014 il biondo e la rossa
⸻ capitolo quattordici ⸻
( il biondo e la rossa )
Era pomeriggio presto, probabilmente le due o le tre circa. Ophelia non ne aveva l'assoluta certezza. Tutto quello che faceva, da ore, era fissare il soffitto con sguardo perso mentre i suoi pensieri avevano preso la forma di un enorme groviglio. Purtroppo, ripensava al bacio che si era scambiata con Rafe, al fatto che quella sera avrebbe partecipato alla Festa e lo avrebbe rivisto, ma, soprattutto, pensava a JJ. In realtà, lo aveva fatto per tutta la notte, ed era evidente dalle sue profonde occhiate.
Non aveva sue notizie dal giorno precedente, da quando era stato arrestato, e dire che fosse agitata e preoccupata era davvero riduttivo. Una parte di lei, quella ingenua, sperava che i genitori di Topper ritirassero la denuncia, ma i Kooks non facevano mai un passo indietro se l'alternativa era quella di rovinare un Pogue, nemmeno se si trattava un sedicenne.
Ophelia non voleva quello per JJ. Non lo accettava. Era un ragazzo in gamba, intelligente e astuto, nonostante si desse davvero poco credito. Ma lei credeva in lui. Sul serio. E si fidava così tanto da pensare che sarebbe riuscito ad uscirne.
Lo sperava, quantomeno.
Sospirando rumorosamente, si mise seduta sul suo letto da una piazza e mezza e afferrò il telefono. Chissà perché sperava di trovare qualche notifica, ma ovviamente loro ancora non avevano la corrente, quindi si ritrovò a sbuffare e a lanciare quell'inutile aggeggio contro il cuscino.
Gli occhi, poi, le ricaddero sul vestito che Kiara le aveva portato quella mattina per la Festa di Mezza Estate. Lo aveva lasciato sulla sedia girevole, e non aveva pensato nemmeno una volta di provarlo. Sembrava carino in realtà, ma la sua voglia di indossarlo e di andare tra i Kooks, in quel momento, era pari a zero.
Improvvisamente, il suo flusso di pensieri fu messo a tacere da alcuni colpi di nocca dati contro la porta. Subito dopo, suo padre fece capolino nella stanza. «Ehi, posso?» chiese dolcemente.
Ophelia, stringendo il cuscino a sé, annuì.
Eddie entrò nella camera, guardandosi attorno per qualche secondo prima di sedersi accanto a sua figlia, emettendo un sospiro. «Come stai, amore?» le domandò, voltandosi verso di lei.
Ophelia si strinse nelle spalle, osservando il pavimento. «Come una persona che non ha notizie da ore del suo migliore amico che è stato arrestato. Migliore amico innocente» sottolineò, mettendo su un sorriso amaro.
A quelle parole, l'uomo le passò un braccio attorno alle spalle, facendola poggiare sul suo petto. La ragazza si lasciò stringere da suo padre, ispirando il suo profumo di casa e chiudendo gli occhi.
«Li odio, papà — sussurrò poco dopo — Odio i Kooks» aggiunse, sentendo gli occhi inumidirsi. «Perché sono così meschini? Eppure anche loro hanno dei figli...» disse disgustata.
Il petto dell'uomo vibrò, e Ophelia capì che stesse ridacchiando. «Loro non se ne preoccupano, piccola. Se i figli dei Kooks finissero in carcere, uscirebbero dopo poco. Non sanno cosa si prova a sapere il proprio figlio nei guai» mormorò, continuando ad accarezzarla. «Ma JJ è un ragazzo forte, Lia. Un po' folle, ma forte. Ed è anche un ragazzo buono».
A quelle parole, lei si allontanò per guardarlo negli occhi. Mise su un flebile sorriso e annuì. «Lo so» gli rispose, tirando su col naso.
«Si aggiusterà tutto, te lo prometto» le scoccò un bacio sulla tempia. «E ti prometto che farò del mio meglio per aiutare JJ nel caso in cui le cose non dovessero andare bene. È mio figlio, quel piantagrane».
Ophelia ridacchiò dolcemente a quelle parole, annuendo con le lacrime agli occhi. Eddie era sempre stato particolarmente legato a JJ, e non solo perché lo conosceva da otto anni e lo aveva visto crescere, ma anche perché aveva rivisto un sé adolescente in lui. Un ragazzo rotto, instabile, che però aveva un buon cuore e che avrebbe fatto di tutto per i propri amici. Eddie, come JJ, era cresciuto con un padre violento, e lo capiva, lo comprendeva meglio di chiunque altro. Fosse stato per lui, lo avrebbe preso con sé da tempo, ma Luke Maybank, nonostante odiasse suo figlio, non aveva intenzione di rinunciare a JJ. Era una cosa incoerente, o forse era solo un modo per divertirsi a spese del ragazzo. Era quasi come se provasse piacere a fargli del male.
«È quello il vestito che devi indossare?» la voce di suo padre la destò dei suoi pensieri.
Ophelia seguì la traiettoria del suo sguardo, trovandolo ad osservare il vestito poggiato sulla sedia, e annuì. «Già. Me l'ha prestato Kiara».
«La prima Martin a partecipare a un evento dei Kooks» rise divertito, scuotendo la testa.
«Non so se sia un vanto o meno, in realtà» sospirò. «Non ne ho per nulla voglia, papà» ammise.
Lui la guardò dolcemente. «È per JJ o c'è altro?» le chiese, consapevole già della risposta.
«È che... — si fermò, facendo un respiro profondo prima di continuare — Ho accettato solo per Kie, ma io non c'entro niente con i Kooks» confessò.
Eddie le mise delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Ed è questo che ti rende perfetta, piccola. Non pensare mai che essere una Pogue sia negativo, ok? Tu vali più di mille Kooks messe insieme, e andrai alla Festa di Mezza Estate con la tua amica, indosserai il tuo sorriso migliore, e mostrerai a tutta quella gente che anche una Pogue può indossare i loro stessi vestiti ed essere perfino migliore. Porterai il tuo essere Pogue tra i Kooks, e sarà il tuo vanto».
Alle parole di suo padre, Ophelia sorrise dolcemente prima di allacciargli le braccia al collo e stringerlo a sé. Nonostante sapesse che avesse ragione, una parte di lei non riusciva comunque a non pensare al fatto che, in ogni caso, si sarebbe sentita a disagio. Che fosse chiaro, non si vergognava di essere una Pogue, tutt'altro, ma era ovvio che il Country Club non facesse per lei.
Una sola sera, si ripeteva, aggiungendo che sarebbe stato divertente muoversi tra quelle persone e prenderle in giro con Kiara e Pope, che avrebbe cucinato pesce alla griglia insieme a suo padre.
Nel momento in cui Eddie andò via dalla stanza, raccomandandosi di fare qualche foto al vestito e di fargliela poi vedere l'indomani, quando sarebbe tornato dalla pesca, Ophelia trascorse il tempo restante a fare ciò che stava facendo prima che suo padre entrasse in camera: guardare il soffitto.
Tra poche ore sarebbero passati i Carrera a prenderla, e probabilmente una ragazza comune avrebbe già iniziato a prepararsi, ma lei, oltre ad aver fatto la doccia quella mattina, non aveva intenzione di fare nient'altro. Avrebbe indossato il vestito, messo del mascara, e stop. Onestamente, se solo avesse saputo truccarsi, lo avrebbe anche fatto, ma non ne aveva alcuna voglia, soprattutto non in quella situazione.
Poi, improvvisamente, mentre si trovava in cucina a mangiucchiare un panino, sentì battere con forza le nocche contro la porta di casa. Inizialmente, si ritrovò a sobbalzare spaventata, chiedendosi chi diavolo fosse a quell'ora e perché stesse battendo i pugni contro la porta di casa con tale violenza. Poi, armandosi di coraggio, camminò lentamente verso la di essa. Quando l'aprì, il mondo le crollò addosso.
Si portò una mano alla bocca alla vista di JJ in lacrime. La maglia era sporca di sangue, lo stesso sangue che impregnava il suo volto pieno di graffi e tagli. Labbro e sopracciglio spaccato, e guancia tumefatta.
«Oh Cristo» si lasciò sfuggire, sentendo gli occhi inumidirsi alla vista del suo migliore amico in quelle condizioni.
Prima che se ne potesse rendere conto, si stavano già abbracciando, e lui la stringeva con forza, quasi come se fosse la sua unica linfa vitale. Come se farlo potesse farlo sopravvivere. Ophelia si limitò ad accarezzargli la nuca, incapace di dire qualcosa.
Non seppe quanto tempo trascorsero abbracciati, ma quando JJ si staccò, aveva ancora alcune lacrime a rigargli il volto. Chiuse la porta e lo fece entrare, massaggiandogli delicatamente la schiena.
«Cosa... cosa è successo?» chiese cautamente, andandoci con i piedi di piombo.
JJ sospirò profondamente. «Trentamila dollari di danno — disse, ridendo poi istericamente — Trentamila dollari. Pazzesco» scosse la testa, vicino ad una crisi nervosa. «Mi liberano su cauzione e nel patteggiamento c'è il rimborso. Ti rendi conto? I Kooks che vogliono un rimborso» continuò a muoversi in tondo nell'ingresso di casa Martin.
La ragazza lo osservò, sentendosi in pena per lui. Avrebbe voluto aiutarlo, sul serio, ma lei non aveva tutti quei soldi, e neanche suo padre. Si sentiva così impotente, quasi inutile.
«Ehi, JJ, ehi — gli afferrò il braccio, facendolo fermare — Ora devi calmarti, ok?» lo guardò negli occhi con serietà. «Che ne dici di farti una doccia?» propose.
Il biondo ci ragionò per qualche secondo, indeciso sul da farsi. Poi i suoi occhi caddero sulla sua maglietta sporca di sangue, e assunse una smorfia. «Hai ancora i miei vestiti qui?» le domandò.
«Ho quelli di tutti voi» gli ricordò con un sorriso prima di entrare nella sua camera, seguita da lui. Gli diede i vestiti e un asciugamano. «Conosci la strada. Fa' come se fossi a casa tua. Io ti aspetto qui» disse.
JJ annuì con riconoscenza prima di dirigersi nel bagno. Ophelia rimase ferma ad aspettarlo in camera per circa mezz'ora prima che il ragazzo uscisse e la raggiungesse.
«Una doccia e passa tutto» esordì, entrando in camera, lindo e profumato, e sedendosi sul letto.
Guardandolo, la ragazza si mise in piedi prima di raggiungere nuovamente il bagno. Aprì un mobiletto, afferrò la cassetta di pronto soccorso di suo padre e tornò da JJ.
«Ora pensiamo a quei tagli» disse, affiancandolo.
«No, Lia, sai che—»
«Sta' zitto» lo interruppe. «Per una dannata volta, lascia che qualcuno si prenda cura di te» borbottò.
JJ si zittì immediatamente a quelle parole. Si limitò ad annuire e a voltarsi verso di lei. Ophelia, in risposta, mise del disinfettate su un batuffolo di cotone, iniziando a tamponare la ferita al sopracciglio.
«Ahia, cazzo!» sobbalzò inizialmente JJ, strappandole una risatina. «Brucia questa roba. Sicura che sia buona?» chiese a denti stretti.
«Deve bruciare. Più brucia, più significa che la ferita è profonda» disse poi, irritata. «È stato Luke? — gli chiese conferma, e lui si limitò ad annuire — Tu non torni più a casa, JJ, chiaro? Dormirai dai tuoi amici, e non metterai più piede in quella casa».
JJ la guardò. «Ritornare lì non rientra nella lista di cose che desidero fare» ammise. «Stavo per ucciderlo» le confessò improvvisamente.
«Cosa?»
«Già. Era talmente strafatto che è crollato sul divano, e io— io gli ho puntato la pistola contro... ma non ho sparato. No, non l'ho fatto» serrò mascella, probabilmente rivivendo quel momento nella sua testa.
Ophelia sospirò profondamente, addolcendo lo sguardo. «Perché non sei come lui, Jay. Perché sei una brava persona» mormorò.
JJ la osservò, non sapendo esattamente cosa risponderle, e infatti non lo fece, limitandosi ad abbassare lo sguardo.
Poco dopo, mentre lei continuava a disinfettare le ferite, riprese parola. «Ricordi i narcotrafficanti? Quei due uomini che ci hanno inseguito nella palude e che sono entrati da John B?» le domandò.
«Mh mh» si limitò a dire, annuendo distrattamente.
«Sono morti. Mi correggo: sono stati brutalmente feriti con un raffio e usati come esche per gli squali. Peterkin mi ha mostrato le foto. Avresti dovuto vederle. Avevano il corpo... squartato» mise su una smorfia.
Ophelia aggrottò le sopracciglia. «Perché te le ha mostrate?» chiese, confusa.
«Perché, e non so come, sa che stiamo cercando la Royal Merchant. Ma si dà il caso che anche quei due la stessero cercando prima di essere uccisi».
Lei sospirò, comprendendo. «Quindi, teoricamente, potremmo essere i prossimi?» domandò, mettendo un cerotto sull'ennesima ferita e terminando il suo lavoro.
«È una possibilità, sì. Crede che a rischiare di più sia John B» chiarì, iniziando a giocherellare con una pallina recuperata poco prima.
«Fantastico» ironizzò Ophelia, ruotando gli occhi al cielo.
Se avesse saputo una cosa del genere tempo addietro, avrebbe certamente dato di matto, ma, onestamente, dopo aver rischiato di morire così tante volte, ci stava seriamente iniziando a fare il callo. Inoltre, come se non bastasse, aveva dato per scontato che anche altre persone stessero cercando la Royal Merchant, quindi non si mostrò troppo sorpresa.
«Che ne pensi dello Yucatán?» le domandò improvvisamente, lanciando in aria la pallina e riafferrandola subito dopo.
«Yucatán?» ripetette, stranita.
«Mh mh» annuì, invitandola a parlare.
In risposta, lei mise su un'espressione pensierosa. «Messico, eh? — fece un mezzo sorriso — Mi ci vedo lì. Sai, no? Prendere il sole, surfare, visitare le piramidi...» iniziò a fantasticare.
JJ parve illuminarsi a quella risposta, e prese ad annuire vigorosamente.
«Facciamo surf tutto il giorno e mangiamo le aragoste che catturiamo a mani nude» continuò con un tono di voce serio.
«Già, sarebbe bello» concordò la ragazza, annuendo.
«Possiamo andare — le disse immediatamente, facendole aggrottare le sopracciglia — Sul serio, Lia. Scappiamo. Quest'isola... quest'isola non fa per me, e ora devo anche trentamila dollari, che, indovina, non ho. Io propongo di scappare».
Ophelia lo osservò per qualche secondo prima di addolcire lo sguardo. Era certa del fatto che non fosse lui a parlare ma le circostanze spiacevoli in cui si trovava. Oltretutto, in quel momento, era anche spinto dal fatto che suo padre l'avesse nuovamente massacrato di botte.
Gli afferrò dolcemente la mano, inchiodando gli occhi ai suoi. «Jay, ti voglio bene, lo sai, ma non possiamo lasciare tutto. E poi dobbiamo aiutare John B con la Roy—»
«Sono cent'anni, Lia, cent'anni che la gente cerca la Royal Merchant senza alcun successo, e tu credi che noi saremo davvero quelli che riusciranno a trovarla?» alzo il tono della voce, mettendosi in piedi e guardandola dall'alto. «Se continuiamo su questa strana, faremo la fine Big John! Tutti noi, maledizione!» sbraitò, stringendo con forza il suo berretto.
La ragazza deglutì, osservandolo. Subito dopo, si mise in piedi e gli poggiò le mani sulle spalle, invitandolo ad alzare il capo. «Ehi, guardami» lo obbligò.
«Lia, no—»
«Guardami, JJ» ripeté, riuscendo finalmente ad incontrare i suoi occhi. «Odio questa situazione del cazzo tanto quanto te, e morire non è assolutamente ciò che voglio, ma non possiamo andare via. Tu non puoi andare via — disse con serietà — Da qualche parte là fuori c'è l'oro della Royal Merchant. Quattrocentomilioni di dollari, e tu ne devi trentamila, JJ».
Il biondo mantenne il contatto il visivo per qualche secondo prima di schiudere le labbra. «Vuoi andare fino in fondo, eh?» chiese.
«Tu no?» domandò con un sorrisetto. «Dopo tutto quello che è successo in questi giorni, JJ, non possiamo mollare. Non possiamo. E quando avremo l'oro... beh, perché non andare nello Yucatán?»
JJ mantenne la mascella serrata, ragionando sulle parole della sua migliore amica. Poco dopo, rilasciò un profondo sospiro, annuendo. «Mi auguro che John B abbia un piano» si limitò a dire.
«Non si fa vivo da due giorni. Deve averne uno» gli rispose certa, annuendo.
Il ragazzo prese a girovagare per la stanza prima di poggiare gli occhi sul vestito. Lo accarezzò delicatamente con i polpastrelli. «È quello che indosserai stasera?» le chiese.
Solo in quel momento Ophelia parve ricordarsi della Festa e del fatto che se non si fosse mossa, avrebbe fatto tardi. Arricciò il naso. «Già, e non ne ho per nulla voglia — afferrò il vestito — Vado a cambiarmi. Mi aspetti qui?» gli chiese.
JJ si limitò ad annuire prima che ragazza raggiungesse il bagno con ciò che avrebbe indossato. Cambiò velocemente l'intimo, infilando l'abito e quei maledetti tacchi subito dopo. Senza neanche guardarsi allo specchio, tornò nella sua stanza, attirando l'attenzione di JJ, che rimase a osservarla per secondi interminabili, sbattendo le palpebre.
«Cosa? Mi sta male?» chiese preoccupata.
Il ragazzo scosse immediatamente la testa. «Ti sta male? — ripetette — No, per niente» scosse la testa.
A dirla tutta, Ophelia non si era data un'occhiata prima di uscire dal bagno, e, di conseguenza, si avvicinò al suo armadio, aprendo l'anta con all'interno lo specchio lungo. Quando vide il suo riflesso, si ritrovò a schiudere le labbra.
I soliti vestiti sgualciti e di seconda mano erano stati sostituiti da un semplice vestito di seta color celeste pastello. Lo stesso dei suoi occhi. Aveva delle sottili spalline e le fasciava perfettamente il petto, mettendo in evidenza la sua terza abbondante. Scendeva stretto e si allargava dolcemente dalla vita in giù, coprendole le gambe e i piedi stretti in dei tacchi argentati. Come se non bastasse, la schiena era scoperta, e lasciava in bella vista grande parte della sua pelle morbida e abbronzata.
L'abito era meraviglioso, e Ophelia non avrebbe mai pensato, un giorno, di poter apprezzare un vestito del genere. Un vestito da Kook.
«Sono... carina» mormorò, continuando ad osservarsi.
JJ alzò l'angolo destro della bocca. «Uhm, forse po' più di carina» disse giocosamente.
La ragazza sorrise, avvicinandosi poi al cassetto dove teneva i suoi trucchi. Si limitò a mettersi del mascara e a passare il Labello alla ciliegia sulle labbra carnose, donando un po' di colorito.
Terminò nel momento in cui sentì il suono del clacson, segno che i Carrera fossero arrivati.
«Devo andare» disse la ragazza, guardando JJ. «Tu che farai? Vuoi che resti?» gli chiese.
JJ scosse la testa. «Andrò da John B. Tu va' ad infastidire le Kooks, intesi?»
Si guardarono negli occhi per qualche secondo prima che lei annuisse. Successivamente, dopo avergli detto di poter rimanere lì per quanto tempo volesse e di comportarsi come se fosse casa sua, abbandonò l'abitazione, camminando verso l'auto di Carrera.
Imbarazzata, entrò nel veicolo. «Salve, signori Carrera» disse, sorridendo poi alla sua amica.
«Sei bellissima» le mimò.
«Anche tu» ricambiò, osservando il suo abito di sera color lilla.
«Ciao, Ophelia» la salutarono i due prima che Mike mettesse in moto.
«Come stai?» le domandò Anna, lanciandole una veloce occhiata dallo specchietto.
«Bene, grazie — poi sospirò — E grazie per aver accettato che venissi» aggiunse subito dopo.
«Kiara ci teneva» sorrise Mike. «E quell'abito ti sta davvero bene» aggiunse.
«La ringrazio, signore» rispose, nonostante l'incredulità: o stavano fingendo o realmente era l'unica amica Pogue di Kiara che accettavano.
«Davvero bene, ma ti starebbe meglio se indossassi questa. L'ho presa anche per te» la donna le passò una coroncina di fiori, e Ophelia aggrottò le sopracciglia, rigirandosela fra le mani. Sul serio?
«Mamma, andiamo, non—»
«È la tradizione, tesoro» la fermò Anna.
«In realtà è... è molto carina. Grazie» disse la rossa, mettendo su un sorriso che, però, sembrò più una smorfia.
La Festa non era neanche iniziata e già voleva che terminasse.
Ok il prossimo capitolo è inaspettato, o forse neanche più di tanto HAHAHAAHHAA
Btw ho una domanda: ma qualcuno sa che fine abbia fatto la madre di Rafe e Sarah? Perché avevo in mente di dire qualcosa a riguardo, ma effettivamente non ne hanno mai parlato, quindi diamo per scontato che sia morta, e ho iniziato a pensare che magari Rafe abbia iniziato ad avere "problemi" dopo la sua morte perché sua madre era l'unica che gli dava un po' d'amore. Morendo e lasciandolo solo con Ward, che preferisce Sarah, inizia a mostrare i primi sintomi di "malattia mentale" (tra l'altro, il fatto che Rafe dia a Sofia l'anello di sua madre, mi fa pensare che fossero legati).
MA Rose dice che Rafe è "malato" da quando ha 10 anni, quindi significa che all'epoca lei e Ward erano già sposati, e forse lo erano da 2/3 anni ?? (a meno che Ward non si sia risposato praticamente subito)
È tutto così confuso e vorrei che ne parlassero, anche se c'è questa mega teoria secondo cui la madre dei Cameron è Larissa, e quindi Sarah, Rafe e Wheezie sono i fratellastri di JJ 😭😭
Comunque, se qualcuno sa qualcosa a riguardo, me lo dica pls 🫶🏻
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