Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

X. Family first

Andromeda

«Sai cosa dobbiamo fare, vero?» Andromeda si allontanò dal salotto, senza nemmeno attendere la risposta di Altair. Suo fratello se ne stava ancora fermo, immobile, nel salotto. Contemplava il vuoto e, conoscendolo bene, stava valutando il metodo migliore per vendicarsi per quello che era successo a Leon.
Non c'era nulla che riuscisse a farli impazzire quanto la famiglia.
Potevano litigare e scannarsi in ogni istante, ma si sarebbero sempre protetti l'uno con l'altro.

«Ti aspetto qui.»

Andromeda annuì. Incrociò Yen nel corridoio. La donna la osservava con attenzione. «Dove vorreste andare? Non credo sia il caso di attirare ulteriori attenzioni...»

Andromeda sorrise antipatica. Prese un grosso respiro e poi riaprì gli occhi, provando a incanalare la rabbia. «Se non ti togli dai piedi, mi toccherà far male anche a te. Questa è la nostra famiglia, la mia famiglia ha sofferto già abbastanza e Leon non meritava un occhio pesto, né tantomeno un gomito rotto... togliti dai coglioni.»

«Nel caso non l'avessi capito, siamo tutti in pericolo adesso con la Serpents-»

«Non ti preoccupare. Arthur resterà con voi, non sarete in pericolo. Io e Al andiamo solo a discutere civilmente.» Salì le scale fino al piano superiore. Non voleva consigli. Non avevano idea di quanto fossero legati tra loro. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole. Era sempre stata una persona abbastanza sulle sue, tutti dicevano che era simile a Orion, con l'aggiunta che non era estroversa quanto lui. Ma le andava bene così, indossava con orgoglio lo stesso temperamento di suo fratello e non le importava del parere degli altri. Entrò in camera. Indossò la giacca di pelle, che una volta era di suo fratello. Era l'unico ricordo che aveva voluto tenere con sé, l'aiutava a sentirselo vicino.
La sua camera era puro caos, se Altair ci avesse messo piede dentro, probabilmente sarebbe impazzito. Individuò la propria mazza da baseball. Era sempre stata una ragazza sportiva, aveva praticato ogni genere di sport, dal pugilato, alla pallavolo, dal calcio alla ginnastica. Adesso aveva trovato la sua pace nel nuoto ed era felice così.

Uscì dalla camera, tenendo la mazza da baseball poggiata contro la spalla. Camminava impettita. Yennefer era ancora nei corridoi, forse ad aspettarla. La vide sorridere, mentre si sforzava in ogni modo di comportarsi da adulta e suggerirle che fossero impazziti. «E questo serve per una conversazione civile?»

Andromeda scrollò le spalle. Mise in mostra la propria mazza da baseball. Insieme ad Orion ci avevano inciso sopra la parola dialogo. «Infatti.»

Raggiunse Altair in salotto. Suo fratello, normalmente, le avrebbe detto che era una follia e che avrebbero dovuto starsene buoni per un po'. Ma Altair era un Grey come tutti loro, il seme della follia scorreva un po' nel sangue di tutti e difendere la propria famiglia era sempre un valido motivo per ricordare a quel paese che non volevano rogne.
Correvano storie strane sulla loro famiglia e forse nemmeno loro ne conoscevano davvero la verità. Andromeda sapeva semplicemente che suo nonno aveva ucciso il suo migliore amico, quando aveva scoperto che questo aveva provato a far del male a sua sorella. Sapeva che non c'era molto di cui vantarsi, che la violenza con cui la sua famiglia aveva sempre risolto i problemi, non fosse proprio qualcosa di cui andare orgogliosi, ma erano stati cresciuti in quel modo.
E tutto sommato non poteva non sentirsi rappresentata da quell'ideale.

Altair prese le chiavi della propria auto. Arthur se ne stava seduto su una poltrona, osservandoli. Neanche lui si sarebbe mai messo in mezzo in una situazione simile, sapeva bene cosa significasse il legame per tutti loro e, tutto sommato, anche lui avrebbe fatto lo stesso. Ma forse prendersela con degli stupidi adolescenti non era proprio una delle sue passioni.

«Non vuoi fermarli?!» Zalia sembrava l'unica sconvolta da quella situazione. Andromeda la trovava davvero simpatica e forse troppo buona. Probabilmente non avrebbe mai condiviso il loro modo di farsi giustizia. Eppure, Andromeda aveva capito molto presto cosa significasse vivere in quel mondo. Per lei la vita era una sopravvivenza. La sua famiglia era sempre stata vista come un capro espiatorio per giustificare la criminalità della città. Certamente, c'erano stati anni in cui i loro antenati avevano gestito traffici illeciti di droga, ma erano tempi molto lontani. Già i suoi genitori erano una famiglia rispettabile, eppure non si sarebbero mai liberati da quel marchio malato, soprattutto dopo gli eventi di Orion.
Era la famiglia Grey, non ci si aspettava niente di diverso.
Motivo per il quale Andromeda si sarebbe spinta anche al limite pur di tenere i suoi fratelli al sicuro.

Izar le posò una mano sulla spalla. «No, Lia... è giusto così. Nessuno doveva far del male a Leon.»

Andromeda sorrise al ragazzo. Ormai viveva con loro da un anno, ma condivideva i loro ideali. La famiglia viene prima di ogni cosa.
L'avevano giurato anche da bambini.

Sentì il clacson della macchina di suo fratello, ormai già pronto. Andromeda scrollò le spalle e fece un piccolo inchino teatrale. «Se volete scusarmi, ho qualche testa da spaccare.»
Uscì dalla villa e si accertò di avere con sé la propria copia delle chiavi di casa.

Salì in auto, sedendosi accanto a suo fratello, che se ne stava in silenzio. Premette sull'acceleratore e iniziò a guidare, tenendo lo sguardo fisso sulla strada. Altair era sempre stato serio e silenzioso, covava rancore e si crogiolava nel proprio dolore, cullandolo come fosse una parte di sé da non lasciar andare via. Non si mostrava mai debole e provava in ogni modo ad esserci per tutti. Eppure, aveva sempre uno sguardo sofferente. Andromeda sapeva riconoscerlo, era lo stesso luccichio che aveva intravisto negli occhi neri di Orion la sera prima del fatale incidente.

Non potevano essere più diversi quei due, ma così simili allo stesso modo. Andromeda credeva fossero due facce della stessa medaglia e probabilmente anche lo stesso Altair lo credeva. Era semplicemente terrorizzato dall'idea di poter essere così simile e inquinato quanto suo fratello Orion. Andromeda, invece, credeva che dovesse lasciarsi andare, essere se stesso. Lo avrebbero amato comunque e soprattutto lo avrebbero aiutato a convivere con quel dolore. Solo loro potevano capirlo davvero e detestava che Altair non volesse lasciarsi aiutare.

«Sei più lento di Eris... ed Eris sta imparando a guidare.»

Lo vide ghignare. «Non voglio attirare già la loro attenzione...»

«Sai dove stiamo andando o andiamo alla cieca?»

«Ovviamente», Altair la guardò per un attimo con la coda dell'occhio, «mentre prendevi il tuo strumento di dialogo, ho scritto ad Eris per farmi dire dove si incontrano di solito, è pur sempre venerdì sera. Di solito vanno a quel pub squallido, che abbiamo sempre snobbato.»

Andromeda storse il naso. Fissò un po' l'atmosfera dal finestrino. Ormai era buio e la nebbia rendeva ancor più difficile guardare oltre il proprio naso. La trovava comunque scenografica. Sbuffò piano. «Abbiamo delle foto?»

Altair annuì, continuando a guidare. Era tranquillo, ma si vedeva che fremesse dalla voglia di spaccare quei volti stupidi. Le sbloccò il cellulare e le mostrò le foto dei ragazzi. Andromeda osservava bene, come a imprimere le immagini nella mente. Poteva già pregustare come li avrebbero ridotti. Leon era sempre stato troppo buono, un po' diverso da tutti loro, e con nessuna voglia di cacciarsi nei guai. «Che facce di cazzo.» bofonchiò.

«Già... siamo arrivati comunque.» Altair parcheggiò l'auto in un vicolo buio. Scesero entrambi dall'auto e si guardarono attorno.
L'aria era tranquilla e dal pub provenivano luci e musiche rumorose e fastidiose. Probabilmente c'era una stupida festa. Andromeda teneva stretta tra le mani la mazza da baseball.
L'aria era fredda e Altair si strinse nel cappotto. A volte sembrava una piccola copia di Robert, indossava sempre una camicia e dei pantaloni eleganti. Spesso lo prendeva in giro, dicendogli che rubava i vestiti dall'armadio dell'uomo. Altair non reagiva mai alle sue provocazioni, sorrideva sempre divertito e annuiva.

Lo vide inarcare un sopracciglio. «Non hai freddo con solo la giacca di pelle?»

«Ho un maglione anche.»

«Sì, ma-»

«Al, sto bene e non rompere il cazzo.» Altair alzò le mani di tutta risposta, arrendendosi.

«C'e una festa,» disse, «e credo sia privata. Dobbiamo provare ad entrare senza farci notare, c'è una guardia.» La indicò con un cenno del capo.

Entrambi si mossero verso il retro del locale. Si bloccarono sul posto quando individuarono Michael, il migliore amico di Leon. Il ragazzo sorrise nella loro direzione, cercando di non farsi ammazzare. Sembrava spaventato dai loro sguardi. «Sono qui per fargliela pagare... Leon non se lo meritava.»

Altair fece schioccare la lingua contro il palato e lo osservò per bene. «Vai a casa, rischierai di farti riconoscere e questo ti rovinerebbe a scuola. Qua ci pensiamo noi.»

«Ma-»

Andromeda lo fulminò con lo sguardo. Sorrise divertita quando lo vide deglutire. «Allora vi avviso che la porta sul retro vi porta alle cucine. Vi converrà entrare dall'ingresso principale. Vado a distrarre la guardia-»

«Senza farti male-» Altair sembrava preoccupato. In fondo sapeva quanto Leon tenesse al proprio migliore amico.

Michael annuì. Si allontanò da entrambi. Andromeda e suo fratello si scambiarono una semplice occhiata e si nascosero nel viale, completamente al buio, adiacente al locale. Sentirono il ragazzino urlare come un ubriaco e uno scoppio di un petardo poi. Le sue strilla si unirono a quelle della guardia all'ingresso, che si allontanò per inseguirlo. Andromeda strattonò Altair per la giacca. Avevano pochi istanti per colpire e quello era il momento giusto. Insieme entrarono nel locale.

Era tutto un po' al buio, anche ad alcuni luci da discoteca illuminavano la sala, assieme ad una musica odiosamente assordante. Non era mai stata un'amante della dance, preferiva ascoltare il vecchio e sacro rock inglese. Su questo la definivano antica a casa, ma d'altronde crescere quasi sempre con Orion significava affezionarsi a Sting, Eric Clepton e Phil Collins. Inclinò il capo. Riconobbe i tre ragazzi che avevano pestato suo fratello. Se ne stavano a bere, seduti su alcuni divani del locale, ridacchiando tra di loro con alcuni sorrisetti compiaciuti.
Non vedeva l'ora di nutrirsi delle loro espressioni terrorizzate.

D'altronde da sempre la loro famiglia era vista come il male di Boston e, nonostante i loro genitori si fossero impegnati a dimostrare che la redenzione e il miglioramento potessero sempre arrivare, il passato non si cancella facilmente. È sempre più facile dipingere loro come cattivi, piuttosto che le circostanze. Si avvicinarono ai tre ragazzi, che non li riconobbero.
Odiava quanto potessero essere spavalde le nuove generazioni. Ogni giorno ringraziava Leon per la sua dolcezza e bontà, anche se spesso si rivelavano più debolezze che pregi nel mondo reale.

«Il campo da baseball non è qui, dolcezza. Mi sa che hai sbagliato tavolo.» Il ragazzo al centro ridacchiò divertito, facendo scoppiare la bolla della gomma da masticare, continuando ad osservarla con arroganza.

«Strano.» Andromeda batté la mazza sul tavolino di fronte a loro, facendo cadere tutti i bicchieri di verro e i piatti. Altair al suo fianco sorrideva, fissando come alcune schegge li avessero feriti in volto.

«Abbiamo solo iniziato.» si aggiunse. I ragazzi li guardavano terrorizzati. Era così divertente vederli in quello stato.

«L-lasciateci in pace-» Andromeda avrebbe voluto dire a quel ragazzo che decisamente il taglio di capelli alla moicana era passato da un pezzo, ma era impegnata a impedirgli di scappare. Lo acciuffò per il cappuccio della felpa, costringendolo a seguirla fuori dal locale.
Allo stesso modo fece Altair con gli altri due. Li aveva minacciati che se non l'avessero seguito, li avrebbe smembrati, mettendo in mostra un coltellino svizzero che aveva sempre con sé.

Li costrinsero a seguirli nello spiazzale abbandonato del parcheggio.

«Non abbiamo fatto nulla-» Andromeda gli assestò un calcio dietro la schiena, facendolo ruzzolare su se stesso a terra. Gli puntò la mazza da baseball contro. Quello si inginocchiò, come pronto a una fucilazione, e gli altri due lo imitarono, tenendo le mani ben in vista. Tremavano come foglie al vento ghiacciato.
Erano così stupidi.

«Non direi proprio...» Altair prese per i capelli il bulletto al centro, forse un po' più grande degli altri due. Lo costrinse ad alzare lo sguardo su di lui. Gli si avvicinò all'orecchio. «Voi provate a toccare ancora nostro fratello e vi giuro che quello che proverete questa sera sarà nulla a confronto.» Non gli diede tempo di rispondere che lo colpì con un pugno ben assestato sul naso. Il sangue gli sporcò le nocche delle mani.
Andromeda decise di imitarlo.
Afferrò per il collo uno dei ragazzi, tenendo l'altro fermo, e fece scontrare la sua guancia contro l'asfalto duro e sdrucciolevole. Le loro urla di dolore riempivano la notte, ma quel posto era abbandonato, di solito frequentato solo da piccoli criminali e adulteri, alla ricerca di un luogo dove appartarsi senza destare sospetti.

Altair, non contento, lo spinse a terra. Erano pur sempre in due contro tre ragazzi, ma la loro rabbia alimentava la forza. Colpì i ragazzi con alcuni calci allo stomaco. Andromeda, infine, strinse la mazza tra le mani e percosse uno di loro sul piede. Sentì un crack e probabilmente era riuscita a spaccargli un osso. Almeno avrebbe dovuto ingessarsi.
Il grido squarciò il silenzio in cui erano caduti tutti, accompagnandosi a pianti disperati.
Altair osservò la mazza e abbassò lo sguardo sulle mani sporche di sangue e socchiuse gli occhi. «Darete ancora fastidio a Leon Grey?»
Scossero tutti e tre il capo, doloranti. «Bene. Andiamocene.»

Andromeda seguì suo fratello. Tornarono in silenzio all'auto, senza parlarsi più di tanto. Una volta messa in moto, Altair fissava la strada. Imboccò una via diversa, dirigendosi verso il parco e Andromeda sorrise. Era da tempo che non trascorrevano una serata solo loro due insieme. «Ti senti malinconico oggi, Al?» ghignò.

Lo vide alzare gli occhi. Lo faceva sempre quando infastidito. «Non farmene pentire.»
Parcheggiò poco distante dal parco. A volte andavano spesso lì anche con Orion. Suo fratello aveva sempre amato portarci tutta la famiglia, era importante per lui che vivessero quei momenti tutti insieme. «Era da tanto che non venivo qui.» Altair scese dall'auto e fissò le panchine, forse anche un po' arrugginite dal tempo e dalla pioggia. Nascose le mani nelle tasche del cappotto, stringendosi nei vestiti, per trovare un po' di calore.

Andromeda prese fiato finalmente dopo tanto tempo. A volte le sembrava di rinchiudersi così tanto in una bolla da smettere di respirare. «Nemmeno io, da quando... beh, hai capito.»

Altair la guardò con la coda dell'occhio e annuì. Aprì il cofano dell'auto e prese alcune bottiglie di birra. Lo guardava con scetticismo, chiedendosi quando le avesse prese. Suo fratello sembrò leggerle nella mente e sorrise appena. Era raro vederlo sorridere e spesso sembrava più un ghigno cattivo, ma Andromeda conosceva abbastanza bene Altair da sapere che sorrideva con difficoltà dalla morte di Orion e che riservasse i suoi sorrisi più sinceri solo alle persone che amava davvero. «Le ho prese mentre eri impegnata con la mazza da baseball in camera. Ho pensato che sarebbe stato carino venire qui a meditare.»

Andromeda rise e gli strappò una bottiglia da mano, avviandosi verso una delle panchine. «Meditare, certo! Se ti vedessi meditare crederei che fossi impazzito!»

Altair scosse il capo e la seguì. Si sedette accanto a lei e aprì ad entrambi le bottiglie col portachiavi, che era anche un apribottiglie. Un gentile regalo di Eris e Leon dopo una gita scolastica. Iniziarono a fissare il parco, l'erba un po' bagnata dalla rugiada e le giostre ormai abbandonate e arrugginite. Ricordava ancora quando spinse Altair giù dallo scivolo, facendogli male. Si procurò una piccola cicatrice sotto il mento dopo la caduta. Stranamente, però, non le riservava rancore. Diceva spesso che i suoi fratelli gli avevano causato cicatrici varie, tra scherzi e giochi, mentre Orion gliene aveva procurate tante invisibili. «E dunque, perché siamo qui?» Andromeda bevve un sorso e sorrise appena.

Altair si strinse nella spalle. I suoi occhi chiari. come il ghiaccio, fissavano il vuoto di fronte a sé. «Non lo so, 'Dromeda.» Ciondolò il capo. «Mi sento sovraffollato e pieno di impegni. Non do un esame dallo scorso semestre, sono bloccato.»

«Perché non lo hai mai detto? Non ti giudicheremmo, resteresti uno dei geni di casa.»

«Perché sento di star deludendo me stesso, ma ci sono così tante cose in gioco, sono preoccupato, che non riesco a concentrarmi.»

«Tornerai a stare bene. Puoi sempre contare su di noi. Sei la nostra priorità, come noi siamo la tua, Al.» Poggiò il capo sulla sua spalla. Sospirò piano. Suo fratello bevve un sorso dalla bottiglia e fissò il contenuto. Iniziò a giocherellare nervosamente con l'etichetta, strappandola via.

«Sono stanco...» Altair fissò il vuoto. «Non ce la faccio più. Non ce la faccio più.» Si portò le mani in volto, tenendosi i capelli, quasi a volerseli strappare.

Non aveva mai visto suo fratello così debole. Era sempre stato la roccia della famiglia. Vederlo così affranto le distruggeva l'anima. Lo tirò a sé abbracciandolo forte. Altair si strinse a lei, lasciandosi coccolare per un po'.
Restarono in silenzio per qualche minuto.

Poi Altair sentì l'esigenza di staccare la spina, cambiare discorso, pur di non ripensare a quanto stesse male. E Andromeda non poté far a meno di chiedersi da quanto tempo soffrisse così.
«Cosa ne pensi della storia dei genitori di Zalia e Yen? Credi che riusciremo ad aiutarle? Sono confuso, sento che ci siamo cacciati in qualcosa di più grosso di noi.»

Andromeda scrollò le spalle. Altair non aveva idea che li avesse spiati e che sapesse che Orion e la sua presunta morte potessero centrare qualcosa. «È complicato, ma troveremo una soluzione.»

Altair tornò a stare in silenzio e Andromeda lo imitò. Si limitarono a bere insieme, restando vicini ancora per un po'.





Angolino
Spero che il rapporto tra Al e Andromeda vi sia arrivato. Li amo tantissimo🫶🏼
Alla prossima

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro