073 marocco - 1
⸻ capitolo settantatré ⸻
( marocco - 1 )
Trascorsero la notte attorno al fuoco la cui fiamma, con il passare delle ore, prese ad affievolirsi sempre di più, fino a spegnersi. Ciononostante, nessuno dei ragazzi sembrò sentire particolarmente freddo per due motivi principali: erano nel deserto, e avevano tutti delle braccia calde in cui rifugiarsi.
Ophelia ricordava di essersi addormentata subito, e probabilmente era anche stata una delle prime. Aveva il corpo stanco e le ossa a pezzi, in particolare dopo aver camminato a lungo nel deserto. Le braccia di Rafe l'avevano accolta all'istante, così come il suo petto, sul quale aveva poggiato la testa, lasciandosi cullare dal battito del suo cuore e dal suo respiro regolare e calmo che le sfiorava i capelli.
Era certa che il ragazzo avesse dormito scomodamente con lei stesa su di lui, ma non aveva fatto una piega ed era rimasto lì fermo a stringerla a sé, e Ophelia aveva effettivamente realizzato quanto si sentisse protetta non solo quando era fra le sue braccia, ma, in generale, quando era nei paraggi.
Era davvero un paradosso, in particolare se pensava che un tempo era proprio lui la persona di cui bisognava avere paura, mentre invece adesso era quello che le dava un senso di protezione tanto quanto i suoi amici.
Ogni cosa di Rafe la faceva sentire protetta. La sua altezza, i suoi bicipiti allenati, le spalle larghe, gli occhi intimidatori, le gambe lunghe, i passi decisi, l'arguzia, il modo in cui osservava il perimetro per assicurarsi che tutto fosse sotto il controllo, il modo in cui non la lasciava indietro e si assicurava che lei fosse ancora lì a camminare al suo fianco.
Si stava comportando come alle Barbados, e quello le diede piena consapevolezza del fatto che Rafe si stesse fidando di lei, di nuovo, al cento per cento. Non dubitava di Ophelia. L'ascoltava e prendeva in considerazione tutto ciò che diceva e aveva da proporre.
E si fidava solo e unicamente di lei.
Non ascoltava gli altri, e si limitava a guardarli come se fossero fango sulle scarpe. Dal canto loro, gli altri Pogues non si curavano particolarmente di lui, ed era abbastanza evidente. Non che a Rafe dispiacesse, comunque. Insomma, aveva sempre fatto tutto da solo e di certo non voleva l'accettazione di quei Pogues. Soprattutto non quando c'era Ophelia che, per lui, valeva più di ogni altra persona.
La ragazza, in ogni caso, era felice per il fatto che semplicemente si evitassero a vicenda anziché litigare o punzecchiarsi, anche perché era certa di non avere le forze di fermare un litigio, in particolare in quel momento.
Camminavano infatti da ore, da quando il sole era sorto, e si stavano muovendo verso la costa per raggiungere Essaouira. Erano tutti accaldati e fiacchi. Facevano fatica a camminare, ma sapevano anche di non potersi arrendere, soprattutto non dopo aver visto delle mura in lontananza. Le mura che circondavano la città.
Fu quello che spinse i ragazzi a velocizzare il passo, sebbene Essaouira sembrasse allontanarsi ogni volta di più.
«Ok, allora... — Ophelia prese parola, tornando ad affiancare Rafe dopo essersi allontanata per chiacchierare con John B — Abbiamo pensato a cosa fare... più o meno» mise su un sorriso allegro.
Rafe le lanciò un'occhiata sbilenca. «Vuoi dire che avete un piano?» chiese con voce atona, eppure, dentro di sé, quasi era sorpreso per il fatto che avessero anche solo abbozzato qualcosa di intelligente.
«Una specie» rispose con un sorriso orgoglioso.
«Oh, fantastico» borbottò ironicamente. Sul serio, non poteva fare a meno di chiedersi come fossero riusciti a tornare sani e salvi dalle loro cacce al tesoro senza armi e senza alcun piano.
In risposta, lei gli diede una spallata. «Ehi, ascoltami!» quasi lo bacchettò. Con uno sguardo, la invitò a parlare. «Andremo al porto e cercheremo la barca di Groff. JJ la conosce perché è stato l'ultimo a salirci» spiegò.
Il ragazzo fece un piccolo sospiro annoiato. «Sai, io non credo che Groff se ne stia col suo culo sulla barca» le fece presente come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Ophelia ruotò gli occhi al cielo. «Pessimismo da Kook» mormorò, scuotendo la testa. «Sulla barca potrebbe esserci qualcosa in grado da condurci da lui. Insomma, sii più ottimista, Rafe» gli diede una lieve pacca sulla spalla.
Lui prese un profondo sospiro, passandosi una mano sul volto esausto e sudato. «È tremendamente stupido tutto questo» sussurrò, rassegnato. Poi una lampadina parve accendersi nella sua mente. «Voi cosa volete esattamente da Groff? Hai detto che ha preso qualcosa di vostro» ricordò, guardandola con curiosità.
La rossa arricciò le labbra a quelle parole. A dire il vero, non aveva alcun problema a raccontare ogni cosa a Rafe, ma poco prima John B le aveva domandato se lui sapesse della Corona Blu, e quando aveva negato, le aveva chiesto di non dirglielo. Ora si trovava davanti a un bivio: dire la verità a Rafe o non "tradire" la fiducia dei suoi amici?
Non sentendo alcuna risposta, Rafe le lanciò un'occhiata furtiva, riuscendo a capire in poco tempo il motivo del suo silenzio. Ruotò così gli occhi al cielo, annoiato. «Senti, voglio solo trovare Groff e prendermi i miei soldi. Non mi importa della vostra caccia al tesoro, ok? Credo di averlo chiarito—»
«Mi fido di te» lo fermò, osservandolo con i suoi occhi azzurri.
Il cuore di Rafe perse un battito a quelle parole così sincere e oneste. Pensò a quante volte nella vita qualcuno gliele avesse dette, ma non gli venne in mente nessuna scena, mai nessuno che si fosse fidato di lui.
«È un antico manufatto. Non sappiamo dove si trovi» aggiunse poco dopo. Lei non lo vide, ma le labbra di Rafe si incresparono in un flebile sorriso davanti alla realizzazione che si fidasse sul serio.
«E Groff vi serve per...?» chiese ancora, confuso.
«Uhm... Diciamo che possiede la mappa per arrivare al manufatto. L'ha rubata da noi» spiegò.
Rafe si inumidì le labbra. «C'è qualcosa che non vi hanno rubato?» domandò con tono divertito, mettendo su una finta espressione innocente.
Ophelia spalancò la bocca a quelle parole, incredula. Si girò a guardarlo, fermandosi per un breve istante prima di scoppiare a ridere. Un tempo si sarebbe arrabbiata, e onestamente ancora non le andava giù il fatto che sia l'oro sia la Croce fossero stati rubati, ma era davvero esilarante rendersi effettivamente conto del fatto che possedessero un'immensa sfortuna e che i loro nemici fossero sempre riusciti a derubarli — o forse era solo una risata isterica, chi poteva dirlo.
In ogni caso, era ancora più divertente detto da Rafe, che aveva rubato la Croce.
Il ragazzo mise su un sorriso sghembo prima di passarle il braccio attorno alle spalle e riprendere a camminare con lei al suo fianco, ancora divertita.
Dopo un'altra mezz'ora — o forse un'intera ora — finalmente raggiunsero Essaouira, la città sulla costa del Marocco, e gli occhi di tutti si illuminarono quando si fermarono al di fuori delle alte mura che la circondavano. Dietro di esse, si ereggevano alti palazzi che sembravano piuttosto malridotti.
«È un miraggio o siamo davvero arrivati?» chiese Ophelia, la cui gola era arida e la cui fronte era grondante di sudore.
«Onestamente, me lo sto chiedendo anche io» le rispose Sarah, la cui stanchezza era piuttosto visibile mentre si accomodava su uno degli scogli e cercava di riprendersi dal lungo cammino.
«Non riesco a credere che siamo finalmente arrivati qui» ammise Kiara, sventolando la mano davanti al suo volto sudato.
Pope sospirò. «Forza, andiamo» invitò i suoi amici a camminare.
I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte e ripresero a muoversi verso la porta cittadina a forma di arco a tutto sesto, nonché l'unico varco inserito nella cinta muraria che li avrebbe fatti definitamente entrare nella città di Essaouira.
«Bene. Il piano è individuare il molo e trovare Groff, ok? Non dobbiamo fare altro che—»
JJ si interruppe bruscamente nel momento in cui, varcando la porta, si resero conto del fatto che non sarebbe stato per nulla facile trovare Chandler Groff fra quella frotta di gente che si muoveva freneticamente per le strade fin troppo strette per essere chiamate tali. Gente che chiacchierava a voce alte, gente che trasportava casse sulle spalle, gente che vendeva qualunque cosa avesse fra le mani.
Ophelia sbatté le palpebre, arrivando perfino a chiedersi come facessero quelle persone a respirare trovandosi così vicine, strette come delle sardine. Come se non bastasse, uomini e donne indossavano lunghe tuniche coprenti, ed era così dannatamente evidente che loro non fossero degli abitanti di Essaouira.
«Cosa dicevi, esattamente?» chiese la rossa in un sussurro, non staccando gli occhi da quella folla.
«Già — deglutì JJ — Forse non sarà così facile».
Pope lo guardò. «Tu credi?» chiese ironicamente, e anche visibilmente irritato.
«Forza, andiamo» il biondo iniziò ad avanzare.
Ophelia gemette. «Odio le strade strette e affollate!» si lamentò, imbronciandosi.
«Ok. Dobbiamo restare uniti!» John B alzò il tono della voce in modo da farsi sentire anche da coloro che si trovavano dietro.
Iniziarono così a farsi spazio tra le persone, venendo spesso fermati da alcuni venditori e ritrovandosi a declinare qualunque tipo di offerta ricevessero. Ophelia cercò di stare al passo con i suoi amici, nonostante fosse piuttosto difficile a causa delle persone che quasi travolgevano il suo corpo minuto, e per un attimo pensò perfino che stessero andando controsenso, in quanto sembravano gli unici ad andare verso quella direzione. Come se non bastasse, ebbe la sensazione che le strade si stringessero man mano sempre di più, e sembrava impossibile trovare una via d'uscita.
Onestamente, per un attimo ebbe davvero paura di star svenendo a causa di quel chiacchiericcio e di quella situazione al dir poco claustrofobica, ma quando sentì le dita di Rafe intrecciarsi alle sue, parve tranquillizzarsi: lui era lì con lei e per lei. In quell'istante, si rese conto del fatto che anche se avesse perso i suoi amici, avrebbe comunque avuto lui al suo fianco, e tutta l'intera situazione le fece un po' meno paura.
«Dobbiamo uscire da questo labirinto. Mi sono già perso» borbottò con frustrazione JJ nel momento in cui entrarono in un vicolo talmente stretto da dover camminare a fila indiana.
Ophelia sospirò stanca, fin quando i suoi occhi non caddero su una statua che si ereggeva in lontananza su un monumento di pietra con due torri laterali e un ingresso ad arco tutto sesto. Quella statua sembrò attirare l'attenzione di tutti, e si avvicinarono ad essa per poterla osservare più da vicino.
«Ehi. Io ho visto la foto sul libro di Big John che ho letto. Quello lassù è Morat il Giovane» disse certa la rossa, osservando la statua di quell'uomo che stringeva una spada nella mano destra.
Pope annuì immediatamente. «Il pirata barbaresco di cui parlava Groff» aggiunse, osservandolo.
«Scusate. Non è quello che ha creato la mappa? È così che ha detto Groff, no?» Ophelia guardò i suoi amici, cercando conferma.
John B spalancò gli occhi. «Oh cazzo, è vero. È lui il berbero che ha creato mappa per trovare la Corona!» annuì vigorosamente.
«Dev'essere più vicina di quanto pensiamo» rifletté JJ.
«È un segno» disse Kiara, mettendo su un impercettibile sorriso.
Ophelia si voltò, poggiando gli occhi su Rafe che, dietro di loro, si guardava attorno annoiato e si muoveva freneticamente. Era abbastanza evidente che odiasse quelle improvvise "fermate", in particolare se riguardavano statue su antichi monumenti. Quello la fece leggermente ridacchiare, ancora di più se osservava il suo broncio.
«Avanti. Proseguiamo!» esclamò improvvisamente il biondo, battendo le mani.
A quelle parole, girarono tutti i tacchi, pronti a raggiungere il porto e poi la barca di Groff.
«Sul serio, dobbiamo fermarci ad osservare statue e cazzate del genere? Non siamo qui a fare i turisti» fu la prima cosa con cui esordì Rafe quando Ophelia gli fu nuovamente vicino.
Lei ridacchiò divertita. «Ehi, quella statua era importante per noi» si limitò a dire.
«La statua di un fottuto pirata morto secoli fa? Oh, immagino quanto possa esservi utile» replicò con fare sarcastico e anche piuttosto indispettito.
Ophelia, in risposta, gli afferrò la mano grande, stringendola con forza. «Smettila di avere il broncio. Te l'ho già detto una volta che ti si forma una ruga proprio qui» gli indicò lo spazio fra le sopracciglia.
Rafe ruotò gli occhi al cielo, mascherando una risata con uno sbuffo. Ciononostante, non poté non immergersi nei ricordi di un po' di tempo fa, di quando si trovavano nella sua stanza dopo la finta morte di Ward Cameron. Sembravano essere trascorsi anni, quando in realtà era un periodo relativamente breve, eppure allora sembrava tutto così diverso. Lui era diverso. Loro erano diversi.
Onestamente, una parte di lui non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbero potuti arrivare a quel punto, nonostante lo desiderasse con tutto se stesso. E ora, realizzare di star camminando mano nella mano con lei per le strade dei Essaouira, rendeva senza dubbio in pace Rafe Cameron, ed era abbastanza certo che anche il vecchio Rafe si mostrerebbe felice se sapesse di avercela finalmente fatta con lei dopo lotte e pugnalate alle spalle.
Era così immerso nei suoi pensieri che non si rese conto del fatto che fossero rientrati nuovamente nelle strade affollate, e lo notò solo quando sentì Ophelia interrompere il loro contatto.
Accigliato, si voltò e trovò tutti i Pogues fermi vicino a Sarah che, visibilmente stanca e fiacca, si era accomodata su una cassa di legno e faceva dei respiri profondi.
La rossa si piegò sulle sue ginocchia, arrivando all'altezza della sua amica. Aveva il volto pallido e madido di sudore.
«Ehi, che hai?» le chiese preoccupata, poggiando le mani sulle sue gambe umide.
«Sarah, hai caldo?» le domandò anche Kiara, affiancandola.
La ragazza strizzò gli occhi, mettendo su un'espressione di dolore. «Ho la nausea» disse con tono basso e fermo.
«La nausea...» ripeté la riccia, guardando Ophelia in cerca di aiuto.
Quest'ultima si inumidì le labbra. «Credo debba mangiare. Non ne ho idea. Non so come funzionino... queste cose» confessò, sorridendo in maniera nervosa.
«Beh, non mangia da due giorni» concordò la sua amica, spalancando di poco gli occhi quando se ne rese effettivamente conto.
Anche Ophelia si ritrovò ad arricciare il naso, soprattutto davanti alla realizzazione che Sarah avesse non solo rischiato di perdere il bambino, ma che ora non mettesse qualcosa sotto i denti da fin troppo tempo. Come se non bastasse, avevano camminato per ore nel deserto.
«Sì, deve mangiare qualcosa» annuì immediatamente John B, accarezzandole i capelli e guardandola con preoccupazione.
«Ehi, tutto bene?» intervenne Pope, guardando i suoi amici.
«No, Sarah sta male» rispose Kiara.
Sarah scosse la testa. «No, sto bene. Devo—»
«No, no» la interruppe Ophelia, rimettendosi in piedi e osservando i suoi amici. «Non mangia da due giorni. Deve mangiare» disse, seria in volto.
«Sì, ma non abbiamo soldi» le fece presente il moro, scoraggiato.
Cleo sospirò. «Facciamo alla vecchia maniera?»
«Vuoi dire che dobbiamo rubare?» la guardò la rossa, incrociando le braccia sotto il seno.
«Beh, sconto delle cinque dita...» concordò JJ, mettendo su un sorrisetto sghembo.
«Io non voglio fermare il gruppo» chiarì Sarah, scuotendo la testa.
Kiara le accarezzò la gamba. «Sta' tranquilla» la rassicurò.
«Dai, facciamolo — annuì John B — Ma dobbiamo sbrigarci, ok?» disse, osservando i suoi due amici.
«Vengo con voi. Vi servirà un ladro esperto» intervenne Cleo.
«Un ladro esperto? Io sono laureato in "Truffologia". Lo sapete» borbottò JJ come se avesse appena sentito la più grande idiozia di sempre.
Pope sospirò. «Vado anche io, così cerco di tenere... la situazione sotto controllo» li avvertì.
«Per "situazione" intendi JJ?» chiese Ophelia, divertita.
«Lo sai, amica» le diede una pacca sulla spalla.
John B poggiò gli occhi su Sarah. «Ehi, torno subito, amore» la tranquillizzò.
Lei gli accarezzò la guancia. «Me la caverò. Vai» tentò di sorridere, ma venne fuori una smorfia a causa del dolore che provava in quel momento.
«Ci troverete qui, ve lo prometto» lo rassicurò Kiara.
John B guardò le sue due amiche prima di annuire e seguire i suoi amici tra la frotta di gente alla ricerca di cibo da rubare.
Rafe, rimasto in silenzio fino a quel momento, non faceva che fare avanti e indietro e grattarsi la nuca con frustrazione. Era abbastanza evidente che desiderasse soltanto rimettersi in marcia per trovare Groff il prima possibile, ma sapeva anche di non potersi muovere senza i Pogues, senza Ophelia. Era così dannatamente frustrante, per lui, dover dipendere da qualcuno, dover dipendere da quei ragazzi che, come se non bastasse, continuavano a fermarsi come se la missione non fosse importante.
«Che facciamo? Che diavolo facciamo?!» si esasperò. «Cercate di sbrigarvi con le vostre cazzate, ragazzi! Stiamo perdendo tempo!» urlò dietro i quattro Pogues, che lo ignorarono e ripresero a camminare.
«Rafe!» disse Sarah a denti stretti.
«Ehi! Dobbiamo passare inosservati! Smettila!» lo bacchettò anche Kiara, che poggiò gli occhi su Ophelia. «Tienilo a bada, ok?»
Rafe alzò le sopracciglia, irritato. «Tienilo a ba—»
«Ehi, ehi, ehi!» la rossa gli si avvicinò, fermando le sue parole e guardandolo negli occhi. «Litigare non ci serve» gli fece presente.
Lui fece un profondo sospiro nel tentativo di allentare la tensione e non urlarle in faccia. Chiuse gli occhi e si scrocchiò le dita delle mani.
«Stiamo perdendo tempo» disse con tono di voce basso, osservandola e serrando la mascella. «Non siamo qui per una gita» le ricordò, nervoso.
«No, anche perché il Marocco non sarebbe la mia prima tappa» arricciò le labbra e scosse la testa.
Rafe la guardò per un attimo, chiedendosi se stesse scherzando o meno. Poi si passò una mano sul volto con frustrazione. «Cristo...» mormorò.
«Rafe, ehi!» lo richiamò a voce alta, osservandolo con espressione torva.
«Cosa?» domandò, visibilmente agitato e sull'orlo di una crisi isterica.
Ophelia sospirò, afferrandogli entrambe le mani e guardandolo dal basso. «Devi rilassarti, ok?»
«Rilassarmi? Come faccio a—»
«Avrai i tuoi soldi, Rafe. Li avrai!» lo fermò, facendo un passo verso di lui. «Ma ora Sarah sta male e ha bisogno di cibo. I ragazzi ci metteranno poco» lo rassicurò, stringendo la presa.
Rafe inchiodò gli occhi ai suoi per qualche secondo prima di fare un profondo sospiro. «D'accordo» si arrese, annuendo in maniera impercettibile. «Sì, va bene» continuò a dire in un sussurro.
«Va bene...» ripeté Ophelia, osservandolo teneramente. Subito dopo, si sporse verso di lui e gli lasciò un lieve bacio sulle labbra, venendo immediatamente ricambiata. «Ti ho promesso che non tornerai a casa a mani vuote» gli ricordò subito dopo, accennando un sorriso.
Rafe alzò flebilmente l'angelo destro della bocca, rendendosi conto del fatto che se non ci fosse stata lei, probabilmente sarebbe impazzito molte ore prima. Sul serio, credeva che fare squadra con i Pogues fosse un vero calvario, un'impresa ardua, e poteva solo ritenersi fortunato per il fatto che Ophelia fosse lì a tranquillizzarlo. Ci era sempre riuscita.
Prima che potesse ribattere, fecero ritorno i ragazzi, e l'irritazione di Rafe parve tornare a fare capolino davanti alla realizzazione che fossero riusciti a rubare una sola mela in tutto quel tempo.
«Ecco. Una mela al giorno, toglie la tristezza di torno» disse dolcemente John B, porgendola a Sarah.
«Ora mangi per due» sorrise Cleo.
«Non avete trovato altro?» chiese Rafe, esausto.
Pope lo guardò. «Rafe, chiudi quella bocca».
Ophelia ruotò gli occhi al cielo. «Ehi, ti senti meglio?» domandò a Sarah.
Lei mando giù un boccone, annuendo. «Me la caverò» rispose con la bocca piena.
«Se non la finisci, fammi sapere» disse JJ, grattandosi la nuca e guardandosi attorno.
«Il molo è da quella parte — Cleo indicò la strada a sinistra — Pensi di farcela?» le chiese, facendola annuire.
«D'accordo. Meglio se ci sbrighiamo» li invitò il biondo.
Improvvisamente, si udì un fischio in lontananza. Degli uomini in uniforme correvano verso di loro, facendosi spazio fra le persone.
«Quelli sono... poliziotti?» domandò Kiara, perplessa.
«Dobbiamo andare! Forza, forza!» si agitò JJ.
«Oh Dio, sul serio?» gemette Ophelia, realizzando che stessero effettivamente cercando i suoi amici.
«Sì, è meglio se andiamo!» concordò Pope.
I ragazzi iniziarono a correre verso sinistra, facendo slalom tra gli abitanti e cercando di allontanarsi dai poliziotti. Solo quando si rese conto del fatto che Rafe non fosse al suo fianco, Ophelia si fermò. Agitata, si voltò, ritrovandosi a spalancare gli occhi nel momento in cui vide il ragazzo essere trattenuto dai due poliziotti.
«Ma che vi prende! Fermi! Ma che fate?!» urlava, cercando di scrollarseli di dosso.
«Ophelia, dobbiamo—»
«Hanno preso Rafe!» fermò le parole di John B, osservando il ragazzo che ancora veniva tenuto fermo con forza.
«Non ho preso un cazzo!»
«Dobbiamo andare, Ophelia!»
Lei, in risposta, sospirò profondamente. «Ragazzi, voi andate avanti, ok? Io vado da Rafe» disse, infine.
Onestamente, non le andava di lasciarlo da solo in Marocco, nonostante fosse ben consapevole del fatto che se la sarebbe cavata. Eppure si erano fatti una promessa: lei non avrebbe abbandonato lui, e lui non avrebbe abbandonato lei. Di conseguenza, lasciarlo da solo, avrebbe significato tradire la sua fiducia, di nuovo. Inoltre, gli aveva anche promesso che lo avrebbe aiutato a recuperare i suoi soldi.
«Cosa? Non possiamo dividerci!» fece presente JJ.
«Ragazzi, cerca anche lui Groff, quindi non ci divideremo completamente, ok? Abbiamo lo stesso obiettivo e ci ritroveremo — fece presente, cercando di tranquillizzarli — Ma non voglio lasciarlo solo».
Sarah le si avvicinò, stringendole le mani. «Fate attenzione, ok?» la guardò negli occhi.
Ophelia annuì. «Voi però dovete andare. Ora!» li spinse leggermente, invitandoli ad andare via.
I ragazzi la guardarono un'ultima volta prima di annuire e riprendere a correre per cercare di scappare dai poliziotti che, in quell'esatto momento, lasciarono perdere Rafe e imboccarono la strada in cui si trovavano loro.
Come immaginava, ecco che fu afferrata bruscamente dai due uomini. «Ladro! Abbiamo preso il ladro!»
«Non ho rubato nulla! Lasciatemi!» cercò di divincolarsi, stringendo i denti con rabbia.
«Ehi, ehi! — Rafe si avvicinò a loro con passo deciso e con un'espressione per nulla felice — Toglietele le mani di dosso! È con me, ok?» osservò i due con sguardo duro.
Si avvicinò un altro uomo, guardandola da capo a piedi prima di scuotere la testa. «Non era lei. Non era lei!» strepitò.
A quelle parole, i poliziotti la lasciarono libera prima di ricominciare a seguire i suoi amici, e Ophelia sperava si fossero allontanati di un bel po'.
«Ehi, stai bene?» le si avvicinò immediatamente Rafe, guardando con attenzione ogni centimetro del suo corpo per assicurarsi che non fosse ferita.
Lei sorrise dolcemente. «Tutto ok» annuì, tranquillizzandolo.
Improvvisamente, anche il ragazzo incurvò di poco le labbra all'insù. «Sei tornata indietro per me?» le chiese, avvicinandosi e guardandola dall'alto con un'evidente espressione felice mista all'incredulità.
«Avevi dubbi?» chiese retoricamente, reggendo il suo sguardo e incrociando le braccia sotto il seno.
Mise su una finta espressione pensierosa. «Mh, un paio» rispose, ricevendo un lieve pugno sulla spalla che lo fece indietreggiare di poco e ridacchiare.
Ophelia poi sospirò, lanciandosi uno sguardo attorno. «Beh, siamo rimasti in due a quanto pare» gli fece notare.
«Meglio» replicò immediatamente lui.
«Meglio?» ripeté, inarcando un sopracciglio.
«Le stronzate dei tuoi amici ci avrebbero fatti uccidere ancora prima di trovare Groff. Onestamente, mi sento più sicuro senza di loro» le disse con nonchalance.
Lei ruotò gli occhi al cielo. «Il numero è importante. Non credo che in due potremmo affrontare Groff» gli fece presente.
«Neanche facendo gli imbecilli» disse, secco.
Poi, improvvisamente, alzò di poco la maglia bianca, mostrando un marsupio di pelle che Ophelia non sapeva avesse. Aggrottò le sopracciglia, ritrovandosi a spalancare gli occhi quando tirò fuori soldi e passaporto.
«Ma che cazzo...» mormorò, avvicinandosi per guardare meglio. «Avevi dei soldi e hai lasciato che rubassero una mela?» gli chiese sconvolta.
Rafe la osservò. «Non provare a darmi la colpa. Prima di tutto, non sarebbero stati costretti a rubare un cazzo se non ci fossimo fermati» fece presente.
«Tua sorella, incinta, stava male» gli ricordò con tono duro.
«Ok, ascolta. Mi hanno preso a pugni, volevano legarmi in un bagno e mi hanno detto di farmi gli affari miei» usò le dita per elencare. «E sapevi che non avrei fatto un cazzo per loro» aggiunse.
Ophelia si inumidì le labbra. «Sì, insomma... Vorrei solo che avessi condiviso un po', almeno con Sarah» ammise, grattandosi la nuca.
Rafe sospirò profondamente. «D'accordo, ma ormai non ha importanza, no?» chiese, facendole inarcare un sopracciglio. «Senti, mi... — si fermò per un attimo, grattandosi la nuca — Mi dispiace. Avrei dovuto farlo» si arrese alla fine.
La ragazza si mordicchiò il labbro inferiore, certa del fatto che, probabilmente, lo stesse dicendo solo per lei, e non perché fosse effettivamente dispiaciuto. Onestamente, la infastidiva il fatto che non avesse usato quei soldi per comprare almeno una misera mela a sua sorella, ma, allo stesso tempo, conosceva Rafe, ed era consapevole che non avrebbe fatto nulla per aiutare una persona di cui non si fidava, e lui, attualmente, non si fidava di Sarah. Ovviamente, non lo giustificava affatto, ma non si stupiva neanche così tanto. Oltretutto, era oramai rimasti solo loro due, e litigare era l'ultima cosa da fare.
«D'accordo» si limitò a dire. Poi mise su un sorriso divertito. «Hai portato il passaporto» ridacchiò.
«Sai, solitamente si porta in casi come questi» le fece presente con ovvietà. «Vorrei dire che sono stupito per il fatto che nessuno di voi l'abbia portato, ma no, non lo sono affatto» ammise, scuotendo leggermente la testa.
«Neanche ce l'abbiamo. È la cosa più Kook del mondo» replicò tra le risate.
Rafe alzò gli occhi al cielo per un attimo. «Beh, di solito non si preoccupano abbastanza di controllare tutti e ne controllano solo uno. Quindi, se succede qualcosa, senza questo — sventolò il suo passaporto rilegato in pelle — non si può andare da nessuna parte» le spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Sto dicendo che i tuoi amici sono fottuti se vengono catturati» andò dritto al punto.
«Già, ho afferrato il concetto, ma non si faranno catturare» disse, certa. «Però mi complimento per l'ingegno. Sul serio» aggiunse.
Credeva sul serio che Rafe fosse intelligente, in particolare in casi come questi. Avrebbe voluto dire che se avessero avuto dei soldi e il passaporto, anche loro li avrebbero portati, ma non era così. Nessuno dei Pogues avrebbe mai pensato ad una cosa del genere, in particolare perché avevano un modus operandi del tutto diverso. Loro non ragionavano sulle conseguenze e sul futuro. Semplicemente, iniziavano una missione, pensando soltanto al presente. Invece Rafe aveva preparato e pianificato ogni cosa, il che, agli occhi di Ophelia, lo rendeva estremamente affascinante.
«Qualcuno deve averlo» replicò con un sorrisetto prima di guardarsi attorno. «Dai, andiamo» le prese la mano, portandola con sé nella direzione opposta a quella che avevano preso i suoi amici.
«Ehi, dove andiamo?» domandò confusa, ma lo seguì.
«Utilizziamo i soldi» fu l'unica cosa che rispose.
Iniziarono così nuovamente a camminare tra la folla di gente indaffarata a trasportare casse, di persone pronte a vendere e a comprare qualsiasi cosa dalle bancarelle ai lati delle strette strade.
Ophelia avrebbe voluto dire di essere ansiosa e preoccupata per il fatto di non trovarsi con i suoi amici, ma, in realtà, avvertiva un senso di protezione e di fiducia accanto a Rafe. Tra l'altro, si sentiva quasi come se stesse camminando in giro con un enorme cane da guardia. Per tutto il tempo, infatti, il ragazzo era in allerta, scrutando con sospetto le persone come se potessero imbattersi in nemici da un momento all'altro. Si ritrovava perfino a voltarsi e a fissare con intimidazione chiunque sfiorasse anche di poco Ophelia, facendoli fuggire via con spavento.
Utilizzarono i soldi per comprare un telefono, due pugnali — voluti da Rafe, che sosteneva che dovessero essere preparati e armati — e degli abiti per mischiarsi al meglio fra le persone. O meglio, Rafe si limitò a comprare un leggero, lungo e ampio cappotto a righe jacquard dal colore beige e panna, mentre Ophelia fu costretta a indossare una lunga tunica color verde petrolio e un hijab che potesse coprire i suoi capelli. Acquistarono infine anche degli occhiali protettivi a causa delle tempeste di sabbia che erano famose in Marocco.
Camminarono a lungo, fermandosi solo quando, dopo le compere, ebbero la fortuna di incontrare una fontana nel bel mezzo della strada. Ophelia corse verso di essa come se fosse la sua unica fonte di vita, ed effettivamente pensava che fosse così. Bevve a lungo, tamponandosi successivamente il volto.
Poi si poggiò contro il muro, facendo dei sospiri profondi e mangiucchiando un briouat, un triangolino farcito di carne che Rafe le aveva comprato poco prima. Lì ferma, si prese del tempo per osservare il ragazzo vicino alla fontana.
Le piaceva la fronte grondante di sudore e le gocce che gli sfioravano il labbro inferiore. Il modo in cui la sua maglia bianca, un tempo pulita, ora era sgualcita e sporca così come il suo volto. Il modo in cui si sporgeva verso la fontanella per raccogliere dell'acqua e gettarsela in faccia. Il modo in cui respirava a bocca aperta per cercare di riprendersi dalle ultime vicende piuttosto tumultuose.
C'era qualcosa di eccitante nel vederlo così diverso dal solito Rafe Cameron, sempre avvolto in abiti costosi e con i capelli sistemati in maniera perfetta.
Era così sporco, rude, e per nulla pulito. Era più vicino a sembrare un Pogue piuttosto che un Kook, ed Ophelia sentiva che fossero quasi alla pari: entrambi sporchi, malconci e per nulla perfetti. Non sapeva spiegarlo, ma era piacevole quella sensazione.
Ma, soprattutto, le piaceva così tanto quel lato di Rafe Cameron.
Quando lui alzò lo sguardo e la colse in flagrante, lei fece del suo meglio per spostare gli occhi altrove, iniziando ad osservare un negozio di tappeti e trovandoli interessanti tutt'un tratto. Ciononostante, riuscì a sentire la risatina del ragazzo, e questo le fece arrossare lievemente le gote.
Sembrava davvero assurdo dopo quasi due anni e dopo tutto ciò che avevano trascorso insieme e come rivali, ma Rafe aveva la rara capacità di farla arrossire e di farla sentire come una ragazzina alla prima cotta, il che non era del tutto una bugia: lui era la sua prima vera cotta.
«Sai, puoi continuare a guardare» la schernì il ragazzo, affiancandola e osservandola con un sorriso arrogante.
Ophelia ruotò gli occhi al cielo. «Dovresti concentrarti sulla missione» gli fece presente, secca.
Rafe arricciò il naso, guardandosi per un attimo attorno. Poi la sua attenzione fu catturata da una maglietta appesa fuori ad uno dei tanti negozi. Era azzurra, e al centro spiccava il nome del luogo in cui si trovavano: "Essaouira".
Improvvisamente, parve pensare a qualcosa, e fu chiaro dall'espressione concentrata e dal cipiglio che si formò tra le sue sopracciglia. «Ehi, ehm... ricordi quella penna nera che hai visto da me? Il souvenir» la guardò, speranzoso che lei gli desse una risposta positiva.
Ophelia aggrottò le sopracciglia, annuendo poi leggermente. «Sì. La mattina dopo che noi... insomma... Sì» balbettò, annuendo.
«Sì» fece una risatina, divertito dal suo imbarazzo. «Quella penna me l'ha data Groff. È quella con cui ho firmato quell'accordo. Ricordi l'iscrizione?» le domandò ancora con fare impaziente.
Si mordicchiò il labbro inferiore con un'espressione pensierosa, e iniziò a scavare nei suoi ricordi prima di spalancare gli occhi. «Cazzo...» mormorò. «C'era scritto Essaouira!» quasi urlò.
Lui annuì immediatamente. «Ma c'era anche il nome di—»
«Di un hotel. Riad Mimuouna» fermò le sue parole, sorridendo ampiamente.
Gli occhi di Rafe quasi brillarono davanti alla realizzazione che stessero facendo dei passi in avanti. «Bene. Andiamo» avvolse delicatamente la mano attorno al suo polso, tirandola a sé. «Ehi, siamo un'ottima squadra».
«Sto vivendo un déjà vu».
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