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[ 𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟕 ]

-Si papà, sto benissimo. Ieri sera sono praticamente crollata dal sonno e ho dimenticato di scriverti, ma ora sto alla grande, come ti ho già ripetuto forse dieci volte. Starò a Londra solo per qualche giorno, giusto il tempo di parlare col dottore e fare un giro in città. E no, non c'è bisogno che mi paghi il biglietto, faccio da sola-

Druig rimase ad osservare Ophelia che parlava col padre, quello strano aggeggio che aveva chiamato "telefono" premuto contro l'orecchio. Druig ne aveva visti tanti uguale a quello, ma non ne aveva mai avuto uno. Nonostante ciò, comunque, lo aveva sempre affascinato molto. Come, d'altronde, tutte le cose degli umani. Quando finalmente la ragazza chiuse il telefono e si voltò verso di lui, non riuscì ad interpretare la sua espressione. Sembrava felice, turbata, triste, confusa allo stesso tempo. Non aveva mai percepito così tante emozioni contrastanti in un umano, prima d'ora.

-Quando partiamo, di preciso? Perché, sapete, devo scriverlo sulla mia agenda- disse Ophelia, sedendosi sul divano accanto a Kingo ed estraendo un quadernino con la copertina azzurra.

-Hai seriamente un'agenda dove segni tutto quello che fai?- chiese Druig, aggrottando le sopracciglia.

-Sono organizzata, d'accordo?-

-Anche a me servirebbe un'agenda- commentò Kingo, annuendo -Comunque, io dico di partire domani mattina. Il più presto possibile-

-Il primo volo qui all'aeroporto parte...- Ophelia iniziò a sfogliare le pagine della sua agenda, verso l'inizio -alle otto-

-Inizi veramente a spaventarmi- commentò Druig, staccandosi dalla parete e sedendosi accanto a Kingo.

-Perciò oggi pomeriggio andremo tutti insieme a comprare qualcosa per il viaggio. Sarete degli Eterni, ma non riuscirete a vietarmi di portarvi a fare shopping-

-Oh, a me va benissimo- rispose Kingo, che sembrava veramente entusiasta dell'idea. Druig invece rimase in silenzio, le mani intrecciate sopra le ginocchia.

-Druig, vorrei poterti prestare qualcos'altro da mettere, ma quella tuta è tutto ciò che si avvicina alla tua taglia- riprese Ophelia dopo un pò, più per rompere il silenzio che si era creato che per altro.

-Sempre meglio della mia maglia ridotta a brandelli e del mio giubbino nelle stesse condizioni. E non posso uscire sicuramente senza maglia. Anche se credo che non ti dispiacerebbe così tanto-

Per poco ad Ophelia non andò il caffè di traverso.

-Molto simpatico- commentò.

-Si, me lo dicono in tanti- rispose lui, un sorrisetto compiaciuto sul viso.

-Bene, allora possiamo andare- continuò la ragazza, posando la tazza ormai vuota sul tavolo e prendendo il suo giubbino di jeans dentro l'armadio. Druig e Kingo si alzarono immediatamente. Il primo lo fece con una mano sul petto e con gli occhi chiusi. Ophelia sapeva che la ferita doveva fargli ancora male, ma era talmente orgoglioso da non volerlo dare a vedere.

Prese le chiavi della sua auto e fece segno ai due di uscire dalla porta.

***

-Quanto ci vuole per arrivare?-

-Perché c'è così tanto traffico?-

-Non avremmo fatto prima andando a piedi?-

-Mi sto già pentendo di questa cosa-

-Ragazzi, mi sembra di essere in macchina con due bambini di tre anni- sbottò Ophelia, mentre suonava il clacson per la millesima volta, sperando che l'autista davanti a lui si desse una mossa e la facesse andare avanti. A New York era una giornata splendida, ora che il sole era alto nel cielo. L'aria era fresca e gli alberi ondeggiavano pigramente, smossi da piccoli soffi di vento. Certo, nonostante tutta quella bellezza fuori, essere imbottigliati nel traffico con due Eterni alquanto impazienti in macchina non era la situazione migliore del mondo.

-Sapete che vi dico, andiamo a piedi- disse alla fine Ophelia, svoltando bruscamente a destra e trovando, miracolosamente, un parcheggio.

-Oh, sia ringraziato il cielo- commentò Kingo, aprendo immediatamente lo sportello della macchina e uscendo fuori. Druig uscì subito dopo di lui, riparandosi gli occhi dal sole con una mano.

Intorno a lui sentiva un accumulo di energia negativa talmente consistente che si sentì male lui stesso.

Devo aiutarli, pensò, tendendo una mano verso le macchine davanti a lui.

-Druig, che cosa...?- fece per chiedere Ophelia, ma si fermò non appena vide i suoi occhi illuminarsi di una luce dorata. Sentì come uno spostamento d'aria, poi le macchine iniziarono a camminare a passo spedito.

-Dio, lo hai fatto di nuovo...- disse Kingo, scuotendo la testa e avvicinandosi a Druig -perché lo hai fatto?-

-Erano così arrabbiati...- rispose lui, e per la prima volta, Ophelia riuscì a scorgere un tipo di voce diverso dal solito. Aveva perso tutta la sua spavalderia, il suo tono sarcastico e deciso.

-Dovevo aiutarli- continuò a giustificarsi, mentre Kingo continuava a scuotere la testa, visibilmente irritato.

-Hai detto così anche in Mesopotamia, e così non hanno avuto la possibilità di riuscire a risolvere i propri problemi da soli!-

-Si, ma almeno non si sono ammazzati a vicenda!-

-Ok ragazzi, ora basta- disse Ophelia, mettendosi tra i due. Quando poggiò una mano sul petto di Druig, riuscì a sentire il suo cuore battere in modo troppo veloce. -Cercate di calmarvi, è inutile iniziare una discussione adesso-

I due si scrutarono per un pò, Kingo con lo sguardo di un genitore arrabbiato col figlio che ha appena rotto un vaso di fiori e Druig con l'espressione di chi ha appena rotto un vaso di fiori.

-Ha ragione lei- disse, distogliendo lo sguardo da Kingo.

-So che ha ragione, e questa cosa mi irrita parecchio-

-Dovrai abituartici- si intromise Ophelia, mentre un ghigno divertito spuntava sul viso di Druig.

-Andiamo- disse poi, prendendoli entrambi a braccetto e iniziando a camminare. Mentre si avvicinavano al centro della città, Ophelia si chiese cosa dovessero pensare le persone che, passando da lì, la vedevano tenere a braccetto il vuoto.

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