018 i cameron disfunzionali
⸻ capitolo diciotto ⸻
( i cameron disfunzionali )
«Cazzo, non ci credo!»
Fu la prima cosa che esclamò Kiara quando lei e Ophelia entrarono nella veranda dello Chateau, trovando Sarah Cameron seduta sul divano di fianco a John B.
Ophelia spalancò gli occhi. «Oh merda» sussurrò prima di andare frettolosamente ad accomodarsi vicino a Pope e JJ, che avevano tutta l'aria di due persone pronte ad assistere al litigio dell'anno.
«L'hai portata qui? Che c'è? È una di noi adesso?» riprese la castana, guardando Sarah in malo modo.
«Si metterà male» mormorò la rossa, rivolta ai due ragazzi.
«Decisamente» annuì Pope.
JJ mise su un sorrisetto. «È questo il bello» disse eccitato. Poi si schiarì la voce. «Senti, io non ho alcun problema se la sua parte la prende dalla tua» si rivolse a John B.
«Sai, io non ricordo di aver votato! Questa è una cosa nostra! Dei Pogues!» strillò ancora Kie.
Pope sospirò. «Devo ammettere che anch'io sono a disagio in questa situazione» confessò.
«Grazie!» esclamò la riccia.
John B ruotò gli occhi al cielo. «Quand'è che non sei a disagio?» domandò, guardandolo in malo modo.
«Ogni volta che sto con Ophelia... — iniziò a dire Pope — E anche mentre venivo qui con JJ ero a mio agio, per dire» aggiunse.
«È vero» annuirono i due interpellati. «Mai visto così a suo agio» continuò JJ.
«Che carini. Che bel trio» mormorò John B con sarcasmo.
«Eravamo tutti a nostro agio prima che la portassi qui» Kiara riprese parola.
A quel punto, anche Sarah parve scaldarsi. «Non parlare di me come se non ci fossi!» esclamò.
«Allora vattene!» replicò la ragazza.
La bionda scosse la testa. «Te l'ho detto» si rivolse a John B.
«Detto cosa? Che cosa? Che dici cazzate?» le chiese Kiara, osservandola con rabbia.
«No, che sei una chiacchierona di merda!» ribatté, altrettanto stizzita.
«Oh sì?»
«Dieci dollari che una delle due molla uno schiaffo all'altra» disse JJ, tirando fuori i soldi e guardando i suoi due amici.
«Quando ti avrei detto cazzate?»
«Prima fai l'amica e poi volti le spalle».
«Basta! Fate silenzio! — urlò John B, facendo zittire le due ragazze — Kiara, tu sei la mia migliore amica, ok? E Sarah, tu... sei la mia...» esitò per un attimo.
«Dillo» sorrise la ragazza.
«La mia ragazza» concluse John B.
A quelle parole, Ophelia si voltò verso i due ragazzi al suo fianco. «Perché lo dice come se fosse una novità per noi?» domandò, confusa.
«Già, John B — concordò JJ — Lo sapevamo tutti».
«Niente di nuovo» annuì Pope.
Kiara emise una risatina. «È la tua ragazza adesso? E tutta quella storia che la stavi usando soltanto per ottenere informazioni? "Prendo la mappa e la mollo"» ripeté le sue frasi, scimmiottandolo.
«Hai detto che mi stavi usando?» sussurrò Sarah con delusione, voltandosi verso John B.
«No» si grattò la fronte.
Ophelia, JJ e Pope annuirono. «Sì, l'hai detto!» lo sbugiardarono all'unisono.
«La smettete tutti e tre?» John B lanciò loro un'occhiataccia.
Ophelia alzò le mani a mo' di difesa. «Ehi, è la regola: "Niente segreti tra i Pogues". Se Sarah vuole far parte della squadra, deve conoscere la verità» si giustificò — incoerente da parte sua se pensava che lei nascondesse il segreto più orribile di tutti.
Il castano scosse la testa. «Sentite, l'amore è arrivato all'improvviso, ok?» li guardò.
«L'amore?» la rossa, sconvolta, guardò Pope e JJ, che scrollarono le spalle. Probabilmente neanche loro avevano parole da dire a riguardo.
Che John B e Sarah se la facessero insieme era abbastanza risaputo, e Ophelia lo aveva capito fin da subito... ma parlare già di amore era davvero troppo. Ciononostante, era anche consapevole che ognuno vivesse i sentimenti a proprio modo, quindi non se la sentiva di giudicare. Il fatto che lei fosse pessima con i sentimenti — non le era mai piaciuto nessuno se non fisicamente —, non significava che anche gli altri li vivessero al suo stesso modo. Anzi, a dirla tutta, era lei quella strana.
«Ora vomito» ridacchiò sarcasticamente Kie.
«Non ce lo aspettavamo! — si giustificò John B — Diciamo che è... capitato! Non lo voglio negare, chiaro?» sorrise dolcemente a Sarah.
«Che schifo» mormorò Pope con espressione disgustata.
Kiara scosse la testa. «Ora basta con le stronzate, John B. Se lei entra, io esco» chiarì, e la rossa trasalì a quelle parole.
«Kie...» disse, ma la ragazza era totalmente fuori di sé.
John B la guardò per qualche secondo. «Kiara... non posso fare una scelta, non ci riesco» ammise.
«Sarai tu a decidere! Sono curiosa. Chi sceglierai? Me o lei?» insistette.
«Entrambe» rispose.
«Oh, brutta situazione» sussurrò JJ.
A quelle parole, una lacrima bagnò il volto di Kiara prima che assumesse un'espressione delusa e girasse i tacchi, abbandonando lo Chateau.
Istintivamente, Ophelia si mise in piedi, correndo dietro la sua amica. «Kiara! Kie, ferma—»
Prima che potesse terminare, la castana si voltò e abbracciò la ragazza, piangendo sul suo petto. Inizialmente sorpresa e rigida, Ophelia poi le avvolse il corpo esile con le braccia, stringendola forte a sé.
«Kie...» mormorò dolcemente, passandole una mano fra i capelli ricci e lasciandole teneri baci sulla spalla.
Sentì la ragazza deglutire. «Io... io la odio, Lia».
«Non è vero — replicò la rossa, certa — Sei solo delusa per qualunque cosa sia successa in passato».
Kiara si staccò da lei, passandosi le mani sul volto triste e abbattuto. «E John B... lui— lui già ha scelto lei. La conosce da quanto? Due giorni?» scosse la testa, delusa. «Se dovessi abbandonare il gruppo, a lui non importerebbe. Tanto c'è Sarah» disse sarcasticamente, ma per nulla divertita.
«Sai che non è così» disse dolcemente Ophelia, passandole il pollice sulla guancia nel tentativo di toglierle l'ennesima lacrima.
La castana annuì con un sorriso amaro in volto. «È così... L'hai visto anche tu. L'ho messo davanti ad una scelta e lui non è riuscito a scegliere me, la sua migliore amica» sottolineò.
«Sai che John B è un idiota in queste cose. Non le sa gestire per nulla. Fa di tutto per non escludere nessuno, e—»
«Beh, qualcuno è stato escluso. Io mi tiro fuori se Sarah è dentro, e non cambio idea» la fermò, andando dritta al punto.
«Kie...»
Lei scosse la testa. «Già so come andrà finire, Lia. È un film già visto — disse con voce tremolante — E ne ho fatto parte quando ero una matricola al mio primo anno alla Kook Academy. Riesci a immaginare la tensione? Quando ti rendi conto che è ovvio che sei diversa dagli altri... insomma, che non hai niente in comune con nessuno. E quando stavo per tagliarmi le vene, la Regina mi chiese di andare con lei a salvare i piccoli di tartaruga» abbassò lo sguardo, mandando giù il groppo che le si era formato in gola. «Ricordo che quel giorno andammo alla spiaggia. Quando si schiusero le uova, tenemmo lontani gli uccelli per far arrivare le tartarughe all'acqua...»
Ophelia era incapace di parlare. Era la prima volta che Kiara parlava di Sarah o di qualcosa che avessero fatto insieme. E, soprattutto, era la prima volta che Kiara si mostrava così fragile.
«È una cosa bella...» si limitò a mormorare.
«Il più bel giorno della mia vita — ammise — E poi mi ha voltato le spalle così come fa con tutti» un guizzo di delusione le attraversò lo sguardo. «Non farò questa cosa con lei. Lui dovrà fare una scelta».
«Kie, sai che John B non può farla» cercò di farle capire. Poi sospirò. «Non potreste semplicemente parlarne? Tu e Sarah, intendo. È davvero tutto perduto?» le domandò, speranzosa.
Kiara guardò qualcosa oltre la testa della rossa. Quest'ultima, voltandosi, vide Sarah abbandonare lo Chateau. Le guardò per un attimo prima di continuare per la sua strada e andare via.
«Decisamente perduto» disse con freddezza la castana, e prima che Ophelia potesse dire altro, stava già andando via.
Si strinse la punta del naso, pensando a quanto desiderasse strozzare John B in quel momento. Successivamente, armandosi di tanta pazienza, tornò nella veranda dello Chateau, trovando i tre ragazzi intenti a parlare.
«... sul serio, hai fatto schi— Ehi, Lia! Credevamo di averne perse due in un solo colpo. In effetti, temevamo per l'assenza dell'ingegno femminile» le disse JJ, sorridendo quando la vide rientrare.
Ophelia lo ignorò, concentrandosi su John B. «L'hai gestita schifosamente» andò dritta al punto.
«Non credevo che succedesse tutto questo» le rispose esausto, poggiando la testa contro il muro alle sue spalle.
«Dopo tutto ciò che Kie ha detto su Sarah, davvero non te lo aspettavi? — chiese retoricamente — Io direi più che sei andato alla cieca, a tentoni» mise su un mezzo sorriso, scuotendo la testa.
«Sì...» mormorò, sospirando.
JJ si schiarì la voce. «Stavo pensando... insomma, se per voi non ci sono problemi, che ne dite se la parte di Kiara la prendo io? Obiezioni?» chiese, ricevendo numerose occhiatacce.
«Sta' zitto!» Pope gli diede una gomitata.
«Intendevo se non dovesse tornare, e non lo escludo dopo questo disastro. Complimenti, John B» gli disse, ironico. «Comunque, è facile: scegli Kiara» si affrettò ad aggiungere.
«Non posso prendere una decisione» scosse la testa John B.
«Quindi per non offendere la tua donna non si fa più niente?» chiese il biondo, guardandolo come se fosse uno sciocco.
Ophelia sospirò. «Kiara ci serve, JB».
«A me invece serve Sarah» ribatté.
«Sai, mi sto seriamente trattenendo dal darti un pugno — disse la rossa — Sul serio, sono così irritata per il fatto che tu stia perdendo un'amica per una ragazza che hai appena conosciuto, ma sorvolerò perché so che in questo momento non ti serve un altro litigio».
John B si corresse. «Ci servono entrambe».
«Beh, buona fortuna» replicò Pope.
Ophelia si mordicchiò il labbro inferiore, cominciando a far muovere gli ingranaggi del suo cervello. Poi aggrottò le sopracciglia, pensierosa.
«Ehi, Pope — lo richiamò — Quante possibilità ci sono che Kiara e Sarah si uccidano a vicenda se dovessero trovarsi a trascorrere involontariamente del tempo insieme per... uhm... qualche ora?» gli chiese.
«Il 100%. Non serve Pope per questo» rispose JJ con nonchalance.
Il moro assottigliò lo sguardo. «Ha ragione. Probabilmente il 100%» annuì.
«Beh, con una canna?» mise su un sorrisetto.
«Idroponica. Come quelle di mio cugino» disse il biondo, orgoglioso.
«Le possibilità che si uccidano si abbassano notevolmente. Diciamo del... 30%. Forse 40%».
«Perdonami... — prese parola John B, confuso — A cosa stai pensando?» la guardò.
«Ho un piano».
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D'accordo, il piano di Ophelia non consisteva esattamente nel rimanere ferma nella palude sulla barca di Heyward insieme a Sarah Cameron, ma i ragazzi avevano pensato che portare la barca lì avrebbe destato meno sospetti quando avrebbero chiesto a Kiara di raggiungerla.
Il piano era semplice e geniale, anche se forse avrebbero rischiato di essere picchiati dalle due ragazze. Ophelia e Sarah, in quel momento, si trovavano sulla barca di Heyward nella palude. I ragazzi, nel frattempo, sarebbero andati a recuperare Kiara, chiedendole aiuto perché "Ophelia è rimasta bloccata nella palude con la barca. Ci serve tutto l'aiuto possibile per trainarla e tu sei il meccanico". Vedendoli arrivare da lontano, Ophelia avrebbe chiuso Sarah nella stiva, e poi sarebbero scappati via in un momento di distrazione di Kiara, lasciando le due ragazze lì per tutta la notte. Ah, e ovviamente c'era la canna idroponica del cugino di JJ insieme a del cibo.
«Sai... — prese parola Sarah, destandola dai suoi pensieri — quando John B mi aveva detto che avresti voluto trascorrere del tempo con me, non avevo immaginato ad un giro in barca nella... palude» confessò, guardandosi attorno.
Ophelia, seduta al suo fianco a prua, mise su un sorriso. «Amo la palude!» quasi strillò, facendole aggrottare le sopracciglia. Poi si ricompose. «Beh... amo il silenzio della palude» si corresse subito dopo.
La bionda annuì con un dolce sorriso in volto. «Ti capisco...» mormorò. «Non dev'essere semplice vivere con quei tre. Sembrano...»
«Folli?» concluse per lei.
«Già» ridacchiò.
«Decisamente» ammise, divertita. «Ma sono la mia famiglia, tutti loro... anche se a volte vorrei ucciderli» confessò, strappandole una risata.
«È sempre così in famiglia, no? Odio e amore» le rivolse un affabile sorriso, e lei annuì. «Credevo che neanche tu mi volessi... Insomma, so che tu e Kie siete migliori amiche» aggiunse subito dopo.
«Beh, ammetto che se dovessi fare una scelta tra te e lei, sceglierei lei. Niente di personale—»
«Tranquilla, capisco» disse immediatamente.
«Ma ora ci sei dentro tanto quanto noi. Senza il tuo aiuto non avremmo mai avuto la lettera di Denmark Tanny, e nemmeno la planimetria di Tannyhill. Fai parte della squadra» le sorrise.
Sarah abbassò lo sguardo a quelle parole. Poi sospirò. «Tutto questo è nuovo per me. Non mi sono mai sentita parte di qualcosa» le confessò.
«Credevo stessi bene con i tuoi amici Kooks» le rispose, aggrottando le sopracciglia.
«Con quelle persone? Credi che non sappia che sono meschine? So come si comportano con voi, e lo odio, sul serio... ma non ho mai avuto il coraggio di andare via — mormorò — Forse perché nessuno me ne ha mai dato la possibilità. Nessuno mi ha mai aperto nuove prospettive oltre il futuro già scritto per me da mio padre» si aprì con lei, tenendo lo sguardo basso per tutto il tempo.
«E John B te ne sta dando la possibilità» comprese Ophelia, accennando un sorriso.
«Già» ammise dolcemente. «Mi sono sentita più viva e felice con lui nella stiva di una barca, comportandoci da fuggitivi, di quanto lo sia mai stata con i Kooks» continuò.
La rossa sospirò. «Beh, se vuoi far parte della squadra, sappi che dovrai comportarti da fuggitiva molto spesso. Non abbiamo un giorno tranquillo da secoli» ridacchiò.
«Sono pronta, sul serio» annuì. «O almeno... lo sarei se facessi parte della squadra, ma è evidente che Kiara non mi voglia, e non pretendo che John B scelga me» perse il suo sorriso, arricciando il naso.
Ophelia la guardò per qualche secondo. Aveva sempre pensato che Sarah fosse diversa. Lo aveva capito dal suo tenerci all'ambiente, dai sorrisi che regalava a chiunque, dal suo battersi per la giustizia... ma era sempre stata la ricca Principessa Kook. Credeva che amasse la sua vita, lo sfarzo, e invece si sentiva soffocata, messa sotto pressione dal futuro che Ward aveva scritto per lei. E John B le aveva offerto la possibilità di uscire da quell'imballaggio, da quella gabbia dorata.
Sarah non era solo una Principessa Kook. Era molto altro.
«Posso... — iniziò cautamente — Posso chiederti cos'è successo tra te e Kiara?» le domandò.
A quella domanda, la bionda si ritrovò ad abbassare nuovamente lo sguardo, emettendo un profondo sospiro e assumendo un'espressione pensierosa, come se stesse ricordando qualcosa.
Poi, finalmente, prese parola. «Eravamo migliori amiche. Era la prima persona con cui stavo realmente bene. Facevamo tutto insieme — mise su un sorriso amaro — Poi non l'ho invitata al mio compleanno. C'erano tutti tranne lei, e ha scoperto della festa tramite Instagram. Dopo poco, è arrivata la polizia. Non mi sono mai davvero arrabbiata per il fatto che avesse interrotto la mia festa di compleanno, ma arrabbiarsi per questo era più facile che ammettere che in realtà fosse stata tutta colpa mia. Il motivo di questa rottura non riguarda gli sbirri alla mia festa, e nemmeno il mancato invito al compleanno... ma il fatto che io l'abbia tagliata fuori senza dirle nulla. Ero la sua migliore e le volevo bene...» raccontò con tono dispiaciuto e rammaricato, tenendo sempre il capo chino. «E l'ho allontanata. È così che faccio quando le persone si avvicinano troppo a me. È come se mi sentissi in trappola, e quindi scappo. Poi do la colpa agli altri, come ho fatto con lei».
Seguirono istanti di silenzio durante i quali Ophelia ragionò sul racconto di Sarah. Non avrebbe mai immaginato che il motivo della loro amicizia interrotta potesse essere un mancato invito ad una festa di compleanno, anche se era del tutto plausibile che un'adolescente soffrisse dopo che non era stata invitata al compleanno di quella che credeva fosse la sua migliore amica. Ma il motivo non era solo quello. Era più profondo. Kiara si era sentita esclusa. Era stata lasciata sola dall'unica persona a cui avesse mai voluto bene tra tutti i Kooks. L'unica persona con cui avesse mai trascorso del tempo dopo che era stata obbligata dai suoi genitori ad iscriversi alla Kook Academy. L'aveva trovata e poi l'aveva persa senza nemmeno capirne il motivo. Era stata lasciata sola.
Per quanto riguardava Sarah, credeva che nonostante fosse la preferita del padre, si ritrovasse a vivere sotto il suo controllo e i suoi abusi emotivi. Era stata costretta a costruire l'immagine della principessina perfetta, a fare qualsiasi cosa ci si aspettasse da lei, ed era arrivata al punto in cui non riusciva più ad essere se stessa con le persone, allontanandole quando si avvicinavano troppo.
La causa era Ward Cameron.
«Secondo te torneremo mai ad essere amiche?»
La voce di Sarah la destò dai suoi pensieri e si voltò verso di lei, trovando già i suoi occhioni intenti a guardarla. A quella domanda, fatta in maniera così dolce e ingenua, Ophelia incurvò le labbra all'insù.
«Sicuro» annuì, certa. «Tutta la rabbia di Kiara è semplicemente dovuta al fatto che ti volesse davvero bene, e sono certa che, parlando, riuscirete a chiarire. In ogni caso, dovete farlo per forza, perché nessuna delle due abbandonerà la squadra».
«Beh, lei non vuole parlarmi. Hai visto ieri, no?» mise su un sorriso amaro.
A quelle parole, Ophelia si zittì, consapevole del fatto che Kiara e Sarah si sarebbero incontrate di lì a poco.
Si concentrò poi su altro. «Sarah — mormorò, facendola voltare — non scappare da John B» le chiese con sguardo supplichevole. «Non avrei mai pensato di dirlo, ma gli piaci tanto, Principessa Kook, e non merita di soffrire. L'ha già fatto abbastanza» continuò, guardandola negli occhi.
Sarah resse lo sguardo prima di annuire. «Te lo prometto» disse.
«Bene» mormorò Ophelia.
«Carina» riprese parola la bionda, sfiorando la bandana celeste avvolta attorno al polso della ragazza. «Ne ha una anche mio fratello» aggiunse.
La rossa spalancò gli occhi, sentendo il volto andare in fiamme. Quella era la sua bandata. «Ah, davvero? Non credevo che un tipo raffinato come lui avesse delle bandane» disse nervosamente, tentando di mostrarsi disinvolta.
«Neanche io, in realtà. E sembra anche esserci parecchio legato. Quasi ha urlato contro Wheezie che voleva— Oh cazzo!» urlò improvvisamente, portandosi le mani davanti alla bocca e spalancando gli occhi.
Ophelia inarcò un sopracciglio. «Cosa?»
«Tu e mio fratello!» strepitò, visibilmente sconvolta e incredula. «Non ci credo!» continuò.
La ragazza, in risposta, si ritrovò a vacillare, sentendosi sprofondare dalla vergogna e dall'imbarazzo mentre ripensava ai momenti trascorsi con Rafe.
Rossa in volto, scosse la testa. «Sei fuori strada, Sarah. Io e Rafe? Mi odia. Odia i Pogues!»
«Lo so! Per questo è totalmente assurdo. Li tormenta continuamente e poi— aspetta, siete finiti a letto insieme?» assottigliò lo sguardo, studiandola con lo sguardo.
«Sarah...»
«Oh merda. Cazzo!» continuò a blaterare, scuotendo la testa incredula.
Ophelia chiuse gli occhi, facendo un profondo sospiro per non perdere la calma. «Sarah, non deve saperlo nessuno. Nessuno. Ok?» la guardò.
«Non glielo hai detto?» domandò, confusa.
«Sei pazza?» fu il suo momento di urlare. «Se solo lo sapessero, mi caccerebbero dal gruppo. Senza offesa, ma tuo fratello è—»
«Un grandissimo stronzo viziato. Tranquilla, nessun'offesa» si strinse nelle spalle. Poi sospirò. «Ma com'è successo?» le chiese, curiosa.
«Non ne ho idea» ammise. «Mi ha baciata al cinema all'aperto, e poi alla festa è entrato nel bagno. Ero ubriaca, lui era vicino... ed è successo» spiegò.
«Alla festa? Dio, l'avete fatto nel bagno del Country Club?» rise divertita, nonostante fosse ancora parecchio sconvolta.
«Non lo dirai a nessuno, vero?»
Sarah fece il gesto di essere muta come un pesce. Poi sospirò. «Oltre quello, non c'è altro, vero?» il tono di voce era speranzoso.
«Assolutamente no. È stato un errore di un— due volte... ma non c'è nulla» disse con serietà.
La bionda annuì. «Bene» mormorò. «So che non dovrei dirlo, ma non augurerei a nessuna ragazza di stare con mio fratello. È così arrabbiato, sempre. E poi trascorre tutto il tempo a sballarsi e a fare cazzate. Oh, e mi odia» mise su un sorriso amaro.
«Ti odia?» chiese confusa.
«Mio padre litiga spesso con lui, e non è molto carino, lo ammetto. Sai, non impazzisco quando gli dice che è inutile, un buono a nulla... ma Rafe fa così tante cazzate. Questo non giustifica mio padre e il suo modo di parlargli... ma non giustifica neanche Rafe a prendersela con me perché sono la sua preferita».
A quelle parole, Ophelia schiuse le labbra. Vista da fuori, la famiglia Cameron sembrava perfetta, ma era evidente che ci fossero tanti problemi, soprattutto in Rafe. E ora veniva a sapere questo. Il ragazzo non si sentiva mai la prima scelta, ed era sempre messo al secondo posto quando per Ward si trattava di scegliere tra lui e Sarah. Lei era la figlia prediletta, era la perfetta Principessa Kook, e Rafe continuava a sentirsi dire quanto fosse inutile. E a ripeterglielo non era una persona qualunque, ma suo padre, di cui cercava perennemente l'approvazione. Rafe era arrabbiato con il mondo, era arrabbiato con gli altri, forse perché un po' di affetto e di amore non lo aveva mai avuto.
Questo non giustificava ciò che faceva, ma ora Ophelia capiva che c'era altro. Anche lui soffriva, e a farlo soffrire era suo padre, che lo umiliava. Sotto quei colpi animaleschi c'erano rabbia e problemi non elaborati, che, però, venivano urlati da quella violenza brutale.
A destarla dai suoi pensieri, fortunatamente, fu il rumore di una barca che, in lontananza, si stava avvicinando, e Ophelia capì immediatamente che si trattasse dei ragazzi.
Si raddrizzò e si schiarì la gola. «Ehi, Sarah, per caso mi faresti il piacere di andare a controllare se nella stiva ci sono due giubbotti di salvataggio?» chiese.
«Cosa?» domandò perplessa.
«Il signor Heyward mi aveva chiesto di controllare e l'ho totalmente dimenticato. Lo faresti tu, per favore?» le fece gli occhioni dolci.
Sarah sbatté le palpebre per qualche secondo prima di mettersi in piedi. «Sei strana...» ridacchiò.
Dopodiché, alzò l'asse di legno e scese nella stiva. In quel momento, Ophelia la chiuse dentro.
«Ma che— Ophelia! Che diavolo fai!»
«Scusa, Sarah, è per un... bene superiore, diciamo».
«Apri subito!»
Mentre Sarah continuava ad urlare e a battere i pugni contro l'asse di legno, l'HMS Pogue fu fermata al lato opposto.
«Ehi ragazzi, alla buon'ora» finse, guardando John B, Pope, JJ e Kiara.
Quest'ultima sospirò, raggiungendola sulla barca di Heyward. «Onestamente, ancora non ho capito perché sono qui» borbottò.
«La barca non parte, Kie, e io non so cosa fare. Credo sia un problema dell'alternatore» la rossa arricciò il naso. «Sono stata bloccata qui a sorvegliare la barca per quasi un'ora» aggiunse, rilasciando un finto sospiro esausto.
La castana entrò in cabina. «La presa l'hai controllata?» chiese, guardando JJ che le aveva raggiunte.
«No, no. Controllala tu».
«Andiamo, andiamo, andiamo» sussurrò il biondo, spingendo Ophelia fuori dalla cabina.
Mentre Kiara era troppo presa a controllare l'alternatore, i due raggiunsero la prua e salirono sull'HMS Pogue prima che Pope mettesse in moto e si allontanassero.
In quel momento, avendo capito il tranello, videro Kiara abbandonare la cabina con espressione confusa. Dopodiché, fece uscire Sarah dalla stiva.
Le due ragazze si guardarono incredule prima di rivolgersi ai quattro.
«Ragazzi!»
«Fate sul serio?»
«Veniteci a riprendere e non fate gli stronzi!»
«Ritornate qui immediatamente!»
«Non finché non risolvete!» urlò John B in risposta.
«Non lasciateci qui!»
«Ophelia, non posso credere che tu sia d'accordo con tutto questo!»
La rossa sventolò la mano. «Scusate, ragazze. Vi voglio bene!»
«C'è cibo in cabina, e JJ ha rollato una canna!» urlò Pope.
«È idroponica!» aggiunse il biondo.
Dopodiché, si allontanarono dalla barca di Heyward, lasciando da sole le due ragazze.
«Merda, sei sicura che non si uccideranno?» John B si rivolse a Ophelia.
«Sembravano molto... incazzate» ragionò Pope.
JJ scosse la testa. «Tranquilli. L'idroponica farà il suo lavoro».
«Faranno pace, vedrete» disse certa Ophelia.
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Ophelia si stava annoiando. Era così abituata a trascorrere le serate con i Pogues che quando si ritrovava da sola a casa, non sapeva cosa fare. Onestamente, avrebbe preferito stare con qualcuno di loro, ma i ragazzi si erano mostrati parecchio stanchi e desiderosi di dormire, in particolare dopo la giornata trascorsa, e così la rossa era tornata a casa sua controvoglia, ma accettando la loro decisione.
Dopotutto, l'indomani sarebbero andati a caccia di oro e dovevano assolutamente riposare.
O almeno, così speravano: tutto dipendeva da Kiara e Sarah, e Ophelia non poté non chiedersi cosa stessero facendo. C'era un'alta probabilità che si stessero picchiando, ma lei voleva dare fiducia alla probabilità più bassa e credere che stessero fumando e chiarendo.
Sospirò annoiata, allungando i piedi sul divano e girando l'ennesima pagina di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban. Era probabilmente la decima volta che rileggeva tutta la saga, in particolare quel libro, che era senza dubbio il suo preferito... o forse, semplicemente, si divertiva a fantasticare su Sirius Black e su come potesse essere da giovane. Senza dubbio, lo immaginava elegante.
Una parte di lei avrebbe voluto fare altro, ma la corrente ancora non c'era e non le restava che leggere.
Sbadigliò, lanciando un veloce sguardo all'orologio, che segnava mezzanotte passata. Chiuse il libro e lo lasciò sulla tavola. Dopodiché, avvolgendo il suo corpo in una coperta grigia, camminò in direzione della sua stanza.
Poi si bloccò.
Qualcuno cominciò a battere le nocche contro la porta, e Ophelia si irrigidì, voltandosi lentamente verso di essa. L'ansia iniziò ad invaderla mentre rifletteva su chi potesse bussare a casa sua a quell'ora. Insomma, era in pieno stile film horror, e se aveva imparato qualcosa, era che non bisognasse mai aprire a quell'ora.
Sicuramente non era suo padre, sia perché aveva le chiavi, sia perché avrebbe dormito fuori. Kiara era nel bel mezzo della palude con la sua migliore amica, JJ e John B dormivano allo Chateau, e Pope era a casa. Era certa che non fosse nessuno di loro.
Le nocche contro la porta continuarono a farla rabbrividire, e si avvicinò ad essa timidamente. Mandò giù il groppo che le si era formato in gola e sospirò in maniera profonda.
«Chi è?» chiese quasi in un sussurro.
Ci fu silenzio per qualche secondo, e fu in quel momento che Ophelia ebbe davvero paura che qualcuno potesse ucciderla.
«Ophelia...»
Spalancò gli occhi quando si rese conto del fatto che fosse Rafe Cameron, lo stesso Rafe con cui aveva fatto sesso in un bagno del Country Club solo qualche giorno prima. Che diavolo voleva? Perché andava da lei a notte fonda? E, soprattutto, come diavolo faceva a sapere dove abitasse?
Se una parte di lei fu sollevata alla realizzazione che non fosse un assassino, l'altra parte di lei fu invasa doppiamente dall'ansia.
Era pietrificata, e non sapeva né che dire né che fare.
Fu Rafe a parlare. «Senti... io— io so che non dovrei essere qui e che sono l'ultima persona che vorresti vedere. Non so nemmeno perché io abbia chiesto in giro dove abitassi, e perché sia qui fuori la porta di casa tua, ma vedi... io...» si fermò per qualche secondo. «Non so dove andare» sussurrò infine.
Blaterava, diceva frasi e parole sconnesse, e aveva la voce rotta dal pianto. Ophelia neanche aveva mai pensato che uno come lui potesse piangere. Era semplicemente sconvolta e perplessa, e, soprattutto, era indecisa sul da farsi.
Avrebbe voluto ignorarlo, lasciarlo lì fuori ad affogare nella sua disperazione e tornarsene in camera, ma mentre lo pensava, aveva già aperto la porta.
Rafe alzò lo sguardo lentamente, e quasi parve sorpreso quando si rese conto del fatto che lei avesse realmente aperto la porta. Probabilmente anche lui si aspettava lo ignorasse, e invece, idiota, aveva aperto.
Si ritrovò davanti un ragazzo con gli occhi blu lucidi. Tremava, respirava affannosamente e aveva la mascella serrata. Tra le mani, stringeva il casco della moto parcheggiata poco lontano.
Ophelia aveva visto tante cose nella sua vita, ma Rafe Cameron che piangeva fuori casa sua era una cosa che non si sarebbe mai aspettata di vedere.
«Che ci fai qui, Rafe?» domandò cautamente. Avrebbe voluto esordire con qualche sua solita battuta, ma non le sembrava il momento.
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, incapace di parlare. Si guardava nervosamente intorno, stringendo con forza il casco. Era quasi come se non avesse voce, come se non avesse la forza di parlare.
«Io... ehm...» esitò, facendole aggrottare la sopracciglia.
Mentre lui tentava di mettere su una frase che avesse un minimo di senso compiuto, gli occhi di Ophelia caddero sull'interno del suo avambraccio sinistro, e quasi vacillò.
«Che hai fatto?» gli chiese, genuinamente preoccupata in un modo che stupì se stessa e stupì il ragazzo, che non aveva mai avuto qualcuno che si preoccupasse per lui.
Rafe guardò la ferita e poi lei. «Ero in ritardo con un... pagamento» si limitò a dire, con voce tremante.
Ophelia sospirò. Non aveva ancora ben chiara la situazione, ma era fermamente convinta del fatto che riguardasse la droga.
«L'hai disinfettata?» chiese ancora.
Lui scosse la testa. «Non— non posso tornare a casa» deglutì. Poi fece una risata quasi nervosa. «È divertente, non credi? Un Pogue dentro casa mia, ed io vengo sbattuto fuori. Faccio di tutto per mio padre, per renderlo orgoglioso. Mi impegno, sul serio, lo faccio, ma poi mi dice che sono un bugiardo, un ladro e che non merito fiducia, e mi caccia di casa. E lo capisco, davvero, ma mi ha lasciato solo per la strada come se non fossi suo figlio. Era deluso da me, capisci? Io ho sempre fatto di tutto solo per renderlo orgoglioso, e—» si bloccò bruscamente, facendo un profondo sospiro e passandosi la mano fra i capelli in maniera nevosa.
Ophelia sbatté le palpebre per qualche secondo, ancora più incredula di prima. Non solo Rafe andava a casa sua e piangeva, ma ora si sfogava anche con lei, parlandole di quanto sentisse quest'ardente desiderio di rendere fiero suo padre, che, però, a sua volta, non gli dava mai un po' di credito, ed era arrivato perfino a cacciarlo di casa.
Ora le parole di Sarah erano più chiare.
Rafe Cameron stava impazzendo davanti ai suoi occhi, diviso fra la delusione e la rabbia che provava per se stesso per aver deluso suo padre, e l'incredulità di essere stato lasciato solo dopo aver trascorso tutta un'intera vita a cercare di renderlo fiero e orgoglioso.
«Entra».
Disse quella parole prima che potesse effettivamente rifletterci, e se ne penti l'attimo successivo. Stava facendo entrare Rafe Cameron dentro casa sua. Eppure, in quel momento, non lo vedeva come un nemico, ma come un semplice ragazzo spezzato che aveva bisogno di aiuto. Un aiuto che, probabilmente, lei non avrebbe dovuto dargli... ma quando un ragazzo che aveva baciato e con cui aveva fatto sesso le piangeva davanti in quella maniera, e iniziava a blaterare senza sosta, lei non poteva mostrarsi indifferente e comportarsi come se non avessero condiviso qualcosa, anche se quel qualcosa era sbagliato e assolutamente da dimenticare.
Anche Rafe parve piuttosto perplesso all'inizio, ma poi, come un cane obbediente, entrò nell'umile casa, lanciandosi una veloce occhiata attorno.
«Prima che tu dica qualcosa, non è una reggia, d'accordo?» parlò prima ancora che potesse farlo lui, che, in tutta onestà, non sembrava nemmeno intenzionato a fare battute sulla casa.
Si limitò a scuotere lievemente la testa. Ophelia non lo conosceva bene, ma era abbastanza sicura del fatto che fosse anche piuttosto imbarazzato. Imbarazzato per essere stato cacciato di casa. Imbarazzato per aver chiesto aiuto a una Pogue.
Ophelia camminò verso il bagno, e Rafe, muovendosi a disagio in quella casa del tutto diversa alla sua, la seguì. La vide recuperare la cassetta di pronto soccorso e poi uscire nuovamente dal bagno per raggiungere la sua stanza. Ancora una volta, Rafe la seguì, fermandosi poi sull'uscio della porta e guardandosi attorno.
Nella stanza aleggiava un leggero profumo di vaniglia e lavanda, che erano in grado di esprimere un mix di caos e calma, un mix di personalità che caratterizzavano Ophelia, la stessa ragazza che sapeva urlargli contro e che sapeva anche accoglierlo a casa sua a notte fonda. Quella camera era lei. Ogni angolo urlava Ophelia Martin con forza. Dalle polaroid attaccate al muro, alla chitarra sulla sedia girevole, ai libri messi disordinatamente sulla scrivania, alle scarpe consumate gettate in un angolo, a un album da disegno poggiato sul comodino, e alcune conchiglie lasciate sulla scrivania.
Aveva tutto l'aspetto di essere un santuario vivo e calmo, diverso da qualunque altro posto in cui Rafe fosse mai entrato. Lì, in quello spazio caldo, riuscì a provare uno strano senso di pace, e tornò a respirare normalmente.
Quando Ophelia si schiarì la voce, Rafe parve tornare con i piedi per terra e la raggiunse con titubanza, accomodandosi al suo fianco.
«Dammi il braccio» disse, e lui lo fece. Osservò la bruciatura e arricciò il naso. «E questo l'ha fatto il tipo che ti vende la droga?» chiese.
Rafe schiuse le labbra. «Io— sì. Gli dovevo dei soldi» ripeté.
«Mh mh — annuì, cominciando a disinfettargli l'ustione sotto il suo sguardo attento — E hai ripagato il debito?» chiese.
Il ragazzo sospirò. «Sì... l'ha fatto mio padre... L'ha anche... picchiato» le confessò, facendole arricciare il naso.
«E per questo ti ha cacciato di casa» capì lei, intenta a fasciargli la ferita con una garza sterile. «Ok, e perché sei qui, esattamente?» domandò ancora.
Rafe deglutì, scuotendo lievemente la testa. «Non lo so...» disse in un sussurro.
«O forse perché sarebbe una vergogna per te andare, che so, da Topper o da Kelce e raccontargli tutto» gli disse lei, chiudendogli la fasciatura.
Il ragazzo non rispose. Né confermò, né negò.
Lei, in risposta, si prese del tempo per ragionare sulla questione.
Rafe Cameron era un ricco stronzo snob arrogante che proveniva dalle estremità prestigiose delle Outer Banks. Aveva tutto. Ogni cosa. Ophelia lo aveva sempre visto in quel modo.
E ora davanti aveva un ragazzo che soffriva di un'evidente ansia di non essere abbastanza buono per suo padre. Ward. Adorava Sarah, la venerava e non lo nascondeva. Allo stesso modo, non nascondeva il fatto che non gli piacesse Rafe, dandogli per lo più responsabilità e poi reagendo con rabbia quando sbagliava. La sua rabbia era comprensibile, soprattutto perché Rafe era più grande di Sarah, ed era l'erede della Cameron Development, e quindi sarebbe dovuto essere più responsabile e sicuramente non avrebbe dovuto sprecare soldi in droga e poi mettersi nei guai a causa di questo. Tuttavia, Ward che gli esprimeva ripetutamente la sua delusione in faccia e che lo trattava essenzialmente come un fallimento, doveva essere piuttosto difficile da sopportare per Rafe, e Ophelia non sapeva da quanto tempo Ward si comportasse così nei suoi confronti e quanto questo fosse dannoso per la sua autostima e la sua qualità generale di benessere mentale.
Sarah era la figlia preferita e Rafe era la pecora nera che si ostinava a fare del suo meglio per farsi apprezzare, ma finiva con lo sbagliare la maggior parte delle volte. Quando, invece, faceva qualcosa di giusto, non gli venivano fatti complimenti.
Questa informazione eliminava per lo più la possibilità che il comportamento di Rafe fosse dovuto alla sua dipendenza dalla droga, perché era evidente che avesse un problema che non riguardava la cocaina. Certo, la sua dipendenza giocava un ruolo significativo, ed era evidente che la usasse come meccanismo di coping per qualsiasi disagio mentale che provasse, amplificando i problemi che già aveva.
Oltretutto, suo padre aveva picchiato Barry davanti ai suoi occhi. Così facendo, aveva mostrato a Rafe che il modo in cui affrontava le cose fosse attraverso la violenza, e Rafe non poteva che prendere d'esempio quei comportamenti. Poi, lo aveva cacciato di casa.
La droga non era un scherzo, e Ophelia comprendeva la rabbia di Ward, ma non credeva che la sua fosse stata la giusta risposta. Era solo un ragazzo normale che commetteva errori da ragazzo di diciannove anni, e avrebbe dovuto aiutarlo, non mandarlo via. Doveva essere stato dannatamente doloroso essere respinto così duramente da suo padre, dalla persona che voleva esprimesse orgoglio e amore quasi in modo disperato.
Cazzo, Rafe Cameron non era uno stronzo al 100%. Magari al 70%. Per la percentuale restante, era solo un ragazzo ferito, un prodotto di ciò che viveva, un prodotto di Ward Cameron, suo padre.
Lo guardò occhi diversi, e quasi sentì lo sguardo addolcirsi mentre se ne rendeva conto. Questo ovviamente non cambiava nulla tra di loro e credeva ancora che avesse fatto delle cose orribili. Probabilmente avrebbe continuato a farle, ma Ophelia, quella sera, decise di mettere da parte quel pensiero.
Istintivamente, allungò la mano verso il volto di Rafe, che quasi tremò quando la sentì spostargli i capelli in un gesto dolce a cui non era per niente abituato. La osservò attentamente mentre gli sistemava i capelli non ordinati come al solito.
«So che me ne pentirò e mi auguro che domani mattina tu sparisca come se tutto questo non fosse mai successo... ma puoi rimanere qua per la notte» disse, parlando lentamente e iniziandosene a pentire subito dopo.
Mandarlo in strada in piena notte, però, non era una cosa carina da fare, nonostante se lo meritasse.
Senza neanche guardarlo o aspettare una sua risposta, Ophelia scoprì il letto e si mise sotto le coperte. Rafe, dal canto suo, la guardò per qualche istante. Sembrava indeciso, o forse intimidito, quasi come se non avesse mai dormito con una ragazza prima di quel momento. Forse era così, forse si era solo limitato a stare fisicamente con loro... ciononostante, le veniva davvero difficile pensare che potesse imbarazzarsi, soprattutto dopo ciò che era successo in quel bagno. In ogni caso, era anche evidente, per lei, che, in quel momento, fosse parecchio instabile e che neanche sembrasse essere più lui.
Poco dopo, lo vide sfilarsi le scarpe e stendersi al suo fianco sul letto.
Nonostante glielo avesse proposto, Ophelia poteva dirsi piuttosto in imbarazzo. Dormire con Rafe Cameron si aggiungeva alla lista di cose sbagliate che ultimamente aveva fatto con lui, ma ci stava facendo anche una certa abitudine, e nemmeno fu invasa dai soliti pensieri: semplicemente, come stava facendo dal primo bacio, si sarebbe comportata come se non fosse mai successo nulla.
Aprì gli occhi quando sentì Rafe muoversi al suo fianco, ma prima che potesse anche solo fare o dire qualcosa, lui aveva già appoggiato le labbra sulle sue.
Ophelia non ci ragionò neanche troppo e ricambiò, facendo scivolare immediatamente la lingua dentro la bocca del ragazzo, che l'accolse di buon grado. Era un bacio meno vorace di quelli che si erano precedentemente scambiati, e, inoltre, nessuno di loro si mosse per toccare l'altro. Semplicemente, rimasero a baciarsi per un arco di tempo indefinito, facendo scivolare le bocche l'una contro l'altra in un bacio caldo e bagnato.
Quando si staccarono, nessuno dei due disse nulla, ma non serviva affatto: erano entrambi d'accordo sul fatto che non ne avrebbero parlato con nessuno e che sarebbe stato il terzo errore da dimenticare.
Si limitarono a chiudere gli occhi e ad addormentarsi.
So che il chiarimento tra Sarah e Kiara avviene il giorno successivo al litigio e a Rafe che viene cacciato di casa, ma ho voluto fare accadere tutto nello stesso giorno. Questo "cambiamento" era solo per semplificarmi le cose e per fare in modo che Rafe andasse da Ophelia dopo la conversazione tra lei e Sarah, ma non avrà ripercussioni sulla storia di Outer Banks e non cambierà nulla.
Inoltre, spero che possa piacervi l'ultima scena, e che possiate apprezzare questo Rafe, al momento rotto e ferito, e mi auguro che non lo vediate come "fuori dal personaggio", anche perché io me lo immagino più o meno così agitato, nervoso e ansioso dopo ciò che è successo con Ward e Barry. Me lo immagino un po' "non più stronzo", diciamo.
Ma, appunto, sarà solo un momento e di certo non diventerà un "dolce fidanzato pappamolle" soprattutto perché, come sapete, diventeranno presto rivali. Ciononostante, Rafe è vulnerabile dopo il litigio con suo padre, che lo tocca profondamente, e, d'istinto, va da lei, da una Pogue. È quindi evidente che ci sia "qualcosa", una sorta di flebile legame invisibile, ma ne dovrà passare di tempo per rafforzarsi 🥹
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