscolo micetto impegnato a soffiargli contro e a rizzare ridicolmente il pelo. SventolΓ² con indolenza una mano. Β«Che qualcuno faccia tornare a letto il pupo, di grazia! Inizia a fare le bizze!Β»
Con sorpresa di tutta la famiglia, compreso Revarn che era arrivato un attimo prima dell'intervento di Tristan, Ferdinand soffocΓ² in modo rumoroso ed evidente una sincera risatina.
All'occhiata della madre, tuttavia, tornΓ² serio.
Tristan strinse le labbra, poi: «Se ci tenete così tanto a offrire a vostro figlio qualcuno con cui parlare, allora andrà bene chiunque fra di noi. Non c'è motivo per cui debba per forza essere mia sorella, sbaglio?»
Β«Attento, marmocchioΒ» lo rimbeccΓ² gelido il re. Β«La vostra famiglia ha perso contro di me. Per ora, dunque, il mio volere Γ¨ legge. A casa mia vi sareste giΓ beccato un bel ceffone per la vostra insolenza.Β»
Tristan decise di ingoiare l'orgoglio e si inginocchiΓ² e chinΓ² la testa. Β«Vi chiedo di rivedere la vostra decisione. Prendete me al posto di mia sorella. Io... Io so suonare e cantare, so fare conversazione e intrattenere chi ho di fronte. Petra Γ¨ una futura regina e qui non spetta alle donne intrattenere il prossimo, ma a noi uomini. Ho ricevuto la migliore istruzione, fra i miei fratelli sono il migliore a parlare ben tre lingue: la mia, la vostra del Sud e quella dell'Ovest. Sono stato istruito anche nella magia, sia curativa che tecnica. Se davvero vostro figlio Γ¨ allettato e soffre di solitudine, nessuno piΓΉ di me potrebbe giovare a tale situazione. Prendete me, ve ne prego. Sono troppo giovane per sposare vostra figlia, ma non per essere di conforto a un uomo moribondo.Β»
Revarn si avvicinΓ² in silenzio e guardΓ² ora il figlio, ora la moglie. Sembrava sconvolto e impaurito. A differenza della sua sposa, lui era attento ai pettegolezzi, e si raccontava che il principe Angor non fosse semplicemente ammalato. C'era altro sotto e l'insistenza di Caliban nel volere Petra lontano da Alerath non era un semplice caso.
Eppure il principe consorte sapeva che avrebbe dovuto salutare per forza uno dei suoi figli.
Tristan era il più giovane, così inesperto e ingenuo da far dolere il cuore. Non conosceva neppure la metà dell'indole subdola di re Caliban.
Il sovrano straniero non diede tempo ai genitori del ragazzo di intervenire. Mise due dita sotto il mento del diciassettenne e gli fece sollevare il viso. Un moto di pura soddisfazione lo pervase nello scorgere alcune lacrime sfuggire al controllo del ragazzo, il quale tuttavia sostenne il suo sguardo. Fiero come sua madre, seppur in ginocchio e sconfitto.
Mi chiedo quanto poco rimarrebbe di questa fierezza se ti spedissi da mio figlio come un tenero e succoso spuntino. Sarebbe terribile per tua madre venir a sapere che di te non sono rimaste che ossa spolpate.
Non c'era cosa piΓΉ crudele del separare un cucciolo dalle zampe degli adorati genitori e quel piccolo cigno ai suoi piedi se l'era andata a cercare. Sarebbe potuto restare zitto come i suoi fratelli, invece aveva deciso di farsi divorare al posto di quella sciocca della sorella.
Forse andava contro i suoi piani, ma anche così avrebbe avuto un bel vantaggio sui Pyranel: con il principino fra le mani, in terra straniera e possibile vittima di qualsiasi assassino prezzolato mandato a ucciderlo in caso di tradimento da parte della famiglia, avrebbe avuto controllo su Gatria e Revarn.
Non avrebbero osato alzare la cresta con Tristan così lontano dalla loro protezione.
E dopotutto, Γ¨ ora che la Rosa di Vehelar venga recisa dal cespuglio. Un fiore appassisce, se non lo si coglie in tempo.
La Rosa di Vehelar... Azzeccato come soprannome, bisognava ammetterlo.
Lo soppesò, proprio come aveva fatto prima con Petra, e Tristan si armò di mansuetudine e lo lasciò fare. «Sì, direi che...» Caliban ritrasse la mano. «Direi che potrebbe andar bene anche vostro figlio. D'altro canto Angor è un uomo e una compagnia maschile potrebbe essere più nelle sue corde. C'è ben poco da capirsi fra uomo e donna, d'altronde, o sbaglio? Tristan, poi, sembra molto preparato. à ora che faccia qualche esperienza nuova, non trovate?»
Tristan, intanto, si era in parte estraniato da tutto. Un anno lontano dalla sua famiglia...
Non era stata presa ancora una decisione, eppure sentiva giΓ la mancanza di tutti loro, come se la sua sorte fosse stata scritta sin dal principio. Gli sarebbe mancato persino quell'ubriacone di Ferdinand, anche se fino a un'ora fa volentieri lo avrebbe gettato in un bel pozzo profondo.
Voleva bene a ognuno di loro, ma non voleva che Petra si allontanasse da casa. Era troppo rischioso e Caliban non sembrava esser stato onesto fino in fondo. Non ci si poteva fidare.
Io sono solo io, ma lei Γ¨ la futura regina. Se anche mi accadesse qualcosa, il regno di mamma e papΓ rimarrebbe al sicuro.
Sua sorella lo aveva sempre protetto, specialmente dalle angherie di Ferdinand e dai rimproveri della loro madre. Era tempo che fosse lui a fare qualcosa per lei.
«Vi offro me stesso come garanzia per una pace fra i nostri popoli» disse con un filo di voce. «Rimarrò con vostro figlio fino al suo ultimo respiro. Non morirà da solo. Suonerò le migliori melodie, leggerò al suo capezzale qualsiasi libro d'avventura e avrà una mano da stringere nei suoi ultimi istanti di vita. Avete la mia parola di principe.» Non voleva che fossero i suoi genitori a fare una scelta così difficile. Si offriva da solo, di sua spontanea volontà , e quando si concedeva la parola d'onore, persino la regina di Alerath non poteva intervenire. Era un giuramento sacro e inviolabile. L'onore della famiglia e del buon nome era tutto per i Pyranel, e cos'altro restava a ognuno di loro, se non il decoro e il mantenere le promesse fatte?
Caliban non se ne sarebbe mai tornato a Krygan a mani vuote. Pretendeva anche quell'ultimo tributo, era chiaro come il sole. Tanto valeva accontentarlo. Prima se ne sarebbe andato da Alerath e meglio sarebbe stato per tutti.
Il re di Krygan sorrise quasi biecamente. Vittorioso fino a risultare insopportabile e snervante, specie per Gatria. Β«Ha dato la sua parola d'onore, regina. Sapete meglio di me cosa significa.Β» Si rivolse a Tristan. Β«Vi voglio pronto a partire entro l'alba di domani mattina. SarΓ un viaggio lungo. Vi consiglio, principe, di indossare un mantello pesante. Fa molto freddo a Krygan e dintorni, e non sia mai che possa prendervi qualche malanno! Γ importante riconsegnarvi alla regina sano come un pesce!Β»
Fece un inchino. Β«Ora, se volete scusarmi, torno al banchetto. Non dormo mai bene senza aver prima gustato un buon dessert, o almeno un po' di succosa frutta.Β»
Di nuovo adocchiΓ² Tristan con fare rapace, poi fece alcuni passi indietro, si voltΓ² e tornΓ² nella sala adiacente.
Appena furono rimasti tutti da soli, Ferdinand raggiunse di corsa il fratello minore e lo scosse per le spalle. Β«Ma cosa ti dice il cervello? Ne hai combinata un'altra delle tue! Sei un idiota!Β»
Gatria intervenne e fece allontanare il primogenito, specie vedendo Tristan piangere come un bambino. Β«Ora smettila, Ferdinand. Tuo fratello non ha di certo bisogno di questo, ora.Β»
Β«Una parola di troppo e ci avrebbe condannati tutti quanti! Non ha mai saputo tenere quella boccaccia sigillata! Γ l'ultimo nato e pretende di essere piΓΉ furbo di tutti!Β»
Petra ne aveva abbastanza: sgusciΓ² sotto le braccia materne e rifilΓ² una testata a Ferdinand. Si fecero male entrambi, ma a lui il naso cominciΓ² a sanguinare. Β«Sta' un po' zitto! Ha fatto quello che nessuno di voialtri messi assieme ha avuto il coraggio di fare! Lo ha fatto perchΓ© mi vuole bene e sa cosa c'Γ¨ in ballo! A te importa solo del gioco d'azzardo e di bere come una spugna!Β»
Tristan non ne poteva piΓΉ.
Scattò in piedi, si passò le mani sulle guance e uscì dalle porte secondarie senza neppure guardare di sfuggita suo padre.
Corse per i corridoi e tornato negli appartamenti suoi e dei fratelli, si chiuse dentro la sua camera da letto, girando persino il chiavistello.
Lo tormentava il pensiero che in un anno sarebbe potuto succedere di tutto. Non riusciva a non pensare che quella di Caliban fosse solo una trappola e che lui, da stupido qual era, proprio come lo aveva definito Ferdinand, ci fosse cascato come il piΓΉ sciocco dei conigli.
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