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053 meglio non ubriacarsi

capitolo cinquantatré
( meglio non ubriacarsi )





Il mattino successivo si riunirono tutti quanti allo Chateau, trovando John B in compagnia di suo padre. Il primo a correre nelle braccia di quell'uomo fu JJ, che lo strinse forte, venendo ricambiato da Big John, che lo considerava il suo secondo figlio. Salutò anche Pope e Kiara, e fece la conoscenza di Cleo. Infine poggiò gli occhi su Ophelia, che lo guardava con un dolce luccichio. La barba gli era notevolmente cresciuta, così come i capelli, eppure rimaneva sempre il grande e buono Big John che aveva conosciuto quando aveva solo otto anni.

«Oh, la mia piccolina è cresciuta così tanto» disse l'uomo, guardandola con un sorriso e avvolgendola nelle sue possenti braccia.

«Mi sei mancato tanto» sussurrò la ragazza, affondando il volto nel suo petto.

Big John ridacchiò flebilmente. «Anche tu, tesoro. Anche tu...» le accarezzò i capelli, facendola sorridere.

Poco dopo, si riunirono tutti quanti in giardino, vicino al cerchio fatto di pietre che, di tanto in tanto, riempivano col fuoco per accendere un falò. Fu lì che John B disse ai suoi amici di essere andato al Museo di Charleston con suo padre per cercare qualcosa che potesse aiutarli con la ricerca di El Dorado.

«Sì, siamo andati agli archivi a Charleston, e... — si fermò per qualche secondo — Un vicolo cieco» disse infine.

«Accidenti» mormorò JJ.

«Niente da fare, perciò...»

«Ok, prima l'oro, poi la Croce e ora El Dorado. Sono tre su tre, ragazzi» fece presente Pope. «Andiamo di bene in meglio» disse con sarcasmo.

Kiara scosse la testa, angosciata. Fu la prima ad andare via, seguita da Pope e Cleo. John B, dal canto suo, teneva lo sguardo basso, ed era evidente che si sentisse in colpa, ma per cosa?

Era quello che si chiedeva Ophelia mentre lo guardava. Per quale motivo sembrava sentirsi così in colpa nei loro confronti? In fondo non era colpa sua.

A meno che non avesse mentito riguardo a qualcosa.

Ma niente segreti tra Pogues, e John B non avrebbe mai omesso la verità a nessuno di loro.

Se Ophelia credeva che non esistesse una notizia peggiore del fallimento, dovette ricredersi nel momento in cui, andando con Pope a scuola per chiedere se potessero tornare a frequentarla, avevano scoperto che, in realtà, non si sarebbero neanche potuti diplomare. A quanto pareva, avevano perso ventisette giorni di scuola, cioè quasi sei settimane, e non avevano maturato abbastanza ore per essere ammessi all'anno successivo.

Sapere che non sarebbe riuscita a prendere il diploma era stato davvero umiliante per Ophelia, ma a renderla ancora più angosciata era stato lo sguardo di suo padre. Non era deluso, e in fondo era consapevole del fatto che non fosse colpa di sua figlia se era diventata una naufraga, ma era raro riuscire a diventare qualcuno e fare qualcosa di concreto senza un diploma. Voleva semplicemente il meglio per sua figlia, ma sapeva che sarebbe stato difficile crearsi un futuro senza quel pezzo di carta.

Ophelia non poteva che riporre fiducia, ancora una volta, nei Pogues. Erano la sua squadra e ne sarebbero usciti fuori insieme, in qualche modo. Magari avrebbero lavorato allo stesso posto, avrebbero messo su una loro attività. Non ne aveva idea, ma sapeva che lo avrebbero fatto insieme.

Questo, comunque, non toglieva che Ophelia fosse al dir poco scossa, angosciata e frustrata. Avrebbe voluto trascorrere del tempo con i suoi amici per rimettersi emotivamente in senso, ma Cleo e Pope erano ai lavori forzati, Kiara non poteva uscire, Sarah aveva discusso con John B e sarebbe andata ad una festa a Mase con i Kooks per cercare di non pensarci, JJ era in giro a cercare lavoro e John B era chissà dove con suo padre.

Ergo, Ophelia era maledettamente sola insieme alla sua miscela di emozioni negative che desiderava non provare, e quale soluzione migliore di anestetizzare ogni cosa ubriacandosi?

Erano da poco scoccate le due di pomeriggio e si trovava da circa un'ora al Tiki Bar. Lo aveva trovato aperto e ci si era infilata, dando al barista tutti i soldi che aveva e chiedendogli di darle, in cambio, quanto più alcol potesse bere con quel denaro.

Scettico ma divertito, il giovane Chris aveva accettato, riempiendola di birra e di shottini che stavano permettendo alla ragazza di non sentire nulla e non di provare nulla. Né l'angoscia per aver fallito tre volte su tre, né la tristezza per il mancato diploma, né la paura del futuro, né la solitudine, né la mancanza quasi viscerale che provava nei confronti di Rafe Cameron.

Il nulla più totale.

Si limitava a starsene lì a bere, ad ingurgitare quintali e quintali di alcol, e quasi sentiva il suo fegato chiederle pietà. Il solo pensiero la portò a ridacchiare inconsapevolmente, attirando l'attenzione del barista. 

«Mi auguro tu non stia ridendo di me» le disse divertito, poggiandosi al bancone e piegando i gomiti.

Ophelia alzò gli occhi su di lui, cercando di focalizzare i tratti del suo viso (per quanto la vista sfocata glielo permettesse). Aveva gli occhi scuri, quasi le veniva da dire che fossero neri, ma non ne aveva la certezza assoluta. Era però piuttosto sicura che avesse i capelli castani e un filo di barba.

«Uhm... no — scosse la testa vigorosamente — Rido perché ho pensato al mio fegato, sai?»

«Al tuo fegato?» ripeté confuso, ma anche piuttosto divertito.

Lei annuì. «Sì. Immaginavo il mio fegato chiedere pietà, tipo come la nuvoletta nei fumetti. Hai presente, no? Ecco, e questo mi ha fatto ridere perché un fegato non parla... giusto?» lo guardò, quasi come se cercasse conferma in lui.

Chris fece una flebile e dolce risata. «No, Anna dai capelli rossi. Il fegato non parla» le rispose.

«Anna dai— Mi chiamo Ophelia. Ophelia dai capelli rossi» fece un sorriso, alzando l'indice quasi come se avessi avuto l'illuminazione del secolo.

«Ophelia, sì, d'accordo» ridacchiò. «Sai cosa penso, Ophelia? Che tu abbia bevuto davvero troppo e che debba solo tornare a casa a riposarti» le consigliò, sfilandole delicatamente l'ennesimo shottino dalle mani.

Ophelia aggrottò le sopracciglia. «Quello l'ho pagato!» si sbracciò nel tentativo di riprenderlo, ma il ragazzo la fermò. «Ehi!» protestò, imbronciata.

«Senti... — iniziò, guardandola — Perché non mi dai il tuo telefono? Così posso chiamare qualcuno che venga a prenderti» le propose dolcemente.

La rossa mise su un'espressione pensierosa prima di fare un profondo sospiro scoraggiato. «Sono tuuutti occupati. E poi il mio telefono è nuovo, quindi non ho molti numeri. Sai, sono diventata una naufraga e sono finita su un'isola deserta assieme ai miei amici per oltre un mese. Poi sono stata anche rapita da un caraibico sempre col broncio. Non è stato per nulla divertente, ma poi io e il mio partner ci siamo liberati e siamo spariti da quella casa come Houdini. Sai, no? Puff, scomparsi. E poi—»

«Ehi, ehi, ehi. Aspetta, ok?» Chris la fermò, poggiandole una mano sulla spalla.

«Cosa? Non vuoi ascoltarmi?» sporse il labbro inferiore in avanti, assumendo un'espressione triste.

«Certo che voglio ascoltarti, e sembra davvero una storia incredibile, ma devi assolutamente darmi il nome di qualcuno da poter chiamare. Io devo allontanarmi e tu non puoi restare qui in queste condizioni. Lo capisci, vero?» cercò di spiegarle, guardandola negli occhi con una lieve preoccupazione.

Ophelia mantenne lo sguardo, mordicchiando il labbro inferiore. «Beh... ci sarebbe qualcuno, ma non ho il suo numero, e l'ultima volta l'ho spinto da una barca quindi... Rafe Cameron. Lo conosci? Certo che lo conosci. Chi non conosce quel ragazzo?» quasi rise istericamente.

Il ragazzo sbatté le palpebre per qualche secondo, visibilmente confuso. «Hai spinto da una barca Rafe Cameron?» mormorò.

«Sicuro. Forse mi odia. O forse no. Chi può dirlo» si strinse nelle spalle.

«Ok, mi congratulerò con te quando ti rimetterai» le disse divertito. «Ho il numero di Rafe segnato. Spesso ordina l'alcol qui. Dammi un secondo. Non muoverti» ordinò.

Lei annuì. «Non mi muovo, capo» imitò il saluto militare. «Lo schizzinoso Rafe Cameron ordina alcol qui...» rise fra sé e sé.

Sospirò, guardandosi attorno e poggiando la testa sul palmo della mano. Osservò la distesa azzurra al di fuori dal locale, giocherellando con una ciocca di capelli e attendendo che Chris facesse il suo ritorno.

Ophelia, dal canto suo, non aveva ben capito cosa stesse succedendo. Non riusciva a riflettere in maniera lucida, e la sua mente non era in grado di mettere su un solo pensiero che avesse un minimo di senso logico. Era come se tutto girasse e lei non riuscisse a concentrarsi su nulla.

Improvvisamente, sentì Chris avvicinarsi. «Ehi» la richiamò, facendola voltare.

«Ehi! — quasi strillò — Cosa dice il Padrone di Tannyhill?» chiese divertita.

Lui ridacchiò, scuotendo la testa. «Non sembrava molto felice, ma dice che verrà e che non devo farti muovere. Si trova a due passi da qui» rispose.

Ophelia ruotò gli occhi al cielo. «Vedi? È proprio questo il problema! Quel ragazzo crede di avere il controllo su ogni cosa, anche su quelle che non gli appartengono. Come la Croce del mio amico Pope. È così avido ed egoista...» borbottò.

«Ma tu lo hai spinto giù dalla barca» fece presente Chris, ricordando le sue parole.

«Oh sì, e i sensi di colpa mi mangiano da quel momento, ma sai una cosa? Ho fatto bene — batté l'indice sul bancone — Sì, io... io ho fatto bene. La legge del più forte, il cerchio della vita... Così dice il mio fratellone JJ».

«Hai un fratello?»

«Non di sangue, ma Jay è mio fratello, sì» annuì convinta. «Un fratello che sa come dirottare un cazzo di treno. Ma ci pensi?» ridacchiò.

Chris sorrise «Hai una vita molto movimentata o sbaglio, Ophelia?» le domandò, curioso.

«Molto movimentata, sì. Mi stupisce il fatto che io sia ancora viva, in realtà. Sarei dovuta morire in estate quando ci hanno seguiti con la barca, o quando una vecchia ci ha puntato contro—»

«Ophelia» le sue parole vennero fermate da una voce dura e fredda che conosceva oramai bene.

La ragazza si voltò, trovandosi davanti un Rafe piuttosto imbronciato. Aveva la mascella serrata e la guardava come se volesse strangolarla.

«Ehi! Il Re di Tannyhill è qui!» fece un finto applauso. «Visto, Chris— Oh, lo hai spaventato ed è andato via» mormorò quando, voltandosi, non vide più il ragazzo.

Rafe sospirò. «Cazzo, sei ubriaca alle due del pomeriggio?» la guardò da capo a piedi.

«Ubriaca, io? No, no. È Chris che esagera. Io sto benissimo. Sul serio!» scese dallo sgabello. «Posso anche dartene una prova» mise su un sorrisetto.

Ma appena fece due passi verso Rafe, quasi cadde fra le sue braccia, e il ragazzo la resse immediatamente, poggiandole le mani sulle spalle e tenendola su.

«Ops...» sussurrò la rossa.

«Sei decisamente ubriaca» disse il ragazzo, visibilmente scocciato. «Forza, andiamocene» le afferrò il polso.

«Ehi! Io voglio resta—»

«Ascoltami! — disse a denti stretti, costringendola a guardarlo negli occhi — Non te lo sto chiedendo, ok? Ora ce ne andiamo di qui! Ci stanno già guardando tutti!» aggiunse mentre la vena al collo iniziava a pulsare dalla rabbia.

«Oh, non sia mai che Rafe Cameron faccia una figuraccia» disse ironicamente.

Il ragazzo, in risposta, la trascinò con sé fuori dal locale nonostante le proteste di Ophelia. La ignorò e continuò a camminare verso il suo Range Rover, aprendo la portiera del lato del passeggero.

«Sali» ordinò, non accettando repliche.

La rossa inarcò un sopracciglio. «Da quando sei diventato mio padre?» chiese. «Sai che non sempre puoi ottenere quello—»

Prima che potesse finire, Rafe l'aveva già spinta nell'auto e aveva richiuso la portiera.

«Stronzo!» sbraitò lei, dando un pugno al finestrino.

Quando il ragazzo si accomodò al suo fianco, si passò nervosamente una mano sul capo, grattandosi la nuca.

«Si può sapere che diavolo ti prende?» iniziò cauto, voltandosi verso di lei.

«Cosa mi prende? Volevo solo bere un po'. Cos'è? Non è più ammessa una cosa del genere?» incrociò le braccia sotto il seno, guardandolo.

«Hai almeno una vaga idea di che ore siano?» replicò con stizza.

Lei scrollò le spalle. «Da qualche parte nel mondo è l'happy hour... o così dice JJ» mormorò.

«Così dice JJ... — ripeté, ridendo amaramente — Certo, ascoltiamo il figlio di un alcolizzato...» disse con sarcasmo.

Ophelia si inumidì le labbra. «Uhm, dovrei ascoltare le parole di un ex cocainomane? Meglio?» ribatté piccata. «A proposito, ti vedi ancora con... Barry? Sì, esatto, lui. Ti aveva denunciato alla polizia o sbaglio? Non mi sono mai congratulata».

A quelle parole, Rafe strinse la mascella con rabbia, guardandola con disprezzo. Ma non urlò né sbraitò. Si limitò a inspirare quanta più aria possibile prima di espirarla con una calma insolita.

«Hai bevuto troppo» disse secco prima di mettere in moto e partire.

«Non è vero — scosse la testa, lasciandosi andare con il sedile — O forse sì?» aggrottò le sopracciglia.

Lui le lanciò una veloce occhiata. «Sì, decisamente. E io non dovrei essere qui, ma sulla mia cazzo di barca a concludere i miei affari» borbottò.

«Ma invece sei qui...» mormorò lei, guardandolo.

Rafe rimase in silenzio per qualche secondo, tenendo lo sguardo fisso sulla strada.

«Perché sei qui?» chiese in un sussurro.

«Perché sono qui? Beh, vediamo... un barista mi chiama improvvisamente dicendo che una mia amica, una certa Ophelia, è completamente ubriaca nel suo bar. Ecco perché sono qui» disse con freddezza.

«Beh, non saresti dovuto venire. Non nutro molta simpatia per te al momento» borbottò lei, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli.

A quelle parole, Rafe rilasciò una risatina priva di divertimento. «Non nutri simpatia per me... Ok, bene... Ricordi cos'è successo l'ultima volta che ci siamo visti? Sbaglio o sono stato buttato giù dalla mia stessa barca dopo essermi fidato?» replicò con rabbia, ma anche con un pizzico di delusione.

Ophelia abbassò lo sguardo a quelle parole, sentendo i sensi di colpa tornare a infastidirla. Sospirò profondamente, chiudendo gli occhi e poggiando la testa contro il finestrino.

Rimasero in silenzio per qualche minuto e Ophelia non sapeva dove stessero andando, ma quando vide l'auto fermarsi a pochi passi dal molo, lì dove lavorava Guffy, aggrottò le sopracciglia.

«Che ci facciamo qui?» chiese confusa.

Sfilò le chiavi dalla toppa. «Non ti porto a casa in queste condizioni. Dare spiegazioni a tuo padre non rientra nei miei programmi di oggi. Forza, scendi» le ordinò, abbandonando l'auto.

Ophelia non se lo fece ripetere due volte e aprì la portiera. Nel momento in cui fece per camminare, però, si ritrovò a barcollare, appoggiandosi sul cofano e stringendo gli occhi con forza.

«Grandioso» borbottò Rafe, ritrovandosi a fare il giro del veicolo e andando da lei.

Prima che Ophelia se ne potesse rendere conto, il ragazzo l'aveva già presa a mo' di sposa, e lei allacciò le braccia attorno al suo collo, sorpresa.

Si ritrovarono vicini, e la rossa si prese del tempo per osservarlo, sfiorandogli lo zigomo sinistro con i polpastrelli delle dita. Rafe, intanto, fremeva sotto il suo tocco mentre avanzava verso il molo.

«Vuoi gettarmi in acqua?» mormorò lei sulle sue labbra.

Lui alzò l'angolo destro della bocca. «Sono molto tentato, ma ho altre priorità al momento» rispose.

«Hai altre priorità ma sei comunque venuto da me quando Chris ti ha chiamato» sussurrò Ophelia, accarezzandogli la nuca.

Rafe fece un profondo sospiro. «L'ho fatto» si limitò a dire prima di salire sulla barca e fare attenzione a non farla cadere.

«Ehi, visto? Alla fine la barca era in ottime condizioni!» esclamò, guardandosi attorno.

«Avrei preferito che non mi venisse rubata» replicò, secco.

Ophelia ruotò gli occhi al cielo, accoccolandosi poi al petto di Rafe e inspirando la sua acqua di colonia. Lui, in risposta, strinse di più la presa prima di portarla nella cabina della barca e adagiarla sul morbido materasso presente.

«Rimani qui finché non ti passa».

«Rafe!» Ophelia gli avvolse la mano attorno al polso, facendolo voltare.

Lui osservò il loro contattato per qualche secondo prima di poggiare gli occhi su di lei. «Cosa?»

«Resta qui» sussurrò, quasi supplicandolo con lo sguardo. «Cinque minuti...»

Rafe parve lottare contro se stesso, e lei lo comprese dai suoi occhi. C'era una sua parte che gli suggeriva di andare via, di non permetterle di avvicinarsi dopo aver tradito la sua fiducia. Poi c'era un'altra parte, quella che non riusciva a resisterle, quella che, nonostante la pugnalata alle spalle, gli diceva di concedersi almeno cinque minuti con lei. Non significava necessariamente perdonarla, ma solo ascoltare se stesso e i suoi desideri.

E così, prima ancora che potesse rendersene conto, si era già seduto sul letto al suo fianco, strappandole un debole sorriso. Ophelia sentiva il bisogno di stargli accanto, soprattutto per come si erano messe le cose tra di loro, e soprattutto dopo aver tradito la sua fiducia. Ciononostante, se fosse stata lucida, non si sarebbe mai comportata in quel modo, mentre adesso era evidente che agisse decisamente spinta dall'alcol.

«Perché sei rimasto a Tannyhill? Credevo saresti andato via» prese improvvisamente parola la ragazza.

«Mio padre voleva che andassi via. Voleva che ricominciassimo una nuova vita, e che vendessi l'attività e Tannyhill — si fermò un attimo, mettendo su un sorrisetto — Io ho deciso che sarebbe stato meglio rimanere qui ed espandere l'azienda».

Ophelia, sebbene la poca lucidità, comprese le sue parole e ridacchiò. «Hai trovato il coraggio di metterti contro di lui. Complimenti!» e nonostante lo stesse dicendo fra le risate, si stava davvero congratulando con lui.

Era felice per il fatto che stesse iniziando a prendere le decisioni in maniera autonoma senza l'influenza di Ward. Era felice per il fatto che stesse iniziando a vivere per stesso.

«Insomma, cosa potrebbe mai fare? Salire sul primo aereo e venire qui? Caspita, sarebbe come rivedere il grande Elvis, non credi? "Ward Cameron, signore e signori! Miracolo, è vivo! È tornato dal regno dei morti!"» continuò Rafe, scoppiando a ridere «È il mio momento di farmi avanti. Lui è morto, e tocca a me» aggiunse subito dopo, tornando serio.

Ophelia, in risposta, chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. «Non alzare la voce. Mi fa male la testa e sta girando tutto...» si lamentò.

«Già, capita quando decidi di scolarti un intero bar, sai?» replicò, ancora piuttosto nervoso.

Lei sospirò. «Ne avevo bisogno. Dovevo... anestetizzare» si giustificò, stringendosi nelle spalle.

«Beh, trova un altro modo per farlo o assicurati che ci sia uno dei tuoi amici Pogue in giro» ribatté. «Sai cosa succede di solito alle ragazze ubriache?» la guardò mentre un guizzo di fastidio gli attraversava gli occhi blu.

«Uhm... beh, non è colpa delle ragazze ubriache. È colpa vostra!» borbottò lei, puntandogli l'indice contro.

Rafe fece un profondo sospiro. «Senti, dico solo che devi smetterla di ubriacarti. Potrebbero approfittarsi di te» andò dritto al punto.

Ophelia lo guardò per qualche secondo, alzando poi l'angolo destro della bocca. «Sarebbe un problema per te?» chiese in un sussurro.

«Decisamente» rispose, secco.

«Sei forse geloso, Rafe Cameron?» domandò ancora, e, con un po' di "coraggio d'alcol", gli allacciò le braccia al collo e salì a cavalcioni sulle sue gambe.

Rafe, inizialmente sorpreso a causa del gesto, si ritrovò a deglutire.

Ophelia si inumidì le labbra. «Insomma, quel Chris era davvero carino. Aveva due grandi occhi neri, e delle labbra che—»

La presa di Rafe sulle sue cosce si fece più forte, portandola a sobbalzare e a zittirsi subito dopo. Fece un sorrisetto malizioso, avvicinandosi ulteriormente al ragazzo e facendo sì che i loro petti si sfiorassero.

«Rafe...» gli soffiò sulla bocca, continuando a tenere gli occhi incollati ai suoi.

«Cosa, Ophelia?» rispose a tono, facendo cerchi immaginari con i pollici sulla pelle nuda delle sue gambe.

La ragazza schiuse le labbra, massaggiandogli la nuca e facendogli rilasciare un sospiro quasi di sollievo.

«So che mi odi per quello che ho fatto, e so che probabilmente ti vendicherai, ma posso...» si fermò per qualche secondo, forse andando alla ricerca delle parole giuste.

«Cosa?» ripeté, continuando ad accarezzarle dolcemente le gambe e a sfiorarle le labbra con le sue.

«Prendiamoci una tregua per qualche minuto».

E senza aspettare un solo altro secondo, le labbra di Rafe furono su quelle di Ophelia. Inizialmente fu un semplice bacio a stampo, e sembrava che entrambi si stessero riabituando a quella morbidezza e a quel calore. Poi, quasi contemporaneamente e di comune accordo, fecero scontrare le loro lingue, che iniziarono a cercarsi e a rincorrersi. Ophelia continuava a tenere le mani dietro la sua nuca, mentre quelle di Rafe avevano iniziato ad accarezzarle la pelle morbida della schiena, infilandosi sotto la canotta celeste.

Avvertendo un certo calore partire dalla parte bassa del ventre, la ragazza, istintivamente, si spinse contro Rafe, muovendo il bacino e facendo scontrare le loro intimità.

«Cazzo» disse di getto lui, gemendole nella bocca.

Ophelia gli sorrise sulle labbra, e fu il suo turno di ansimare nel momento in cui Rafe prese a baciarle la guancia, la mandibola, e poi scese lungo il collo, iniziando a lavorare in un punto ben specifico, leccandolo e mordicchiandolo mentre lei si stringeva forte a lui.

«Rafe...» ansimò quasi in modo imbarazzate, sentendolo ghignare nell'incavo del suo collo.

Rafe Cameron conosceva il corpo di Ophelia, e conosceva tutti i suoi punti deboli. Sapeva dove toccare, cosa accarezzare, e, soprattutto, sapeva come farla impazzire.

Lei, intanto, continuava a mantenere un ritmo regolare mentre si spingeva contro l'erezione di Rafe, oramai ben evidente, ed entrambi emisero un gemito strozzato quando, nonostante gli indumenti, venne colpito il centro esatto di Ophelia, che sentiva di star perdendo del tutto la lucidità.

Gli sfiorò il petto ben definito, scendendo lungo di esso e arrivando ai suoi pantaloni. In un gesto calcolato, gli sfiorò l'erezione, e Rafe, in risposta, le gemette nel collo prima di morderglielo così violentemente da farla quasi urlare.

Fu quando la ragazza iniziò a giocherellare con la cintura che lui si fermò. Si staccò dal suo collo, ansimante e visibilmente eccitato. Fece scontrare le loro fronti e lei lo guardò, accaldata e confusa.

«Non... non vuoi?» chiese con il respiro spezzato, quasi con un tono di voce deluso.

Rafe fece un mezzo sorriso. «Sei ubriaca. So che non ci credi, ma ho un'etica» mormorò, giocando con i suoi capelli e facendo un riferimento alla conversazione avuta poco prima il loro primo bacio. Ricordava ogni cosa.

Ophelia mise un iniziale broncio prima di accasciarsi contro il petto del ragazzo, che, in risposta, prese ad accarezzarle delicatamente la pelle alla base della schiena, facendole rilasciare un profondo sospiro di sollievo mentre si accoccolava sempre di più a lui.

«Sai, vorrei che le cose fossero diverse...» sussurrò la ragazza al suo orecchio, probabilmente senza neanche rendersene conto.

Rafe sospirò a quelle parole, rimanendo in silenzio per lunghi minuti ma non smettendo mai di cullarla e di tenerla stretta a sé. Fu solo quando si rese conto del fatto che si fosse addormentata che l'adagiò sul letto e le poggiò delicatamente un lenzuolo bianco sul corpo minuto.

La osservò per qualche secondo con occhi intrisi di rammarico e amore. Vedeva la ragazza che gli aveva voltato le spalle, e la ragazza che lo aveva spinto ad iniziare un percorso di cambiamento. Vedeva la ragazza che lo aveva colpito con un piede di porco alla schiena, ma vedeva anche l'unica ragazza verso cui avesse mai provato qualcosa.

Vedeva la ragazza che voleva nel suo futuro, ma vedeva anche la ragazza che gli ricordava il suo passato, quello da cui desiderava staccarsi.

Ophelia, dal canto suo, non seppe per quanto tempo rimase a dormire in quella cabina, ma quando aprì gli occhi, venne colpita da un lancinante mal di testa, che, come ogni volta che si ubriacava, la portò a maledirsi. Si mise seduta sul letto con difficoltà, e cercò di focalizzare tutto ciò che la circondava con altrettanta difficoltà.

In un primo momento, si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia quando si rese conto di trovarsi nella cabina di una barca, ma, dopo qualche secondo a massaggiarsi le tempie, alcuni ricordi iniziarono a farsi spazio.

Ricordava il barista. Ricordava Rafe. Ricordava il bacio con Rafe. Poi niente più.

Per accettarsi non fosse successo nulla, si guardò addirittura da capo a piedi, rilasciando un sospiro di sollievo quando si rese conto di essere vestita. Non che odiasse a fare sesso con Rafe, ma preferiva farlo da sobria piuttosto che da ubriaca.

Imprecò a voce bassa, passandosi una mano fra i capelli e afferrando il telefono dalla tasca del pantalone. Erano da poche scoccate le sei, e secondo i suoi calcoli, aveva dormito per circa tre ore o poco più.

Si chiese se Rafe fosse lì, e ne ebbe la risposta nel momento in cui sentì la sua voce provenire dalla parte superiore della barca. Aggrottò le sopracciglia quando sentì anche un'altra voce maschile che non riconobbe, e facendo attenzione a non farsi sentire, abbandonò la cabina, avanzando verso le voci ma nascondendosi e stando bene attenta a non farsi vedere. Si accovacciò dietro un divanetto del pozzetto, e ascoltò.

«... un maledetto Catamarano tutto per te? Caspita! Finalmente mi ci hai fatto salire!» disse la voce a lei sconosciuta, sebbene le sembrasse vagamente familiare.

«Avanti, Barry! Dobbiamo darci una mossa!» gli rispose il ragazzo, e Ophelia iniziò ad interessarsi maggiormente alla conversazione.

Non aveva idea che Rafe e Barry avessero ricominciato ad essere "amici" (o complici), in particolare dopo che lo spacciatore lo aveva venduto alla polizia. Poteva solo sperare che Rafe non stesse iniziando di nuovo con la cocaina.

«Fammi riprendere fiato solo un minuto».

«Non ci resta molto tempo. Ehi, vieni di sotto. Dobbiamo parlare».

A quelle parole, Ophelia lasciò il divanetto e tornò a nascondersi dentro la cabina, appiattendosi contro il muro. Sbirciò, vedendoli a poca distanza da lei, a poppa.

«Senti, a proposito di acquirenti, c'è qualche proposta?» prese parola Rafe.

«Cavolo, con te si parla solo di affari. In esercito non vivevo così» borbottò Barry, afferrando una valigetta.

«Devi prendere sul serio questa faccenda».

«Accidenti — rise Barry, tirando fuori dalla valigetta un blocchetto dorato — Forse con questo potrei farmi un dente» disse divertito.

A quella vista, Ophelia spalancò gli occhi, tornando a nascondersi e facendo dei sospiri profondi. Una parte di lei sperava che Rafe non l'avesse davvero fatto, ma l'altra parte era ben consapevole che lo avesse decisamente fatto.

«Smettila! Non toccare quella roba. Rimettilo a posto!»

«Sei paranoico».

«Non me me frega un cazzo della Croce. Voglio solo fare soldi».

«Te l'ho detto. Mia zia ha dei contatti. Lei ci aiuterà a piazzarli tutti. Sì, l'intero pacchetto di pepite fuso e pronto per la vendita!»

«Le gemme sono la nostra miniera, e i lingotti potremmo venderli così come sono. Non voglio trattare con uno stupido Pogue che vende scarti come Zales. Ma cosa ti salta in mente?»

«Bada a come parli di mia zia, bastardo».

La rossa scosse la testa a quelle parole, mettendo su un'espressione sconvolta. Rafe e Barry avevano fuso la Croce. Avevano fuso la Croce di Pope. Nonostante non fosse la sua eredità, Ophelia sentì una certa tristezza e frustrazione farsi spazio in lei, soprattutto se pensava al suo amico, che ancora credeva di poter recuperare la Croce in qualche modo.

Ma non avrebbe mai più potuto recuperarla perché Rafe si era sentito in diritto di fondere una cosa che non gli apparteneva affatto.

Senza che se ne rendesse conto, aveva già abbandonato il suo nascondiglio e stava camminando verso i due ragazzi a passo svelto e deciso.

Il primo a notarla fu Barry. «Ehi, amico, la tua rossa mi sembra arrabbiata».

A quelle parole, Rafe si voltò. «Ophe—»

Prima che potesse terminare, la ragazza gli diede una forte spinta, facendolo indietreggiare con violenza.

«Cazzo, ne ha di forza» commentò Barry, che sembrava piuttosto divertito mentre osservava la scena come se fosse un film al cinema.

«Ma che diavolo ti prende? È il tuo modo di essermi riconoscente, eh?» alzò il tono della voce Rafe, guardandola come se fosse un cane a tre teste.

«Hai fuso una Croce che non ti appartiene, Rafe! È di Pope, cazzo! Cosa ti dice il cervello?!» quasi gli urlò contro, sentendo le mani formicolare dalla rabbia.

Rafe rimase in silenzio per qualche secondo prima di mettere su un mezzo sorriso. «Oh, è per la Croce... Beh, era del tuo amico — la corresse — Ora è il mio modo per fare tanti bei soldi» ghignò.

«Dio, non ti senti neanche un po' in colpa? Non l'hai neanche trovata tu, ma noi. E non è tua!»

«Ormai non è importante, non credi?» le rispose con nonchalance. «Di quella Croce non resta nient'altro che denaro non tracciabile. Un gioco da ragazzi».

Barry si schiarì la voce. «Io gli ho detto di non farlo e che saremmo andati all'inferno» si intromise.

Ophelia lo ignorò e si concentrò su Rafe, scuotendo la testa con espressione disgustata. «Un giorno pagherai per tutto questo, Rafe Cameron. Te lo prometto» gli sputò contro con rabbia.

Lui, in risposta, serrò la mascella, guardandola mentre andava via.

«Sai, pagherei metà del valore della Croce per vedere la vostra faccia quando avete aperto la cassa!» le urlò dietro, ricevendo un dito medio in risposta.

Ophelia si affrettò a lasciare il Catamarano, camminando a passo svelto e deciso lungo il molo, pronta a raggiungere Pope. Neanche voleva immaginare come si sarebbe sentito e come avrebbe reagito, ma meritava di saperlo.

Rafe aveva fatto molte cose orribili, eppure la rossa pensava che quello fosse davvero l'apice, forse perché sapeva che un'azione del genere avrebbe fatto soffrire il suo migliore amico, legato a quella Croce non tanto per il suo valore intrinseco ma per ragioni sentimentali.

E Rafe, fregandosene, l'aveva fusa. Aveva fuso la Croce di Denmark Tanny per farci soldi.

Era una cosa nauseante.

Improvvisamente, mentre camminava, venne bruscamente afferrata e tirata indietro da una mano che avvolse il suo braccio. Fece per dare uno schiaffo a chiunque fosse, ma si fermò giusto in tempo quando riconobbe una chioma bionda.

«Sono io, sono io!» strepitò JJ.

Lei lo guardò come se fosse pazzo. «Ma che diavolo fai? Stavo per darti uno schiaffo!» poi aggrottò le sopracciglia nel momento in cui si rese conto che fosse bagnato e che stringesse fra le mani i suoi anfibi. «Perché sei bagnato?» chiese confusa.

«Perché mi sono tuffato per ascoltare la conversazione tra Rafe e Barry. Tu perché eri sul Catamarano?» domandò a sua volta.

Ophelia sospirò. «Diciamo che ero ubriaca e che Rafe mi ha fatto dormire per qualche ora» spiegò velocemente. «Piuttosto, hai idea di ciò che hanno fatto?» quasi urlò.

JJ annuì, assumendo una smorfia. «Non piacerà per nulla a Pope» mormorò dispiaciuto.

«Ma merita di saperlo» aggiunse la rossa.

Il ragazzo si ritrovò subito a concordare, e, immediatamente, iniziarono a camminare in direzione del negozio di Heyward, pronti a dire la verità al loro amico. Quando arrivano la destinazione, raggiunsero il molo, trovando Pope assieme a Cleo intenti a pulirlo.

«Ehi! Pope!» urlarono, correndo verso di lui con il fiato corto.

«Tutto ok?» chiese stranita Cleo, guardandoli.

Ophelia si piegò sulle ginocchia. «Abbiamo corso, e oggi fa caldo...» disse con il respiro spezzato.

«Abbiamo una grande notizia» andò dritto al punto JJ. «Ero andato da Guffy. Speravo di riavere il mio lavoro, e ho visto il Catamarano di fronte a me. A bordo c'erano Rafe e Barry. Mi sono avvicinato per sentire di cosa parlavano...» si fermò, forse non riuscendo a trovare le parole giuste per dirglielo.

La rossa sospirò profondamente. «Pope, ascolta. Rafe ha la Croce — intervenne — E l'ha fusa».

Pope la guardò per qualche secondo, probabilmente nel tentativo di metabolizzare le sue parole. Una volta fatto, si mise in piedi e si avvicinò al parapetto, chiudendo gli occhi e facendo dei sospiri profondi.

«Mi dispiace...» sussurrò JJ, rammaricato.

Ophelia osservò il suo amico fare di tutto per trattenere le lacrime, eppure era evidente che stesse per scoppiare. Aveva perso ogni cosa per quelle cacce al tesoro, e ora si era ritrovato a mollare la scuola perché aveva trascorso l'ultimo periodo nel tentativo di recuperare quella Croce, la sua Croce, che non solo gli era stata rubata, ma ora era stata anche fusa.

«Cazzo!» gridò improvvisamente Pope. Poi iniziò a camminare freneticamente sul molo. «La Croce di Santo Domingo, profanata per soldi!» disse a denti stretti, oramai fuori di sé.

«Dovremmo... dovremmo mantenere la calma ed elaborare un piano. Dobbiamo—»

Le parole di JJ vennero messe a tacere da Pope, che, con violenza, alzò la scopa e la sbatté sul pavimento, frantumandola in mille pezzi.

«Questo è davvero troppo! Persino per loro!» urlò Pope, guardando i suoi amici. «Continueranno a farla franca! Continueranno a fare stronzate e ad averla vinta!» era oramai un fiume in piena.

«E questo ti sorprende?» lo guardò il biondo.

«No. Sono stanco di fare il bravo ragazzo».

Quelle furono le ultime parole che disse Pope prima di andare via e mettere in atto uno dei piani più folli del mondo.

Sparare a Rafe.

Ed era che avrebbe fatto se non fosse stato fermato da Cleo, che riuscì a farlo calmare e a farlo rinsavire.

Ophelia, dal canto suo, non credeva di aver mai odiato Rafe Cameron così tanto come in quel momento.





































Piccolo momento condiviso ma poi subito un nuovo litigio a causa delle azioni di Rafe. Avranno un momento di pace?😭😭😭😭 (spoiler, sì, e non durerà pochi capitoli perché credo che se lo meritino)

Btw, in questo capitolo c'è una piccola anticipazione sul rapporto che intendo sviluppare tra Rafe e Sofia. C'è proprio una frase che fa capire per quale motivo legheranno 🙃

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