021 non si ruba agli spacciatori
⸻ capitolo ventuno ⸻
( non si ruba agli spacciatori )
Ophelia giocherellava nervosamente con il suo braccialetto mentre aveva i pensieri completamente rivoli a JJ, di cui non avevano notizie da qualche ora. Avevano perfino vagato un po' con il Twinkie per il Cut, ma non lo avevano trovato da nessuna parte. Avevano così deciso di raggiungere il Wreck, in quel momento privo di clienti, ma la preoccupazione che potesse essergli successo qualcosa non aveva abbandonato la rossa nemmeno per un singolo istante. JJ era sempre stato imprevedibile, la mente folle del gruppo, la mina vagante, colui da tenere a bada perché prossimo all'esplosione... e ora era esploso, arrivando perfino ad andare via dai suoi amici, dalla sua famiglia.
Onestamente, non aveva idea di dove potesse essere. Era triste da dire, ma JJ non aveva una casa all'infuori dello Chateau, e non aveva nessuno a parte loro. Poteva solo sperare che non si mettesse nei guai, che si schiarisse le idee, che tornasse lucido e andasse da loro.
«Cambierà idea, vedrete. Sono le solite cazzate di JJ» disse improvvisamente John B, spezzando il silenzio che aleggiava attorno a loro.
«Dici che tornerà a casa?» domandò Kie.
«Ci sono zero probabilità che JJ torni a casa...» le rispose Pope, guardando fuori dalla finestra.
«Onestamente, io mi auguro che non ci torni — ammise Ophelia, massaggiandosi le tempie — Sapete, dopo ciò che è accaduto l'ultima volta...» mormorò, facendo riferimento ai pugni che JJ aveva ricevuto da suo padre.
Per quanto le riguardava, desiderava davvero con tutta se stessa che non tornasse a casa da Luke.
Dopo qualche secondo, Pope decise di cambiare discorso. «Ok... è troppo pericoloso impegnare l'oro un pezzo per volta. Quindi la cosa migliore è calarci lì e prendere il resto, portarlo su tutto insieme e metterlo in una camera di sicurezza o qualcosa di simile finché non riusciamo a sistemarlo senza farci ammazzare. Quindi stasera butto giù un piano, preparo tutto e andiamo lì domattina» li guardò.
«D'accordo. Ci sto» annuì John B.
«Sicuro?» gli chiese.
«Sì, andiamo» confermò.
Sarah si schiarì la voce. «Hai un impegno con mio padre» gli ricordò.
«Merda» mormorò John B, socchiudendo gli occhi.
Ophelia aggrottò la fronte. «Hai un impegno con Ward? Quale?» domandò curiosa.
«Andiamo a pesca insieme...» spiegò, ma era più che evidente che la sua voglia fosse pari a zero. Ciononostante, lo faceva per Sarah e per il fatto che gli fosse riconoscente per averlo tolto dai casini con i servizi sociali.
Kiara lo guardò come se fosse pazzo. «Rinunci a quattrocentomilioni per andare ad uccidere tonni?» chiese, perplessa.
«Mi sento in obbligo» rispose, sospirando.
«Disdici! — disse immediatamente Pope — Quattrocentomilioni in oro!» gli ricordò.
Ophelia annuì. «Fossi in te, inventerei una scusa, JB» concordò con i suoi amici.
«Sentite, devo farlo, va bene? Lui... mi ha salvato, capite?» li guardò. «Stavano per darmi in affidamento, quindi ci devo andare. E poi è meglio andarci di notte, vero?» cercò di convincerli.
Pope sospirò profondamente, rispondendo dopo qualche secondo di silenzio. «Ok, va' pure a pesca» si arrese.
«Magari JJ si sarà fatto vivo per allora» disse Ophelia, mettendo su un flebile sorriso speranzoso.
«Sicuro! — annuì Kiara — Tornerà, vedrete».
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Con una matita stretta tra l'indice e il pollice, Ophelia disegnava distrattamente sul foglio poggiato sul tavolino nella veranda di casa sua. In realtà, dire che stesse disegnando era davvero un parolone, ma scarabocchiare le sembrava l'unico modo per non impazzire e non perdere la testa davanti alla realizzazione che JJ, trascorse altre ore, non si fosse fatto vivo. Odiava da morire quando i suoi amici scomparivano, ancora di più se a farlo era JJ, che aveva sempre alte probabilità di fare ritorno con ematomi procurati da Luke.
Sbuffò rumorosamente, gettando la matita sul tavolino e smettendo di disegnare quello che sarebbe dovuto essere un paesaggio illuminato dal sole. Quando lo aveva immaginato, era certamente più bello dello schifo che aveva scarabocchiato.
Si ritrovò poi ad alzare di scatto la testa nell'istante in cui sentì il rombo di una moto farsi sempre più vicino. Scattò in piedi, speranzosa che fosse JJ, e un sorriso le nacque sulle labbra quando vide la moto rossa... ma poi lo perse nel momento in cui si rese conto che fosse Rafe Cameron.
Ophelia assunse un'espressione seria e confusa mentre lo guardava parcheggiare la moto di fronte casa sua. Si sfilò il casco, lasciandolo sulla sella, e poi si voltò verso di lei.
Si guardarono per qualche secondo, e lui rimase lì fermo impalato. Sembrava quasi come se, per un attimo, avesse dimenticato il motivo per cui era lì. Ma durò poco. Indossò la sua solita espressione dura e rabbiosa, e, con occhi freddi e glaciali, la guardò raggiungerlo lentamente.
Ophelia era certa del fatto che sarebbe tornato ad essere il solito Rafe, ma sicuramente non si aspettava che tornasse da lei e che fosse così tanto arrabbiato per solo Dio sapeva cosa. Per un attimo si chiese se fosse bipolare.
Sospirò, parandosi davanti alla sua figura torreggiante e irosa. «Che ci fai qui?» domandò, mostrandosi disinvolta e indifferente, e, soprattutto, ignorando la strana sensazione al basso ventre. Sensazione che la invase solo per qualche secondo.
Serrò la mascella. Gli occhi che riflettevano la sua furia interiore. «Ho appena saputo della vostra piccola rapina, Ophelia — le disse a denti stretti a un palmo dal viso — Cos'è? Siete finiti a rubare agli spacciatori, ora?» ringhiò, osservandola con attenzione.
«Noi non—»
«Non dirmi cazzate, Ophelia!» la fermò, stringendo la mano in un pugno. Sembrava stesse facendo appello a tutte le sue forze per non scoppiare e rompere qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro.
Ophelia sospirò profondamente. «Non vedo come questi possano essere affari tuoi, Rafe» ribatté, non capendo quale fosse il punto della situazione.
«Sto— sto solo cercando di proteggerti» tremò dicendo quelle parole. «E di proteggere la mia ingrata sorellina!» aggiunse, nervoso. Il petto che vibrava a causa del suo respiro pesante.
Ophelia sbatté le palpebre per qualche secondo, ancora ferma alla prima frase che aveva detto. Rafe Cameron stava cercando di proteggerla? E da quando, esattamente? Era davvero in grado di preoccuparsi di qualcuno che non fosse se stesso?
E Ophelia ne ebbe la conferma quando fece muovere gli ingranaggi del suo cervello: se Rafe sapeva della rapina, significava che Barry era andato da lui a minacciarlo. Ergo, a Rafe non fregava nulla né di Ophelia né di Sarah.
«Sei un bugiardo!» gli diede una spinta, facendolo indietreggiare. «Non sei qui per me, e nemmeno per Sarah. Sei qui per te stesso!» urlò. La voce che le graffiava la gola.
Mai nessuno era stato in grado di farla urlare e irritare come faceva Rafe Cameron. Sul serio. Lui era l'unico ad avere quel potere. E poi, un attimo dopo, era a piangere fuori la porta di casa, dicendole di essere stato cacciato da suo padre.
Nell'esatto momento in cui fece per spingerlo di nuovo, Rafe le afferrò i polsi, facendola fermare e facendo sì che i loro volti fossero vicini. Terribilmente vicini. Così vicini che i loro respiri si intrecciarono e i loro profumi si fusero. Il blu e l'azzurro dei loro occhi si incatenarono prima che cadessero sulle labbra dell'altro. Il seno di Ophelia era schiacciato contro il petto del ragazzo, che non sembrava intenzionato ad allontanarla... e lei non voleva farlo.
E Ophelia si odiò ancora una volta. E odiò lui, in particolare. Lui che si era sentito in diritto di andare a casa sua due notti prima. Lui che le aveva mostrato quel lato ferito, umano e rotto. Quel lato che aveva fatto sì che lei lo guardasse anche da una prospettiva diversa. Quel lato che, per quanto Ophelia volesse fingere e mentire a se stessa, aveva inevitabilmente cambiato qualcosa. E lo odiò perché lei avrebbe voluto continuare a vederlo come prima, ad avere la solita opinione di lui... mentre invece ora si ritrovava a guardare un ragazzo che non era solo "uno stronzo viziato", e a provare sensazioni contrastanti che la nauseavano.
Tornò con i piedi per terra solo quando Rafe la guardò nuovamente negli occhi. Le narici che quasi si dilatarono a causa del profondo respiro che fece per cercare di mantenere la calma e non sbraitare.
«Ascoltami... — le soffiò sulle labbra — Il tizio che hai rapinato è un vero pezzo di merda, Lia».
«Lo so anche io, Rafe!» disse a denti stretti.
«Sai cosa mi ha fatto solo perché ero in ritardo con un pagamento» continuò, facendo riferimento alla notte trascorsa insieme e portandola a rabbrividire al ricordo.
Mise su un sorriso amaro, scuotendo la testa. «Sarah ha detto che eri in ritardo perché con quei soldi hai voluto comprare una moto, imbecille!» lo ammonì.
Rafe, a quelle parole, strinse maggiormente la presa attorno ai suoi polsi e serrò la mascella. «Ascoltami!» ripeté, alzando il tono della voce. Poi tentò nuovamente di calmarsi. «Hai rubato a casa sua, Ophelia! Cosa credi che farà a te e ai tuoi amici Pogues, eh?» le sputò contro, tremando dalla rabbia.
«Cosa diavolo ti importa, Rafe?! Sul serio. Non capisco cosa tu sia venuto a fare—»
«Questo non è un gioco!»
«Lo so!»
«Venticinquemila dollari, Ophelia!»
«So anche questo, Rafe!»
Si fermarono, entrambi con i respiri affannosi e i petti che si muovevano pesantemente su e giù. Erano arrabbiati, desiderosi di strozzarsi a vicenda. E il tutto mentre erano ancora incollati l'uno all'altra.
Improvvisamente, tremando e quasi come se stesse facendo appello a tutte le sue forze per non farlo, Rafe alzò cautamente la mano, poggiandola sulla guancia di Ophelia.
Lei rabbrividì, raggelandosi sul posto, e non per il fatto che la mano di Rafe fosse ghiacciata, ma per il gesto in sé. Così dolce. Così intimo. Così lontano da lui.
Era così bello. Dolorosamente bello.
Ma il peggio non fu quello. Il peggio venne quando le sfiorò il labbro inferiore con il pollice, allontanandolo di poco dal superiore prima di lasciarli scontrare nuovamente.
E il peggio era che per lei non fosse il peggio.
Rafe poggiò delicatamente la fronte contro quella di Ophelia, non togliendole la mano dalla guancia. Chiuse gli occhi per qualche secondo, sospirando poi profondamente.
La rossa deglutì, mandando giù il groppo. Tremò. «Rafe, cosa...» le parole le morirono in gola.
Lui riaprì gli occhi, trafiggendola con quel blu capace di mandarla in tilt.
«Ora ascoltami, ok, Ophelia? — sussurrò. Le loro labbra che si sfioravano — Restituirete i soldi a Barry. Immediatamente» il suo sguardo mutò, tornando ad essere invaso dal rosso della rabbia.
Lei schiuse la bocca, osservandolo per qualche secondo e sentendosi vacillare. Non sapeva cosa provasse. Sul serio. Era sicura di odiarlo per tutto ciò che aveva fatto, e per il suo essere perennemente arrabbiato. Però, allo stesso tempo, quando l'accarezzava, quando le stava così vicino, quando le sussurrava sulle labbra e quando la guardava, lei riusciva solo a pensare che volesse essere baciata. Voleva che Rafe Cameron la baciasse.
Era un ammaliatore, un giocatore, e lei si sentiva una preda...
Fu quel pensiero che la fece tornare con i piedi per terra, ed ebbe finalmente la forza di spingerlo via, dandogli una spinta.
«Cosa stai cercando di fare, Rafe? Che cazzo! È forse un modo per manipolarmi?» disse, rabbiosa e anche spaventata per i suoi stessi pensieri. «Bada a te e ai tuoi problemi, ok? Io so badare a me stessa!» aggiunse, serrando la mascella.
Rafe strinse con forza i pugni, mutando espressione. «D'accordo, allora mi faccio gli affari miei, ok?!» le gridò contro.
Sembrava stesse per perdere il controllo, e parve rendersene conto. Si bloccò bruscamente e si portò le mani alle tempie, chiudendo gli occhi.
«Bene...» mormorò, annuendo. Poi le puntò il dito contro. Aprì la bocca, ma non parlò subito. «Un giorno, Ophelia... ti pentirai di non essere stata carina con me» la mise in guardia.
«Sai cosa me ne faccio delle tua minacce? — ribatté prima di mettere su un sorriso amaro — Fossi in te ricorderei anche come mi sono presa cura di te, stronzo arrogante. Avrei dovuto lasciarti piangere fuori la porta» sputò acidamente.
Girò i tacchi, pronta a rientrare. I suoi piedi, però, si piantarono sul terreno e non si mossero nonostante lei stesse facendo appello a tutte le sue forze.
«Dove stai? Chi ti sta ospitando?» gli chiese senza neanche voltarsi. Con sguardo fermo, osservava la veranda di casa.
Rafe, dietro di lei, non rispose immediatamente. Sembrava sorpreso dalla domanda, forse addirittura perplesso. Stranito per il fatto che qualcuno glielo avesse chiesto, che qualcuno si stesse realmente preoccupando che non dormisse per strada.
«Dai Glisten, amici di famiglia» rispose poco dopo, quasi in un sussurro. «Sono a Sun Valley per tutta l'estate».
«Bene».
Fece per rientrare, ma fu la voce di Rafe a farla fermare quella volta. «La ferita al braccio — disse improvvisamente, e lei lanciò una veloce occhiata alla bandana che le fasciava la leggera lacerazione che le aveva procurato la Crain — È stato Barry?» le domandò.
Ophelia scosse la testa. «No. Non mi ha fatto nulla».
«Posso— posso chiedergli di non toccargli, e magari dargli un po' di soldi» riprese parola subito dopo. «Sì, insomma, posso provare a garantire per te. Non per loro. Non li aiuterò» chiarì, duro.
La ragazza deglutì. Era assurdo il fatto che avessero da poco finito di litigare e che lui l'avesse appena minacciata, e che ora le stesse dicendo una cosa del genere. Certo, era oramai chiaro che Rafe fosse una persona molto istintiva, governata dai suoi sentimenti e dalle sue emozioni, ma a volte era davvero difficile capirlo.
«Grazie, ma ce la caveremo da soli».
Senza dargli neanche il tempo di ribattere, rientrò in casa e lo lasciò solo.
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Seduta sul pick-up di Heyward, guidato da Pope con accanto Kiara, Ophelia ancora sentiva la rabbia per la conversazione avuta con Rafe quel pomeriggio.
Se da un lato era sollevata che le cose fossero tornate come al solito, allo stesso tempo non poteva non provare rabbia per il fatto che si fosse presentato a casa sua per farle la predica e per dirle di ridare i soldi a Barry, fingendo di preoccuparsi per lei. Contrariamente, voleva che restituisse i soldi — che nemmeno aveva — a quello spacciatore solo perché altrimenti se la sarebbe presa con lui, fratello di Sarah Cameron, nonché una delle persone che aveva "partecipato" alla rapina.
"O tua sorella e i suoi amici mi ridanno i soldi, o me la prenderò con te", ed Ophelia era certa che fosse andata da lei solo per quel motivo, che avesse tentato di manipolarla, di convincerla ammaliandola.
Credeva di avere un potere del genere su di lei?
O semplicemente era un ragazzo impaurito che avrebbe fatto di tutto per non finire dei guai.
Onestamente, non lo sapeva, ma voleva solo che la lasciasse in pace. Sul serio. Non ne poteva più. Era quasi come se si fosse creato qualcosa di ambiguo che non avrebbe mai dovuto crearsi. Avevano sbagliato, a partire dal bacio.
A destarla dai suoi pensieri, fortunatamente, fu la portiera che venne sbattuta, e Ophelia solo in quel momento si rese conto del fatto che fossero arrivati allo Chateau. Abbandonò quindi il veicolo e raggiunse Pope e Kiara fermi vicino al cassone.
«Comunque... — prese parola il moro — dobbiamo portare tutto a termine prima del colloquio per il College».
«Dobbiamo concentrarci» concordò Kiara.
«So che andrà tutto bene. Caleremo John B e JJ nel pozzo, io resterò sopra, e voi due e Sarah vi occuperete del trasporto — poi indicò gli attrezzi in auto, gli stessi che avrebbe lasciato allo Chateau — Ho preso l'argano. Quel contenitore può reggere tipo un centinaio di chili».
Ophelia decise di lasciarli da soli e si incamminò verso l'abitazione, assumendo però un'espressione confusa quando notò, attaccati agli alberi, delle lucine che si accesero improvvisamente, facendola quasi balzare dallo spavento. Come se non bastasse, un lontano ronzio arrivò alle sue orecchie. Un rumore simile all'acqua che scorreva.
Lo seguì, e quando arrivò a destinazione, rimase sconvolta da ciò che vide.
«Jay...» mormorò dolcemente, con un'evidente nota di sollievo nel saperlo lì dopo essere stata preoccupata per tutto il pomeriggio.
Quel sollievo, però, venne immediatamente sostituito dalla confusione nel momento in cui realizzò che JJ si trovasse in un'enorme vasca idromassaggio, circondato da numerosi led colorati. Indossava gli occhiali da sole e stringeva una bottiglia di Champagne tra le mani.
Lui la guardò, alzando l'angolo destro della bocca alla sua vista. «Lia!» esclamò con voce quasi stridula.
«Cos'hai combinato, JJ?» fu la prima cosa che chiese Pope quando li raggiunse, seguito da Kie.
«Ho un getto d'acqua che mi arriva dritto nel culo, ora — ridacchiò il biondo, ubriaco — Coraggio, potete entrare in acqua tutti voi. Anche subito, capito?» continuò, versando lo Champagne in tre bicchieri di vetro.
«Non—»
«Alla vostra!» esordì, buttando il liquido giù in un sorso solo.
«Quanto ti è costato?» domandò Pope.
«Beh... tra il generatore, la benzina e la consegna espressa... — scoppiò a ridere — più o meno tutto, sì. Tutto» concluse, tornando serio.
«Tutto?» ripetette il ragazzo, sperando di aver sentito male.
«Sì, tutto quanto» confermò.
«Hai speso tutto in un giorno solo?»
«Sì, ho le tasche un po' bucate. Ma alla fine, dovete ammetterlo, è fantastica! La migliore vasca per la terapia di idromassaggio! Così mi hanno detto».
Ophelia deglutì rumorosamente. Prendere consapevolezza che JJ avesse speso venticinquemila dollari in un solo pomeriggio, la sconvolse. Ancor più per il fatto che fossero soldi di Barry, che, come se non bastasse, aveva minacciato Rafe.
«Lia, Kie, che c'è? Non si ha diritto a un po' di lusso nella vita? Avanti, non vi siete stufati di contare gli spiccioli? In fondo... ragazzi, si vive una sola volta, giusto? — si sfilò gli occhiali, guardandoli — Ora basta cazzate! Entrate nel Culo del Gatto!» invitò i suoi amici.
«Nel cosa?» chiese Kiara, sconvolta.
«Nel Culo del Gatto. L'ho chiamato così» sorrise JJ. «Oh sì, già... quasi dimenticavo» e premette un pulsante. Subito dopo, dell'acqua prese a spruzzare contro di lui.
Ophelia si guardò attorno. L'ansia che Barry potesse "vendicarsi" venne presto sostituita dalla paura, ma non dalla paura nei confronti dello spacciatore, no.
Aveva paura per JJ.
«Stai scherzando? — prese parola Pope, alzando il tono della voce — Potevi usarli per il risarcimento!»
«Oppure darli ad un'associazione caritativa!» continuò Kiara.
«O aiutarci a comprare gli attrezzi per estrarre l'altro oro!» aggiunse ancora il ragazzo.
Ophelia fece un passo avanti. «Ragazzi, no...» si limitò a dire, zittendoli e osservando JJ.
Lo conosceva da otto anni. Erano cresciuti insieme. Nonostante fosse oramai a conoscenza del suo lato folle e istintivo, non era uno stupido. Non aveva speso venticinquemila dollari improvvisamente, ed era abbastanza certa che lo avesse fatto in un momento di non lucidità. Un momento di non lucidità nato come conseguenza di qualcosa che era successo. E quel qualcosa non aveva a che fare con il litigio con i Pogues, ma con qualcosa di più doloroso, con qualcosa che lo aveva ferito e che gli aveva fatto perdere la testa.
Ma cosa?
Improvvisamente, il biondo si passò nervosamente una mano sul volto. «Ok, potevo farlo, ma non l'ho fatto!» sbottò, alzandosi in piedi.
Quando lo fece, Ophelia spalancò gli occhi e si portò una mano davanti alla bocca. Tre grandi e scuri ematomi spiccavano all'altezza delle costole, accompagnati da tagli che avevano tutto l'aspetto di essere profondi.
Ematomi e tagli che gli aveva procurato suo padre.
«Ho ordinato una vasca! Per i miei amici! L'ho comprata per i miei amici! Anzi, sapete cosa? I miei migliori amici! L'ho comprata per voi che siete la mia famiglia!» aveva la voce rotta dal pianto mentre continuava ad urlare disperato.
«JJ, ma che diavolo...» mormorò Kiara, con occhi lucidi.
«L'ho presa per voi! Non vedete cos'ho fatto? Avanti! Guardate qua! Guardate qua!» numerose lacrime presero a bagnargli il volto distrutto.
La rossa sentì gli occhi inumidirsi mentre continuava ad osservare il suo amico che si trovava in quelle disastrose condizioni.
«JJ...» il suo nome le uscì come un sussurro dalle labbra. La voce iniziava ad incrinarsi.
«No, Lia! Smettila di piangere!» urlò con voce strozzata. I capelli biondi che gli ricoprivano gli occhi gonfi. «Va tutto bene. Sto bene, ok?» disse ancora.
Prima che Ophelia potesse rendersene contro, era già all'interno della vasca a stringere forte a sé il corpo del ragazzo che, inizialmente rigido, parve poi scoppiare sotto quel tocco. Le avvolse la vita esile con il braccio, poggiando la testa sulla sua spalla e singhiozzando. Le lacrime continuavano ad abbandonare i suoi occhi azzurri, e il suo petto vibrava contro quello della ragazza.
«Non ce la faccio» disse fra le lacrime, esausto. «Non lo sopporto più. Stavo per ucciderlo...»
JJ era crollato sul corpo di Ophelia, che si limitava ad accogliere su di sé tutto il suo peso, accarezzandogli i capelli e pensando a quanto volesse solamente uccidere Luke per ciò che aveva fatto ancora una volta.
«Voglio solo fare la cosa giusta...»
«Lo so, Jay. Lo so...»
Quando anche Kiara e Pope si unirono all'abbraccio, JJ finalmente si sentì a casa.
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