[ 𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟏 ]
- Ophelia
Il suono della campanella invase l'aula, facendo rizzare sul posto Ophelia, fino a un secondo prima con lo sguardo chino sul suo libro. Vide il professore fare un cenno con la mano, congedandoli. La lezione era finita, e tutti i suoi compagni di corso stavano già sciamando fuori dalla porta.
-Arrivederci, signore- disse Ophelia. Fu l'unica a salutarlo, gli altri non sembravano neanche averlo notato.
-Arrivederci, signorina- la salutò lui, sorridendo. Ophelia si mise lo zaino in spalla, si diede una sistemata ai capelli e uscì dall'aula. Estrasse il telefono dalla tasca dei jeans, ritrovandosi almeno una decina di chiamate perse da Hazel, la sua migliore amica. Quel giorno avevano dei corsi diversi, perciò non avevano avuto l'occasione di vedersi in aula.
-Ophelia!- esclamò proprio Hazel, mentre l'altra le andava quasi a sbattere contro.
-Scusa, Haz! Non ti avevo neanche vista...- cercò di scusarsi lei, iniziando a gesticolare in maniera convulsa.
-Tranquilla, tesoro. Ti conosco dalle elementari, e ti conosco abbastanza bene-
Le diede un'occhiata dalla testa ai piedi, come sempre. Hazel, al posto di Ophelia, teneva veramente tanto all'aspetto esteriore. Si occupava lei stessa di comprarle i vestiti, le scarpe e persino di truccarla. Ophelia le lasciava fare, troppo occupata in cose più importanti per poter protestare.
-Oggi sei vestita veramente troppo elegante- squadrò una seconda la volta l'amica, corrugando la fronte -non hai un appuntamento...vero?-
-Con chi dovrei averlo, scusa?-
Hazel si passò la mano sulla fronte. Ophelia riusciva quasi a vedere gli ingranaggi del suo cervello che iniziavano ad azionarsi.
-Non ho nessun appuntamento, Hazel. Papà presenta il suo libro in biblioteca, oggi pomeriggio. Il libro che ha scritto anche grazie a me-
-Ecco, molto meno interessante di un appuntamento-
Ophelia rise, scostandosi una ciocca di capelli biondi dagli occhi e sistemandoseli dietro l'orecchio.
-Il più grande sogno di papà è sempre stato quello di scrivere un libro fantasy, e ora che ci è riuscito voglio essere lì con lui-
-Portamene una copia, appena finisci. Sai che io sono la lettrice più accanita del signor Morgenstern-
-Vengo a casa tua subito dopo, promesso- disse, lanciando un'occhiata all'orologio appeso sulla parete.
-Devo correre a casa, e il pullman passa tra due minuti. A dopo, Haz- concluse, salutando la ragazza con un gesto distratto della mano. Non restò neanche ad ascoltare la sua risposta, che secondo la sua impressione non arrivò neanche.
Spalancò la porta d'ingresso, e l'aria fredda e frizzante di novembre l'accolse in un gelido abbraccio.
-Druig
Per Druig la vita era solamente un ripetersi continuo delle stesse identiche cose ogni giorno, nulla di più. Era come un giro di giostre, sempre uguale nonostante le persone sopra cambino. Viveva su quella Terra da millenni ormai, eppure ogni giorno che passava, guardandosi allo specchio vedeva sempre la stessa persona. Nessuna ruga o nessun' altra imperfezione a deturpare il viso con cui era nato. Viveva solamente perché per lui era stato scritto così, doveva vivere per far vivere gli umani.
E se c'era una cosa che Druig amava veramente, quelli erano proprio gli umani.
Quante volte aveva maledetto i Celestiali per avergli impedito di aiutarli, nei momenti di bisogno. Li aveva visti litigare, insultarsi, anche uccidersi a vicenda, e tutto quello che poteva fare era restare a guardare.
Il mondo era cambiato, intorno a lui. Ora, quando si ritrovava davanti a palazzo così grandi che sembravano sfiorare il cielo, riusciva comunque a ricordare le mura della città di Babilonia. Sembrava essere passato un giorno, nonostante fossero trascorsi più di quattromila anni.
Vedeva ogni giorno i più terribili crimini essere commessi da persone comuni, come quello a cui stava assistendo in quell'esatto momento. Un senzatetto, accucciato accanto all'entrata di un supermercato, si era alzato all'improvviso. Aveva una pistola in mano, presa chissà dove. La puntò contro un'anziana signora, appena uscita dal negozio, che aveva tra le mani due buste stracolme di cibo. Lo vide avvicinare l'indice al grilletto.
Non farlo, pregò Druig, le mani chiuse a pugno fissate sui fianchi.
Ma sapeva benissimo che l'uomo avrebbe comunque premuto il grilletto. Si slanciò in avanti, ma subito due braccia lo fermarono.
-Druig, no- disse Kingo, prendendolo per le spalle e guardandolo dritto negli occhi -rammenta il tuo compito-
-Sono stanco di seguire il mio compito- sbottò lui, distogliendo lo sguardo quando l'uomo premette il grilletto e la donna cadde a terra, con un tonfo sordo -sono stanco di vedere gli umani soffrire così-
-Anche io, Druig- continuò Kingo, con voce pacata.
-No, non quanto me- sbottò l'altro, staccandosi dalla sua presa -tu non eri con me, durante tutte le guerre che l'umanità ha affrontato. Non eri lì. Non hai visto quello che ho visto io-
-Druig...-
-E noi dovremmo essere degli eroi? Kingo, gli eroi salvano le persone. Non lasciano che si uccidano a vicenda-
Sentì indistintamente le sirene della polizia che si avvicinavano sempre di più. Sentiva tutto come se fosse sott'acqua, come se fosse staccato dal mondo. E per un attimo lo desiderò veramente. Desiderò con tutto se stesso liberarsi di quel senso di inadeguatezza che lo accompagnava giorno dopo giorno.
Non si accorse neanche che Kingo lo aveva trascinato via dalla scena, conducendolo verso un vicolo non in vista. Gli umani non potevano vederli comunque, ma rimanere nascosti era sempre più prudente. Rimasero in silenzio per un pò, fin quando Kingo indietreggiò all'improvviso, lanciando un'imprecazione in chissà quale lingua.
-Druig, guarda- disse, indicando un punto indistinto davanti a loro. Alzò lo sguardo, e vide ciò che Kingo aveva notato prima di lui. Sul muro che avevano davanti erano attaccate file e file dello stesso cartello pubblicitario. "Il dottor David Morgenstern, vi era scritto, con dei caratteri bianchi ben visibili, vi invita alla presentazione del suo nuovo romanzo"
-Leggi il titolo- aggiunse Kingo, mentre Druig tratteneva il fiato. In realtà lo aveva già letto, ma aveva dovuto rifarlo più volte per assicurarsi di aver visto bene.
-"Gli Eterni- lesse ad alta voce. Sentiva il cuore battergli nel petto così velocemente che quasi si preoccupò -fantasia o realtà?"-
Si voltò nuovamente verso Kingo, che aveva uno sguardo preoccupato. Non poteva vedere il suo, ma ipotizzò che non dovesse essere tanto diverso.
-Andiamo, Kingo- disse -abbiamo una presentazione da ascoltare-
Strappò uno dei cartelli e si incamminò via dal vicolo.
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