001 la vita dei pogues
⸻ capitolo uno ⸻
( la vita dei pogues )
Con gli occhi chiusi, il leggero vento fresco a farle svolazzare i capelli rossi, e i caldi raggi solari che le accarezzavano la pelle, Ophelia sedeva su un'impalcatura fuori da una casa in costruzione con le gambe a penzoloni assieme ai suoi amici. Davanti a loro c'era un'enorme distesa azzurra, il mare era calmo e il sole stava pian piano tramontando, pronto a lasciare spazio alla sera. Il silenzio aleggiava attorno a loro, interrotto solo dai garriti dei gabbiani.
Sul volto della ragazza dai capelli rossi nacque un sorriso spontaneo prima che facesse l'ennesimo sorso di birra, una confezione da sei comprata da JJ con gli unici spiccioli che gli erano rimasti — o forse l'aveva rubata, chi poteva dirlo.
Amava quei momenti di pace e di tranquillità, nonostante essere amica dei Pogues significasse avere pochi, rari attimi di pace. Eppure a lei stava bene così. Adorava far casino con la sua squadra, adorava mettersi nei guai con loro, ma era forse proprio quello il motivo per cui riusciva ad apprezzare maggiormente quei momenti rilassanti che, ovviamente, condivideva con loro.
«Un volo da un'altezza di tre piani? Ti do una possibilità su tre di sopravvivere».
La voce di Pope spezzò quel silenzio, e Ophelia si ritrovò ad aprire gli occhi, trovando John B in piedi sopra il tetto spiovente della casa mentre si divertiva a fare l'equilibrista.
«Ha tre possibilità su tre di sopravvivere — si intromise la rossa, divertita — John B è un dannato gatto. Non ci è rimasto secco nemmeno quando quel furgone lo ha quasi investito» gli ricordò, ma avrebbe potuto fare altri mille esempi che coinvolgevano ognuno di loro.
Il castano, in risposta, si portò l'indice alla bocca per poi tirarlo fuori in modo da capire in che direzione stesse soffiando il vento.
«Credete che dovrei farlo?» domandò il ragazzo con un sorrisetto.
Pope annuì. «Sì, salta. Ti tengo sotto mira mentre vai giù» gli puntò un trapano contro in maniera scherzosa.
«Mi spari?» chiese John B, facendo il gesto della pistola. «Pow!» mimò il rumore di uno sparo.
Ophelia poggiò gli occhi su un imbronciato JJ, che sedeva al suo fianco e sembrava essere stranamente silenzioso. Solitamente — sempre — era il primo a prendere iniziative del genere. Certo, a meno che queste iniziative non implicassero un possibile spreco di alcol.
Si lasciò quindi sfuggire una risatina, comprendendo il silenzio del suo amico. «Io piuttosto dico che se non ti uccide la caduta, sarà JJ a farlo se farai cadere la birra» disse divertita.
Il biondo al suo fianco, sentendosi chiamato in causa, e con un evidente sarcasmo, le lanciò un'occhiataccia. «Non è divertente. Sprecare una birra è un oltraggio».
Prima che Ophelia potesse ribattere, Kiara uscì dall'abitazione in cui era entrata poco prima. Aveva un cipiglio in volto e un'espressione per nulla felice.
«Metteranno anche i bagni giapponesi con gli scalda asciugamani!» borbottò adirata e indignata.
«Certo, perché non dovrebbero? Sono Kooks» ridacchiò JJ, facendo dei sorsi di birra. «Insomma, fossi uno di loro, lo farei anch'io. Viva il comfort».
Kiara ruotò gli occhi al cielo. «Qui ci vivevano le tartarughe, ma a nessuno importa delle tartarughe, credo — sospirò — Perché a nessuno importa delle tartarughe?» si lamentò, mettendo su un'espressione imbronciata.
Ophelia sorrise teneramente alle parole della sua migliore amica, una socialista hippy che seguiva uno stile di vita ecosostenibile e il cui motto per eccellenza era "salvare il pianeta". Era lei che ricordava costantemente ai ragazzi di non gettare rifiuti e di salvare le tartarughe perché "abbiamo una sola Terra e dovremmo darle il 100%".
«Ehi, potresti evitare di suicidarti, per favore?» Kiara si rivolse a John B, facendo un mezzo sorriso.
Solo in quel momento, JJ parve ricordarsi di quel piccolo particolare e si girò verso il suo amico. «Non rovesciare la birra! Non te ne darò un'altra» disse seccamente e con risolutezza.
Tempo due secondi e il silenzio venne squarciato dal rumore di qualcosa che cadeva per terra.
Ophelia allungò il collo, guardando la birra spiaccicata sull'asfalto. «Ops, credo sia appena caduta» disse, trattenendosi dallo scoppiare a ridere a causa dell'espressione di JJ.
Quest'ultimo scosse la testa, quasi esausto. «Certo, lo sapevo...» mormorò.
«Non sembra essere caduta molta birra, Jay — lo prese in giro la rossa, indicando il contenuto rovesciato sul marciapiede sottostante — Insomma, se guardi bene, ne era rimasta poca. Non è stato poi un enorme spreco» gli diede una pacca sulla spalla.
Il biondo, in risposta, la guardò con un'espressione che sapeva tanto di "fai sul serio?".
Improvvisamente, Pope interruppe quel momento di ilarità. «Ragazzi, c'è la vigilanza!» li avvertì, facendo ruotare gli occhi al cielo ai suoi amici, annoiati.
«Momento relax terminato, a quanto pare» sbuffò Ophelia, arricciando il naso.
«Ma dai, sul più bello!» si lamentò John B, iniziando a scendere dal tetto.
JJ gli lanciò un'occhiata per assicurarsi che fosse tutto intero. «Humpty Dumpty, andiamo».
«Dai, andiamo» sorrise Kiara, rientrando nell'abitazione.
Ophelia e JJ scesero dall'impalcatura con un'agilità da far invidia a una scimmia — essere un Pogue significava dover sviluppare una grande forza proprio per il fatto che trascorressero la maggior parte del tempo a scappare dalla vigilanza — prima di lanciare una veloce occhiata a Gary, la guardia paffuta che ingurgitava quintali di ciambelle.
«Ehi, Gary, ci sei mancato!»
«Già, è un vero piacere rivederti!»
Corsero tutti insieme all'interno della casa, andando alla ricerca della via d'uscita mentre facevano slalom tra i mobili e gli scatoloni, non riuscendo a smettere di ridere a crepapelle. Erano quelli i momenti in cui si sentivano liberi, il che era davvero strano visto che erano inseguiti da una guardia, ma oltre ad averci fatto il callo, il motivo principale era senza dubbio il loro stare insieme.
Una volta abbandonata l'abitazione, saltarono con agilità la staccionata che la circondava, individuando poi il Twinkie, alla cui guida c'era già John B, che li aspettava con un sorriso in volto, incitandoli a raggiungerli.
«Venite qui, bastardi!» urlò Gary col fiato corto, incapace di superare il recinto.
«Forza, ragazzi!» gridò Kiara, girandosi a guardare i suoi amici.
I quattro si tuffarono — letteralmente — nel veicolo, scoppiando a ridere subito dopo mentre John B partiva e Gary continuava a seguirli invano.
«Guardate, Gary vuole farsi dare un aumento!» rise JJ, affacciandosi dal van.
Ophelia lo affiancò, guardandolo divertita. «Diamine, gli verrà qualcosa» disse, notando come il suo volto si fosse fatto praticamente rosso.
«Dai ci sei quasi, bravo!» continuò ad urlare il biondo contro la guardia prima di lanciargli la lattina di birra ormai vuota.
Gary, allo stremo delle sue forze, smise di correre, non smettendo però di insultarli.
«E adesso che facciamo?» chiese dopo un po' Kiara.
«Dobbiamo brindare!» rispose con ovvietà JJ.
I quattro Pogues risero alla sua risposta, urlando allegri e dandosi pacche sulle spalle a vicenda.
Ophelia guardò i suoi amici uno ad uno e non poté che pensare a quanto amasse la sua vita.
La maggior parte delle persone probabilmente l'avrebbero ritenuta una folle solo per aver pensato una cosa del genere: insomma, come poteva una Pogue essere felice della sua vita quando al mondo esistevano i Kooks?
Lei avrebbe semplicemente risposto che amava la sua vita proprio perché era una Pogue e non una schifosa Kook con la puzza sotto il naso che trascorreva la maggior parte del tempo a prendere di mira la povera gente, a vivere senza un'anima e a comportarsi da viziata. Ecco, credeva che sarebbe stata una risposta senza dubbio soddisfacente.
Avrebbe anche aggiunto che, ehi, come potevi non amare la tua vita se vivevi nel fottuto Paradiso Terrestre?
Le Outer Banks erano il genere di posto in cui potevi avere due lavori o due case.
Due tribù. Un'isola.
Superato il cartello con tanto di "benvenuti", si entrava a Figure Eight, il versante ricco dell'isola, nonché la zona dei Kooks. Era quel tipo di posto che gli altri potevano solo ammirare — disgustare — da lontano. Ovviamente, loro non abitavano lì.
Poi c'era il versante sud, altrimenti detto Cut o Sprofondo. Era la zona della classe operaia che viveva servendo ai tavoli, lavando yacht, o guidando escursioni. Insomma, era l'habitat naturale dei Pogues. Il loro habitat naturale.
Cosa significava la parola Pogue? Beh, Pogue era il nome dei pesci di scarto, quelli che si trovavano in fondo alla catena alimentare. Il brutto della vita dei Pogues era l'essere ignorati e esclusi. Il bello era l'essere ignorati e esclusi, quindi potevano fare ciò che volevano, quando volevano.
Ophelia Martin, o Lia, era una Pogue a tutti gli effetti. Nata e cresciuta come figlia unica in un'umile casa, non poteva di certo lamentarsi della vita che conduceva. Non era di certo ricca come i Kooks, ma non viveva sotto un ponte e aveva sempre un piatto caldo a tavola, quindi non si lamentava affatto. Suo padre, Eddie, era insegnante di storia alla Kook Academy, la scuola privata dei ricconi, e guadagnava quanto bastava per andare avanti. Purtroppo sua madre Evelyn era morta di leucemia quando era piccola, e suo padre si era ritrovato a crescere da solo una bambina fin troppo turbolenta e iperattiva. Avrebbe voluto dire che le cose fossero cambiate col tempo, ma, beh, non era affatto così. Da turbolenta, Ophelia era diventata un vero e proprio tornado dal giorno in cui era diventata amica di due piantagrane durante la terza elementare alla Kildare County Elementary School, la scuola elementare pubblica. Erano diventati un trio inseparabile da quel giorno, e anche un trio che abitualmente si metteva nei guai.
Chi erano i due piantagrane?
Beh, la medaglia per eccellenza andava a JJ Maybank, chiamato spesso Jay da Ophelia da oramai otto anni per il fatto che dopo essersi presentati la prima volta, lei avesse dimenticato il suo nome e lo avesse chiamato Jay, e continuava a farlo tutt'ora. JJ era residente lì da sempre. L'ultimo di una stirpe di pescatori, alcolisti, contrabbandieri, e tipi da spiaggia che si guadagnavano da vivere con l'acqua. Il miglior surfista che Ophelia avesse mai conosciuto. Nonostante il faccino adorabile e la fossetta che lo faceva sembrare dolce, era un cleptomane e un futuro evasore fiscale. Era la mente folle del gruppo, il motivo principale per cui si trovavano spesso coinvolti in guai. Era una vera e propria mina vagante, e non rifletteva mai sulle conseguenze delle proprie azioni. Non a caso la sua filosofia era "le cose stupide danno sempre ottimi risultati". Ophelia credeva che il suo carattere fuori dalle righe derivasse dall'ambiente in cui era nato e cresciuto. Non ricordava nulla di sua madre — per quanto ne sapeva, poteva essere anche morta — mentre invece suo padre Luke era un alcolista, violento, pazzo che spesso si divertiva a usare il corpo di suo figlio come sacco da box.
L'altro piantagrane era John Booker Routledge, chiamato John B. Il leader del Pogues. Nonostante fosse più equilibrato di JJ, riusciva sempre a farsi influenzare dal suo migliore amico. Viveva in un vecchio capanno da pesca sulla palude, chiamato Chateau. Era lì dove trascorrevano la maggior parte del tempo. Casa sua era anche casa loro. Suo padre era scomparso in mare circa nove mesi in cerca di un relitto, e dichiaro morto tre mesi dopo, ma John B si rifiutava di firmare i documenti, credendolo ancora vivo proprio per il fatto che non fosse stato ritrovato il corpo. Sua madre invece se n'era andata quando aveva tre anni. L'ultima volta che l'aveva sentita era in Colorado. E poi c'era zio Teddy, che in teoria era il suo tutore, ma al momento era in Mississippi a costruire case. I problemi con i servizi sociali non erano pochi, ma riusciva sempre a scamparla fingendo. Questo significava che per adesso era solo, e passava il tempo insieme ai suoi migliori amici.
Il trio era diventato un quartetto quando si erano avvicinati a uno strambo e solitario ragazzino in quinta elementare. Dieci anni e leggeva un libro su Einstein. Ma, diavolo, per fortuna che si erano avvicinati.
Pope Heyward, il cervello del gruppo. Finalista per la borsa di studio Vanderhorst. La persona più intelligente che Ophelia avesse mai conosciuto. Era un tipo un po' strano, ma molto piacevole. Suo padre, Bobby Heyward, era una leggenda. Avevi bisogno di qualcosa? Lui te la procurava. Molto probabilmente non sapeva cosa farsene del suo strano e geniale figlio, ma non importava. Dopotutto era un Pogue, e questo bastava. Suo padre ancora non vedeva di buon occhio John B e JJ, e li considerava la causa principale della maggior parte dei guai in cui finiva il figlio, il che era vero. Pope, infatti, era il più equilibrato e razionale del gruppo, ma, in qualche modo, finiva sempre per essere coinvolto in qualche folle piano dai suoi folli amici.
Fortunatamente, per la gioia di Ophelia, che non ne poteva più di trascorrere le giornate con tre ragazzi, si era ben presto aggiunto un nuovo componente alla banda. Una ragazza.
Kiara Carrera, ma per loro era Kie. L'avevano conosciuta all'ultimo anno delle medie durante una cavalcata di onde. Immediata sintonia ed era entrata a far parte dei Pogues. Quando non salvava tartarughe, non ascoltava Marley e non si tatuava delfini, usciva con loro. A differenza dei quattro, però, era ricca. Già, era una Kook e aveva un piede in entrambi i mondi. La cosa che più la irritava era dare solo l'1% all'ambiente. La sua famiglia era proprietaria del Wreck, che era un'istituzione lì. Una miniera d'oro coi turisti. I suoi genitori odiavano i Pogues, il che era un po' incoerente dato che suo padre era nato tale, e sua madre ne aveva sposato uno. Ciononostante, dopo tanto duro lavoro, erano diventati Kooks a tutti gli effetti. Kie però li odiava, o meglio odiava la vita che loro volevano che conducesse. Neanche i Carrera vedevano di buon occhio gli amici della loro unica figlia, e non solo per il fatto che fossero del Cut, ma perché ritenevano che avessero una cattiva influenza sulla persona per cui avevano lavorato sodo in modo da garantirle un futuro ricco. Quantomeno, non cacciavano Ophelia quando andava a casa loro. Forse odiavano solo i ragazzi, o forse, semplicemente, fingevano. In ogni caso, alla ragazza non importava.
Ecco, loro erano i cinque Pogues, e Ophelia avrebbe dato la vita — sul serio, l'avrebbe fatto — per ognuno dei suoi amici, e avrebbe rinunciato alla sua felicità se questo avesse significato vederli sempre con un sorriso in volto.
Erano la sua famiglia, diamine.
Certo, probabilmente qualcuno si starà chiedendo se all'interno dell'affiatato gruppo siano mai nate relazioni o flirt, e la risposta era no. Esisteva infatti una regola ben precisa che vietava i fidanzamenti tra Pogues. Era un regola bizzarra, ma era nata per proteggere l'amicizia tra di loro e per far sì che non venisse compromessa.
Ophelia la riteneva davvero stupida. Che fosse chiaro, non si era mai innamorata di nessuno dei suoi amici — li avrebbe sempre e solo guardati con gli occhi dell'amicizia — ma semmai fosse successo, le sarebbe dispiaciuto dover precludersi tutto solo per una regola. Per quanto le riguardava, riteneva di avere una maturità tale da riuscire a mantenere l'amicizia anche dopo un'ipotetica rottura, soprattutto perché non sarebbe mai riuscita a vivere senza i Pogues.
Fortunatamente, però, non si era mai trovata in una situazione del genere, ma questo di certo non significava che non fosse stata con nessuno dei suoi amici. Insomma, la regola vietava le relazioni tra Pogues, non il sesso, giusto? Oltretutto, era fisicamente impossibile trascorrere ventiquattro ore su ventiquattro con quei ragazzi senza che scoppiasse nulla. Così lei e JJ si erano ritrovati due volte fra le lenzuola dopo feste e party in spiaggia con l'alcol in circolo. In ogni caso, erano trascorsi mesi da quei due momenti, e avevano imparato a stare lontani da ubriachi.
E questa era la famiglia dei Pogues.
Ophelia amava trascorrere le estati in loro compagnia. A dirla tutta, trascorreva ogni stagione con i quattro, ma l'estate... beh, era semplicemente diversa. Feste, birre, falò, surf, sole, film all'aperto, andare a largo con la loro barca — l'HMS Pogue — e girare l'isola con il Twinkie, il van di John B. Niente scuola, niente compiti, ma solo divertimento.
Beh, almeno fin quando non erano costretti a lavorare per qualche spicciolo e per aiutare i loro genitori.
E, soprattutto, almeno fin quando quel divertimento non veniva brutalmente spezzato dai Kooks, i figli di papà, i viziati, la peggior gente che Ophelia avesse mai conosciuto. Credevano di possedere l'isola solo perché avevano avuto la fortuna di nascere da genitori ricchi, che, per inciso, spesso erano addirittura peggio dei figli.
Erano persone avide, senza dubbio meschine, e che avrebbero fatto di tutto per mettere i bastoni fra le ruote ai Pogues.
Era quasi impossibile che i due gruppi potessero trovarsi alla stessa festa senza litigare. Potevano evitarsi, ma prima della fine del party, scoppiava sempre una rissa, che poi spesso coinvolgeva il resto.
Era una regola non scritta che quasi tutti rispettavano: i Kooks e i Pogues dovevano odiarsi.
Ora, Ophelia poteva definirsi tutto meno che superficiale, quindi rispettava quella regola solo nei confronti di chi davvero se lo meritava, e non faceva di tutta l'erba un fascio.
Ciononostante, la maggior parte dei Kooks era da odiare. Diamine, le formicolavano le mani dalla rabbia solo se pensava al modo in cui guardavano i Pogues dall'alto verso il basso, o al modo in cui spesso facevano leva sui loro problemi — come la perdita di un genitore o la difficoltà di arrivare a fine mese — per farli soffrire.
Una parola per descrivere quelle persone? Cattive, senza dubbio. Ma di una cattiveria viscerale, profonda, radicata e cresciuta grazie ai loro pessimi genitori.
Kooks a parte, era in arrivo una nuova estate nelle Outer Banks, e Ophelia non vedeva l'ora di trascorrerla assieme ai suoi migliori amici, destreggiandosi fra party, birre, spinelli e folli piani di JJ. Insomma, cose che accadevano sempre.
Una sola missione quell'estate: divertirsi continuamente.
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