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025 il phantom - 1

capitolo venticinque
( il phantom - 1 )





Ophelia camminava incerta verso la veranda di casa, pensando alle varie reazioni che avrebbe potuto avere suo padre, che certamente era a conoscenza di ciò che — non — aveva fatto John B. Forse si sarebbe arrabbiato, o forse sarebbe stato deluso. Magari si sarebbe mostrato solamente felice per il fatto che lei fosse viva e che stesse bene, ma era certa che avrebbe voluto avere delle spiegazioni. Spiegazioni su John B, su ciò che davvero avevano fatto quell'estate.

Sospirò profondamente, infilando le chiavi nella toppa ed entrando nell'abitazione apparentemente silenziosa. Poco dopo, però, sentì dei rumori. La porta dell'ufficio di suo padre venne aperta, e lui uscì di corsa dalla stanza. La guardò per qualche secondo, e sembrava quasi che si stesse chiedendo se lei fosse reale o meno. Assunse un'espressione sollevata, e camminò verso di lei, stringendola poi in un abbraccio.

«Temevo ti fosse successo qualcosa...» sussurrò con la voce incrinata, accarezzandole la schiena e tenendola al suo petto per un tempo indefinito.

Ophelia, inizialmente rigida a causa dell'incredulità, si lasciò andare e ricambiò, stringendolo con forza e aggrappandosi a lui, alla sua famiglia, e maledicendo se stessa per il fatto che trascorresse la maggior parte del tempo a farlo preoccupare.

«Mi dispiace» rispose, sentendo gli occhi che iniziavano a inumidirsi. «Mi dispiace così tanto».

Affondò con la testa nel suo petto, stringendo la sua maglietta bianca. Suo padre era lì. L'unica persona che era in grado di farla tornare bambina, innocente, vulnerabile. L'unica persona con cui poteva mostrarsi in tutta la sua fragilità. L'unica persona a cui poteva mostrare quanto tutta quella situazione la stessa sfinendo. Con lui non aveva bisogno di fingersi forte.

«Va tutto bene, Lia. Va tutto bene» mormorò, afferrandole delicatamente il volto in modo da poterla guardare negli occhi.

Lei scosse la testa. «No. Non va tutto bene, papà. Il mio migliore amico è ricercato per un omicidio che non ha commesso. È costretto a fuggire, ad andare via chissà per quanto tempo, e Ward invece—»

«Lia, Lia, ehi — fermò le sue chiacchiere, mettendo su un'espressione confusa — Che c'entra Ward?»

«Ward ha ucciso Big John, e Rafe, suo figlio... lui ha ucciso— ucciso lo sceriffo Peterkin. Non John B» disse, deglutendo rumorosamente. «Mi credi, papà, vero? John B non ha fatto nulla!» quasi lo supplicò.

«Non ho mai creduto che John B fosse colpevole, Ophelia» le confessò. «Ma ho iniziato comunque a chiedermi se lo conoscessi davvero» ammise.

Lei annuì, comprendendo. «John B partirà, papà. Deve andare via...»

«Lia, devi raccontarmi tutto, ok?» la guardò con serietà. «Basta bugie, basta dirmi che tu e quei ragazzi state facendo le "solite cose", basta trattarmi come uno sciocco—»

«Non ho mai pensato che tu fossi uno sciocco, e, a dirla tutta, non credevo di certo che saremmo arrivati fino a questo punto quando è iniziato tutto!» ribatté, esasperata.

«Tutto cosa, Lia?» le domandò con il tono di voce di chi non voleva menzogne.

In risposta, la ragazza sospirò profondamente. Dopodiché, lo invitò ad accomodarsi in cucina, in modo che non parlassero stando in piedi. Si sedette di fronte a lui e lo guardò negli occhi, afferrandogli le mani.

«Ti racconterò tutto, ma dovrai credermi, papà, ok? Non una parola di quello che dirò sarà una bugia, anche se ti potrà sembrare assurdo perché siamo solo dei sedicenni e le persone cercano la Royal Merchant da oltre cent'anni senza riuscirci» mise in chiaro, osservandolo con serietà.

Assunse un'espressione stranita. «Cosa c'entra la Royal Merchant? Stai delirando? JJ ti ha dato di nuovo l'erba?» quasi parve irritarsi.

«Papà, ascoltami!» lo richiamò. «La Royal Merchant c'entra con noi perché abbiamo trovato l'oro».

A quelle parole, Eddie divenne inespressivo. Probabilmente neanche lui sapeva come reagire ad una notizia del genere, alla realizzazione che sua figlia e la sua banda di piantagrane avessero trovato l'oro della Royal Merchant.

«Non è stato facile, ma è certamente più facile quando sei un Pogue e sei... come dire... irrilevante. Nessuno ti nota» continuò.

E poi prese a raccontare la storia fin dall'inizio, non tralasciando nulla ed entrando nei particolari. Scooter, la bussola, Redfield, la registrazione di Big John, la Royal Merchant senza oro, Denmark Tanny e la lettera al figlio, Tannyhill, la signora Crain, l'oro, e Ward e Rafe.

Tutto. Ogni singola cosa.

Per quanto le riguardava, meritava di sapere la verità, ma, soprattutto, sapeva di potersi fidare di lui.

Era il minimo raccontargli la verità.

Ci mise un po' a metabolizzare tutte quelle informazioni. Sicuramente non si aspettava che sua figlia avesse trascorso l'estate facendo tutto quello che gli aveva raccontato, e, ancora di più, non si aspettava che avesse rischiato di morire tante e tante volte. Aveva rischiato di perderla così come aveva perso sua moglie, e il solo pensiero lo faceva rabbrividire.

Si passò una mano sul volto provato a causa di quel racconto, e sospirò. «Quindi John B ora sta per andare via? Dove, esattamente?» le chiese.

«Non ne ho idea. È JJ che pensa a questo. Sai com'è. Conosce il mare meglio di tutti» rispose. «Io volevo solo venire qui per parlarti, ma ora—»

«Ora nulla, Ophelia» la fermò. «Tu non uscirai da questa casa, intesi?» disse serio, guardandola negli occhi.

«Cosa?» strabuzzò gli occhi. «Devo aiutare John B ad andare via, papà. Mi hai sentito oppure no?»

«Ho sentito. Ho sentito tutto. Ogni singola cosa. Ho sentito come hai rischiato di morire così tante volte che mi sembra assurdo che io stia parlando con te in questo momento. Quale genitore sano di mente credi che lascerebbe tornare la figlia là fuori dopo ciò che ha raccontato, eh? — alzò il tono della voce — Vi siete infilati in cose più grandi di voi e ora ne state pagando le conseguenze. Avreste dovuto fermarvi fin dall'inizio. Come potevate pensare che sarebbe andata a finire bene?» si mise in piedi.

Ophelia lo guardò dal basso. Suo padre non le aveva mai urlato contro, e non si era mai arrabbiato con lei a causa dei guai in cui si infilava con i suoi amici. Ciononostante, riusciva a giustificarlo in quel momento. Insomma, venire a sapere che tua figlia avesse rischiato di rimanerci secca più volte non era una cosa da poco, e lo comprendeva, sul serio, ma questo non le avrebbe impedito di uscire da quella casa e andare ad aiutare John B.

«Papà...» iniziò, cauta. «Ti voglio bene, sul serio, ma io devo andare» prese ad indietreggiare lentamente nel tentativo di uscire dalla cucina.

«Tu non andrai da nessuna parte, Lia, d'accordo? Non ho mai messo regole o limiti perché volevo che tu vivessi e che fossi libera, ma credo sia arrivato il momento di farlo» ribatté, seguendola con lo sguardo. «Non farmi prendere la drastica decisione di farti allontanare dai tuoi amici» avvisò.

«Non riuscirai ad allontanarmi da loro, papà» chiarì.

«Sì se stare con loro è così rischioso per te!»

«Non mi hanno obbligato, ok? Ho scelto io di entrare in questa situazione!»

«E io scelgo di non— Ophelia!»

Prima potesse terminare la sua frase, la ragazza era già corsa fuori dalla sua abitazione dopo aver intravisto, grazie alla finestra, l'auto di Kiara.

«Torna subito qui!»

«Mi dispiace, papà» gli disse con le lacrime agli occhi.

«Sta per arrivare una tempesta!»

«Scusa...»

Dopodiché, si infilò nell'auto, guardando l'uomo fermo in veranda. La sua espressione delusa la faceva tremare.

«Tutto ok?» domandò Kiara, preoccupata.

«Sì, tutto ok. Possiamo andare» si limitò a dire.

JJ la guardò dallo specchietto retrovisore, non credendo per nulla alle sue parole. Conosceva bene Eddie, ed era consapevole del fatto che non si arrabbiasse mai, men che meno con sua figlia. Eppure quella situazione stava creando tensioni tra tutti i figli e le rispettive famiglie.

Il viaggio trascorse nell'assoluto silenzio. Erano tutti abbastanza tesi e preoccupati. Tutti speranzosi che il loro piano andasse bene. Dove andare bene.

«Casa dolce casa» disse sarcasticamente JJ quando Kiara parcheggiò fuori l'abitazione diroccata dei Maybank.

Il biondo aveva lo sguardo fermo davanti a sé, quasi come se stesse facendo appello a tutte le sue forze per costringersi a rientrare in quella casa. In quell'inferno.

Ophelia lo guardò a preoccupata. Era consapevole del fatto che fosse spaventato da un possibile incontro con suo padre, così gli mise la mano sulla spalla, facendolo voltare verso di sé. «Ehi, vuoi che venga con te?» gli domandò.

JJ scosse la testa. «No. Ci metto due secondi» e annuendo a se stesso, abbandonò l'auto e raggiunse la sua vecchia casa.

La rossa rimase tutto il tempo con lo sguardo incollato all'abitazione e con l'udito aguzzato in modo tale da riuscire a sentire qualsiasi cosa, anche Luke nel caso avesse iniziato ad urlare contro JJ. Sarebbe certamente intervenuta. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma non avrebbe lasciato che quel mostro massacrasse ancora una volta suo figlio.

Ciononostante, non sentì nulla, e rilasciò un sospiro di sollievo nel momento in cui vide il biondo tornare da loro. Nonostante fosse tutto intero, aveva gli occhi lucidi e distrutti, e qualcosa le diceva che suo padre fosse in casa.

«Allora? Tutto ok?» gli domandò.

JJ si limitò a mostrare le chiavi del Phantom, e, subito dopo, Kie mise in moto e partì.

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«Tranquille. Il Phantom è veloce. Li porterà via in fretta» prese parola JJ quando misero piede all'interno del deposito in cui si trovava la barca di suo padre.

«Beh, il fatto che lo stiano ancora cercando è rassicurante... da un lato» mormorò Ophelia, sentendo le sirene in lontananza.

«Ciao, bella» sorrise il ragazzo con sguardo sognante, accarezzando la barca. «Una Formula 402 SR1 del 1983: il Phantom. Il primo motoscafo arrivato alle Bermuda in sedici ore! Ha quarant'anni! Quaranta, ragazze! — mormorò con orgoglio — E resta il più veloce mai visto a Kildare».

«A me sembra una ferraglia» commentò Kiara, secca.

Il biondo la fulminò con lo sguardo. «Sul serio? È proprio qui. Ti sente» la indicò. «Mettiamola così. Oggi non fumeresti erba se lei non fosse mai esistita, ok?» continuò.

«Quindi fumiamo ganja grazie alla barca di tuo padre» comprese Ophelia, con il tono di voce di chi stava prendendo in giro qualcuno.

«Esatto!» esclamò, annuendo.

Kiara sospirò. «Speriamo solo che vada» disse, mettendo su un'espressione scoraggiata.

«Va eccome! È più veloce di qualsiasi barca della polizia» JJ continuò ad elogiare il Phantom.

Improvvisamente, il rombo di una moto attirò la loro attenzione, seguito poi da alcuni passi.

«Pope, era ora!» annunciò Kiara.

Quando le due ragazze, però, si allontanarono da JJ per raggiungere Pope, si resero conto del fatto che quello non fosse il loro amico. No. Per nulla.

«Rafe...» quel nome abbandonò le labbra di Ophelia in un sussurro strozzato.

Rafe Cameron era davanti a lei dopo aver ucciso lo sceriffo Peterkin, e non sapeva come sentirsi a riguardo. Avvertiva una sensazione di impotenza, motivo per il quale piantò i piedi per terra. Nel suo stomaco iniziarono a farsi avanti sentimenti come il disgusto, la nausea e la rabbia. L'odio. Odiava Rafe per aver rovinato la vita al suo migliore amico, e odiava se stessa per il fatto che una parte di lei si sentisse così vulnerabile.

Il ragazzo la guardò. In quegli occhi blu così perversi, Ophelia non riuscì a trovare una sola traccia del Rafe con cui aveva "umanamente" legato, e non c'era traccia neanche del "vecchio" Rafe, quello che si divertiva semplicemente a tormentare i Pogues. Ora in quegli occhi c'era semplice... crudeltà. E il sorriso beffardo sul volto era ancora più ambiguo e sadico. Sembrava divertito. Sembrava non essere toccato da ciò che aveva fatto ad una persona innocente.

Quello era un nuovo Rafe. Disumano. Spietato.

E lei, che aveva cercato di comprenderlo nelle ultime settimane, ora non sapeva come comportarsi davanti ad una persona così... folle.

«Ehi, ciao — salutò il ragazzo. Il tono di voce divertito — Che succede?» si guardò attorno. «JJ? Come va, ragazzi?» continuò, attirando l'attenzione del biondo.

«Bene, bene...»

Un'altra voce entrò nelle loro orecchie e ben presto Rafe venne affiancato da nientemeno che Barry, facendo deglutire rumorosamente Ophelia. Ma in fondo era così che funzionata, no? "Il nemico del mio nemico è mio amico". Nonostante Barry avesse minacciato Rafe, in quel momento avevano dei nemici comuni: i Pogues. O meglio, John B e JJ. Quindi perché non unire le forze?

Il sorriso di Barry mutò alla vista di JJ. «Non pensare che mi sia scordato di noi due sul ciglio della strada!» urlò, puntandogli contro la pistola e facendogli alzare le mani a mo' di difesa.

«JJ...» mormorarono le due ragazze, preoccupate e allarmate.

«Sono qui perché rivoglio i miei cazzo di soldi!» urlò, colpendolo JJ in pieno volto e facendolo cadere bruscamente per terra.

A quel punto, Ophelia scattò. «JJ—» prima che potesse dire altro o fare qualcosa, un braccio le avvolse la vita, tirandola indietro.

Si ritrovò con la schiena spiaccicata al petto di Rafe, che la tenne stretta a sé.

«Sta' calma, Ophelia. Lascia che Barry svolga il suo lavoro» le labbra del ragazzo le sfiorarono il lobo mentre le sussurrava quelle parole con tono di voce mellifluo. Pareva volersi insinuare in lei. Manipolarla.

«Sono qui per questo, hai capito?!» strillò Barry, afferrando JJ per i capelli e sbattendo la sua testa per terra.

«Rafe, lasciami andare!» disse a denti stretti la rossa, cercando di divincolarsi da quella presa bruciante.

Voleva stargli lontana il più possibile.

Voleva che quell'assassino la lasciasse stare.

Voleva che Rafe uscisse dalla sua vita.

Voleva avere la capacità di riavvolgere il tempo e tornare alla serata cinema.

Voleva respingerlo.

Voleva non essersi mai avvicinata a lui.

«Non voglio farti del male, Ophelia» sussurrò, meschino e subdolo, alleggerendo la presa ma non lasciando che lei andasse ad aiutare il suo migliore amico. «Non a te».

Così falso, così burattinaio... eppure le sembrava così dannatamente sincero mentre le sussurrava quelle parole, mentre diceva di non volerle fare del male.

E per un attimo lei ci credette. Per un brevissimo istante ripose fiducia in lui e nel suo non volerle fare male... almeno fin quando non tornò a guardare JJ che veniva picchiato da Barry.

Fare del male ai suoi amici significava fare del male a lei.

«Lasciala andare, Rafe!» anche la voce di Kiara la risvegliò dai suoi pensieri, ma quando la castana provò ad avvicinarsi, lui la spinse.

Ophelia, in risposta, fece appello a tutte le sue forze per fare in modo che Rafe la lasciasse. Approfittò della presa alleggerita e spinse via il suo braccio, dandogli una spinta brusca che lo fece indietreggiare.

«Non devi toccarmi, Rafe!» ringhiò. Gli occhi che riflettevano la sua rabbia interiore.

Il ragazzo sembrò vacillare. Ma solo per mezzo secondo. Poi tornò ad indossare la sua solita espressione fredda, subdola e disumana.

«Non vogliamo voi due, ok? — le guardò — Dov'è John B?!» andò dritto al punto. Il tono tagliente di chi pretendeva una risposta.

«Non lo sappiamo!» quasi urlò Kiara, colpendogli la guancia con la mano.

Rafe si girò lentamente verso di lei, serrando la mascella. «Vorrei tanto che non l'avessi fatto...» le mormorò a un passo dal volto.

«So cos'hai fatto» disse la castana a denti stretti.

Mise su un sorriso beffardo. «E cos'ho fatto?» la invitò a parlare.

«Hai ammazzato Peterkin!»

A quelle parole, Rafe vacillò. Perse il sorriso e gli occhi si indurirono mentre continuavano a scurirsi sempre di più. Ophelia fu in grado di scorgere un senso di colpa, un odio per se stesso. Perché Rafe sapeva di aver sbagliato, sapeva di aver ucciso una donna innocente. Ma sentirselo dire, assumersene le responsabilità, rendeva tutto vero. Rendeva vero quello che lui non voleva accettare di aver fatto. Accettarlo lo avrebbe fatto cadere in un vortice di follia da cui non sarebbe tornato indietro.

Ma non prendersene la responsabilità e addossare le colpe ad un'altra persone era ancora più orribile.

«Non ripetere mai più quelle cazzo di parole!» le urlò contro, stringendo con forza la presa attorno al suo collo. La vena del collo che gli pulsava dalla rabbia.

«Rafe, lasci—»

Prima che Ophelia potesse terminare il suo attacco ai danni di Rafe, fece la sua comparsa Pope, che colpì il ragazzo alla schiena con un piede di porco, facendogli mollare la presa e facendolo accasciare dolorante. Nonostante quella vista le contorse lo stomaco, la rossa cambiò direzione e andò verso Barry, che ancora prendeva a calci e pugni JJ, riverso sul pavimento quasi inerme.

Fece per attaccarlo, ma fermare un ragazzo infuriato non era di certo nelle capacità di Ophelia, che venne bruscamente spinta per terra, colpendo la nuca col pavimento e avvertendo un forte dolore che la portò a stringere con forza gli occhi.

«Tieni a bada la ragazzina, Rafe, o dovrò fare del male anche a lei».

Quelle parole le rimbombarono nelle orecchie, e per quanto potesse apparire "romantico" Rafe che diceva a Barry di non toccarla, lei riuscì solamente a provare nausea in quel momento.

Ciononostante, pur avendo ricevuto una spinta, ne era valsa la pena. In quel modo, infatti, Barry aveva distolto l'attenzione da JJ che, approfittando di quel momento, prese il controllo della situazione e iniziò a colpirgli il volto a suon di pugni.

Era evidente che anche il biondo avesse atteso quel faccia a faccia con lo spacciatore di suo padre.

Ophelia si mise seduta nonostante il dolore alla testa, e la prima cosa che fece fu lanciare lontano la pistola che era caduta poco prima a Barry. Successivamente, corse da Kiara per assicurarsi che stesse bene. Nonostante all'inizio le cose si fossero messe male per loro, l'entrata in scena di Pope aveva totalmente capovolto la situazione.

Il ragazzo, infatti, continuava a colpire violentemente Rafe, e JJ faceva lo stesso con Barry. Tutto però sembrò precipitare nel momento in cui il biondo, capendo di aver stordito lo spacciatore, si fermò, mentre Pope continuò a colpire senza pietà un incosciente Rafe.

Si stava vendicando per tutto ciò che gli aveva fatto.

«Pope, basta! Lo ammazzi così!» strillò Ophelia nel tentativo di farlo fermare.

«Pope, basta!»

«Fermo!»

«Ne ha prese abbastanza, Pope!»

Tutto ciò che ottennero fu Pope che recuperò un tubo di irrigazione, avvolgendolo poi attorno al collo di Rafe, che perdeva sangue dalla bocca.

«Lascialo stare, Pope!»

«Smettila!»

«Così è troppo!»

«Avanti, smettila! Fermo!» JJ prese Pope per le spalle nel tentativo di allontanarlo da Rafe.

Il moro, fuori di sé, strinse con più forza il tubo attorno il collo del ragazzo, che aveva il volto rosso a causa della mancanza di aria. Ophelia aveva le lacrime agli occhi mentre osservava la scena, e si sentì ancora più male nel momento in cui Rafe la guardò.

Le stava chiedendo aiuto.

Fortunatamente, JJ riuscì a tirare indietro Pope, che si allontanò da Rafe con le mani tremanti e gli occhi intrisi di lacrime. Aveva perso il controllo, lo stava per ammazzare e ne era consapevole. Sembrava avere paura di se stesso.

Rimasero tutti in silenzio per qualche secondo. I respiri irregolari e gli occhi spalancati. Erano incapaci di parlare mentre Rafe tossiva ai loro piedi.

Fu Kiara la prima a prendere parola. «Andiamo. Andiamo via. Andiamocene!» quasi supplicò, iniziando ad incamminarsi verso l'uscita, seguita da JJ.

«Sta alla larga dal Cut» sputò Pope contro Rafe, ripetendogli le parole che si era sentito dire quando era stato massacrato da lui con la mazza da golf.

Quando anche il moro si avvicinò all'uscita, rimase solo Ophelia ad osservare Rafe, agonizzante ai suoi piedi. Continuava a tossire e a sputare sangue, che gli impregnava il volto rosso e provato. Gli occhi erano lucidi per il fatto che avesse rischiato di morire soffocato.

Deglutì rumorosamente, osservandolo e chiedendosi dove fosse quel ragazzo con cui aveva creato un legame. Certo, un legame non proprio sano, ma pur sempre un legame nato dal fatto che lei avesse visto la sua umanità tra tutta quell'oscurità. Nato da lei che aveva visto un ragazzo rotto a causa dei continui rimproveri del padre. Nato da lei che aveva visto un ragazzo bisognoso di approvazione.

E ora vedeva l'assassino di Susan Peterkin.

«Ophelia...» disse con voce roca, supplicandola con gli occhi.

«Ophelia, dobbiamo andare!» sentì gridare da JJ.

Lei sospirò, osservando Rafe. «Non intralciarci più, Rafe. Sta' al tuo posto e sta' lontano dal Cut».

Col cuore pesante, si voltò e andò via, lasciandolo agonizzante sul pavimento del deposito.

Era la cosa giusta.




























Nel prossimo capitolo c'è il confronto tra Rafe e Ophelia come chiusura della prima parte, piango

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