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068 tra chiarimenti e incredibili notizie

capitolo sessantotto
( tra chiarimenti e incredibili notizie )





Ophelia non seppe dire con esattezza in che momento si addormentò, ma si ritrovò ad aprire gli occhi quando il sole era oramai alto nel cielo. Inizialmente stordita, iniziò a mettere a fuoco tutto ciò che la circondava, ma l'unica cosa su cui riuscì a concentrarsi fu il braccio di Rafe attorno alla sua vita, e la testa appoggiata sul suo petto. Spontaneamente, sorrise a quella vista, fermamente convinta del fatto che non esistesse niente di più bello, e così come aveva pensato la sera precedente, non si pentiva di nulla.

Si era resa conto che tutte le volte che aveva fatto qualcosa con Rafe, il suo pentimento era esclusivamente dovuto alla paura del giudizio dei suoi amici, che avevano tutto il diritto e tutti i motivi per odiarlo, ma ora, per quanto le riguardava, Rafe non era più il nemico, e nonostante lui e i suoi amici avessero un passato turbolento, e nonostante fosse consapevole del fatto che probabilmente non sarebbero mai andati d'accordo, lei non voleva privarsene. Non voleva privarsi dell'unica persona in grado di farle battere il cuore, e non esagerava quando sosteneva che Rafe fosse il primo e l'unico. Era capitato che stesse con altri ragazzi durante le feste e i party, ma mai nessuno era stato come Rafe Cameron. Mai con nessuno aveva creato un legame così tanto forte e autentico. Probabilmente erano state tutte quelle vicende a farli avvicinare in quel modo, e guardandolo dormire beatamente al suo fianco, non poté che pensare di essere nel posto giusto.

Delicatamente, gli accarezzò la guancia liscia e priva di barba, sentendolo mugugnare qualcosa di incomprensibile che la portò a ridacchiare in maniera dolce. Era incredibile il modo in cui era stato in grado di cambiare completamente il suo stato d'animo e il suo umore.

Aveva bisogno di Rafe Cameron.

«Cosa c'è di così divertente da farti ridere a quest'ora?» sentì dire proprio dal ragazzo con la voce impastata dal sonno, e lei era sicura di non aver mai sentito un suono più bello di quello.

Sorrise, accarezzandogli la schiena nuda. «Uhm, credo di essere solo felice...» si limitò a dire con un sorriso sul viso radioso.

A quelle parole, Rafe alzò il capo verso di lei, osservandola con un volto assonnato ma con un'espressione furba. «Ah sì? C'è un motivo?» le domandò con voce roca, civettuolo.

Ophelia scrollò le spalle. «Mh, no, sai, non direi» gli rispose con fare disinvolto, sopprimendo una risata.

«Oh, davvero?» il ragazzo fece leva sulle sue braccia in modo da avvicinare il volto al suo.

Annuì, guardandolo negli occhi. «Davvero» sussurrò prima di schioccargli un bacio sulle labbra. «Buongiorno...» mormorò, poggiando la fronte contro la sua.

«Buongiorno» rispose a sua volta con tono di voce dolce, rubandole un altro bacio.

Si scambiarono un sorriso prima di voltarsi entrambi sul fianco, l'uno di fronte all'altra. Si osservarono per istanti che sembrarono interminabili, non nascondendo la felicità e gli occhi colmi di gioia ed entusiasmo. Erano occhi vivi, proprio come non lo erano da tanto.

Per un attimo avevano avuto paura che fosse stato solo un sogno, un'illusione, e svegliarsi insieme, dopo tutti quei trascorsi, riempiva il cuore di gioia ad entrambi.

Ophelia sospirò stanca, rendendosi conto solo in quel momento di essere completamente nuda davanti ai suoi occhi, che la scrutavano senza alcun pudore e senza alcuna discrezione. Istintivamente, afferrò il lenzuolo bianco, portandoselo sul petto e sentendo le guance accalorarsi.

Rafe, davanti a quell'azione, si lasciò sfuggire una flebile risata divertita.

«Non ridere! Dovresti imparare a non guardare le persone in quel modo» borbottò, rossa.

«Sai, trovo piuttosto divertente il fatto che tu ti copra dopo questa notte» rispose con nonchalance e senza peli sulla lingua, allungando la mano per metterle una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Ophelia non riuscì a contenere un sorriso al ricordo. «Beh, questo non ti dà il diritto di guardarmi senza alcun ritegno» replicò, osservandolo.

«Dici che dovrei farlo con qualcun'altra?» mise su una finta espressione pensierosa, ricevendo un leggero pugno sulla spalla che lo fece ridacchiare.

«Non l'ho mai detto» borbottò, accigliata.

Rafe si inumidì le labbra. «Tu sei un po' gelosa» le disse, e non sembrava una domanda. Era di certo un'affermazione.

«Gelosa?» ripeté con un sorrisetto.

«Mh mh, gelosa» confermò, non staccando gli occhi dai suoi.

Scosse la testa. «No. Per niente. Mi dispiace deluderti» rispose, mostrandosi fintamente disinvolta.

«Scusa, perché non ci credo?» chiese in un sussurro, avvicinando il volto al suo.

Ophelia si strinse nelle spalle, allacciandogli le braccia al collo. «Non saprei...» sussurrò, lasciandogli un bacio a fior di labbra, seguito da un altro e da un altro ancora.

Quando si staccarono, entrambi visibilmente felici, la ragazza si voltò verso il pavimento, andando alla ricerca del suo pantaloncino. Una volta trovato, si allungò per prenderlo e recuperò il telefono, trovando alcuni messaggi da parte dei suoi amici.

Cleo:
Pope è uscito, ma ha una cavigliera elettronica. Heyward vuole tenerlo lontano da noi fino al processo come gli ha consigliato il Giudice

Rilasciò un sospiro di sollievo a quelle parole. Nonostante non impazzisse all'idea che uno dei suoi migliori amici avesse una cavigliere elettronica, e che fosse costretto a stare lontano da loro, poteva ritenersi felice per il fatto che non fosse più dietro le sbarre.

Aprì poi quello di Kiara.

Kiara:
Ancora niente JJ
Continuiamo a cercarlo
Ci raggiungi?

Ophelia:
Mandami la posizione

Mise da parte il telefono, sedendosi sul letto e stiracchiandosi sotto lo sguardo di Rafe, che si schiarì la gola. «Tutto ok?» le domandò.

«Sì, ma credo di dover raggiungere gli altri» gli rispose, facendogli assumere un cipiglio. «Ehi, abbiamo trascorso un'intera notte insieme» fece presente, divertita.

Rafe scrollò le spalle. «Non è abbastanza» si limitò a dire, facendola ridacchiare.

Gli occhi di Ophelia, poi, caddero su una penna sul pavimento. Aggrottò le sopracciglia, afferrandola e rigirandosela fra le mani. Era nera, elegante, e c'era un'iscrizione che diceva:

"Essaouira, Maroc
Riad Mimuouna"

«È un... souvenir, una stronzata del genere» disse d'un tratto Rafe, che si era messo in piedi e si stava rivestendo.

La ragazza spostò lo sguardo su di lui, osservando il suo petto ben definito, gli addominali marcati, la linea V accentuata e il modo in cui si allungavano i muscoli della schiena mentre recuperava la sua maglia. Poi si focalizzò sulle braccia flesse e sui bicipiti ben allenati. Credeva di non aver mai visto niente di più bello in vita sua.

Scosse improvvisamente la testa, riprendendosi. «Uhm, è carina» commentò, poggiando la penna sul comodino.

Rafe sospirò, sedendosi di fianco alla ragazza e mostrandosi incerto, quasi come se non sapesse da dove iniziare. «Senti, ehm... prima di andare, volevo dirti una cosa» iniziò, guardandola negli occhi.

Ophelia aggrottò le sopracciglia. «Cosa? — chiese, lievemente intimorita — Ha a che fare con ciò che è successo stanotte? Ti penti di qualcosa?» blaterò, insicura come mai prima di quel momento.

«Cosa? No» rispose immediatamente lui, scuotendo la testa. «Non mi pento di nulla» la rassicurò, stringendole la gamba nuda.

Rilasciò un sospiro di sollievo. «Ok, bene» fece un flebile sorriso. «Dimmi tutto, allora» lo invitò a parlare.

«Ieri sera ho concluso un grosso affare» la informò, non staccando gli occhi dai suoi.

«Cioè?» domandò curiosa.

«Te ne parlerò quando sarà del tutto ultimato, ok? Voglio che sia una sorpresa» le rispose, alzando lievemente l'angolo destro della bocca.

Ophelia arricciò il naso. «Odio le sorprese» ammise, imbronciata.

Rafe le strinse la mano. «Questa ti piacerà» disse con certezza. «È una roba enorme, capisci? E— e mi farà guadagnare tanti soldi, dieci volte quelli che ho investito» continuò, visibilmente soddisfatto.

Lei sorrise. Era davvero emozionante vederlo così orgoglioso di se stesso. «Sembra una cosa da grande imprenditore... Rafe Cameron» recitò con una nota di orgoglio nella voce.

Il ragazzo alzò l'angolo destro della bocca, annuendo in modo impercettibile. Poi tornò serio e fece un piccolo sospiro, pronto ad arrivare al punto. «Tu— insomma, sai che voglio essere come mio padre. Voglio costruire delle cose. Voglio riunire la famiglia e mi impegnerò per fare pace con Sarah... ma, soprattutto, voglio che tu stia con me» disse con tono serio e fermo, guardandola negli occhi per mostrarle e farle capire quanto intendesse realmente quelle parole.

Rafe Cameron non voleva più fingere e nascondersi, non dopo la notte trascorsa con lei.

La voleva al sul fianco.

Voleva lei, e la capacità che aveva di ammorbidire e smussare gli spigoli più dolorosi e angoscianti della vita. Voleva continuare ad essere avvolto dalla sua calma, quella che era in grado di portare ovunque andasse, quel calore in cui lui avrebbe sempre voluto rifugiarsi (e detto da uno che non si era mai sentito a suo agio in nessun luogo, era davvero tanto).

Ancora, voleva lei che gli stringeva la spalla, che gli accarezzava la guancia, che lo sfiorava, e che, con quei semplici gesti, riusciva a contenere tutto di lui, anche e soprattutto le sue parti frantumate.

Lei che rimaneva l'unica ad averlo capito per davvero, e che conosceva ogni sua stranezza, ogni suo errore, ogni sua ombra, ed era ancora lì. Lei che, nonostante tutto, e nonostante si fosse sforzata così tanto di negarlo a se stessa, era stata in grado di andare oltre la superficie, di andare oltre a ciò che lui mostrava, e aveva capito davvero i reali motivi che lo spingevano a comportarsi in un determinato modo. Non lo aveva mai giustificato, e ciò era abbastanza chiaro, ma lo capiva, e nessuno lo aveva mai fatto. Nessuno si era mai fermato a riflettere e a ragionare. Nessuno si era mai chiesto "Perché Rafe si comporta in questo modo?". E Rafe non li biasimava, ad essere sincero, ma, allo stesso tempo, era così grato per il fatto che lei, invece, si fosse posta quella domanda e fosse arrivata ad una risposta.

E lo aveva fatto nonostante lui le avesse dato tutti i motivi per odiarlo.

Qualcosa si era spezzato dopo la morte di Ward, era evidente, ma lei era anche stata l'unica a farlo sentire visto quando suo padre era ancora in giro e preferiva Sarah. C'era sempre stata lei. Una costante.

E Ophelia era anche la persona che lo aveva spinto a migliorare. Era stata lei a fargli capire che ne sarebbe valsa la pena, per loro.

Era sinceramente stanco di lottare contro se stesso, ed era disposto a deporre le armi, a dimenticare il passato. Basta sotterfugi, basta costruire falsi rapporti. Era pronto ad affrontare il suo passato, a stare accanto ad una persona che lo conosceva per davvero e che sapeva quanto non fosse una brava persona. Ma ne valeva la pena.

Ophelia, dal canto suo, sorrise dolcemente, ma prima che potesse rispondere, Rafe riprese parola. «Lia, voglio che sia un nuovo inizio per noi due. Quest'accordo che ho concluso... voglio che sia il nostro futuro. Niente più stronzate da Kooks e da Pogues. Solo io e te. Voglio sul serio che tu stia con me, e voglio— voglio una casa per noi due» disse senza mezzi termini.

Quelle ultime parole, riuscirono a lasciarla inizialmente interdetta, ma non poté non notare il modo in cui il suo cuore prese a battere più velocemente.

Rafe vedeva un futuro con lei. Lo aveva sempre visto e non era la prima volta che le chiedevo di stare insieme. Lei, dal canto suo, aveva sempre rifiutato, mettendo al primo posto i suoi amici. Ma ora, in quel momento, riusciva solamente a pensare di voler stare con Rafe, in particolare dopo essere stati lontani per un anno e mezzo. Non riusciva a pensare a nient'altro che al loro futuro insieme, e non poteva di certo ignorare il modo in cui aveva sentito il cuore tornare al suo posto nell'esatto istante in cui si era riunita a lui.

Era consapevole che sarebbe stato difficile parlarne con i suoi amici e convincerli, ma, d'altronde, era una storia che andava avanti da un bel po', e sapeva che, con il tempo, sarebbero riusciti ad accettarlo, o, quantomeno, ci avrebbero provato. Inoltre, così come lei non li aveva mai giudicati, si aspettava che loro facessero lo stesso.

Ma, soprattutto, era stanca di lottare contro ciò che voleva davvero.

«Hai detto che non avrei mai dovuto smettere di chiedertelo» riprese parola Rafe, destandola dai suoi pensieri. La sua espressione era leggermente cambiata nel momento in cui non aveva ricevuto alcuna risposta. Se possibile, era addirittura intimorito.

Ophelia si lasciò sfuggire una dolce risata a quelle parole. «Lo ricordi...» mormorò.

«Voglio dire, due secondi dopo sono stato buttato giù dalla mia barca, quindi sì, direi che lo ricordo» rispose divertito, ricevendo una spinta in risposta.

Si osservarono dolcemente, entrambi con un sorriso in volto.

Rafe sospirò, stringendole lievemente le mani. «So che fa paura, ma andrà tutto bene...» disse ancora, con tono serio e nel tentativo di convincerla, di farle capire che insieme avrebbero potuto affrontare ogni cosa.

«Sarà molto difficile, con i Pogues, e mio padre—»

«Non pensare a loro» quasi la supplicò. «Ci siamo io e te, Ophelia, e le mie intenzioni sono serie, d'accordo?» aggiunse dolcemente.

Senza che se ne rendesse conto, gli occhi della ragazza si inumidirono dopo le parole di Rafe. Era ovvio che sarebbe stato tutto difficile, in particolare con suo padre, che odiava Rafe, ma credeva anche che fosse arrivato il momento di prendere le decisioni per se stessa, proprio come non aveva mai fatto.

Era arrivato il momento di mettersi al primo posto.

«Voglio stare anche io con te» rispose dolcemente, poggiando la fronte contro la sua.

Non sapeva se un giorno se ne sarebbe pentita, se le cose tra lei e Rafe sarebbero peggiorate, se lui sarebbe tornato ai suoi vecchi comportamenti e se si sarebbero odiati. Non sapeva nulla. Era solo a conoscenza del presente, di ciò che voleva in quel momento, e del fatto che volesse stare con quel ragazzo più di ogni cosa.

Rafe parve illuminarsi a quelle parole. «Sì?» chiese conferma, temendo di aver compreso male.

«Abbiamo trascorso troppo tempo a farci la guerra, non pensi?» chiese, facendo una flebile risata.

«Già, sì» concordò, divertito ma felice. Non ricordava di esserlo mai stato, almeno fin quando Ophelia non era entrata nella sua vita. Ogni emozione provata insieme a lei era sempre stata intensa e vera.

«E credo che tu non sia mai stato il cattivo della mia storia, Rafe» ammise, poggiandogli delicatamente la mano sulla guancia. «Hai fatto tante cose orribili e hai preso delle decisioni davvero discutibili, e voglio che tu sappia che io non sono come Sofia, e non ti dirò che sei una brava persona—»

Lui scosse la testa. «Non lo voglio, sul serio» la fermò. «So di aver fatto delle cose orribili, e— e credo possano essere un incentivo per migliorare... con te al mio fianco» le disse.

Ophelia sorrise dolcemente, annuendo. «Bene» rispose. «Tanto diventerò una senzatetto a breve» ricordò, divertita.

«Puoi venire qui. È anche casa tua» ribatté immediatamente il ragazzo.

Lei sospirò. «Sì, solo... facciamo con calma, ok? Non posso venire qui con la consapevolezza che gli altri non hanno un tetto. Devo assicurarmi che stiano bene anche loro. Mi capisci, vero?» gli strinse delicatamente il braccio.

Rafe fece un profondo sospiro a quelle parole. No, non la capiva. Onestamente, non aveva mai avuto dei veri amici, quindi non avrebbe mai capito tutta la lealtà di Ophelia nei confronti dei Pogues, e ancora di più odiava il fatto di non poterla vivere in maniera immediata a causa di quei ragazzi. Ciononostante, non voleva litigare, in particolare dopo essersi ritrovati.

Così si limitò ad annuire prima di chinarsi e baciarla nuovamente. Le poggiò le mano sulla guancia e il mignolo sotto la mascella in modo che potesse inclinare la sua testa e portarla più vicino a sé.

«Voglio che funzioni» sussurrò sulle sue labbra, sincero e serio.

Ophelia accennò un sorriso, rilassandosi sotto le carezze che il pollice di Rafe donava al suo zigomo. «Anche io» replicò.

E nessuno dei due credeva di aver mai provato così tanta pace come in quel momento.

Quella fu l'ultima cosa che si dissero prima di salutarsi, promettendosi di tenersi in contatto, e si scambiarono anche il numero di telefono dopo un anno e mezzo. Ophelia si affrettò a raggiungere la posizione mandata da Kiara, e aveva anche declinato gentilmente il passaggio di Rafe. Ovviamente, aveva intenzione di dire ai suoi amici di loro, ma quello non era affatto il momento giusto, in quanto erano tutti preoccupati per JJ, ancora scomparso e ricercato dalla polizia.

Trascorse tutto il tragitto a camminare con un sorriso in volto, e, senza neanche accorgersene, si ritrovò a saltellare di tanto in tanto. Era assurdo da credere, ma Rafe Cameron era la causa di quella felicità, e se l'avessero detto ad una Ophelia di appena due anni prima, sarebbe senza dubbio scoppiata a ridere.

Erano cambiate così tante cose in poco tempo.

Quando raggiunse i suoi amici nel centro di Kildare, si prese del tempo per osservare tutto il caos provocato da JJ: c'erano auto distrutte, negozi fatti a pezzi e che erano stati saccheggiati, e numerosi frammenti di vetro sparsi sull'asfalto. Ovviamente, nessun commerciante stava svolgendo il proprio lavoro, e per strada non c'era nessuno, fatta eccezione per i numerosi netturbini, costretti a ripulire il macello provocato dal suo amico.

Sospirò profondamente, sentendo l'ansia e la preoccupazione tornare a farle visita, almeno fin quando i suoi occhi non caddero su Kiara, John B e Sarah, fermi nel bel mezzo della strada a guardarsi attorno, visibilmente esausti.

Camminò velocemente versi i tre, attirando la loro attenzione. «Ehi, ragazzi!» li richiamò. «Ancora nessuna notizia?» domandò quando li raggiunse.

«No» scosse la testa John B, scoraggiato. «Probabilmente JJ starà bucando le ruote a tutti».

«È probabile, sì» annuì, lanciandosi una veloce occhiata attorno.

Kiara sospirò. «E staranno anche già demolendo Poguelandia» mormorò.

«Ehi, stai bene?» chiese improvvisamente il castano, voltandosi verso Sarah.

Solo in quel momento Ophelia si rese conto del fatto che avesse un viso provato e stanco, e che fosse anche piuttosto pallida.

«Ehm, sì, devo... Sì, ecco, devo... Insomma, torno subito» iniziò a balbettare sotto lo sguardo confuso dei suoi amici.

La rossa la seguì con gli occhi, osservandola mentre scavalcava la vetrina distrutta di una farmacia. Sbatté le palpebre con perplessità, chiedendosi se stesse realmente bene o se fosse successo qualcosa durante la sua assenza.

«Sei sicuro che sia tutto ok?» domandò infatti, rivolgendosi al suo amico.

Lui annuì. «Sì. Credo sia solo stanca. Cerchiamo JJ da ore» rispose, nonostante una lieve incertezza nel tono della voce.

«Probabilmente aveva solo bisogno del bagno» disse anche Kiara.

Improvvisamente, John B si passò una mano fra i capelli, frustrato. «Sapete, ancora non riesco a crederci. Il padre di JJ torna, e la prima cosa che fa è mettere in vendita casa sua... ai Kooks, per giunta. Luke fa sembrare mio padre il padre del secolo. È davvero incredibile» scosse la testa, ancora piuttosto sconvolto dalle ultime vicende.

«Ti prego, non paragonare Big John a lui — quasi lo supplicò Ophelia — Luke è il peggior padre di sempre, sul serio» aggiunse, risentita.

«E non è neanche suo padre» si lasciò sfuggire Kiara.

Ophelia la guardò immediatamente a quelle parole, in particolare perché JJ aveva fatto promettere ad entrambe di non parlarne con nessuno. Ciononostante, riusciva a comprenderla. Il loro amico aveva scatenato il caos, e uno dei motivi principali era certamente quello.

«Cosa?» chiese John B, perplesso.

«Niente» disse immediatamente la riccia, scuotendo la testa.

Il ragazzo sbatté le palpebre. «Che cos'hai detto?» le domandò ancora, poggiando poi gli occhi su Ophelia. «Cos'ha detto?» ripeté.

Lei si schiarì la gola. «Ehm... che Luke non è— Goat Island!» esclamò improvvisamente, spalancando gli occhi.

«Cavolo, sì. Forse è andato lì!» strepitò anche Kiara, agitata.

«Ma di che state parlando?» gemette John B, frustrato.

Ophelia lo ignorò, afferrando il braccio della sua amica. «Andiamo a chiamare Sarah, forza!»

Entrarono all'interno della farmacia attraverso la vetrina distrutta, e raggiunsero immediatamente il bagno, iniziando a battere le nocche contro la porta di legno.

«Ehi! Un attimo» sentirono dire dalla loro amica.

«Ok... forse sappiamo dov'è andato JJ» la informò Kiara.

Sarah aprì la porta. «Ehm... ottimo».

«Vi spieghiamo tutto strada—»

Le parole di Ophelia le morirono in gola nell'esatto momento in cui notò l'espressione sconvolta e agitata di Sarah. Poi, i suoi occhi balzarono sul lavandino, lì dove era poggiato quello che aveva tutta l'aria di essere un test di gravidanza.

«Sto sognando o c'è un test di gravidanza lì?» chiese con occhi sbarrati, non staccando lo sguardo dall'oggetto.

Anche Kiara lo osservò, quasi spaventata. «Ok... è tuo?» domandò, cauta.

Sarah le guardò per qualche istante, deglutendo rumorosamente. «Mh mh» si limitò a dire.

Le due amiche si lanciarono un'occhiata, entrambe piuttosto perplesse e stralunate.

La riccia si schiarì la gola. «Sei... insomma...»

«Incinta?» concluse per lei Ophelia.

Sarah annuì quasi in maniera impercettibile.

«Ne sei sicura?» domandò ancora Kiara.

«Ne ho fatti due, per sicurezza» rispose la ragazza, lanciando un veloce sguardo ai test.

«John B?» chiese la rossa.

Sarah si accigliò. «Sì, ovvio che è suo».

«No, dico... Lo sa?» spiegò, non staccandole gli occhi di dosso.

«Oh, no. L'ho appena scoperto — rispose — Tempismo impeccabile» ironizzò, giocherellando nervosamente con le sue stesse dita.

«Beh, voglio dire... senza un tetto, di nuovo al verde...» iniziò Kiara.

Ophelia annuì. «Dimentichi la cosa più importante: inseguiti da assassini» fece presente con un sorriso divertito.

«Però sarebbe grandioso se riusciste a trovare un aspetto positivo» quasi sembrò supplicarle Sarah, alzando timidamente l'angolo destro della bocca e guardandole.

La rossa sospirò a quelle parole. Solo in quel momento sembrò star effettivamente metabolizzando il fatto che Sarah Cameron fosse incinta. Credeva davvero che il tempismo fosse pessimo, e senza dubbio sarebbe stato difficile crescere un figlio. Inoltre, si stavano ritrovando a vivere e ad affrontare delle situazioni che certamente sarebbero state pericolose sia per Sarah sia per il bambino che aveva in grembo.

Ciononostante, non riuscì ad ignorare la gioia e l'entusiasmo davanti alla realizzazione che una delle sue migliori amiche fosse incinta e che il padre fosse proprio quel ragazzo che aveva conosciuto quando aveva appena otto anni.

Era davvero assurdo credere che John B stesse per diventare padre, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che quel bambino, nonostante tutto, sarebbe stato circondato da affetto e da amore, con due genitori che non gli avrebbero mai fatto mancare niente, e con loro che lo avrebbero sempre aiutato e messo al primo posto.

Sarah e John B sarebbero diventati genitori.

Il solo pensiero fu in grado di farle inumidire gli occhi, in particolare se ripensava a tutto quello che i due avevano affrontato. Nonostante tutto, credeva davvero che la loro fosse una delle storie d'amore più belle di sempre. Ricordava gli inizi, quando a malapena si parlavano, quando lui lavorava per la sua famiglia e quando lei stava con Topper. Ancora, ripensava a lei che aveva perso ogni cosa per amore di John B, preferendo la povertà e l'essere fuggitiva al resto.

Schiuse le labbra, commossa. «È un... un bambino molto fortunato...» riuscì a dire, guardandola con dolcezza.

«Sarai una mamma magnifica, Sarah, e John B ti ama» concordò anche Kiara.

Sarah tirò su col naso. Era evidente che fosse piuttosto impaurita, ma era anche visibile la sua commozione. «Sul serio?»

«E sarà un bravissimo papà» continuò la riccia.

Si guardarono, tutte e tre emozionate e ancora piuttosto incredule per il fatto che Sarah e John B sarebbero diventati genitori. Ridacchiarono contemporaneamente, almeno fin quando i loro sorrisi non si spensero pian piano.

Ophelia sospirò. «E avete noi. Ci saremo sempre» la rassicurò, sorridendo flebilmente.

Sarah, a quelle parole, abbracciò entrambe, che ricambiarono immediatamente, stringendola a sua volta e accarezzandole delicatamente la schiena.

«Ce la faremo...» sussurrò Kiara.

«Vi voglio bene» disse la bionda, commossa.

«Ti vogliamo bene anche noi» rispose Ophelia, facendo annuire la sua amica.

«Zia Ophelia... Zia Kiara...» mormorò poco dopo Sarah, portandole a ridacchiare dolcemente.

«Oh Dio — le due si staccarono dall'abbraccio, guardandosi — Diventeremo zie!» quasi urlarono, saltellando felici ed emozionate.

Sarah le osservò con sguardo dolce, asciugandosi l'ennesima lacrima sfuggita al suo controllo. «Bene. Ora andiamo a recuperare JJ?» domandò, tirando su col naso.

Le tre si ripresero e iniziarono a camminare in direzione dell'uscita della farmacia. Ophelia, prima, ne approfittò per intascarsi un pacco di pillole contraccettive, in particolare dopo la notte trascorsa con Rafe e la notizia di Sarah, che, era chiaro, non aveva preso le giuste precauzioni.

«Perché lui fra tante persone?» gemette poi la rossa nel momento in cui vide John B parlare con Topper.

«Oh, ciao Ophelia... Kiara — le salutò il ragazzo quando li raggiunsero — Ciao Sarah, ti trovo bene» disse ironicamente, guardandola da capo a piede.

«Ehi, John B, non è il momento» la riccia lo tirò indietro.

«"Ti trovo bene?"» ripeté il castano, infastidito. «Sei veramente un idiota — gli fece il dito medio prima di girare i tacchi — Stronzo» sussurrò, scuotendo la testa.

Ophelia ruotò gli occhi al cielo, avvicinandosi a Sarah. «Ehi, credi di—»

«No, no» la fermò. «Glielo dico dopo» le rispose, facendola annuire.

I ragazzi si diressero immediatamente a Poguelandia, pronti a salire sull'HMS Pogue per raggiungere Goat Island. Nel frattempo, Ophelia e Kiara spiegarono a John B e a Sarah perché credevano che JJ fosse con Chandler.

«Quindi mi state dicendo che Chandler Groff, l'erede di Goat Island, è il padre di JJ?» chiese perplesso John B, slegando le cime che tenevano ancorate la barca al molo.

«Per prima cosa, Chandler non è l'erede di Goat Island, e sì, è suo padre... anche se JJ si ostina a non volerci credere» rispose Ophelia, salendo sulla barca.

Kiara sospirò. «Non avrei dovuto dirtelo, ma JJ è impazzito quando ha ricevuto quella lettera. È certamente andato lì. Sono preoccupata» disse con fare agitato.

«Perché i Genrette l'hanno tenuto segreto per anni?» il ragazzo espose le sue perplessità.

«Chandler l'ha tenuto segreto — replicò Ophelia — Non so esattamente quando Wes l'abbia scoperto, però» mise su un'espressione pensierosa.

«Ci sono mille ragioni per tenere un segreto» esordì improvvisamente Kiara, facendo voltare di scatto le due ragazze. La riccia, in risposta, fece cenno a Sarah di dire la verità a John B.

Quest'ultimo sospirò. «Beh, lì non abbiamo controllato, quindi andiamo» si limitò a dire.

Dopodiché, mise in moto la barca e partì verso Goat Island. Quando il buio avvolse ogni cosa, ancora non erano giunti a destinazione, ma la loro attenzione fu catturata da un enorme spintore a più piani che si trovava fermo nella palude.

«Ehi, ehi, aspetta. Spegni il motore» disse Kiara con agitazione.

John B fece come richiesto, fermando la barca in prossimità della spartina, dietro la quale si nascosero per osservare l'imbarcazione che avevano di fronte. Accovacciandosi ma allungando il collo per sbirciare, riuscirono a scorgere alcune guardie armate sui vari piani. Poi poggiarono gli occhi lì dove erano radunate all'incirca una decina di persone, e riuscirono ad individuare JJ e Chandler.

«Oh cazzo, è JJ...» mormorò Ophelia, osservando il ragazzo che veniva tenuto fermo da uno dei mercenari.

«E c'è anche Groff» notò John B, indicando l'uomo.

«Sono quelli che hanno rubato la pergamena, e c'è anche quello che ha ucciso Terrance. Il sommozzatore» aggiunse Sarah.

«Beh, ma che cosa vogliono da JJ?» chiese il ragazzo, confuso.

La rossa scosse la testa. «Io credo che JJ sia solo un... danno collaterale. Guardate, parlano con Groff. È lui il loro obiettivo» fece notare.

«Già. Non ce l'hanno con lui» concordò Kiara.

Si scambiarono un'occhiata preoccupata. A causa della distanza, non riuscirono a capire cosa si stessero dicendo e cosa stesse succedendo su quell'imbarcazione, ma era più che evidente che i mercenari ce l'avessero con Chandler, e che JJ si fosse semplicemente trovato al posto sbagliato al momento sbagliato.

«Non so voi, ma credo sia arrivato il momento di agire e aiutare JJ anziché starcene qui a guardare i mercenari» intervenne Ophelia dopo lunghi minuti di silenzio, osservando i suoi amici.

La riccia annuì. «Potremmo speronarli. Creare un diversivo» propose.

«Non riusciremmo a danneggiarla neanche un po'».

«Non lo so, John B, era un'idea. Dobbiamo aiutarlo. Al più presto!»

«Ehi, ragazzi! — li interruppe Sarah, che stringeva due bottiglie di vetro vuote — Abbiamo queste e abbiamo della benzina» fece presente.

«Bomba molotov? Mi piace» sorrise la rossa, annuendo.

«Cerco degli stracci» disse John B, iniziando a guardarsi attorno nella barca.

Le tre ragazze si affrettarono a versare della benzina all'interno della bottiglia di vetro. Subito dopo, infilarono nel collo uno dei pezzi di tessuto recuperati da John B.

«Ok, quindi useremo il fuoco per distrarli. JJ si libererà e ci raggiungerà a nuoto» prese parola Kiara.

«Cerchiamo solo di non colpirlo con la bomba» disse Ophelia, nervosa e agitata.

La riccia concordò. «Già. Lo vorrei tutto intero».

«Ricevuto, non colpirò JJ con la mia molotov — le tranquillizzò il ragazzo, intento a legare l'estremità della lunga corda al collo della bottiglia — Avete un accendino?» domandò.

«Sì, ecco» Sarah glielo passò dopo averlo recuperato dal vano portaoggetti. «Fa' attenzione, John B».

«Speriamo che funzioni...» mormorò.

Dopodiché, il ragazzo si mise in piedi sulla barca e Kiara incendiò lo straccio. A quel punto, John B iniziò a far ruotare la corda, pronto a lanciare la molotov verso lo spintore. Peccato che, però, cadde sull'HMS Pogue, precisamente sulla cima, che andò a fuoco e fece spalancare gli occhi alle tre ragazze. Subito dopo, John B cadde dritto in acqua.

«Oh mio Dio!»

«John B!»

«Cazzo!»

«L'hai lanciata dritta sulla barca, idiota! Ci hai quasi uccisi!» esclamò Kiara quando il ragazzo riemerse.

Ophelia scosse la testa, incredula. «Non colpire JJ non significa colpire noi!» si agitò.

«Cosa facciamo? La barca va a fuoco!» fece notare Sarah.

Aiutandosi con le mani, iniziarono a raccogliere l'acqua e a gettarla sul fuoco che divampava nel tentativo di placarlo.

«Oh Dio... — ansimò John B — È stata una pessima idea. Ho sbagliato i calcoli!»

«Stai cercando di ucciderci?! Siamo in pericolo, dobbiamo fare qualcosa...»

«Identificatevi!» sentirono urlare il lontananza.

«Cazzo!» Ophelia digrignò i denti, continuando a gettare acqua sul fuoco.

Nell'esatto momento in cui John B risalì sulla barca, il fuoco si spense, facendo rilasciare un sospiro di sollievo ai ragazzi.

«Persino una talpa l'avrebbe lanciata meglio» disse a denti stretti Kiara.

La rossa scosse la testa, incredula. Dopo aver lanciato un'occhiata a Sarah per accertarsi che stesse bene, spostò gli occhi sull'imbarcazione dei mercenari, che, sfortunatamente, avevano notato la loro presenza a causa del pessimo lancio di John B.

«Un momento... — mormorò il ragazzo — JJ ha una specie di... fionda qui» fece presente, aprendo la stiva e tirandola fuori. «Eccola!» la sventolò.

«Dobbiamo preparare un'altra molotov» rispose Ophelia.

«Avete dieci secondi per identificarvi o apriamo il fuoco!»

A quelle parole, le ragazze si affrettarono a preparare un'altra molotov, mentre John B legò la fionda alla sbarra di ferro presente sulla barca. La tirò indietro quando Kiara accese lo straccio, e, subito dopo, la lanciò dritta verso lo spintore.

Capirono di avercela fatta nell'esatto momento in cui videro l'imbarcazione andare fuori e i mercenari urlare, in particolare due di loro, colpiti dall'incendio.

«Oh porca troia!» esclamò John B.

«Ha funzionato...» mormorò Ophelia, rilasciando un sospiro di sollievo.

Successivamente, misero in moto l'HMS Pogue nel tentativo di andare a recuperare JJ, e si avvicinarono all'enorme imbarcazione, speranzosi che il ragazzo li raggiungesse.

«Dov'è finito JJ?» chiese Kiara con agitazione.

In risposta, John B saltò sullo spintore. «Lo trovo io! Tu va' avanti!» urlò, iniziando a correre.

A quel punto, le ragazze si allontanarono, fermandosi poco dopo e non staccando gli occhi di dosso all'imbarcazione. Erano tutte e tre visibilmente agitate e nervose, in particolare perché non facevano altro che vedere uomini prendere fuoco e cadere dritti in acqua. Inoltre, come se non bastasse, i loro amici erano nella tana del leone, fra persone che, sicuramente, li avrebbero uccisi.

Fortunatamente, poi, adocchiarono entrambi all'ultimo piano dell'imbarcazione, e, subito dopo, li videro gettarsi in acqua. Si affrettarono a raggiungerli e a farli salire sull'HMS Pogue, mettendoli in salvo.

«Ho la pergamena» disse improvvisamente John B, alzando il tubo che solo in quel momento le ragazze notarono.

«Che cos'è?» chiese Kiara, afferrandolo.

«La mappa che ci condurrà alla Corona Blu».






























































Ci ho messo davvero secoli a capire e a trovare il nome dell'imbarcazione dei mercenari 😭😭 Alla fine ho scoperto che si chiama "push boat", in italiano "spintore", e, per inciso, non sapevo neanche che esistesse una cosa del genere

A PARTE QUESTO, posso dire che non vedevo l'ora di scrivere una scena del genere tra Rafe e Ophelia? Loro che parlano del futuro insieme, lui che vuole che vivano insieme e lei che ACCETTA per la prima volta perché pensa a ciò che desidera davvero e non a ciò che potrebbero pensare i suoi amici 😭😭

E poi, vabbè, Sarah incinta e John B padre, piango

Buon anno in ritardo, vi auguro tante cose belle ❤️❤️

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