056 la pista d'atterraggio
⸻ capitolo cinquantasei ⸻
( la pista d'atterraggio )
«Per quanto io stia sempre dalla tua parte e ami il tuo spirito avventuriero, per nulla al mondo ti lascerò scappare nella giungla del Sud America con quegli scavezzacollo senza avere la certezza che tornerai e che non finirai su un'altra isola deserta!»
Ophelia arricciò il naso davanti alle parole e al volto serio di suo padre, lasciandosi poi andare contro lo schienale del divano e iniziando a spremersi le meningi alla ricerca di un altro modo per cercare di convincerlo.
«Ok, ehm... tornerò—»
Eddie scosse vigorosamente la testa. «L'ultima volta sei stata via per oltre un mese, Ophelia» la fermò.
«Lo so e mi dispiace, sul serio... ma non era in programma, papà! Se fosse dipeso da me, sarei tornata subito, ma non ho potuto» si avvicinò a lui, stringendogli delicatamente la mano. «Sono tornata, alla fine, e tornerò di nuovo, te lo prometto» lo guardò negli occhi, annuendo.
«Ophelia...» mormorò l'uomo, facendo un profondo sospiro.
«Papà, so che hai paura e che ti preoccupi per me, e lo apprezzo davvero tanto... — iniziò, abbassando il tono della voce — Ma devo andare. Magari tornerò con qualche taglietto, tornerò stanca, ma viva» disse ancora.
Eddie calò il capo, passandosi una mano tra i capelli. «Vi cacciate sempre in situazioni assurde» borbottò.
Ophelia fece una flebile risatina. «È vero, ma sai che riusciamo sempre a cavarcela, e sai anche che ci proteggeremo a vicenda. Sono al sicuro con loro» continuò ancora. «E poi vedila anche come un'esperienza legata alla storia, no? Posso imparare e scoprire cose relative alle tribù indigene» si strinse nelle spalle, mettendo su un sorrisetto.
L'uomo ruotò gli occhi al cielo, divertito. Poi rimase in silenzio per qualche secondo, osservando con attenzione sua figlia. Alzò flebilmente l'angolo destro della bocca, mettendole una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
«Sei cresciuta, ormai...» sussurrò.
Lei mise la mano sulla sua. «Sì, ma avrò sempre bisogno di mio padre» confessò.
Gli occhi di Eddie si inumidirono lievemente. «E tuo padre avrà sempre bisogno di te» disse a sua volta. «Ma anche i tuoi amici hanno bisogno di te».
Ophelia sorrise a quelle parole, annuendo. «Devo farlo per loro, per John B, per Pope. Sono la mia famiglia, papà. Lo sai...» continuò.
«JJ verrà?» le domandò.
«Certo. Dovresti vederlo, non vede l'ora di andare in Sud America — scherzò — Si è infilato a casa sua per recuperare qualcosa che può essere utile nella giungla» gli spiegò.
A quelle parole, Eddie si mise in piedi. «Aspetta un secondo» le disse prima di sparire nel suo studio.
Ophelia annuì, giocherellando con i suoi bracciali e attendendo il suo ritorno. Era felice per il fatto che suo padre avesse accettato nonostante un po' di giusta resistenza iniziale, ed era così immensamente grata di avere una persona del genere al suo fianco. Sapeva quanto fosse difficile per lui accettare tutto quello, eppure lo faceva solo per lei, consapevole che oramai fosse cresciuta e che, soprattutto, dovesse affrontare quelle situazioni con e per i suoi amici.
Quando tornò, lo fece con una scatoletta nera rettangolare. Sotto lo sguardo confuso e curioso della ragazza, la aprì.
«Cazzo, è il coltellino svizzero più bello che abbia mai visto. JJ lo adorerebbe» commentò la ragazza, osservando l'arma dal manico rosso fuoco. «Ma perché hai un coltellino svizzero in studio?» chiese.
Eddie fece un sorrisetto. «Perché anche io da ragazzo ero una testa calda, o meglio, lo sono diventato dopo aver conosciuto tua madre. Me l'ha regalato lei, e voglio che tu lo prenda» glielo porse.
Ophelia lo afferrò, osservandolo con attenzione e sfiorandolo con i polpastrelli. Un sorriso flebile nacque sul suo volto. «Grazie, papà» mormorò.
L'uomo le mise le mano sul volto, costringendola a guardarlo negli occhi. «Sta' attenta, Lia, ok?»
«Promesso» disse convinta prima di allacciargli le braccia al collo. «Tornerò. Fidati di me».
«Lo faccio, mi fido...» sussurrò al suo orecchio, stringendola forte.
Ophelia non sapeva se il ritorno sarebbe stato così facile come l'andata. Insomma, sarebbero potute accadere tante cose, e non era sicura che quell'aereo li avrebbe riaccompagnati anche a casa, ma sapeva che, presto o tardi, sarebbero ritornati nelle Outer Banks.
Quando si staccarono, si rivolsero un ultimo sorriso prima che lei ritornasse in stanza e terminasse di preparare lo zaino. Mise di tutto, qualsiasi cosa potesse esserle utile: vestiti, snack, fazzoletti, fasce prese dalla cassetta del pronto soccorso. Ogni cosa. Bisognava essere preparati per ogni evenienza.
Una volta aver terminato, si sfilò le Converse e infilò degli anfibi neri, certamente più adatti a camminare nella giungla. Indossò i pantaloncini, una canotta, e una felpa poggiata sulle spalle. Si diede un'ultima occhiata attorno, e, sorridendo flebilmente, abbandonò la sua camera.
Uscì dall'abitazione sotto lo sguardo di suo padre, e decise di raggiungere la pista d'atterraggio con la bicicletta. Salì in sella e iniziò a pedalare velocemente nonostante fosse piuttosto in tempo. Ad essere onesti, una parte di lei ancora non si fidava di Ward. In realtà, ogni fibra del suo corpo non si fidava di quell'uomo, ma era l'unico che potesse dare loro un mezzo di trasporto, e, in ogni caso, se fosse stata una trappola, aveva sempre il coltellino svizzero con sé.
Una volta arrivata a destinazione, adocchiò il Twinkie, e si avvicinò ad esso, lasciando cadere la bici e sorridendo a Sarah e a John B.
«Ehi, ragazzi. Pronti per questo ennesimo viaggio della speranza?» domandò, avvicinandosi a loro e poggiandosi contro il van.
«Senz'altro» le sorrise la ragazza.
«Devo salvare mio padre» annuì John B.
Ophelia gli strinse la spalla. «Lo salveremo» lo rassicurò prima di poggiare gli occhi sul grande aereo che li avrebbe portati in Sud America.
Era tutto pronto. Mancavano solo JJ, Cleo, Pope e Kiara.
«Perché JJ sta correndo come se lo stessero per uccidere?» disse improvvisamente Sarah, e i due seguirono la traiettoria del suo sguardo, vedendo in lontananza il biondo che si avvicinava a loro di corsa.
«Avrà fatto qualcosa alla JJ» mormorò la sua amica.
Quando il ragazzo li raggiunse, sudato e col fiato corto, si piegò sulle ginocchia nel tentativo di fare dei respiri profondi.
«Stai bene?» chiese John B, perplesso.
JJ alzò il pollice della mano destra. «È venuto... è venuto Barracuda Mike a cercarmi a casa» disse fra gli ansimi.
Cos'era successo con Barracuda Mike? JJ e John B, prima che Sarah parlasse con Ward, avevano chiesto all'uomo di portarli in Sud America con il suo aereo da contrabbando. Lui aveva accettato, ma in cambio avrebbero dovuto trasportare un carico pieno di "merce". Conclusione: avevano abbandonato il furgone nel bel mezzo del bosco e Shoupe aveva arrestato John B per la questione "Topper". Ovviamente, Barracuda Mike ora voleva vendicarsi per il fatto che il ragazzo avesse perso il suo carico.
«Queste si chiamano "conseguenze delle mie grandi stronzate"» replicò Ophelia, incrociando le braccia sotto il seno.
«Beh, non ha importanza ormai. Si vola in Sud America!» esclamò con un sorriso prima di guardarsi attorno. «Dove sono gli altri?» cambiò tono della voce, diventando impaziente.
«Non lo so» rispose John B, annoiato.
«Non lo sai? Andiamo a prenderli! — buttò lo zaino per terra — Saliamo sul Twinkie e andiamo a prenderli!» continuò ad insistere.
Il castano sospirò. «Cinque minuti, ok? Diamogli altri cinque minuti!»
«Ragazzi, ecco Pope e Cleo!» intervenne Sarah, fermando il loro battibecco.
I due, a bordo della moto del ragazzo, si avvicinarono al gruppo nel giro di pochi secondi.
«Maledizione!» imprecò JJ in preda all'agitazione.
«Stavate aspettando noi?» fu la prima cosa che chiese Cleo quando Pope parcheggiò.
«Sì, esatto. Siete in ritardo» ribatté il biondo con nervosismo. «Sei riuscito a convincere tuo padre stavolta, oppure—»
«L'ha convinto Cleo» rispose il moro.
Ophelia sorrise, battendole il cinque. «Grande, ragazza! Così si fa!» si complimentò.
«Che dire, sono molto persuasiva, e Heyward mi ama» si vantò lei, stringendosi nelle spalle con un sorrisetto in volto.
«Grazie di far parte della squadra» disse JJ, guardandola.
«Figurati».
Pope mise su un'espressione confusa, guardandosi attorno. «Ehi, dov'è Kiara?» domandò.
«I suoi genitori le stanno sempre con il fiato sul collo» sospirò Sarah.
Ophelia annuì. «Le fanno trovare gli opuscoli del Kitty Hawk perfino in bagno» arricciò il naso.
«Il Kitty Hawk?» chiese JJ, confuso ma anche visibilmente preoccupato.
«Un campo. Un programma per ragazzi difficili e con problemi comportamentali» spiegò, ricordando le parole della sua amica.
«Un manicomio, praticamente...» mormorò John B.
«Le avranno impedito di venire — sospirò Pope — Dobbiamo partire senza di lei» aggiunse.
La rossa aggrottò le sopracciglia. «Senza Kiara?» ripeté, sperando di aver capito male.
«Non possiamo stare qui ad aspettare per sempre» le fece presente.
Ophelia scosse vigorosamente la testa. «No, ragazzi. C'è qualcosa che non va» disse, preoccupata.
«Che intendi?» domandò JJ, guardandola.
«Pensateci: quante volte i genitori di Kie le hanno vietato di venire con noi, ma lei ha sempre trovato il modo di raggiungerci? — chiese retoricamente — Non ci lascerebbe soli, e di certo non lo farebbe in questa situazione» disse sicura delle sue parole. «Io... io credo che sia successo qualcosa» mormorò infine, mentre l'ansia iniziava a prendere il sopravvento.
Non si sarebbe di certo stupida se i suoi genitori avessero avuto la brillante idea di chiuderla a chiave nella stanza o fare di peggio. Anna e Mike erano oramai così convinti che alla loro figlia servisse aiuto che avrebbero fatto di tutto per tenerla lontana dai Pogues.
«Dammi le chiavi» disse improvvisamente JJ, voltandosi verso John B.
«No, senti—»
«Dammi subito le chiavi» ripeté il biondo.
«Non è una buona idea, JJ!» cercò di farlo ragionare, mettendogli le mani sulle spalle.
«Tanto lo sai, i suoi mi odiano già, quindi... dammi solo un'ora» quasi lo supplicò il ragazzo. «Sarà una missione alla Black Ops. Dentro e fuori, d'accordo? Sarà come strappare un cerotto» continuò.
John B sospirò profondamente. «Va bene, va bene...» si arrese, stropicciandosi gli occhi.
«E poi... io glielo devo» concluse JJ, guardandolo attentamente negli occhi.
Il castano mise la bocca a forma di 'O'. «Oh...»
«Smettila di fare quella faccia e dammi le chiave!» ripeté il biondo, lievemente in imbarazzo.
John B ghignò in maniera leggera. «Ok, sì, va bene... tu glielo devi, giusto? — gli passò le chiavi — Apprezzo l'onestà, ma sbrigati!» gli diede una pacca sul volto.
Ophelia, con un sorriso in volto, richiamò JJ. «Ehi, Jay» gli si avvicinò. «Portala da noi, e non fare cazzate, ok?» gli puntò contro l'indice.
Lui annuì. «Non le farò, promesso» e corse verso il Twinkie.
«Sta crescendo... quasi mi commuovo» disse la rossa, guardando il suo migliore amico pronto a fare di tutto per recuperare la ragazza che amava.
JJ, in risposta, si tuffò nel van, entrando dal finestrino.
«Oh Dio... Le portiere si aprono, sai?» gli urlò dietro John B. «E fa' piano con l'acceleratore!»
Il biondo andò via subito dopo.
«E ora che si fa?» domandò Cleo, guardandoli.
«Ora si aspetta» sospirò Sarah.
Ophelia si poggiò contro la rete metallica che circondava la pista d'atterraggio, in attesa che quei sessanta minuti trascorressero e loro potessero finalmente andare via. Ma più il tempo passava, più JJ e Kiara non tornavano, e questo iniziò a farla preoccupare.
Improvvisamente, le squillò il telefono.
«JJ?» rispose velocemente, attirando l'attenzione dei suoi amici.
«Vivavoce» mormorò John B, e lei fece come richiesto.
«Ok, ascolta, c'è un piccolo cambio di programma. L'hanno fatto. Hanno mandato Kiara in quel posto di merda, il Kitty Hawk».
Ophelia spalancò gli occhi. «Dici sul serio?»
«Sì, quindi... Sto andando fuori città, e mi serviranno otto ore per liberarla».
Il castano strappò il telefono dalle mani della sua amica. «Otto ore? Io— io non ho otto ore! L'aereo è pronto! Vi stiamo aspettando!» alzò il tono della voce.
«Sì, lo so che il tempo stringe, ok? Resisti il più possibile, e se devi andare, va' pure. Ci vediamo lì».
«No, non possiamo— JJ, ascolta! Non possiamo aspettarvi!»
«Ci sto lavorando! Me ne occupo io! Sono uno che risolve i problemi. Tu resta nella Matrix, d'accordo? Ripeto—»
Le parole di JJ furono messe a tacere da un rumore acuto.
«JJ?» chiese John B dopo un po'.
«Cazzo!» urlò prima di staccare.
«Figlio di puttana...» mormorò il castano, assumendo un'espressione frustrata. «Giuro che lo ammazzo» borbottò, poi.
Ophelia sospirò esausta. Non erano neanche arrivati in Sud America e i problemi già avevano fatto capolino. Annoiata, andò ad accomodarsi sui gradini della scala d'imbarco, di fianco a Sarah, Cleo, e Pope, abbassando poi il capo e iniziando a giocherellare nervosamente con le sue stesse dita. Ancora non riusciva a credere che genitori di Kiara l'avessero davvero spedita in quel posto contro la sua volontà, allontanandola da tutti loro. Kiara li avrebbe certamente odiati, e il suo odio sarebbe stato più che comprensibile. Erano arrivati al punto di rottura totale.
Neanche voleva immaginare il suo stato d'animo attuale, al modo in cui si sentiva lì da sola e lontana da tutti loro. Doveva essere orribile. Ma era abbastanza certa del fatto che JJ l'avrebbe tirata fuori, e probabilmente quella situazione avrebbe dato a lui anche la spinta giusta per rendersi conto del fatto che fosse all'altezza di stare con Kiara. Insomma, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, anche rinunciare al Sud America e a El Dorado, e lo stava dimostrando.
Lanciò un veloce sguardo a John B, che camminava freneticamente avanti e indietro, e riusciva a comprendere anche lui. Suo padre era un ostaggio, e più il tempo passava, più si poteva mettere male per lui. Rischiava di perderlo per la seconda volta.
Potevano solo aspettare quanto più tempo possibile e sperare che non succedesse nulla in quelle otto ore, altrimenti sarebbero stati costretti ad andare via senza JJ e Kiara, che, Ophelia ne era certa, avrebbero trovato un modo per raggiungerli grazie al ragazzo e ai suoi piani folli.
Aspettare.
Ophelia aveva sempre odiato l'attesa, in particolare quando in ballo c'era qualcosa di grosso. Era come se i minuti e i secondi portassero dei macigni sulle loro spalle e si muovessero nella maniera più lenta possibile.
Improvvisamente, mentre era immersa nei suoi pensieri, una Jeep si avvicinò alla pista d'atterraggio e, successivamente, a loro.
«Oh Dio, ci mancava solo lui» mormorò fra sé e sé Ophelia mentre guardava Topper scendere dal veicolo.
Sarah, alla sua vista, gli andò davanti.
«Ciao, Sarah — iniziò il ragazzo — Che ci fai qui? Sei venuta a vedere John B che parte?» chiese, facendo riferimento al fatto che lui avesse ritirato la denuncia perché Sarah gli aveva detto che John B sarebbe partito, ma che lei sarebbe rimasta. Evidentemente, aveva scoperto la verità.
«Mi dispiace, io... non ti ho chiamato. Avrei dovuto farlo ieri sera» riuscì solo a dire la ragazza.
«Oh, volevi chiamarmi ieri sera? Ok, va tutto bene» disse con tono ironico. «Stavo chiedendo in giro e ho sentito che l'aereo di tuo padre era qui, e ho pensato: "Oh, è interessante" — annuì, tornando serio tutt'un tratto — Quindi parti con lui?» chiese, irritato.
Seguirono istanti di silenzio durante i quali Ophelia, Cleo e Pope si lanciarono una veloce occhiata. Probabilmente se al posto di Topper ci fosse stato un altro ragazzo, la rossa avrebbe provato pena per lui: era stato lasciato per John B, era stato adulato dalla ragazza che amava solo per ottenere due favori, e ora stava scoprendo che quella stessa ragazza sarebbe partita con colui che l'aveva picchiato invece di restare come aveva promesso.
Peccato che si trattasse di Topper, e Ophelia non riusciva a provare pena per lui, non dopo tutto ciò che aveva fatto, e soprattutto non dopo che, guardandolo, rivedeva il loop la scena di lui che affogava il suo migliore amico. Era una cosa che ancora le dava i brividi.
«Parti con lui sì o no, Sarah?» ripeté Topper, questa volta con il tono di voce di chi pretendeva una risposta.
La bionda abbassò il capo prima di annuire lievemente.
Lui mise su un'espressione delusa e ferita. «Sei solo... sei solo una... stramaledetta bugiarda, Sarah Cameron. Sei sempre stata una bugiarda. Dopo tutto quello che abbiamo passato, questo è il ringraziamento? — scosse la testa — Ne ho abbastanza, ok? Mi avevi promesso che John B se ne sarebbe andato e che saresti rimasta con me. Mi dispiace, ma non posso continuare a farmi del male» continuò, mettendo in evidenza anche il suo fastidio.
«Ehi, Top, hai già un occhio nero» lo prese in giro Pope.
«Perché non stai zitto, Pope?» lo fulminò con lo sguardo prima di rivolgersi al castano. «E tu, John B, dovresti essermi grato per non aver reagito alla festa. Sai come sarebbe finita» si avvicinò a lui.
«Mi dispiace, non ci casco» rispose il ragazzo, mettendo su un sorrisetto. «Hai ragione. Mi avresti fatto male» scrollò le spalle.
Topper fece una risatina amara. «Io... ho saputo che è bruciato lo Chateau. Che peccato. Com'è successo?» lo provocò.
Ophelia spalancò gli occhi. «Cavo elettrico difettoso un cazzo. È stato lui!» lo accusò la rossa.
Era davvero disposto ad uccidere per semplice gelosia?
«Oh, beh, Ophelia, questa è un'accusa pesante» le rivolse un sorrisetto. Poi fece qualche passo indietro, guardandoli uno ad uno. «Vi auguro una vita felice, ok?» salì sulla sua Jeep e andò via.
«Lui è quello che chiamate Kook?» chiese Cleo a Ophelia e Pope.
Quest'ultimo annuì. «Oh sì. Al 100%».
«La definizione di Kook in persona» concordò la rossa, mettendo su un'espressione disgustata.
«È stato lui a bruciare lo Chateau. Incredibile» disse Sarah, ferita e delusa.
«E ti meravigli? Topper non è diverso dagli altri Kook, Sarah — replicò Ophelia — Piuttosto, credo che adesso niente lo fermi dal denunciare John B».
«Anzi, ha solo motivi in più per farlo» annuì Pope.
Il castano si passò nervosamente una mano fra i capelli. «Non possiamo aspettare otto ore...»
«Ascoltate, appena sentiamo la polizia arrivare, ce ne andiamo, ok?» li guardò la bionda.
Alla fine, decisero di annuire e di continuare ad aspettare JJ e Kiara, speranzosi che ci mettessero meno di otto ore.
Ophelia era abbastanza certa del fatto che Topper, ora, avrebbe denunciato John B, e dovevano solamente sperare che la polizia avesse casi più urgenti di un'aggressione. Ciononostante, Topper non solo era un Kook, ma era anche il nipote del Giudice, quindi la sua denuncia sarebbe subito stata messa al primo posto.
Nervosa ed esausta, iniziò a giocherellare con i suoi capelli. Se avesse saputo tutto quello, sarebbe rimasta a casa a riposare e avrebbe raggiunto la pista ad atterraggio la sera, ma oramai era lì e non poteva che aspettare mentre si chiedeva cos'altro sarebbe successo e chi altro li avrebbe raggiunto per mettergli i bastoni fra le ruote.
E quando arrivò la sera, il sole scomparve e il buio li avvolse, ebbe la risposta a quella domanda nel momento in cui, sgranandosi le gambe e allontanandosi di poco, vide una moto correre velocemente verso l'aereo.
Spalancò gli occhi, riconoscendola come la moto di Rafe, e si chiese per quale diavolo di motivo fosse lì. Poteva solo sperare che non fosse lì per intralciarli e per immischiarsi in una missione in cui non c'entrava nulla. Quell'aereo era il loro e lui non poteva prenderlo.
Ma poi si rese conto che dietro di lui ci fosse qualcun altro, e lei non riusciva a capire chi a causa del fatto che avesse il casco. Rafe, velocemente e agitato, fermò la moto e scese da essa.
«Ehi, va bene, va tutto bene, papà. Andiamo. Ti aiuto io» prima che potesse aiutarlo, l'uomo cadde dalla moto, gemendo dolorante.
Ophelia, così come i suoi amici, era paralizzata davanti alla visione di un Rafe agitato e di un Ward sanguinante sull'asfalto. Solo in quel momento si rese conto che il sangue provenisse dalla sua gamba.
«Va tutto bene, vieni! — Rafe si inginocchiò al suo fianco, cercando di aiutarlo — Forza, voi, aiutatemi!» urlò contro i ragazzi.
Loro, però, rimasero fermi ad osservare la scena senza parole. Ophelia riusciva solo a guardare le nocche sanguinanti di Rafe e la maglia impregnata di sangue di Ward così come Sarah. John B, Pope e Cleo, dal canto loro, non nutrivano così tanto desiderio di aiutare quell'uomo e quel ragazzo, in particolare i due ragazzi.
«Non restate lì fermi. Ho bisogno di aiuto! Ophelia, aiutami! Per favore!»
Fu la voce supplichevole di Rafe a risvegliarla dai suoi pensieri. Deglutì, e mettendo da parte l'odio nei confronti di Ward, corse verso di loro, aiutando l'uomo ad alzarsi e passandosi un suo braccio attorno alle spalle insieme a Rafe.
«Cos'è successo, Rafe?!» disse a denti stretti.
«Saliamo sull'aereo!» ansimò Rafe. «Andiamo, ce la farai, papà».
Ophelia, visibilmente scossa, aiutò il ragazzo a far avanzare Ward verso l'aereo, e non con poche difficoltà.
«Un pescatore l'ha visto. Ora sanno che è vivo» li avvisò Rafe quando passò davanti agli altri. «Dobbiamo portarlo subito via dall'isola» aggiunse.
Una volta arrivati dinnanzi alla scala di imbarco, Rafe fece aggrappare Ward su di sé e lo portò all'interno del velivolo mentre Ophelia rimase fuori, scossa e senza parole.
«Oh merda, non può essere vero...» iniziò ad agitarsi Sarah, camminando nervosamente e passandosi una mano fra i capelli.
«Prendi il mio zaino. Ho portato delle fasce» le disse la rossa.
La sua amica annuì prima di correre nell'aereo, lasciandoli da soli.
«Cosa... cosa cazzo è appena successo?» chiese Cleo, sbattendo le palpebre con perplessità.
Ophelia scosse la testa. «Non ne ho idea, so solo che dobbiamo andare, ragazzi — li guardò — Avete sentito Rafe. È questione di tempo prima che arrivi la polizia» disse.
«No, non se ne parla. Non possiamo salire con lui sull'aereo. I patti non erano questi» scosse la testa Pope. «Assolutamente no» aggiunse.
«Beh, andiamo lo stesso o no?» chiese la mora a John B, rimasto in silenzio fino a quel momento.
«Ho dato le fasce a Rafe» disse Sarah, uscendo.
«Quindi viene anche lui?»
«Non doveva esserci» sospirò la bionda, avvicinandosi al suo fidanzato. «Se rimane su quest'isola, verrà arrestato» disse.
«Non credo che tu capisca. Non posso salire sull'aereo con quell'uomo!» ribatté John B.
«Questo è il suo aereo! — lo fermò Sarah — Non posso impedirgli di partire, e comunque ci porterà sull'Orinoco, ma se non vuoi salire sull'aereo, lo capisco. Troveremo un altro modo di andarci!»
«Non c'è un altro modo» intervenne Ophelia, facendo voltare John B. «Senti, ascolta. So che preferiresti gettarti giù da un dirupo piuttosto che salire sull'aereo con Ward, ma è l'unico modo che abbiamo per salvare tuo padre, e più il tempo passa, più la situazione peggiora. Inoltre Topper ti ha sicuramente denunciato, e non puoi restare qui» cercò di fargli capire, guardandolo.
Neanche lei impazziva all'idea di partire con Ward, e aveva terribilmente paura che potesse fregarli, ma non avevano altra scelta. Oltretutto, se avesse provato a fare qualcosa, loro erano in cinque, e lui era addirittura ferito.
«Ha ragione... — disse dopo un po' John B — Non c'è un altro modo» li guardò uno ad uno. «Coraggio, andiamo» aggiunse, annuendo.
«Andare con loro?» chiese Pope, scettico.
«Sì, non abbiamo altra scelta» rispose il castano.
«Atteniamoci al piano. Coraggio» cercò di convincerlo Cleo.
Improvvisamente, uscì un Rafe agitato e sudato dall'aereo. «Andrà tutto bene... andrà tutto bene» e si fermò quando davanti si ritrovò il volto di Pope, che ancora provava tanta rabbia e tanto odio nei suoi confronti.
Si guardarono per qualche secondo, e per un attimo Ophelia temette che Pope potesse avventarsi contro di lui. Era certa che nella sua mente stesse immaginando la Croce fusa. Inaspettatamente, fu Rafe a fare il primo passo e a superarlo. Quando gli passò di fianco, però, Pope gli mise una mano sulla spalla, facendolo fermare.
«Non finisce qui» lo avvisò.
Fortunatamente, Cleo riuscì a farlo calmare e a farlo salire sull'aereo.
Ophelia si mordicchio il labbro inferiore prima di mandare un messaggio a JJ, informandolo del fatto che sarebbero partiti di lì a poco. Quando rimise il cellulare in tasca, vide Sarah pronta a salire.
Lei e Rafe si guardarono.
«Prenditi cura di lui» le disse poco dopo, e Sarah, in risposta, lo superò ed entrò nell'aereo.
«Se gli farai qualcosa, qualsiasi cosa, giuro che ti troverò» avvisò Rafe, avvicinandosi a John B.
Anche quest'ultimo lo ignorò e raggiunse gli altri.
Mancava solo Ophelia, che mandò giù il gruppo che le si era formato in gola, e, sotto lo sguardo di Rafe, si avvicinò alla scala di imbarco.
«Ophelia...» le avvolse delicatamente la mano attorno al polso, facendola fermare.
Lei si voltò lentamente verso di lui, osservando il suo volto madido di sudore e l'espressione di chi aveva avuto davvero paura di perdere suo padre. «Sei stato tu, vero?» domandò cautamente.
«Co— cosa?» quasi balbettò.
«Ti conosco, Rafe. Non voleva farti spiccare il volo e hai deciso di sbarazzartene, vero? Solo che poi te ne sei pentito, ma era troppo tardi e lo hanno comunque colpito. È andata così, no?»
Conosceva oramai Rafe come le sue tasche, ed era davvero in grado di prevedere e comprendere ogni sua mossa. Dal canto suo, Rafe, si rese effettivamente conto di quanto lo conoscesse.
Se negli occhi di Sofia vedeva l'immagine di un perfetto Rafe, negli occhi di Ophelia vedeva ciò che era davvero. Vedeva i suoi crimini, i suoi errori, tutto ciò di cui voleva sbarazzarsi. Lei lo conosceva, forse fin troppo bene, e sapeva che non fosse perfetto come, invece, avrebbe voluto essere.
«Io— io ho pensato a te, e... beh, non credo che ti avrebbe fatto piacere» ammise poco dopo il ragazzo, grattandosi nervosamente la nuca. «E poi... conta questo, no? L'ho fermato e l'ho salvato, giusto?» la guardò intensamente.
Ophelia sospirò, riconoscendo i suoi manierismi, i suoi suoi tic ansiosi e le sue parole confusionarie. Riconobbe il suo disperato bisogno di conferma e accettazione.
«Ero arrabbiato, ero... ero così incazzato, e così—»
«L'hai fermato...» concluse per lui, prendendo un profondo sospiro.
Gli occhi di Rafe si illuminarono. «Esatto. Esatto. Lui è... lui è ancora mio padre» continuò.
Lei alzò flebilmente l'angolo destro della bocca. «Giusto. È ciò che conta, no?» chiese, incerta.
«Già, ehm... — si fermò per un attimo, inumidendosi le labbra — Vi... vi prendere cura di lui, vero? Tu e Sarah. So che gli altri non lo faranno».
«Comprensibilmente».
«Non mi fido di loro» andò dritto al punto. «Neanche di Sarah in realtà, ma di te...» si fermò per qualche secondo.
Quasi gli occhi le si illuminarono. «Anche dopo che ti ho buttato giù dalla sua barca?» chiese.
Fece una risatina lieve. «Che ne dici se... ecco, risolviamo la questione al tuo ritorno?» propose, e per la prima volta parve essere incerto.
Ophelia annuì. «D'accordo» rispose. «Ehi, sono felice che tu non abbia portato a termine il piano. Sul serio» aggiunse poco dopo.
Rafe la guardò per qualche secondo prima di fare un lieve sospiro. I suoi occhi, poi, caddero sull'anello con cui stava giocherellando nervosamente da qualche secondo, e, senza pensarci due volte, se lo sfilò.
«Voglio che lo abbia tu» glielo porse, guardandola. «Insomma, io ho qualcosa di tuo» le fece presente, strappandole una risatina che lo portò a sorridere lievemente.
Ophelia afferrò l'anello dorato con il sigillo circolare. Era semplice, ma era senza dubbio costoso. Rafe lo portava da anni. Se la memoria non la ingannava, lo indossava anche la prima volta che si erano incontrati quando lui aveva diciassette anni. Era senza dubbio affezionato a quell'anello, e il fatto che glielo stesse cedendo, le scaldava il cuore.
«Carino» commentò, infilandolo all'anulare della mano sinistra.
Quando in lontananza sentirono il rumore delle sirene della polizia, si resero conto del fatto che fosse arrivato il momento di dividersi.
«Devo... devo andare» lo guardò.
Rafe annuì, inumidendosi le labbra. «Fa' attenzione, ok?» si raccomandò.
Ophelia si limitò a fargli un flebile sorriso, e rimasero ad osservarsi per qualche secondo, entrambi vogliosi di dire altro, fare altro, ma rimasero fermi. Non si erano mai esposti davanti a nessuno, mai, e men che meno desideravano farlo davanti ai Pogues. Insomma, erano a conoscenza di quel legame, ma di certo non desideravano vedere la loro amica baciare Rafe Cameron. Probabilmente era già tanto aver assistito a quella chiacchierata.
Un ultimo cenno del capo e lei si voltò, salendo sull'aereo e raggiungendo i suoi amici. Si sedette di fianco a Cleo, stravaccandosi sul sedile e poggiando gli occhi sull'anello. La mora al suo fianco attirò la sua attenzione con una lieve gomitata.
«Tutto ok?» le mimò.
Ophelia annuì. «Tutto ok» confermò.
Improvvisamente, Ward, gemendo dolorante, si rimise in piedi e richiamò a sé Rafe.
«Grazie. Sei un bravo ragazzo».
«Non ringraziarmi, non è vero, non lo sono».
«Ascoltami. Non importa cosa fai, ma importa come ne esci alla fine. Guardami! So quello che hai fatto, ok? E non mi importa, perché sei tornato per me, Rafe. Ora sei tu al comando. È tuo tutto quello che è qui. È tuo, sei un uomo ora. Hai dimostrato di esserne degno, ok? Sei un uomo. Ti voglio bene, Rafe».
Dopo un abbraccio, Ward tornò sull'aereo che, subito dopo, decollò sotto lo sguardo di Rafe.
Ophelia lo vide rimpicciolirsi dal finestrino man mano che prendevano quota, e riuscì solamente a pensare di essere felice per il fatto che ora potesse vivere la sua vita per davvero.
La domanda era solo una.
Lei avrebbe fatto parte vita che Rafe Cameron desiderava crearsi?
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